Assicurazione ed Infortunistica

Saturday 10 March 2007

La visibilità e la notorietà della pericolosità di una strada non esenta il comune da responsabilità per gli incidenti.

La visibilità e la notorietà
della pericolosità di una strada non esenta il comune da responsabilità per gli
incidenti.

Cassazione – Sezione terza civile
– sentenza 30 novembre 2006 – 8 marzo 2007, n. 5308

Presidente Duva – Relatore
Segreto

Pm Marinelli – conforme – Ricorrente Salonia –
Controricorrente comune di Genova

Svolgimento del processo

Concetta Salonia, con citazione
del marzo 1997, conveniva davanti al tribunale di Genova, il Comune di quella
città, per sentirlo condannare al risarcimento dei danni alla persona (di anni
72), subiti il 30.6.1996 nel mentre percorreva in
discesa la “salita Monterosso”, mantenuta in pessimo e pericoloso stato, per
quanto costituisse l’unica via di accesso alla sottostante piazza ed ai
relativi servizi, scivolando sul muschio che ricopriva la strada.

Si costituiva il Comune, che
contestava la domanda.

Il Tribunale di Genova, con
sentenza 3172/00,
accoglieva la domanda e condannava il convenuto Comune al pagamento della somma
di euro 59.420.246, oltre accessori, in favore dell’attrice.

Proponeva appello il Comune
convenuto.

La Corte di appello di Genova,
con sentenza depositata il 3.12.2002, rigettava la domanda.

Riteneva la corte di appello che,
nonostante il cattivo stato di manutenzione in cui si trovava la predetta
pubblica “salita”, la pericolosità della stessa era visibile e, quindi, non
costituiva insidia, segnatamente per gli abitanti della zona, quale era
l’attrice, adusa a percorrere quotidianamente tale salita.

Avverso questa
sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’attrice, che ha presentato
anche memoria.

Resiste con controricorso il
Comune di Genova.

Motivi della decisione

1.1. Con il primo motivo di
ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli
2043 e 2051 Cc, nonché il vizio motivazionale dell’impugnata sentenza.

1.2.Con
il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta, sotto altro profilo la
violazione e falsa applicazione dell’articolo 2051 Cc.

Assume la ricorrente che salita
in questione era l’unica strada di accesso al resto della città per gli
abitanti della zona; che, come rilevato dal primo giudice, la strada era in uno
stato di grave pericolosità, perché costituita da una mattonata sconnessa, con
ciottoloni di mare arrotondati, e viscida per il muschio; che nonostante
l’opportuna attenzione, il pericolo di caduta rimaneva ineliminabile ed inevitabile;
che, solo a seguito dell’incidente subito da essa
attrice, il Comune intervenne per transennare e chiudere al transito parte di
detta strada; che erratamente la sentenza impugnata aveva ritenuto che la
responsabilità del Comune potesse affermarsi solo in presenza di un insidia
stradale, da escludersi nella fattispecie per la mancanza delle caratteristiche
dell’inavvistabilità ed imprevedibilità.

2. Ritiene questa corte che i due
motivi di ricorso (da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione) siano fondati e che gli stessi vadano accolti.

Osserva questa Corte che esistono
tre orientamentí giurisprudenziali in merito alla responsabilità della p.a. per
i danni subiti dall’utente conseguenti all’utilizzo di beni demaniali e,
segnatamente, per quelli conseguenti ad omessa od insufficiente manutenzione dì
strade pubbliche.

Secondo l’orientamento
predominante questa tutela è esclusivamente quella predisposta dall’articolo
2043 Cc.

Si osserva, infatti, che la p.a.
incontra nell’esercizio del suo potere discrezionale anche nella vìgilanza e
controllo dei beni di natura demaniale, limiti derivanti dalle norme di legge o
di regolamento, nonchè dalle norme tecniche e da quelle di comune prudenza e
diligenza, ed in particolare dalla norma primaria e fondamentale del neminem
laedere (articolo 2043 Cc) , in applicazione della
quale essa è tenuta a far si che il bene demaniale non presenti per l’utente
una situazione di pericolo occulto, cioè non visibile e non prevedìbile, che
dia luogo al cd. trabocchetto o insidia stradale.

Sussiste l’insidia, fondamento
della responsabilità risarcitoría ex articolo 2043 Cc, della p.a. per danni
riportati dall’utente stradale, allorchè essa non sia visibile o almeno
prevedibile (Cassazione 10132/04; 3991/99; 7062/97; 7742/97; 5989/98 e molte altre).

3.Un
orientamento minoritario, invece, riconduce la responsabilità della p.a.,
proprietaria di una strada pubblica, per danni subiti dall’utente di detta
strada, alla disciplina di cui all’articolo 2051 Cc, assumendo che la p.a.,
quale custode di detta strada, per escludere la responsabilità che su di essa
fa capo a norma dell’articolo 2051 Cc, deve provare che il danno si è
verificato per caso fortuito, non ravvisabile come conseguenza della mancanza
di prova da parte del danneggiato dell’esistenza dell’insidia, che questi,
invece, non deve provare, cosi come non ha l’onere di provare la condotta
commissiva o omissiva del custode, essendo sufficiente che provi l’evento danno
ed il nesso di causalità con la cosa (Cassazione 4070/98; 11749/98; 4673/96; 3392/82,723/88).

In particolare dalla proprietà
pubblica del Comune sulle strade poste all’interno dell’abitato (articolo 16
lett. b della legge 20 marzo 1865 n. 2248, allegato F) discende non solo
l’obbligo dell’Ente alla manutenzione, come stabilito dall’articolo 5 del Rd
2056/23, ma anche quello della custodia con conseguente operatività, nei
confronti dell’Ente stesso, della presunzione di responsabilità al sensi dell’articolo 2051 Cc.

Per danni causati da beni
demaniali, è fortemente sostenuto in dottrina ‑
sul rilievo che, essendo la p.a. custode dei beni demaniali, tra cui le strade
‑ che il ritenere non applicabile alla stessa per tale categorie dei beni
la responsabilità da custodìa, ma solo quella ex articolo 2043 Cc,
costituirebbe un ingiustificato privilegio e, di riflesso, in un ingiustificato
deteriore trattamento per gli utenti danneggiati.

4.Un
orientamento intermedio, che è andato sempre più sviluppandosi negli ultimi
tempi, ritiene che l’articolo 2051 Cc, in tema di presunzione di responsabilità
per il danno cagionato dalle cose che si hanno in custodia ‑ in realtà
‑trova applicazione nei confronti della pubblica amministrazione, con
riguardo ai beni demaniali, esclusivamente qualora tali beni non siano oggetto
di un uso generale e diretto da parte dei terzi, ma vengano utilizzati
dall’amministrazione medesima in situazione tale da rendere possibile un
concreto controllo ed una vigilanza idonea ad impedire l’insorgenza di cause di
pericolo (Cassazione 5567/84), ovvero, ancora, qualora trattisi di beni
demaniali o patrimoniali che per la loro limitata estensione territoriale
consentano una adeguata attività di vigilanza sulle stesse (Cassazione
16675/05; 11446/03; 22592/04;
488/03; 298/03; 11446/03).

Ritiene questa Corte di dover
aderire a tale ultimo orientamento, di recente ribadito (Cassazione 15383/06).

5.1.La custodia si identifica in
una potestà di fatto, che descrive un’attività esercitabile da un soggetto
sulla cosa in virtù della detenzione qualificata, con esclusione quindi della
detenzione per ragioni di ospitalità e servizio, sulla scia del GardIen
(dell’articolo 1384 Code Napoleon) e del Besitzherr ($854 B.G.B.).

Responsabile del danno proveniente
dalla cosa non è il proprietario, come nei casi di responsabilità oggettiva di
cui agli articoli 2052, 2053 e 2054, ultimo comma, Cc, ma il custode della
cosa.

E’ dunque la relazione di fatto,
e non semplicemente giuridica, tra il soggetto e la cosa che legittima una
pronunzia di responsabilità, fondandola sul potere di governo della cosa”.

La sola relazione giuridica
(corrispondente al diritto reale o alla titolarità demaniale) tra il soggetto e
la cosa non dà ancora luogo alla custodia ( ma la fa
solo presumere), allorchè la relazione di fatto intercorra con altro soggetto
qualificato che eserciti la potestà sulla cosa, (ad esempio il conduttore o il
concessionario).

Infatti ‑ come detto
‑ il criterio di imputazione esiste anche nelle ipotesi di responsabilità
oggettiva, ma non è più fondato su criteri soggettivi, ma su criteri oggettivi,
come tali tipologici. Il concetto di responsabilità implica quello di sanzione
per un fatto che l’ordinamento connota negativamente nei confronti di colui sul
quale ne fa gravare il costo.

5.2.Poiché
la custodia è una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa, certamente tale
potere di fatto non può essere a priori escluso in relazione alla natura
demaniale del bene, ma neppure può essere ritenuto in ogni caso sussistente
anche quando vi è l’oggettiva impossibilità di tale potere di controllo del
bene, che è il presupposto necessario per la modifica della situazione di
pericolo.

va qui,
specificato che, attraverso questa analisi del concetto di “custodia, nel suo
contenuto di “potere di governo” della cosa, non si vuole reintrodurre in modo
surrettizio, un elemento di soggettività della responsabilità ex articolo 2051
Cc, inserendolo nell’elemento della custodia, da cui discenderebbe che il
custode, che avesse tuttavia controllato senza colpa, sarebbe esente da
responsabilità per il danno verificatosi.

Non vi è dubbio che il custode
risponde dei danni prodotti dalla cosa non perché ha assunto un comportamento
poco diligente, ma più semplicemente per la particolare posizione in cui si
trovava rispetto alla cosa danneggiante, e quindi secondo una logica che è
propria della responsabilità
oggettiva.

5.3.Ciò
comporta che la possibilità o meno del potere di controllo va egualmente
accertata in termini oggettivi nello specifico caso dì predicata custodia.

Se il potere di controllo è
oggettivamente impossibile, non vi è custodia e quindi non vi è responsabilità
della Pa, ai sensi dell’articolo 2051 Cc.

5.4.Indici
sintomatici dell’impossibilità del controllo del bene demaniale sono la
notevole estensione e l’uso generalizzato dello stesso da parte degli utenti;
ma tali elementi non attestano in modo automatico l’impossibilità di custodia.

La possibilità o l’impossibilità
di un continuo ed efficace controllo e di una costante vigilanza ‑ dalle
quali rispettivamente dipendono l’applicabilità o la non applicabilità
dell’articolo 2051 Cc ‑ non si atteggiano univocamente in relazione a
tutti i tipi di beni demaniali, ma vanno accertati in concreto da parte del
giudice di merito.

Ove tale attività di controllo
non sia oggettivamente possibile, non potrà invocarsi alcuna responsabilità
della Pa, proprietaria del bene demaniale, a norma dell’articolo 2051 Cc, per
mancanza di un elemento costitutivo della custodia e cioè la controllabilità
della cosa, residuando, se ne ricorre gli estremi, la responsabilità di cui
all’articolo 2043 Cc.

5.6. Segnatamente per i beni del
demanio stradale la possibilità in concreto della custodia, nei termini sopra
detti, va esaminata non solo in relazione all’estensione delle strade, ma anche
alle loro caratteristiche, alla posizione, alle dotazioni, ai sistemi di
assistenza che li connotano, agli strumenti che il progresso tecnologico di
volta in volta appresta e che, in larga misura, condizionano anche le aspettative
della generalità degli utenti.

Per le autostrade, contemplate
dall’articolo 2 del Dpr 393/59 (vecchio codice della strada) e del D.Lgs.
285/92 (nuovo Cds) e per loro natura destinato alla percorrenza veloce in
condizioni di sicurezza, l’apprezzamento relativo alla effettiva “possibilità”
del controllo alla stregua degli indicati parametri non può cI,e
indurre a conclusioni in via generale affermativa, e dunque a ravvisare la
configurabilità di un rapporto dì custodia per gli effetti di cui all’articolo
2051 Cc (Cassazione, 298/03; 488/03).

5.7.Figura
sintomatica della possibilità dell’effettivo controllo di una strada del
demanio stradale comunale è che la stessa si trovi all’interno della
perimetrazione del centro abitato (articolo 41 quinquies, legge 1150/42; come
modificato dall’articolo 17 legge 765/67; articolo 9 Dpr 380/01; articolo4
D.Lgs 285/92).

Infatti
la localizzazione della strada all’interno di tale perimetro, dotato di una
serie di altre opere di urbanizzazione primaria e, più in generale, di pubblici
servizi che direttamente o indirettamente sono sottoposti ad attività di
controllo e vigilanza costante da parte del Comune, denotano la possibilità di
un effettivo controllo e vigilanza della zona, per cui sarebbe arduo ritenere
che eguale attività risulti oggettivamente impossibile in relazione al bene
stradale.

6. Ove l’oggettiva impossibilità
della custodia, renda inapplicabile l’articolo 2051 Cc, come detto, la tutela
risarcitoria del danneggiato rimane esclusivamente affidata alla disciplina di
cui all’articolo 2043 Cc.

In merito a questa va specificato
a chiare lettere che la responsabilità della Pa per danni conseguenti
all’utilizzo di bene demaniale da parte del soggetto danneggiato non può essere
limitata ai soli casi di insidia o trabocchetto: questi, come è stato rilevato,
sono solo elementi sintomatici della responsabilità della Pa, ma ciò non
esclude che possa individuarsi nella singola fattispecie anche un diverso
comportamento colposo della Pa.

Limitare aprioristicamente la responsabilità
della p.a. per danni subiti dagli utenti dei beni demaniali alle sole ipotesi
della presenza di insidia o trabocchetto non trova alcuna base normativa nella
Generalklausel di cui all’articolo 2043 Cc, con un’indubbia posizione di
privilegio per la Pa (in questo senso,
già Cassazione 5445/06).

7.1.Sia
nell’ipotesi che la fattispecie rientri nell’articolo 2043 Cc sia che rientri
nell’ articolo 2051 Cc, è rilevante l’eventuale comportamento colposo del
danneggiato poiché esso incide sul nesso causale.

In un sistema in cui il nesso
causale tra il fatto e l’evento svolge un ruolo centrale, diventa fondamentale
accertare se l’evento eziologicamente derivi in tutto o in parte dal
comportamento dello stesso danneggiato, valutandone, quindi, l’eventuale apporto
causale.

L’interruzione del nesso di
causalità può essere anche l’effetto del comportamento sopravvenuto dello
stesso danneggiato, quando il fatto di costui si ponga
come unica ed esclusiva causa dell’evento di danno, si da privare
dell’efficienza causale e da rendere giuridicamente irrilevante il precedente
comportamento dell’autore dell’illecito
(cfr. Cassazione 6640/98,
2737/88).

7.2.Un
corollario di detto principio è la regola posta dall’articolo 1227, comma 1,
Cc, il quale nel contempo dà base normativa al suddetto principio,
presupponendolo. Tale norma prevede la riduzione del risarcimento in presenza della colpa del danneggiato. La regola di cui
all’articolo 1227 Cc va inquadrata esclusivamente nell’ambito del rapporto
causale ed è espressione del principio che esclude la possibilità di
considerare danno risarcibile quello che ciascuno procura, a se
stesso(Cassazione civile 3957/94; 6988/03) .

7.3.In
questa ottica la diligenza del comportamento dell’utente del bene demaniale, e
segnatamente della strada demaniale, va valutata anche in relazione
all’affidamento che era ragionevole porre nell’utilizzo ordinario di quello
specifico bene demaniale, con riguardo alle specifiche condizioni di luogo e di
tempo.

Per il principio dell’affidamento
il fatto che una persona agisca come membro di un determinato gruppo sociale
comporta l’assunzione della responsabilità di saper riconoscere ed affrontare
determinati pericoli secondo lo standard di diligenza e capacità del gruppo.

Qui il problema si pone solo in
relazione al comportamento colposo o meno del danneggiato, il quale è connotato
dall’affidamento, secondo criteri oggettivi e non soggettivi, che egli ripone
nel ritenere esigibile da parte della p.a. custode, una determinata condotta di
custodia in relazione ad un determinato bene.

In applicazione di tale
principio, la diligenza che è richiesta al danneggiato nell’uso del bene
demaniale, costituito nella specie da strada, sarà diversa a seconda che si tratti di una strada campestre o decorso principale della
città, pur facendo capo entrambe allo stesso demanio stradale dello stesso
Comune, proprio perché il danneggiato fa affidamento su una diversa attività di
controllo‑custodia (che quindi ritiene esigibile) in relazione ai due
tipi di strada dello stesso demanio.

8.1. Sulla base di quanto sopra
esposto vanno affermati i seguenti principi di diritto:

«a presunzione di responsabilità
per danni da cose in custodia, di cui all’articolo 2051 Cc, non si applica agli
enti pubblici per danni subiti dagli utenti di beni demaniali nella
fattispecie: del demanio stradale) ogni qual volta sul bene demaniale, per le
sue caratteristiche, non sia possibile esercitare la custodia, intesa quale
potere di fatto sulla stessa. L’estensione del bene
demaniale e l’utilizzazione generale e diretta dello stesso da parte di terzi,
sono solo figure sintomatiche dell’ impossibilità
della custodia da parte della P.A.,mentre elemento sintomatico della
possibilità dì custodia del bene del demanio stradale comunale è che la strada,
dal cui difetto di manutenzione è stato causato un danno, si trovi nel
perimetro urbano delimitato dallo stesso Comune, pur dovendo dette circostanze,
proprio perché solo sintomatiche, essere sottoposte al vaglio in concreto da
parte del giudice di merito».

8.2. «Ove non sia applicabile la
disciplina della responsabilità ex articolo 2051 Cc, per l’impossibilità in
concreto dell’effettiva custodia del bene demaniale, l’ente pubblico risponde
dei danni da detti beni, subiti dall’utente, secondo la regola generale dettata
dall’articolo 2043 Cc, nel qual caso graverà sul danneggiato l’onere della
prova del comportamento colposo della p.a., di cui le
figure dell’insidia o del trabocchetto, sono solo elementi sintomatici, ma non
escludono altre ipotesi di responsabilità colposa».

8.3. «Tanto in ipotesi di
responsabilità oggettiva della P.A. ex articolo 2051 Cc, quanto in ipotesi di
responsabilità della stessa ex articolo 2043 Cc, il comportamento colposo del
soggetto danneggiato nell’uso di bene demaniale (che sussiste anche quando egli
abbia usato il bene demaniale senza la normale diligenza o con affidamento
soggettivo anomalo) esclude la responsabilità della p.a.,
se tale comportamento è idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra la causa
del danno e il danno stesso, integrando, altrimenti,un concorso di colpa ai
sensi dell’articolo 1227 Cc primo comma, con conseguente diminuzione della
responsabilità del danneggiante in proporzione all’incidenza causale del
comportamento del danneggiato».

9.1. Nella fattispecie, quindi è
errata la sentenza impugnata nella parte in cui anzitutto non esamina se la
“salita” in questione, per le caratteristiche oggettive del demanio stradale dì
Genova e segnatamente per la posizione in cui essa si trovava, potesse essere
oggetto di custodia da parte del Comune convenuto, con la conseguente
applicabilità alla fattispecie della disciplina di cui all’articolo 2051 Cc.

9.2. In ogni caso, ove non fosse
applicabile la predetta disciplina e fosse invece applícabile solo la clausola
generale di cui all’articolo 2043 Cc è errata la sentenza impugnata che ha
ristretto la responsabilità dell’ente proprietario della strada, per cattiva o
omessa manutenzione della stessa, alla sola ipotesi della cosiddetta insidia (o
trabocchetto) stradale, senza esaminare più in generale se sussistesse un
comportamento colposo (anche omissivo) dello stesso ente nella manutenzione
della “salita”, eziologicamente produttivo del danno ingiusto subito
dall’attrice.

Ciò vale tanto più se si
considera che il giudice di appello, aderendo alla ricostruzione dei luoghi
effettuata dal primo giudice, concorda sul punto che la salita era pericolosa,
essendo costituita da una scalinata in ciottolato e mattoni con estese
sconnessioni, particolarmente scivolosa per la formazione di una patina di
muschio e che era priva di mancorrente.

La visibilità o meno (da parte
dell’attrice danneggiata) di tale stato di abbandono e di pericolo non vale di
per sé ad escludere la responsabilità dell’ente proprietario, per la mancanza
dell’insidia, ma può essere valutato dal giudice di merito (sia nell’ipotesi di
cui all’articolo 2043 Cc che in quella di cui all’articolo 2051 Cc) solo in
termini di fatto colposo del danneggiato che abbia
eventualmente escluso il nesso causale tra l’omissione di manutenzione
da parte del Comune ed il danno ingiusto ovvero abbia dato un eventuale
concorso eziologico.

10. In definitiva va accolto
il ricorso.

L’impugnata sentenza va cassata
con rinvio, anche per le spese di questo giudizio di cassazione, ad altra
sezione della Corte di appello di Genova, che si uniformerà ai principi
indicati ai punti 8 e 9.

PQM

Accoglie il ricorso. Cassa
l’impugnata sentenza , con rinvio, anche per le spese
di questo giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte di appello di Genova.