Imprese ed Aziende

Monday 21 March 2005

Marchi e brevetti. I limiti all’ uso del marchio da parte del terzo Corte di Giustizia delle Comunità Europee – Terza Sezione – Sentenza 17 marzo 2005

Marchi e brevetti. I limiti all’uso del marchio da parte del terzo

Corte di Giustizia
delle Comunità Europee – Terza Sezione – Sentenza 17 marzo 2005

Nel procedimento C-228/03,

avente ad oggetto una domanda di pronuncia
pregiudiziale proposta alla Corte di giustizia, ai sensi dell’art. 234 CE,
dalla Korkein oikeus
(Finlandia), con ordinanza 23 maggio 2003, pervenuta alla Corte il 26 maggio
2003, nel procedimento tra

The
Gillette Company,

Gillette
Group Finland
Oy

e

LA-Laboratories Ltd Oy,

LA
CORTE
(Terza Sezione),

composta dal sig. A. Rosas,
presidente di Sezione, dai sigg. A. Borg Barthet, S. von Bahr, U. Lõhmus e A. Ó Caoimh (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. A. Tizzano

cancelliere: sig. R. Grass

vista la fase scritta del procedimento ed
in seguito alla trattazione orale del 21 ottobre 2004,

viste le osservazioni scritte presentate:

– per la The Gillette
Company e Gillette Group Finland
Oy, dai sigg. R. Hilli e T. Groop, asianajajat,

– per la LA-Laboratories
Ltd Oy, dal sig. L. Latikka, hallituksen
puheenjohtaja,

– per il governo finlandese,dalla sig.ra T. Pynnä, in qualità di agente,

– per il governo del Regno Unito,
dalla sig.ra C. Jackson, in qualità
di agente,assisitita dal sig. M. Tappin, barrister,

– per la Commissione delle
Comunità europee, dai sigg. M. Huttunen e N.B. Rasmussen, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato
generale, presentate all’udienza del 9 dicembre 2004,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale
verte sull’interpretazione dell’art. 6, n. 1, lett. c), della prima direttiva
del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati Membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1)

2 Questa domanda è stata presentata nell’ambito di
una controversia tra le società The Gillette Company e Gillette Group Finland Oy
(in prosieguo: la «Gillette Company», la «Gillette Group Finland»
e, congiuntamente, le «società Gillette») e la società LA-Laboratories
Ltd Oy (in prosieguo: la
«LA-Laboratories») relativa all’apposizione da parte
di quest’ultima dei marchi Gillette e Sensor sulle confezioni dei prodotti che essa mette in
commercio.

Contesto normativo

Disposizioni comunitarie

3 Secondo il primo ‘considerando’
della direttiva 89/104 le legislazioni degli Stati membri relative ai marchi
d’impresa presentano disparità che possono ostacolare
la libera circolazione dei prodotti e la libera prestazione dei servizi, nonché
falsare le condizioni di concorrenza nel mercato comune. In virtù di tale
‘considerando’, nella prospettiva dell’instaurazione e
del funzionamento del mercato interno è dunque necessario ravvicinare le
legislazioni degli Stati membri. Il terzo ‘considerando’ di questa direttiva
precisa che non appare attualmente necessario
procedere ad un ravvicinamento completo delle legislazioni degli Stati membri
in tema di marchi.

4 Il decimo ‘considerando’della detta
direttiva ricorda, segnatamente, che lo scopo della tutela che è accordata dal marchio di impresa registrato è in particolare
quello di garantire la funzione d’origine del marchio.

5 L’art. 5, n. 1, della medesima
direttiva dispone che:

«Il marchio di impresa
registrato conferisce al titolare un diritto esclusivo. II titolare ha il diritto
di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio:

a) un segno identico al marchio di impresa per prodotti o servizi identici a quelli per cui
esso è stato registrato;

b) un segno che, a
motivo dell’identità o della somiglianza di detto segno col marchio di
impresa e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti
dal marchio di impresa e dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione
per il pubblico, comportante anche un rischio di associazione tra il segno e il
marchio di impresa».

6 L’art. 5, n. 3, lett. a) e b),
della direttiva 89/104 prevede che:

«Si può in particolare vietare, se le
condizioni menzionate al paragrafo 1 e 2 sono soddisfatte:

a) di apporre il segno sui prodotti o
sul loro condizionamento;

b) di offrire i
prodotti, di immetterli in commercio o di detenerli a tali fini, (…)».

7 L’art. 6 della detta direttiva
intitolato «Limitazione degli effetti del marchio di impresa»
dispone quanto segue:

«Il diritto conferito dal marchio di impresa non permette al titolare dello stesso di vietare
ai terzi l’uso nel commercio:

(…)

c) del marchio di impresa
se esso è necessario per contraddistinguere la destinazione di un prodotto o
servizio, in particolare come accessori o pezzi di ricambio,

purché l’uso sia conforme agli usi consueti
di lealtà in campo industriale e commerciale.

(…)».

8 La direttiva del Consiglio 10
settembre 1984, 84/450/CEE, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa
(GU L 250, pag. 17) come modificata dalla direttiva
del Parlamento europeo e del Consiglio 6 ottobre 1997, 97/55/CE (GU L 290, pag.
18), ai sensi del suo art. 1 ha
lo scopo di tutelare il consumatore e le persone che esercitano un’attività
commerciale, industriale, artigianale o professionale, nonché gli interessi del
pubblico in generale, dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze
sleali e di stabilire le condizioni di liceità della pubblicità comparativa.

9 Ai sensi dell’art. 3 bis, n. 1,
della detta direttiva:

«Per quanto riguarda il confronto, la
pubblicità comparativa è ritenuta lecita qualora siano soddisfatte le seguenti
condizioni: che essa

(…)

d) non ingeneri confusione sul
mercato fra l’operatore pubblicitario ed un concorrente o tra i marchi, le
denominazioni commerciali, altri segni distintivi, i beni o i servizi
dell’operatore pubblicitario e quelli di un concorrente;

e) non causi discredito o denigrazione
di marchi, denominazione commerciali, altri segni distintivi, beni, servizi,
attività o circostanze di un concorrente;

(…)

g) non tragga indebitamente vantaggio
dalla notorietà connessa al marchio, alla denominazione commerciale o a altro segno distintivo di un concorrente o alle
denominazioni di origine di prodotti concorrenti;

h) non rappresenti un bene o servizio
come imitazione o contraffazione di beni o servizi protetti da un marchio o da
una denominazione commerciale depositati».

Disposizioni nazionali

10 In Finlandia il diritto dei marchi
è disciplinato dalla tavaramerkkilaki (legge in
materia di marchi) (7/1964) 10 gennaio 1964, come modificata dalla legge 25
gennaio 1993, 39/1993, (in prosieguo: la «tavaramerkkilaki»).

11 L’art. 4, n. 1, della tavaramerkkilaki, relativo al contenuto dei diritti
esclusivi del titolare del marchio prevede:

«Il diritto sui marchi d’impresa ai
sensi degli articoli da 1 a
3 della presente legge implica che nessuna persona diversa dal titolare del
marchio possa, nell’esercizio di un’attività commerciale, usare come segno
distintivo delle proprie merci un segno confondibile con il marchio,
apponendolo sul prodotto o sulla sua confezione, utilizzandolo nella propria
pubblicità o in documenti commerciali o in altri modi, ivi compresa
anche la menzione orale(…)».

12 Ai sensi del n. 2 del detto
articolo:

«Si considera come uso abusivo, ai
sensi del paragrafo 1, fra l’altro anche il fatto della persona che, ponendo in
commercio pezzi di ricambio, accessori o altri prodotti dello stesso tipo, che
si adattano al prodotto di un terzo, ne menzioni il marchio d’impresa in modo tale
da far credere che la merce posta in commercio provenga dal titolare del
marchio o che questi abbia dato il suo consenso
all’uso del marchio».

Controversia principale e questioni pregiudiziali

13 La Gillette
Company ha fatto registrare in Finlandia i marchi Gillette e Sensor per i prodotti rientranti nella classe 8 ai sensi
dell’accordo di Nizza 15 giugno 1957, sulla classificazione internazionale dei
prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e
modificato, vale a dire: utensili e strumenti azionati manualmente; articoli di
coltelleria; forchette e cucchiai; armi bianche; rasoi. La
Gillette Group Finland,
che detiene il diritto esclusivo di usare tali marchi in Finlandia ha
commercializzato in tale Stato membro apparecchi per rasatura, fra cui rasoi
composti da un’impugnatura e da una lametta sostituibile, nonché lamette
sciolte.

14 Anche la LA-Laboratories
vende in Finlandia rasoi composti da un’impugnatura e
da una lametta sostituibile nonché lamette sciolte simili a quelli messi in
commercio dalla Gillette Group Finland.
Tali lamette sono vendute con il marchio Parason Flexor e sulle loro confezioni è incollata un’etichetta su
cui figura la scritta «per questa lametta vanno bene tutte le impugnature Parason Flexor e tutte le impugnature Gillette Sensor».

15 Dall’ordinanza di rinvio emerge
che la LA-Laboratories non era autorizzata da
una licenza di marchio o da un qualsiasi altro contratto a fare uso dei marchi
di cui è titolare la Gillette Company.

16 Le società Gillette hanno
presentato un ricorso dinanzi al Helsingin
käräjäoikeus (Tribunale di primo grado di Helsinki)
(Finlandia) in cui esse hanno fatto valere che la LA-Laboratories
aveva arrecato pregiudizio ai marchi registrati Gillette e Sensor.
Secondo tali società, le pratiche della LA-Laboratories
creavano nella mente dei consumatori un collegamento tra i prodotti messi in
commercio da quest’ultima e quelli delle società
Gillette o facevano pensare che tale società fosse autorizzata, in virtù di una
licenza o per un’altra ragione, a usare i marchi
Gillette e Sensor, circostanza non rispondente al
vero.

17 Nella sua sentenza 30 marzo 2000, il Helsingin käräjäoikeus
ha considerato che, ai sensi dell’art. 4, n. 1, della tavaramerkkilaki,
le società Gillette avevano il diritto esclusivo di far uso dei marchi
d’impresa Gillette e Sensor sui prodotti, sulle loro
confezioni e nella pubblicità. Di conseguenza, applicando in bella
evidenza sulle confezioni dei suoi prodotti i detti marchi, la LA-Laboratories
aveva violato tale diritto esclusivo. Peraltro, secondo il Helsingin käräjäoikeus l’art. 4,
n. 2, della tavaramerkkilaki, che prevede una deroga
a tale principio di esclusività, deve essere interpretato restrittivamente
alla luce dell’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104. Infatti, tale disposizione non riguarda le parti essenziali
di un prodotto, ma solo i pezzi di ricambio, gli accessori e gli altri prodotti
di questo genere compatibili con i prodotti fabbricati o messi in commercio da
altri.

18 Tale giudice ha deciso che sia
l’impugnatura, sia la lametta dovevano essere
considerate parti essenziali del rasoio e non come pezzi di ricambio o
accessori di questo. Esso, di conseguenza, ha affermato che la deroga prevista
all’art. 4, n. 2, della tavaramerkkilaki, non si
applicava. Per tali motivi, il detto giudice ha deciso di vietare alla LA-Laboratories di continuare o di rinnovare il pregiudizio
arrecato ai diritti detenuti dalle società Gillette sui marchi Gillette e Sensor e l’ha
condannata, da una parte, a rimuovere e distruggere le etichette usate in
Finlandia menzionanti tali marchi e, dall’altra, a versare alle società
Gillette una somma complessiva di FIM 30 000 a titolo di risarcimento dei danni
subiti da queste ultime.

19
In
appello il Helsingin hovioikeus (la
Corte d’appello di Helsinki) (Finlandia) in una pronuncia del
17 marzo 2001, ha
considerato, in primo luogo, che poiché il rasoio di tipo corrente in questione
nella controversia principale era costituito da un’impugnatura e da una lametta,
il consumatore poteva sostituire quest’ultima parte
procurandosi una nuova lametta, venduta separatamente. Questa, sostituendosi ad
una vecchia parte del rasoio, poteva quindi essere assimilata ad un pezzo di
ricambio ai sensi dell’art. 4, n. 2, della tavaramerkkilaki.

20
In
secondo luogo, tale giudice ha ritenuto che l’indicazione contenuta
nell’etichetta apposta sulla confezione delle lamette per rasoi messe in
commercio dalla LA-Laboratories, secondo cui, oltre
ad essere compatibili con le impugnatura Parason Flexor, le dette lamette
erano compatibili anche con quelle messe in commercio dalle società Gillette,
poteva presentare un’utilità per il consumatore, e che, in tal modo, la LA-Laboratories
poteva giustificare la necessità di menzionare i marchi Gillette e Sensor sulla detta etichetta

21
In
terzo luogo, la Helsingin hovioikeus ha affermato che le confezioni delle lame per
rasoi messe in commercio dalla LA-Laboratories
recavano in modo visibile i segni distintivi Parason
e Flexor che indicavano chiaramente l’origine del
prodotto. Peraltro, tale giudice ha ammesso che la menzione
dei marchi Gillette e Sensor in caratteri standard di
piccole dimensioni su etichette di dimensioni relativamente modeste apposte
sulla parte esterna delle dette confezioni, non poteva, in alcun caso, far
pensare che esistesse un nesso commerciale tra le società Gillette e LA-Laboratories e che quest’ultima
avesse quindi menzionato i detti marchi alle condizioni ammesse dall’art. 4, n.
2, della tavaramerkkilaki. La Helsingin hovioikeus
ha annullato, per tale motivo, la sentenza della Helsingin
käräjäoikeus e ha respinto l’appello proposto dalle
società Gillette.

22 Le società Gillette hanno proposto
un’impugnazione dinanzi al Korkein oikeus, il quale ha ritenuto che la causa principale
sollevasse questioni di interpretazione dell’art. 6,
n. 1, lett. c), della direttiva 89/104, per quanto riguarda i criteri che
consentono di determinare se un prodotto sia, per sua natura, assimilabile o no
ad un pezzo di ricambio o ad un accessorio, il requisito secondo cui l’uso di
un marchio appartenente ad altri deve essere necessario per indicare la
destinazione di un prodotto e la nozione di usi consueti di lealtà in campo
industriale e commerciale, e l’interpretazione di tali disposizioni deve
prendere in considerazione anche la direttiva 84/450.

23 Ciò premesso il Korkein oikeus ha deciso di
sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni
pregiudiziali:

«Si desidera sapere,

quando si applica l’art. 6, n. 1, lett. c),
della [prima] direttiva del Consiglio delle Comunità europee sul ravvicinamento
delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa
(89/104/CEE):

1) Quali siano i criteri:

a) che permettono di determinare se
un prodotto vada considerato pezzo di ricambio o accessorio; e

b) che permettono di determinare
quali prodotti diversi dai pezzi di ricambio e dagli accessori possano
anch’essi rientrare nella sfera di applicazione della
summenzionata disposizione.

2) Se la liceità dell’uso di un
marchio altrui debba essere valutata diversamente secondo che il prodotto sia
assimilabile a un pezzo di ricambio o a un accessorio
oppure si tratti di un prodotto che, per un’altra ragione, possa rientrare
nella sfera di applicazione della summenzionata disposizione.

3) Come bisogna interpretare
l’esigenza che l’uso del marchio sia “necessario” per contraddistinguere la
destinazione di un prodotto. Se il criterio della necessità possa risultare soddisfatto, sebbene sia di per sé possibile
contraddistinguere detta destinazione senza menzionare specificamente un
marchio altrui, limitandosi a menzionare semplicemente, per esempio, il
principio tecnico di funzionamento del prodotto. Quale significato abbia a
questo riguardo il fatto che per il consumatore la
maniera di presentare il prodotto possa risultare meno chiara qualora non si
nomini il marchio di un terzo.

4) Di quali fattori occorra tener
conto nel valutare gli usi consueti di lealtà in campo industriale e
commerciale. Se la menzione di un marchio altrui nel contesto
della vendita dei propri prodotti implichi l’affermazione che i prodotti
del venditore sono equivalenti, per qualità e caratteristiche tecniche o
d’altro genere, ai prodotti venduti dal titolare del marchio.

5) Se rilevi per la liceità dell’uso
di un marchio altrui il fatto che l’operatore commerciale che fa riferimento al
marchio altrui venda, oltre ai pezzi di ricambio e agli accessori, anche gli
stessi prodotti insieme ai quali tali pezzi di
ricambio e accessori devono essere usati».

Sulla prima, sulla seconda e sulla
terza questione

24 Con la prima, la seconda e la
terza questione, che vanno esaminate congiuntamente,
il giudice del rinvio chiede, in sostanza, secondo quali criteri debba essere
interpretato il requisito secondo cui l’uso, da parte di un terzo, del marchio
di cui egli non è il titolare deve essere necessario per indicare la
destinazione di un prodotto, ai sensi dell’art. 6, n. 1, lett. c), della
direttiva 89/104. Tale giudice chiede inoltre, da una parte, secondo quali
criteri taluni prodotti debbano essere considerati
come accessori o pezzi di ricambio, ai sensi della detta disposizione e,
dall’altra, se i criteri di valutazione della liceità dell’uso del marchio per
quanto riguarda questi ultimi prodotti siano diversi da quelli applicabili agli
altri prodotti.

25 Occorre ricordare, in via
preliminare, che il diritto di marchio costituisce un elemento essenziale del
sistema di concorrenza non falsato che il Trattato CE
intende introdurre e conservare. In un sistema di tale tipo le imprese devono
essere in grado di attirare la clientela con la qualità delle loro merci o dei loro servizi, il che è possibile solo grazie all’esistenza
di segni distintivi che consentano di identificarli (v., in particolare,
sentenze 17 ottobre 1990, causa C-10/89, HAG, Racc.
pag. I-3711, punto 13; 4 ottobre 2001, causa C-517/99,
Merz & Krell, Racc. pag. I-6959, punto 21 e 12
novembre 2002, causa C-206/01, Arsenal Football Club,
Racc. pag. I-10273, punto 47).

26
In
tale prospettiva, la funzione essenziale del marchio consiste nel garantire al
consumatore o all’utilizzatore finale l’identità di origine
del prodotto o del servizio contrassegnato dal marchio, consentendo loro di
distinguere senza confusione possibile questo prodotto o questo servizio da
quelli di provenienza diversa. Infatti, per poter svolgere la sua funzione di elemento essenziale del sistema di concorrenza non
falsato che il Trattato intende introdurre e conservare, il marchio deve
costituire la garanzia che tutti i prodotti o servizi che ne sono
contrassegnati sono stati fabbricati o forniti sotto il controllo di un’unica
impresa alla quale possa attribuirsi la responsabilità della loro qualità (v.,
in particolare, sentenze 23 maggio 1978, causa 102/77, Hoffmann-La
Roche, Racc. pag. 1139, punto 7;
18 giugno 2002, causa C-299/99, Philips, Racc. pag. I-5475, punto 30 e Arsenal
Football Club, cit., punto
48).

27 L’art. 5 della direttiva 89/104
definisce i «[d]iritti conferiti dal marchio di impresa» e l’art. 6 della medesima contiene norme
relative alla «[l]imitazione degli effetti del marchio di impresa».

28 Secondo l’art. 5, n. 1, prima
frase, della direttiva 89/104, il marchio di impresa
registrato conferisce al titolare un diritto esclusivo. Ai sensi del medesimo
n. 1, lett. a), il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio
consenso, di usare nel commercio un segno identico al marchio di impresa per prodotti o servizi identici a quelli per cui
esso è stato registrato. L’art. 5, n. 3, della direttiva elenca in modo non
tassativo i tipi di uso che il titolare può vietare ai
sensi del n. 1 di tale articolo.

29 Occorre rilevare che, limitando
gli effetti dei diritti di cui il titolare di un marchio gode ai sensi
dell’art. 5 della direttiva 89/104, l’art. 6 della direttiva medesima mira a
conciliare gli interessi fondamentali della tutela dei diritti di marchio con
quelli della libera circolazione delle merci e della libera prestazione dei
servizi nel mercato comune, in modo tale che il diritto di marchio possa
svolgere la sua funzione di elemento essenziale del
sistema di concorrenza non falsato che il Trattato intende introdurre e
conservare (v., in particolare, sentenza 23 febbraio 1999, causa C-63/97, BMW, Racc. pag. I-905, punto 62 e 7
gennaio 2004, causa C-100/02, Gerolsteiner Brunnen, Racc. pag. I-0000, punto 16).

30 A tal riguardo, in primo luogo,
secondo l’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104, il titolare di un
marchio non può vietare ai terzi l’uso nel commercio del marchio di impresa se esso è necessario per contraddistinguere la
destinazione di un prodotto o servizio, in particolare come accessori o pezzi
di ricambio.

31 Occorre rilevare che tale
disposizione non stabilisce criteri diretti a determinare se una data destinazione
di un prodotto rientri nel suo ambito di applicazione,
ma richiede solo che l’uso del marchio sia necessario per indicare una tale
destinazione.

32 Peraltro, poiché la destinazione
dei prodotti in quanto accessori o pezzi di ricambio è data solo a titolo di esempio, trattandosi probabilmente di situazioni correnti
in cui è necessario utilizzare un marchio per indicare la destinazione di un
prodotto, l’applicazione dell’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104,
non è limitata a tali situazioni, come rilevato correttamente dal governo del
Regno Unito e dalla Commissione delle Comunità europee. Di conseguenza, nelle
circostanze della controversia principale, non è necessario determinare se un
prodotto debba essere considerato un accessorio o un pezzo
di ricambio.

33
In
secondo luogo, occorre rilevare, da una parte, che la Corte ha già constatato che
l’uso di un marchio, al fine di informare il pubblico che l’operatore
pubblicitario è specializzato (o specialista) nella vendita, o che egli assicura
la riparazione e la manutenzione dei prodotti recanti tale marchio, immessi in
commercio con tale marchio dal suo titolare o con il
suo consenso, costituisce un uso indicante la destinazione di un prodotto o di
un servizio ai sensi dell’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104 (v.,
sentenza BMW, cit. punti 54 e 58-63). Tale informazione è necessaria per
preservare il sistema di concorrenza non falsato sul mercato di tale prodotto o
di tale servizio.

34 Lo stesso accade nella causa
principale, in quanto i marchi di cui è titolare la Gillette
Company sono usati da un terzo per fornire al pubblico
un’informazione comprensibile e completa sulla destinazione del prodotto che
esso mette in commercio, vale a dire, sulla compatibilità del medesimo con quello
recante i detti marchi.

35 D’altra parte, basta rilevare che
un tale uso di un marchio è necessario nel caso in cui la detta informazione
non può in pratica essere comunicata al pubblico da un terzo senza che venga fatto uso del marchio di cui quest’ultimo
non è il titolare (v., in tal senso, sentenza BMW, cit.,
punto 60). Come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 64 e 71 delle sue
conclusioni, questo uso deve in pratica essere il solo
mezzo per fornire un’informazione di tale tipo.

36 A tal riguardo, per assicurarsi se
possano essere utilizzati altri mezzi per fornire un’informazione di tale tipo,
è necessario prendere in considerazione, ad esempio, l’eventuale esistenza di
standard tecnici o di norme generalmente usate per il tipo di prodotto messo in
commercio dal terzo e note al pubblico al quale è
destinato tale tipo di prodotto. Tali norme, o altre caratteristiche, devono
essere idonee a fornire al detto pubblico un’informazione comprensibile e
completa sulla destinazione del prodotto messo in commercio da tale terzo per
preservare il sistema della concorrenza non falsato sul mercato di tale
prodotto.

37 Spetta al giudice del rinvio
verificare se, nelle circostanze della causa principale, l’uso del marchio sia
necessario, tenendo conto dei requisiti menzionati ai punti 33-36 della
presente sentenza nonché della natura del pubblico a
cui è destinato il prodotto messo in commercio dalla LA-Laboratories.

38
In
terzo luogo, l’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104 non effettua alcuna distinzione tra le destinazioni possibili
dei prodotti al momento della valutazione della liceità dell’uso di un marchio.
I criteri di valutazione della liceità dell’uso di un
marchio, in particolare per quanto riguarda gli accessori o i pezzi di ricambio,
non sono quindi diversi da quelli applicabili alle altre categorie di
destinazioni possibili.

39 Tenuto conto delle considerazioni che precedono,
occorre risolvere la prima, la seconda e la terza questione nel senso che la
liceità dell’uso del marchio ai sensi dell’art. 6, n. 1, lett. c), della
direttiva 89/104 dipende dalla circostanza se tale utilizzo sia necessario per
indicare la destinazione di un prodotto.

L’uso del marchio da parte di un
terzo che non ne è il titolare è necessario per
indicare la destinazione di un prodotto messo in commercio da questo quando un
tale uso costituisce in pratica l’unico mezzo per fornire al pubblico
un’informazione comprensibile e completa su tale destinazione al fine di
preservare il sistema di concorrenza non falsato sul mercato di tale prodotto.

Spetta al giudice del rinvio
verificare se, nella causa principale, un uso di tale tipo sia necessario,
tenendo conto della natura del pubblico a cui è
destinato il prodotto messo in commercio dal terzo in questione.

Poiché l’art. 6, n. 1, lett. c),
della direttiva 89/104 non effettua alcuna distinzione
tra le destinazioni possibili dei prodotti nel valutare la liceità dell’uso del
marchio, i criteri di valutazione della liceità dell’uso del marchio, in
particolare per quanto riguarda gli accessori o i pezzi di ricambio, non sono
dunque diversi da quelli applicabili alle altre categorie di destinazioni
possibili dei prodotti.

Sulla quarta questione

40 Con la prima parte della quarta
questione, il giudice del rinvio chiede come debba essere interpretato il
requisito di cui all’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104, secondo
cui l’uso del marchio da parte di un terzo ai sensi di tale disposizione è
fatto conformemente agli usi consueti di lealtà in campo industriale e
commerciale. Con il secondo aspetto di tale questione, il giudice del rinvio
chiede se l’uso del marchio da parte di un terzo costituisca un’indicazione
secondo cui i prodotti messi in commercio da tale terzo sono equivalenti, per
qualità e caratteristiche tecniche o d’altro genere, ai prodotti recanti il
detto marchio.

41 Per quanto riguarda la prima parte
di tale questione, occorre rilevare che secondo una giurisprudenza costante
della Corte, il requisito degli «usi consueti di lealtà», ai sensi dell’art. 6,
n. 1, lett. c), della direttiva 89/104 costituisce in sostanza l’espressione di
un obbligo di lealtà nei confronti dei legittimi
interessi del titolare del marchio (sentenze cit. BMW, punto 61, e Gerolsteiner Brunnen, punto 24).
Un obbligo di tale tipo è analogo a quello a cui è
soggetto il rivenditore quando impiega il marchio altrui per annunciare la
rivendita di prodotti recanti tale marchio (sentenze 4 novembre 1997, causa
C-337/95, Parfums Christian
Dior, Racc. pag. I-6013,
punto 45 e BMW, cit., punto
61).

42 A tale riguardo, l’utilizzo del
marchio non è conforme agli usi consueti di lealtà in campo industriale e
commerciale, innanzitutto, quando avviene in modo tale
da poter dare l’impressione che esista un legame commerciale fra il terzo e il
titolare del marchio (sentenza BMW, cit., punto 51).

43 Inoltre, un uso di tale tipo non
deve compromettere il valore del marchio traendo indebitamente vantaggio dal
suo carattere distintivo o dalla sua notorietà (sentenza BMW, cit., punto 52).

44 Peraltro, come rilevato
correttamente dal governo del Regno Unito nonché dalla
Commissione nelle loro osservazioni, l’utilizzo del marchio non avviene
conformemente all’art. 6, n. 1), lett. c), della direttiva 89/104 qualora causi
discredito o denigrazione di tale marchio.

45 Infine, nel caso in cui il terzo
presenti il suo prodotto come imitazione o contraffazione di beni recanti il
marchio di cui non è il titolare, un uso di tale tipo di questo marchio non è
conforme agli usi consueti di lealtà, ai sensi del detto art. 6, n. 1, lett.
c).

46 Spetta al giudice del rinvio
verificare se, nella controversia principale, l’utilizzo del marchio di cui è
titolare la Gillette Company sia avvenuto
conformemente agli usi consueti di lealtà, tenendo conto, in particolare, delle
condizioni ricordate ai punti 42-45 della presente sentenza. A tal riguardo,
occorre prendere in considerazione la presentazione complessiva del prodotto
messo in commercio dal terzo, segnatamente in che modo il marchio di cui il
terzo non è il titolare è evidenziato in tale presentazione, in che modo tale
marchio e il marchio o il segno del terzo sono stati differenziati
nonché lo sforzo fatto da tale terzo per garantire che i consumatori
distinguano i suoi prodotti da quelli del cui marchio egli non è titolare.

47 Per quanto riguarda la seconda
parte di tale questione, come è stato fatto valere
correttamente dal governo del Regno Unito nelle sue osservazioni, il fatto che
un terzo utilizzi il marchio di cui egli non è il titolare per indicare la
destinazione del suo prodotto non significa necessariamente che egli presenti quest’ultimo come equivalente, per qualità o per
caratteristiche, a quello recante il detto marchio. Una rappresentazione di
tale tipo dipende dai fatti del caso di specie e spetta al giudice del rinvio
valutarne l’eventuale esistenza in funzione delle circostanze della
controversia principale.

48 Peraltro, l’eventualità di una
presentazione del prodotto messo in commercio dal terzo come equivalente, per
qualità o caratteristiche, al prodotto recante il marchio che viene utilizzato costituisce un elemento che il giudice del
rinvio deve prendere in considerazione quando verifica che tale utilizzo sia
avvenuto conformemente agli usi consueti di lealtà in campo industriale e
commerciale.

49 Tenuto conto delle considerazioni che precedono,
occorre risolvere la quarta questione nel senso che il requisito degli «usi
consueti di lealtà» ai sensi dell’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva
89/104, costituisce in sostanza l’espressione di un obbligo di lealtà con
riferimento ai legittimi interessi del titolare del marchio.

L’uso del marchio non è conforme agli
usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale, in particolare,
quando:

– avvenga in modo tale da far pensare
che esista un legame commerciale tra i terzi e il
titolare del marchio;

– pregiudichi il valore del marchio
traendo indebitamente vantaggio dal suo carattere distintivo o dalla sua notorietà;

– causi discredito o denigrazione di
tale marchio;

– o il terzo presenti il suo prodotto
come un’imitazione o una contraffazione del prodotto recante
il marchio di cui egli non è il titolare.

Il fatto che un
terzo usi il marchio di cui non è il titolare per indicare la
destinazione del prodotto che mette in commercio non significa necessariamente
che egli presenta tale prodotto come avente pari qualità o caratteristiche
equivalenti a quelle del prodotto recante tale marchio. Una presentazione di
tale tipo dipende dai fatti del caso di specie e spetta al giudice del rinvio
valutarne l’eventuale esistenza in funzione delle circostanze della
controversia principale.

L’eventualità di una presentazione
del prodotto messo in commercio dal terzo come avente pari qualità o
caratteristiche equivalenti a quelle del prodotto il cui marchio
viene utilizzato costituisce un elemento che il giudice del rinvio deve
prendere in considerazione quando verifica che tale utilizzo avviene
conformemente agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale.

Sulla quinta questione

50 Con la sua quinta questione, il
giudice del rinvio chiede se l’impossibilità per il titolare del marchio di
vietare ad un terzo l’uso dello stesso, previsto all’art. 6, n. 1, della
direttiva 89/104, trovi applicazione nel caso in cui tale terzo metta in
commercio non solo un pezzo di ricambio o un accessorio, ma anche il prodotto
stesso con il quale va usato il pezzo di ricambio o l’accessorio.

51 Occorre rilevare che, come hanno
fatto valere il governo finlandese e quello del Regno Unito nelle loro
osservazioni, nessuna disposizione della detta direttiva esclude che, in un
tale caso, un terzo possa invocare il detto art. 6, n. 1, lett. c). Tuttavia,
l’utilizzo del marchio da parte di tale terzo deve essere necessario per
indicare la destinazione del prodotto messo in commercio da parte di questo e
deve essere realizzato conformemente agli usi consueti di lealtà in campo
industriale e commerciale.

52 La questione se l’utilizzo di un
marchio da parte di un terzo nelle circostanze descritte sopra sia necessario
per indicare la destinazione del prodotto messo in commercio da questo e se
tale utilizzo sia conforme agli usi consueti di lealtà in campo industriale e
commerciale è una questione di fatto che spetta al giudice nazionale valutare
in funzione delle circostanze specifiche di ogni
fattispecie.

53 Tenuto conto delle considerazioni
che precedono, occorre risolvere la quinta questione nel senso che, nel caso in
cui un terzo che usi un marchio di cui non è il titolare metta
in commercio non solo un pezzo di ricambio o un accessorio, ma anche il
prodotto stesso con cui l’uso del pezzo di ricambio o dell’accessorio è
previsto, un tale uso rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 6, n. 1,
lett. c), della direttiva 89/104 purché esso sia necessario per indicare la
destinazione del prodotto messo in commercio da questo e avvenga conformemente
agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale

Sulle spese

54 Nei confronti delle parti della
causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato
dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese
sostenute per presentare osservazioni alla Corte, diverse da quelle delle dette
parti, non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi la Corte (Terza Sezione)
dichiara che:

1) La liceità dell’uso del marchio ai
sensi dell’art. 6, n. 1, lett. c), della prima
direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati Membri in materia di marchi d’impresa, dipende dalla
circostanza se tale uso indichi la destinazione di un prodotto.

L’uso del marchio da parte di un
terzo che non ne è il titolare è necessario per
indicare la destinazione di un prodotto messo in commercio da tale terzo quando
un tale uso costituisce in pratica il solo mezzo per fornire al pubblico
un’informazione comprensibile e completa su tale destinazione al fine di
preservare il sistema di concorrenza non falsato sul mercato di tale prodotto.

Spetta al giudice del rinvio
verificare se, nella causa principale, un uso di tale tipo sia necessario,
tenendo conto della natura del pubblico a cui è
destinato il prodotto messo in commercio dal terzo in questione.

Poiché l’art. 6, n. 1, lett. c),
della direttiva 89/104 non effettua alcuna distinzione
tra le destinazioni possibili dei prodotti nella valutazione della liceità
dell’uso del marchio, i criteri di valutazione della liceità dell’uso del
marchio, in particolare per quanto riguarda gli accessori o i pezzi di ricambio,
non sono dunque diversi da quelli applicabili alle altre categorie di
destinazioni possibili dei prodotti.

2) Il requisito degli «usi consueti
di lealtà» ai sensi dell’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104,
costituisce in sostanza l’espressione di un obbligo di lealtà con riferimento
ai legittimi interessi del titolare del marchio.

L’uso del marchio non è conforme agli
usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale, in particolare
quando:

– avvenga in modo tale da far pensare
che esiste un legame commerciale tra i terzi e il
titolare del marchio;

– pregiudichi il valore del marchio
traendo indebitamente vantaggio dal suo carattere distintivo o dalla sua notorietà;

– causi discredito o denigrazione di
tale marchio;

– o il terzo presenti il suo prodotto
come un’imitazione o una contraffazione del prodotto recante
il marchio di cui egli non è il titolare.

Il fatto che un
terzo usi il marchio di cui non è il titolare per indicare la
destinazione del prodotto che mette in commercio non significa necessariamente
che egli presenti tale prodotto come avente pari qualità o caratteristiche
equivalenti a quelle del prodotto recante tale marchio. Una presentazione di
tale tipo dipende dai fatti del caso di specie e spetta al giudice del rinvio
valutarne l’eventuale esistenza in funzione delle circostanze della
controversia principale.

L’eventualità di una presentazione
del prodotto messo in commercio dal terzo come avente pari qualità o
caratteristiche equivalenti a quelle del prodotto il cui marchio
viene usato costituisce un elemento che il giudice del rinvio deve prendere in
considerazione quando verifica che tale uso avviene conformemente agli usi
consueti di lealtà in campo industriale e commerciale.

3) Nel caso in cui un terzo che usi
un marchio di cui non è il titolare metta in commercio non solo un pezzo di
ricambio o un accessorio, ma anche il prodotto stesso con cui l’uso del pezzo
di ricambio o dell’accessorio è previsto, un tale uso rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva
89/104 purché esso sia necessario per indicare la destinazione del prodotto
messo in commercio da questo e avvenga conformemente agli usi consueti di
lealtà in campo industriale e commerciale.

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