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Wednesday 27 July 2005

Per i dipolmati nelle Scuole di specializzazione nelle professioni legali e pratica legale è sufficiente un anno di pratica forense per accedere all’ esame di abilitazione. Sentenza chiarificatrice del TAR Calabria-Catanzaro, 08.07.2005 n° 1153

Per i dipolmati nelle Scuole di
specializzazione nelle professioni legali e pratica legale è sufficiente un
anno di pratica forense per accedere all’esame di abilitazione.
Sentenza chiarificatrice del TAR Calabria-Catanzaro, 08.07.2005 n°
1153

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria,

Catanzaro – Sezione Seconda

composto dai signori magistrati:

Dr. Luigi Antonio ESPOSITO – Presidente

Dr. Giuseppe CHINE’ – Giudice rel.

Dr. Roberta CICCHESE – Giudice

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 1612/2003 proposto da F. Nicolina, rappresentata e difesa dall’avv.
Salvatore Gullì, domiciliata, in assenza di domicilio
eletto in Catanzaro, presso la
Segreteria del T.A.R.,

CONTRO

il Consiglio dell’Ordine degli
Avvocati di Catanzaro
, in persona del Presidente pro-tempore,
rappresentato e difeso dall’avv. Alfredo Gualtieri, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo sito in Catanzaro v. Nuova Bellavista n. 9,

per l’annullamento

del provvedimento di rigetto della
domanda della ricorrente di rilascio del certificato di compiuta pratica
adottato dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Catanzaro in data
13.11.2003.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Vista la memoria di costituzione dell’Amministrazione, con i
relativi allegati;

Visti gli atti tutti della causa;

Udito alla pubblica udienza del 6 maggio 2005 il magistrato
relatore, dr. Giuseppe Chiné;

Uditi gli avvocati delle parti costituite come da relativo
verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

La ricorrente presentava il 10.11.2003 domanda di rilascio
del certificato di compiuta pratica forense, documentando di avere conseguito
il 29.10.2003 il diploma biennale di specialista per le professioni legali
indirizzo giuridico – forense, di essersi iscritta in data 10.05.2002 al
registro dei praticanti presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di
Catanzaro e di aver svolto un anno di effettiva
pratica forense.

Con il provvedimento impugnato, il
Consiglio dell’Ordine rigettava la predetta domanda, evidenziando che il
rilascio del richiesto certificato <<non può prescindere dal requisito
temporale del biennio di formazione post-laurea>> previsto dall’art. 17
R.D.L. 27 novembre 1933 n. 10578.

A sostegno del proposto gravame, con il quale chiedeva
l’annullamento e la sospensione in via cautelare del provvedimento impugnato,
la ricorrente articolava un’unica complessa censura, con cui denunciava la
violazione degli artt. 17, commi
113 e 114 della legge n. 127/97 e 16 del d. lgv.
n. 398/97 nonché dell’art. 1 del D.M. 11 dicembre
2001, n. 475.

Con ordinanza n. 41/2004 dell’8.01.2004,
il Collegio accoglieva la domanda di sospensione cautelare del provvedimento
impugnato.

Si costituiva in giudizio il Consiglio dell’Ordine
resistente, instando per l’inammissibilità ed il rigetto nel merito del
proposto gravame.

All’udienza del 6 maggio 2005, sentiti i difensori delle
parti, come da relativo verbale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Deve essere preliminarmente esaminata l’eccezione di
difetto di giurisdizione formulata dalla difesa del
Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Catanzaro.

Tale eccezione si fonda sulla lettera dell’art. 10, 3° comma, del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, secondo cui
avverso le deliberazioni di rigetto delle richieste di rilascio dei certificati
di compiuta pratica forense <<l’interessato ha facoltà di presentare
reclamo al Consiglio nazionale forense>>.

La questione è già stata scrutinata, anche in tempi recenti,
dalla giurisprudenza amministrativa, che ha concluso
per l’infondatezza dell’argomento giuridico posto a supporto della proposta
eccezione.

Ed invero, la possibilità per il richiedente
il certificato di compiuta pratica di presentare reclamo avverso il
provvedimento di diniego presso il Consiglio nazionale forense non integra una
ipotesi di giurisdizione speciale devoluta al predetto Consiglio, bensì un
rimedio amministrativo di tipo giustiziale (così, C.d.S.,
sez. IV, 17 febbraio 2004, n. 619).

A sostegno di detta interpretazione depone: a) il principio
di tassatività che regola le attribuzioni
giurisdizionali degli organi di giurisdizione speciale; b) la lettera
dell’ultimo comma dell’art. 10 cit.,
ove si precisa che il Consiglio si pronuncia <<sul merito della
istanza>>, sì da evidenziare la natura di decisione di seconda istanza
della pronuncia del Consiglio nazionale forense; c) l’equivocità del termine
<<decisione>> usato dalla norma, il quale può individuare sia
pronunce giurisdizionali, sia pronunce di natura prettamente amministrativa,
come quelle rese sui ricorsi gerarchici, propri ed impropri.

Di qui la logica conclusione che avverso il provvedimento di
diniego opposto dal Consiglio dell’ordine sull’istanza
dell’interessato, quest’ultimo può proporre
impugnazione diretta davanti al Tribunale amministrativo regionale, il quale
decide nell’ambito della propria giurisdizione generale di legittimità. Ogni
contraria interpretazione, oltre ad impingere in
univoci indici ermeneutici, si paleserebbe
inconciliabile con il principio di facoltatività dei rimedi gerarchici (art. 20 l. n. 1034/71)
e con il suo corollario della non necessaria definitività
dell’atto amministrativo ai fini della ricorribilità
in sede giurisdizionale (cfr. T.R.G.A. Bolzano 16 marzo 2004, n.
138).

L’eccezione proposta deve essere, quindi, respinta.

2.1 Nel merito il ricorso è fondato nei termini che seguono.

2.2 Risulta per tabulas che il diniego nella specie opposto dal
Consiglio dell’Ordine è argomentato con riferimento all’art. 17 n. 5) R.D.L. n.
1578/1933, secondo cui per l’iscrizione all’albo degli
avvocati è necessario <<avere compiuto lodevolmente e proficuamente un
periodo di pratica (…) almeno per due anni consecutivi, posteriormente alla
laurea>>. In sintesi, per il Consiglio resistente, anche per i
diplomati delle scuole di specializzazione per le
professioni legali istituite ai sensi dell’art. 16 del d. lgv.
17 novembre 1997, n. 398 persiste l’obbligo di iscrizione
biennale nel registro dei praticanti e, pertanto, di formazione biennale
post-laurea.

Tale conclusione contrasta con inequivoci
elementi ermeneutici.

L’art. 17, comma 114, della legge n. 127/97 stabilisce
testualmente che <<Anche in deroga alle vigenti disposizioni relative all’accesso alle professioni di avvocato (. . .) il
diploma di specializzazione di cui al comma 113
costituisce, nei termini che saranno definiti con decreto del Ministero della
Giustizia (. . .) titolo valutabile ai fini del compimento
del relativo periodo di pratica>>.

In attuazione di tale norma, con l’art. 1 del D.M. 11
dicembre 2001, n. 475 (Regolamento concernente la valutazione del diploma
conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali ai
fini della pratica forense e notarile) si è stabilito che <<Il diploma di
specializzazione, conseguito presso le scuole di specializzazione per le
professioni legali di cui all’art. 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997,
n. 398 e successive modificazioni, è valutato ai fini del compimento del
periodo di pratica per l’accesso alle professioni di avvocato
e notaio per il periodo di un anno>>.

Dal combinato disposto degli articoli che precedono, si
evince che il legislatore, all’atto della costituzione delle scuole di specializzazione per le professioni forensi, ha inteso
introdurre una disciplina di particolare favore per i diplomati presso tali
scuole, autorizzando, anche in deroga alla disciplina settoriale previgente, la valutazione del titolo di specializzazione
al fine di ridurre il periodo di pratica necessario per l’accesso alle
professioni forensi. In particolare, per quanto concerne l’accesso alle
professioni di notaio ed avvocato, ha inteso ridurre di un anno il periodo di
pratica necessario per sostenere i relativi esami di abilitazione.

Tale inequivoca voluntas
legis
verrebbe
irrimediabilmente frustrata ove si seguisse l’approccio ermeneutico
prescelto dal Consiglio resistente, in base al quale anche per il diplomato
presso le scuole di specializzazione troverebbe integrale applicazione il
dettato dell’art. 17 n. 5) R.D.L. n. 1578/1933. Pretendere anche per tali
soggetti il requisito della iscrizione biennale nel
registro dei praticanti equivarrebbe, difatti, a rinnegare in radice il
beneficio che il legislatore ha inteso riconoscere.

Né può sostenersi, con gli scritti difensivi del Consiglio
resistente, che un beneficio residuerebbe a favore dei diplomati delle scuole
di specializzazione, giacché – fermo restando l’obbligo di iscrizione
biennale nel registro dei praticanti – i primi comunque riceverebbero per un
anno l’esenzione dall’espletamento della effettiva pratica forense.

Tale percorso ermeneutico,
oltre a porsi in chiaro contrasto con la lettera della legge che ha inteso
derogare in radice alla disciplina previgente (art.
17, comma 114, l.
n. 127/97),
patrocina una conclusione palesemente irragionevole, non comprendendosi quale
sia la ratio legis a supporto della regola che
obbligherebbe il diplomato a garantire l’iscrizione biennale nel registro dei
praticanti, laddove per un anno non sia tenuto a compiere effettiva pratica
forense, perché di essa tiene luogo la formazione
teorico-pratica compiuta presso la scuola di specializzazione.

Ne consegue che – nel rispetto della lettera e delle rationes sottese alla disciplina normativa suindicata – con la costituzione delle scuole di
specializzazione per le professioni forensi, ed a favore dei diplomati, deve
ritenersi ormai derogata la norma che impone il
requisito della iscrizione biennale nel registro dei praticanti e, su di un
piano più generale, i due anni consecutivi di pratica forense.

L’art. 17 n. 5) R.D.L. n. 1578/1933, per le considerazioni
che precedono, è invero norma incompatibile con la disciplina sopravvenuta
relativa alla valutazione dei titoli conseguiti presso le scuole forensi, di
talché – in ossequio ai principi che regolano la successione di leggi nel tempo
e limitatamente all’accesso degli specializzati alla professione di avvocato – deve ritenersi travolta in seguito alla
costituzione delle scuole di cui all’art. 16 d. lgv. n. 398/97.

Concludendo sul punto, in adesione ad
orientamento già emerso presso i giudicanti amministrativi (cfr.
T.A.R. Toscana, sez. I, 24 febbraio 2004, n. 506;
T.A.R. Lecce, sez. I, 2 dicembre 2004, n. 8391), può quindi affermarsi che i
diplomati presso le scuole di specializzazione per le professioni forensi non
hanno l’obbligo di espletare un periodo consecutivo di due anni di pratica ai
fini dell’accesso all’esame di abilitazione per l’esercizio della professione
di avvocato, riducendosi per essi tale periodo ad un solo anno, e ciò in virtù
dell’equiparazione voluta dal legislatore (ed attuata con l’art. 1 del D.M. n.
475/2001) tra diploma di specializzazione ed un anno di effettiva
pratica forense.

2.3 Trasferendo i superiori principi alla presente
controversia, ne discende con immediatezza la fondatezza del ricorso, che deve
pertanto essere accolto.

Risulta, invero, per tabulas
che la ricorrente si è iscritta presso il registro dei praticanti del Consiglio
dell’Ordine di Catanzaro il 10.05.2002 (delibera del 23.05.2002), ha svolto da
tale data un anno di effettiva pratica forense ed ha
conseguito il diploma di specializzazione presso l’Università degli Studi
“Magna Graecia” di Catanzaro il 20.10.2003. Alla
stessa avrebbe dovuto, pertanto, essere rilasciato dal Consiglio dell’Ordine
competente il certificato di compiuta pratica per l’ammissione all’esame di
abilitazione per l’esercizio della professione di avvocato.

Il diniego nella specie opposto dal Consiglio dell’Ordine con
provvedimento del 13.11.2003 si palesa quindi illegittimo e deve essere
conseguentemente annullato.

3. La novità delle questioni esaminate configura comunque giusto motivo per compensare integralmente spese,
diritti ed onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria – Catanzaro – Sez. II – accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto,
annulla il provvedimento impugnato.

Compensa integralmente spese, diritti ed onorari di
giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Catanzaro, nella
camera di consiglio del 6 maggio 2005.

L’Estensore Il Presidente

Il Segretario

Depositata in Segreteria l’8 luglio
2005.