Lavoro e Previdenza

Friday 04 February 2005

Legge Biagi e “job on call”: i chiarimenti del Ministero del Lavoro Ministero del lavoro e delle politiche sociali – Roma, 2 febbraio 2005

Legge Biagi e “job on call”:
i chiarimenti del Ministero del Lavoro

Ministero del lavoro e delle
politiche sociali – Roma, 2 febbraio 2005

Oggetto: lavoro intermittente, artt.
33 e segg. D.Lgs. n.
276/2003. Chiarimenti e indicazioni operative.

Alle Direzioni Regionali e
Provinciali del Lavoro

All’INPS

Direzione Centrale Ispettorato

All’INAIL

Direzione Centrale Ispettorato

All’ENPALS

Direzione Generale – Servizio
contributi e vigilanza

All’INPGI

Direzione per la riscossione dei
contributi e vigilanza

All’IPSEMA

Direzione per la riscossione dei
contributi e vigilanza

All’ENASARCO

Unità Organizzativa Vigilanza e
Coordinamento Sedi

All’Agenzia delle Entrate

Direzione Centrale Accertamento

Comando Carabinieri Ispettorato del Lavoro

Comando Generale della Guardia di
Finanza

LORO SEDI

Alla Direzione Generale per la tutela
delle condizioni di lavoro

Al SECIN

Alla Provincia Autonoma di Bolzano

Alla Provincia Autonoma di Trento

Alla Regione Siciliana

Assessorato Lavoro e Previdenza
sociale

Ispettorato Regionale del Lavoro

LORO SEDI

Premessa

In attuazione dell’articolo 4 della
legge 14 febbraio 2003, n. 30,
in materia di occupazione e
mercato del lavoro è stata introdotta nel nostro ordinamento una nuova
tipologia di contratto denominato – in ragione della intermittenza o
discontinuità della prestazione lavorativa – «lavoro intermittente». Detta
tipologia contrattuale si presenta in una duplice versione, con o senza
l’obbligo di corrispondere una indennità di
disponibilità, a seconda della scelta del lavoratore di vincolarsi o meno
all’obbligo di rispondere alla chiamata del datore di lavoro. Ad esso si applica, per quanto compatibile, la normativa
prevista per il rapporto di lavoro subordinato, ma limitatamente ai periodi in
cui il lavoratore si trova a svolgere effettivamente la prestazione lavorativa
oggetto del contratto. Durante i periodi di inattività
o di disponibilità, invece, tali norme non risultano essere applicabili e il
lavoratore di conseguenza maturerà esclusivamente una indennità di
disponibilità se e in quanto contrattualmente prevista.

Finalità della nuova tipologia
contrattuale è quella di dare adeguata veste giuridica a prestazioni di lavoro
discontinue e intermittenti, anche al fine di regolarizzare prassi esistenti e
quantitativamente rilevanti di lavoro non dichiarato o comunque
non regolare. Emblematico è, per esempio, il fenomeno
del "lavoro a fattura", con l’emissione di semplici note o fatture a
titolo di lavoro autonomo da parte di soggetti a cui è in realtà richiesta una
prestazione lavorativa a chiamata con caratteristiche tipiche del lavoro
dipendente. Si tratta di prassi che ledono gravemente i diritti dei prestatori
di lavoro e che risultano distorsive
della stessa competizione corretta tra imprese.

Definizione e tipologie

Il contratto di lavoro intermittente
è disciplinato dagli articoli 33-40 del decreto legislativo n. 276 del 2003.

L’articolo 33 definisce il contratto
di lavoro intermittente come quel contratto con il quale un lavoratore si pone
a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione
lavorativa nei limiti di cui al successivo articolo 34 e cioè:

1) per lo
svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente secondo le
esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e
prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o
territoriale

2) per periodi
predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno ai sensi del
successivo articolo 37;

3) in via sperimentale con soggetti
in stato di disoccupazione con meno di 25 anni di età
ovvero con lavoratori con più di 45 anni che siano stati espulsi dal ciclo
produttivo o che siano iscritti dalla liste di mobilità e di collocamento.

Si tratta dunque di una particolare
tipologia di lavoro dipendente attivabile in ragione della ricorrenza di
determinate condizioni oggettive, individuate come tali dai contratti
collettivi ovvero dalla stesso D.Lgs.
n. 276/2003 per periodi predeterminati nel corso della
settimana, del mese o dell’anno e in via sperimentale, in ragione delle
condizioni soggettive del prestatore di lavoro.

L’articolo 40 inoltre prevede che, in
assenza disciplina contrattuale, il Ministero del lavoro e delle politiche
sociali "individua in via provvisoria e con proprio decreto… i casi in cui
è ammissibile il ricorso al lavoro intermittente". Tale intervento
ministeriale è peraltro rinvenibile nel D.M. 23 ottobre 2004 il quale ammette
la stipulazione di contratti di lavoro intermittente con riferimento alle
tipologie di attività indicate nella tabella allegata
al R.D. 6 dicembre 1923, n. 2657.

Ambito di applicazione

Il decreto legislativo n. 276 del
2003 ammette dunque, in via sperimentale, il ricorso al lavoro intermittente di
tipo a-causale in funzione cioè delle sole condizioni
soggettive del prestatore di lavoro e, precisamente, con riferimento a:

a) giovani disoccupati e inoccupati
con meno di 25 anni di età ai sensi del D.Lgs. n. 181/2000 come modificato
dal D.Lgs. n. 297/2002;

b) disoccupati con più di 45 anni di età che siano stati espulsi dal ciclo produttivo o siano
iscritti alle liste di mobilità e di collocamento.

Ai fini della stipulazione di un
contratto di lavoro intermittente di tipo a-causale il
concetto di disoccupato si desume dall’articolo 1 del decreto legislativo n.
181 del 2000, come modificato dal decreto legislativo n. 297 del 2002, là dove
fa riferimento alla «condizione del soggetto privo di lavoro, che sia
immediatamente disponibile allo svolgimento e alla ricerca di un’attività
lavorativa secondo modalità definite con i servizi competenti». Lo stesso
articolo individua la condizione di giovane inoccupato in quella del soggetto di età inferiore ai 25 anni che, senza aver svolto in
precedenza alcuna attività lavorativa, sia alla ricerca di occupazione da più
di sei mesi. Il concetto di «lavoratore espulso dal ciclo produttivo» va
inteso, secondo la ratio della legge n. 30 del 2003, in senso atecnico e ampio, con riferimento cioè
anche a coloro che hanno estinto il rapporto usufruendo di incentivi all’esodo.

Accanto alle ipotesi sperimentali, il
contratto di lavoro intermittente può essere concluso
per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente
secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da
associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero per periodi
predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno ai sensi dell’articolo
37.

In attuazione del disposto di cui
all’articolo 40 del decreto legislativo n. 276 del 2003 il Ministero del lavoro
e delle politiche sociali è peraltro intervenuto a
individuare in via provvisoria e con proprio decreto, stante la perdurante
assenza dei contratti collettivi, i casi in cui è ammissibile il ricorso al
lavoro intermittente ai sensi della disposizione di cui all’articolo 34, comma
1, e dell’articolo 37, comma 2. Il DM 23 ottobre 2004 ha rinviato, a questo
proposito, alle tipologie di attività indicate nella
tabella allegata al Regio Decreto n. 2657 del 1923.

Coerentemente al disposto di cui
all’articolo 40 del decreto legislativo n. 276 del 2003, e in aderenza alla
lettera del D.M. 23 ottobre 2004 che rinvia alle «tipologie di
attività» di cui alla tabella allegata al Regio Decreto n. 2657 del
1923, le attività ivi indicate devono essere considerate come parametro di
riferimento oggettivo per sopperire alla mancata individuazione da parte della
contrattazione collettiva alla quale il decreto ha rinviato per
l’individuazione delle esigenze a carattere discontinuo ed intermittente
specifiche per ogni settore. Pertanto i requisiti dimensionali e le altre
limitazioni alle quali il regio decreto fa riferimento (es. autorizzazione
dell’ispettore del lavoro) non operano ai fini della individuazione
della tipologia di attività lavorativa oggetto del contratto di lavoro
intermittente. Non rileva pertanto neppure un giudizio caso per caso circa la
natura intermittente o discontinua della prestazione essendo questo compito rinviato ex ante alla contrattazione collettiva o,
in assenza, al Decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali cui
spetta il compito di individuare, mediante una elencazione tipologica o per
clausole generali, quelle che sono le esigenze che consentono la stipulazione
dei contratti di lavoro intermittente.

Forma del contratto

Ai sensi dell’articolo 35 del decreto
legislativo n. 276 del 2003 il contratto di lavoro intermittente deve essere
stipulato in forma scritta ai fini della prova dei seguenti elementi:

a) l’indicazione della durata e delle
ipotesi, oggettive o soggettive, previste dall’articolo 34,
del decreto legislativo n. 276 del 2003 che consentono la stipulazione del
contratto;

b) il luogo e la modalità della
disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso
di chiamata del lavoratore che in ogni caso non può essere inferiore a un giorno lavorativo. Nel caso in cui il datore abbia più
sedi o più unità produttive deve essere espressamente
specificato per quale sede si intende garantire la propria disponibilità se per
una sola o per tutte;

c) il trattamento economico e
normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e la relativa
indennità di disponibilità, ove prevista;

d) l’indicazione delle forme e
modalità con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l’esecuzione
della prestazione di lavoro, nonché delle modalità di
rilevazione della prestazione adottate in azienda (registrazione libro
presenze, badge ecc.). Ai fini dell’articolo 36, comma 5, nel contratto deve
essere specificata la modalità della chiamata che deve essere effettuata in forma scritta (fax, e-mail, telegramma o
raccomandata) oppure in forma orale. Deve altresì essere prevista la forma e la
modalità della conferma da parte del lavoratore come anche il termine entro il
quale farla pervenire al datore di lavoro. Tale termine deve essere compatibile
con il preavviso;

e) i tempi e le modalità di pagamento
della retribuzione e della indennità di disponibilità.
Si ritengono applicabili le norme previste per il contratto di lavoro
subordinato, pertanto il datore di lavoro è tenuto a consegnare al lavoratore
un prospetto paga, secondo le disposizioni previste in materia, contenente gli
estremi retribuiti come gli assegni familiari e tutti gli altri elementi che
compongono la retribuzione nonché le eventuali
trattenute;

f) le eventuali misure di sicurezza
specifiche necessarie in relazione al tipo di attività
dedotta in contratto.

Nel caso in cui nel contratto non siano espressamente riportati gli elementi sopra indicati,
lo stesso sarà integrato dalle indicazioni previste dai contratti collettivi.
Al fine di indicare gli elementi di cui sopra, le parti devono recepire le indicazioni contenute nei contratti collettivi
ove previste. Il datore di lavoro è altresì tenuto a
informare con cadenza annuale – o più frequentemente se previsto dalla
contrattazione collettiva – le rappresentanze sindacali aziendali, ove
esistenti, sull’andamento del ricorso al contratto di lavoro intermittente.

Il contratto intermittente può essere
stipulato a tempo determinato ovvero a tempo
indeterminato secondo quanto si ricava sia dal tenore degli articoli 33-40 del
decreto legislativo n. 276 del 2003 sia da quanto esplicitamente previsto
dall’articolo 33, comma 2, il quale ammette la stipulazione del contratto
intermittente anche a tempo determinato. Con riferimento alla
assunzione a tempo determinato va chiarito che non è applicabile la
disciplina del decreto legislativo n. 368 del 2001, che infatti non è
espressamente richiamata dal decreto legislativo n. 276 del 2003 come avviene
invece, per esempio, con riferimento al contratto di inserimento al lavoro.
Peraltro anche le ragioni che legittimano la stipulazione del contratto a termine sono, in questo caso, espressamente indicate dalla
legge e/o dalla contrattazione collettiva per cui sarebbe inappropriato il
richiamo all’articolo 1 del decreto legislativo n. 368 del 2001 come condizione
per la legittima stipulazione del contratto di lavoro intermittente.

La lettera dell’articolo 35, comma 1,
non impone alcun obbligo contrattuale in merito all’orario ed alla collocazione temporale della prestazione lavorativa. Nessuna
specifica è, altresì, prevista per regolare l’alternanza dei periodi lavorati
con i periodi di inattività o disponibilità.

Ciò corrisponde a
una scelta ben precisa del legislatore di lasciare tale determinazione alla
libera autonomia contrattale delle parti in linea con l’impostazione
complessiva della disciplina del contratto di lavoro intermittente che
suggerisce esclusivamente uno schema contrattuale di base, e quindi flessibile,
adatto a essere modulato e adeguato a seconda delle esigenze specifiche di
volta in volta individuate dalle parti contraenti. Il datore di lavoro,
infatti, può decidere di stipulare un contratto di lavoro intermittente in base
alla sola previsione di una effettiva necessità di
personale aggiuntivo in quanto, al momento della stipulazione del contratto,
non gli è dato sapere con assoluta certezza e precisione le sue reali future
esigenze. Non trova dunque applicazione, neppure per analogia, la disciplina
del lavoro a tempo parziale, configurando il lavoro
intermittente una fattispecie lavorativa sui generis.

Resta tuttavia da considerare che si
tratta pur sempre di un contratto di lavoro dipendente, ragione
per cui la libera determinazione delle parti contraenti opera,
quantomeno con riferimento alla tipologia con obbligo di risposta alla chiamata
del datore di lavoro, nell’ambito della normativa di legge e di contratto
collettivo applicabile, con specifico riferimento alla disciplina in materia di
orario di lavoro.

Adempimenti amministrativi

Ai fini degli adempimenti
amministrativi previsti per l’assunzione, anche per il contratto intermittente
valgono le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 297 del 2002 e dunque
l’invio della comunicazione ai servizi per l’impiego competenti entro 5 giorni dalla avvenuta assunzione. Con l’unica differenza che il
datore di lavoro sarà tenuto a una comunicazione
iniziale, al momento della stipulazione del contratto, e non anche alle altre
conseguenti, fermo restando l’obbligo di informare le rappresentanze sindacali,
ove presenti, con cadenza annuale circa l’andamento delle assunzioni con
contratto di lavoro intermittente e le relative chiamate.

Con la comunicazione ai servizi competenti i datori di lavoro dovranno specificare la
obbligatorietà o meno della chiamata e le modalità della eventuale
disponibilità concordata.

Gli obblighi connessi alla
stipulazione del contratto di lavoro e, in particolare, l’iscrizione al libro
paga e matricola e la comunicazione all’INAIL, saranno soddisfatti, alla stessa
stregua degli altri rapporti di lavoro, solo una volta, al momento della stipulazione
del relativo contratto.

Cumulo con altri contratti di lavoro

Gli articoli 33-40 del decreto
legislativo n. 276 del 2003 non prevedono alcun divieto per quanto riguarda la
stipulazione di più contratti di lavoro intermittente con datori di lavoro differenti.

Nulla vieta, inoltre, l’ammissibilità
di porre in essere un contratto intermittente e altre differenti tipologie
contrattuali a patto che siano tra loro compatibili e
che non risultino di ostacolo con i vari impegni negoziali assunti dalle parti.
Come detto, nel caso di assunzione a termine, non
opera la disciplina di cui al decreto legislativo n. 368 del 2001.

Contratto di lavoro intermittente per
periodi predeterminati

Ai fini dell’applicabilità del
contratto intermittente ai sensi dell’articolo 37, si intende:

a) week-end:
il periodo che va dal venerdì pomeriggio, dopo le ore 13.00, fino alle ore 6.00
del lunedì mattina;

b) vacanze natalizie: il periodo che
va dal 1° dicembre al 10 gennaio;

c) vacanze pasquali: il periodo che
va dalla domenica delle Palme al martedì successivo il
Lunedì dell’Angelo;

d) ferie estive :
i giorni compresi dal 1° giugno al 30 settembre.

Ulteriori periodi predeterminati potranno
essere individuati dalla contrattazione collettiva a seconda di esigenze specifiche
proprie per ciascun settore. Inoltre i periodi sopra individuati potranno
essere a loro volta modificati da eventuali interventi dell’autonomia
collettiva per adeguarli alle effettive necessità di ogni
comparto produttivo.

Indennità di disponibilità

Il contratto di lavoro intermittente
si presenta in una duplice versione, rispettivamente con o senza l’obbligo di
corrispondere una indennità di disponibilità, a
seconda che il lavoratore si vincoli o meno a rispondere alla chiamata.
L’obbligo di rispondere alla chiamata deve essere espressamente pattuito nel
contratto di lavoro intermittente.

L’indennità di disponibilità copre i
periodi durante i quali il lavoratore rimane in attesa
di utilizzazione garantendo la sua disponibilità al datore di lavoro.

L’indennità non è anticipata alla
stipulazione del contratto ma è corrisposta a
consuntivo alla fine del mese.

Il rifiuto ingiustificato di
rispondere alla chiamata del datore di lavoro da parte del prestatore che si è
obbligato contrattualmente, ricevendo l’indennità di disponibilità, può
comportare la risoluzione del contratto, la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo
all’ingiustificato rifiuto, nonché un risarcimento del danno nella misura fissata
dai contratti collettivi o, in mancanza, dal contratto di lavoro.

La misura dell’indennità mensile di
disponibilità, divisibile in quote orarie, viene
stabilita dai contratti collettivi e comunque non può essere inferiore alla
misura prevista dal D.M. 10 marzo 2004 individuata nella misura del 20 per
cento della retribuzione prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro
applicato. Il lavoratore che svolga le prestazioni
solo in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno,
così come indicati nel precedente paragrafo, nell’ipotesi in cui si obblighi a
rispondere alla chiamata del datore di lavoro, ha diritto a percepire
l’indennità di disponibilità solo in caso di effettiva chiamata. Occorre
peraltro precisare che, salvo diversa previsione dei contratti collettivi, in
tali casi il datore di lavoro è tenuto a corrispondere l’indennità di
disponibilità per tutto il periodo di inattività
precedente e posteriore alla chiamata stessa, indennità calcolata secondo le
modalità previste dal D.M. 10 marzo 2004. Nell’eventualità in cui, invece, il
datore di lavoro non effettui alcuna chiamata per
tutta la durata del contratto non è tenuto a corrispondere al lavoratore alcuna
indennità.

In caso di malattia o di altro evento che renda temporaneamente impossibile
rispondere alla chiamata, il lavoratore è tenuto a informare tempestivamente il
datore di lavoro, specificando la durata dell’impedimento. Durante il periodo
di temporanea indisponibilità non matura il diritto alla indennità
di disponibilità. Ove il lavoratore non provveda a
tale adempimento, perde il diritto alla indennità di disponibilità per un
periodo di quindici giorni, salva diversa previsione del contratto individuale.

L’indennità di disponibilità è
esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di
contratto collettivo con la conseguenza che essa non rileva sia ai fini del
calcolo per il TFR che della tredicesima e quattordicesima previsti dai
contratti collettivi.

Trattamento economico, normativo e previdenziale

Ai fini del trattamento economico,
normativo e previdenziale occorre distinguere i periodi in cui il lavoratore
effettivamente svolge la prestazione lavorativa rispetto a quelli di inattività.

Infatti, per i periodi lavorati si
applica il principio di non discriminazione in base al quale, fermi restando i
divieti di discriminazione diretta e indiretta previsti
dalla legislazione vigente, il lavoratore intermittente non deve ricevere un
trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al
lavoratore di pari livello, a parità di mansioni svolte. Viceversa, per tutto
il periodo durante il quale il lavoratore resta disponibile a rispondere alla
chiamata del datore di lavoro, ma non lavora, non è titolare di
alcun diritto riconosciuto ai lavoratori subordinati né matura alcun
trattamento economico e normativo, salvo l’indennità di disponibilità.

Secondo quanto previsto dal comma 2
dell’articolo 38 trovano applicazione gli istituti normativi tipici del lavoro
subordinato in misura "proporzionale" rispetto alla prestazione
lavorativa effettivamente eseguita tenendo conto dell’importo della
retribuzione globale e delle sue singole componenti
nonché per quanto riguarda le ferie, trattamenti di malattia, infortunio e
malattie professionali e congedi parentali.

Si evidenzia, inoltre, che ai sensi
dell’articolo 39, il prestatore di lavoro intermittente è computato
nell’organico dell’impresa in proporzione all’orario di lavoro effettivamente
svolto nell’arco di ciascun semestre.

In caso di malattia professionale e
infortunio trova applicazione la disciplina prevista per il lavoro subordinato,
se questi eventi si verificano in ragione del rapporto
di lavoro. Se, al contrario, la malattia e l’infortunio si
verificano durante i periodi di inattività o disponibilità la predetta
normativa non trova applicazione. Ai sensi dell’articolo 36, comma 4, il
lavoratore deve tempestivamente darne comunicazione al
datore di lavoro, per non incorrere nelle sanzioni previste dallo stesso
articolo.

Le modalità di calcolo della indennità di malattia, maternità e disoccupazione
saranno approfondite in apposite circolari esplicative a cura degli enti
competenti.

Occorre precisare che, per gli altri
istituti normativi e previdenziali non espressamente citati dal decreto
legislativo, opera la disciplina del lavoro subordinato, per quanto
compatibile. In materia di assegni per il nucleo
familiare è dunque applicabile al lavoro intermittente la normativa prevista
per il lavoro subordinato secondo quanto stabilito dall’articolo 2 del decreto
legge n. 69 del 1988, convertito con la legge n. 153 del 1988. Trova inoltre
applicazione l’indennità di disoccupazione, ove ne ricorrano i requisiti
(ridotti o ordinari), limitatamente per i periodi non
lavorati in quanto nel lavoro intermittente la scelta della modalità e della
durata della prestazione lavorativa deriva da esigenze discontinue ed
intermittenti, quindi dalla oggettive caratteristiche della stessa. Trovano
altresì applicazione le disposizioni in materia di permessi e congedi parentali compresa la misura di incentivazione di cui
all’articolo 9 della legge b,. 53 del 2000.

Trattamento contributivo e fiscale

Il datore di lavoro è tenuto a
versare i contributi, oltre che sull’importo della retribuzione corrisposta,
sull’effettivo ammontare della indennità di
disponibilità, anche in deroga alla vigente normativa in materia di minimale
contributivo.

Il lavoratore, inoltre, ha la
possibilità di integrare la contribuzione fino a concorrenza della retribuzione
convenzionale. In particolare, ai sensi dell’articolo 36, comma 7, del decreto
legislativo n. 276 del 2003, con decreto ministeriale verrà
stabilita la misura della retribuzione convenzionale in riferimento alla quale
i lavoratori a chiamata potranno versare la differenza contributiva per i
periodi in cui abbiano percepito una retribuzione inferiore rispetto a quella
convenzionale ovvero abbiano usufruito della indennità di disponibilità fino a
concorrenza della medesima misura.

Il trattamento economico derivante
dal contratto collettivo costituisce reddito di lavoro subordinato e trova
pertanto applicazione la disciplina prevista dall’articolo 51
del TUIR ciò in virtù del fatto che il contratto intermittente è un contratto
di lavoro subordinato.

Si precisa, inoltre, che anche
l’indennità ha natura reddituale ex articolo 51 in
quanto rientra in quelle «somme o valori percepiti» in
relazione al rapporto di lavoro subordinato. Per quanto riguarda le
modalità di calcolo della deduzione fiscale prevista dall’art. 11 del TUIR si rinvia alle indicazioni operative che saranno
fornite in tal senso dalla Direzione Generale dell’Agenzia delle Entrate.

Roberto Maroni