Imprese ed Aziende

Wednesday 01 June 2005

La relazione del governatore Fazio sullo stato dell’ economia. Considerazioni finali del Governatore 31.5.2005

La relazione del governatore Fazio sullo stato delleconomia.

Considerazioni finali del Governatore 31.5.2005

Signori Partecipanti, Autorità, Signore, Signori,

la città di Roma ha di recente attirato su di sé lattenzione del mondo. In essa si sono ritrovati Capi di Stato e di Governo, Rappresentanti delle Religioni, milioni di uomini e di donne per onorare il Pontefice, luomo che ha lasciato una vasta orma nella storia. Lo hanno fatto riconoscendosi accomunati da un ideale di reciproca comprensione, dallaspirazione a una solidale convivenza, alla pace. Al Successore, uomo di preclara cultura, figlio dellumanesimo dellEuropa profonda, giungano gli auguri di tutti noi di continuare lopera per una più piena collaborazione tra popoli e nazioni, propiziatrice di crescita umana e civile a livello universale. La Banca dItalia e i suoi dipendenti sono stati impegnati, anche nellanno trascorso, a servire il Paese e le sue specificità regionali e locali. La collaborazione con le altre banche centrali, nel sistema europeo e in quello globale, rimane intensa e coinvolgente sul piano tecnico e per la definizione di orientamenti e politiche a beneficio della comunità finanziaria e delleconomia internazionale. La Vigilanza, attraverso la struttura centrale e periferica, opera a tutela della stabilità, della concorrenza, dellefficienza dei servizi resi dagli intermediari alleconomia produttiva. Nel settore dei pagamenti, entrato a regime il sistema BI-Rel al quale partecipa, attraverso la nostra rete, la Polonia, gli sforzi sono concentrati nella realizzazione, con le banche centrali tedesca e francese, della piattaforma comune per larea delleuro. Il nuovo sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici permetterà la rilevazione analitica, in tempo reale, delle spese e delle entrate delle amministrazioni centrali e locali. È uno strumento indispensabile di conoscenza in un contesto istituzionale nel quale si accresce limportanza dellattività a livello decentrato. Procede intensa nei Servizi e nelle Filiali lattività di sistematica raccolta di dati, di analisi, di ricerca. I risultati sono messi a disposizione degli Organi dello Stato, della comunità economica e finanziaria, dei cittadini. Il riconoscimento della professionalità, del rigore, della qualità dellazione della Banca è unanime e consolidato in ambito internazionale. Ai ricercatori e ai funzionari del Servizio Studi, della Vigilanza, degli altri Servizi che hanno redatto la Relazione annuale, fonte preziosa di informazioni e di analisi sulleconomia e sulla finanza, va la gratitudine per lo straordinario impegno. Al personale che, riconoscendosi nellagire e negli obiettivi dellIstituto, ha operato nellAmministrazione centrale e nelle Filiali con professionalità e alacrità, va il ringraziamento del Consiglio Superiore, del Direttorio, mio personale.

Leconomia mondiale

Nel corso del 2004 ha continuato ad aumentare, sia pure a un ritmo rallentato rispetto agli anni precedenti, il grado di liquidità delleconomia mondiale. Nellinsieme dei sette maggiori paesi industriali il rapporto tra moneta e prodotto era pari al 66 per cento nel 1998; è progressivamente salito fino a raggiungere il 75 per cento nello scorso anno. I tassi di interesse a breve termine, deflazionati per landamento dei prezzi al consumo, erano intorno al 3 per cento nel 1998; sono rapidamente diminuiti divenendo, nel 2003, negativi per mezzo punto percentuale; nella seconda metà del 2004 sono tornati in prossimità dello zero. I rendimenti a lunga scadenza, sempre in termini reali, sono discesi intorno all1 per cento. La robusta espansione monetaria ha sospinto la crescita economica a livello globale. La caduta congiunturale dellattività negli Stati Uniti nel 2001, gli attentati terroristici del settembre e le successive azioni belliche in Medio Oriente avevano bruscamente rallentato lattività nelle economie industriali. Linversione di tendenza è derivata dallimpulso impresso dalla politica di bilancio negli Stati Uniti. I tassi di interesse, particolarmente contenuti, hanno risollevato gli investimenti in edilizia e favorito la domanda di beni di consumo durevoli. Sono ripresi, nel corso del 2003, anche gli acquisti di beni strumentali da parte delle imprese. Si sono ridotti i premi al rischio; sono tornati ad aumentare gli afflussi di capitale e gli investimenti nelle economie emergenti. Il prodotto mondiale è aumentato nel 2004 del 4,0 per cento, in termini reali. Ponderando le produzioni nazionali sulla base dei poteri di acquisto, la crescita è del 5,1 per cento, la più alta da oltre due decenni. Lespansione monetaria non ha avuto conseguenze di rilievo sullinflazione. Nel 2004 i prezzi al consumo sono saliti in media del 2 per cento nei maggiori paesi industriali e del 2,7 negli Stati Uniti. In Giappone si è attenuata la prolungata deflazione. Nellarea delleuro i prezzi sono aumentati del 2,1 per cento. La crescita della produttività nelle economie industriali ha più che compensato, negli ultimi anni, lincremento delle retribuzioni; fanno eccezione, in Europa, la Spagna e lItalia. Lespansione della domanda mondiale ha tuttavia generato tensioni nei prezzi delle materie prime, soprattutto di quelle energetiche; le quotazioni del petrolio greggio sono più che raddoppiate in termini reali rispetto al valore medio degli anni novanta. Ne hanno risentito, nonostante la riduzione del costo del lavoro per unità di prodotto, gli andamenti dei prezzi alla produzione nelle economie avanzate.

Nelle economie emergenti linflazione rimane in media più alta che nei paesi industriali; è nettamente diminuita rispetto agli anni precedenti. Negli Stati Uniti il rischio di un aumento delle pressioni inflazionistiche ha spinto la Riserva federale, dalla metà del 2004, a un graduale aumento dei tassi di interesse, attuato finora per due punti percentuali, fino al 3 per cento. Nellarea delleuro il rallentamento congiunturale nel corso dellanno e il miglioramento atteso dellinflazione hanno condotto alla decisione di lasciare immutato al 2 per cento il tasso di riferimento ufficiale. In più paesi lespansione della liquidità si è riflessa sul valore degli immobili. Negli Stati Uniti, tra il 2000 e il 2004, lincremento dei prezzi 6 delle abitazioni è risultato del 37 per cento. Nel Regno Unito laumento è stato particolarmente intenso fino al 2003; dalla fine di quellanno è stato contrastato dalla politica monetaria fattasi più restrittiva; negli ultimi quattro anni laumento ha comunque raggiunto l85 per cento. In Italia la crescita dei prezzi delle abitazioni nel quadriennio è risultata del 46 per cento; in Spagna dell86. In Germania la tendenza alla riduzione dei prezzi degli immobili, connessa con leccesso di investimenti nei primi anni novanta, si è arrestata. In Giappone i valori immobiliari hanno continuato a diminuire, sia pure in misura inferiore al passato. Le quotazioni azionarie, tra la primavera del 2003 e i primi mesi di questanno, hanno segnato, su tutti i principali mercati, rialzi tra il 40 e il 50 per cento. Hanno beneficiato della riduzione dei tassi di interesse e del cospicuo incremento degli utili. Laccresciuta liquidità e i bassi rendimenti hanno spinto gli operatori ad assumere posizioni più rischiose; si è nettamente ridotta la volatilità delle quotazioni. I rendimenti dei titoli pubblici decennali, sul mercato americano e su quello europeo, dopo un aumento nella prima metà dello scorso anno, sono discesi a livelli molto bassi. Nei primi mesi del 2005 si è osservato un incremento della variabilità dei corsi; sono aumentati i premi per il rischio sulle obbligazioni private e su quelle dei paesi emergenti; sono temporaneamente risaliti i rendimenti delle obbligazioni pubbliche. I rendimenti dei titoli pubblici a lungo termine si collocano su livelli tuttora contenuti, pari, sulla scadenza decennale, al 4,1 per cento negli Stati Uniti e al 3,3 per cento nellarea delleuro. Segnalano aspettative di moderata inflazione, ma anche di contenuta crescita per gli anni a venire. I rendimenti dei titoli a indicizzazione reale si collocano sull1,6 per cento negli Stati Uniti, sull1 nellarea delleuro.

La congiuntura

Negli Stati Uniti il prodotto interno lordo è cresciuto nel 2004 del 4,4 per cento, dopo il 3,0 dellanno precedente. Laumento della domanda interna, in atto dal 2002, era stato innescato dallincremento della spesa pubblica e dalla riduzione, in un orizzonte pluriennale, del carico fiscale per le famiglie e per le imprese. 7 Laumento del reddito disponibile delle famiglie, connesso con lampliamento del disavanzo pubblico, si è tradotto rapidamente in uno stimolo alla domanda per consumi; il tasso di risparmio è sceso a un livello estremamente ridotto, riflettendo anche, presumibilmente, la fiducia nel proseguimento di una positiva evoluzione economica. La ripresa è stata sostenuta dalla politica monetaria fortemente espansiva. Gli acquisti di beni durevoli sono cresciuti del 7,4 per cento nel 2003 e ancora del 6,7 nel 2004; gli investimenti in abitazioni sono aumentati dell8,8 per cento nel 2003 e del 9,7 nel 2004. Dal 2003 sono notevolmente aumentati anche gli investimenti delle imprese. La spesa per beni strumentali e programmi informatici è cresciuta nel 2004 del 13,6 per cento in volume; tra questi, gli investimenti in calcolatori e attrezzature elettroniche sono aumentati del 33 per cento nel 2003 e ancora del 27 nel 2004. Anche gli investimenti in mezzi di trasporto, in costante diminuzione tra il 2000 e il 2003, hanno segnato una improvvisa accelerazione, espandendosi, in quantità, del 12,5 per cento. Le esportazioni di beni e servizi sono cresciute, in volume, dell8,6 per cento. Lincremento della produzione e quello della produttività, che era proseguito anche nella fase di recessione ciclica, hanno ampliato i profitti delle imprese. La ripresa delloccupazione dalla metà del 2003 ha dato ulteriore sostegno al reddito disponibile delle famiglie e ai consumi. La notevole accelerazione, nel corso del 2004, dellattività di investimento ha riflesso la buona situazione finanziaria delle imprese, incentivi fiscali e, più fondamentalmente, le prospettive di sviluppo delleconomia. Lespansione degli investimenti prosegue a ritmi più contenuti nellanno in corso. Nel primo trimestre del 2005 il prodotto interno lordo è aumentato del 3,5 per cento su base annua. Prosegue la crescita della produttività e delloccupazione. I rialzi dei tassi di riferimento decisi dalla Riserva federale sono stati percepiti dai mercati come volti a stabilizzare, nel medio termine, le aspettative di inflazione. Ai cambi correnti, i maggiori paesi industriali contribuiscono per il 65 per cento al prodotto mondiale. Gli Stati Uniti rappresentano poco meno 8 della metà del prodotto dei maggiori paesi e del 30 per cento delleconomia mondiale. Nel 2003 e nel 2004 lattività produttiva nei paesi industriali e nelle economie emergenti è stata sostenuta dalla domanda per consumi e per investimenti negli Stati Uniti. Le importazioni dal resto del mondo hanno segnato un aumento del 4,4 per cento nel 2003 e del 9,9 nel 2004. Il commercio internazionale di beni e servizi è cresciuto, in volume, nel 2003 del 4,9 per cento; nel 2004 del 9,9. Il contributo della Cina allaumento del commercio mondiale nel 2004 è valutabile in 1,5 punti percentuali. Le esportazioni di beni e servizi del Giappone sono cresciute del 9,1 per cento nel 2003 e del 14,4 nel 2004; in Germania nei due anni, rispettivamente, dell1,8 e del 9 per cento. Nettamente inferiori sono stati gli incrementi delle esportazioni della Francia e soprattutto dellItalia. Un contributo rilevante alla crescita delleconomia mondiale è derivato, come negli scorsi anni, dalle economie emergenti e in via di sviluppo. In Cina il prodotto è salito del 9,5 per cento, in India del 7,1. Nelle economie di recente industrializzazione dellAsia la crescita dellattività produttiva è stata del 5,6 per cento. In Giappone, gli investimenti produttivi sia nel 2003 che nel 2004 sono aumentati di circa il 6 per cento, stimolati dalla domanda estera; quelli nelledilizia residenziale sono tornati a espandersi dopo tre anni di flessione. Il prodotto interno lordo nel 2004 è cresciuto del 2,7 per cento; laumento sarà più contenuto nellanno in corso. Nellarea delleuro lespansione del prodotto è stata del 2,1 per cento.

Gli squilibri strutturali

La politica di bilancio in atto dal 2001 ha determinato negli Stati Uniti un rilevante peggioramento del saldo dei conti pubblici. La crescita delleconomia, superiore lo scorso anno a quella potenziale, ha consentito di stabilizzare al 3,6 per cento lincidenza del disavanzo federale sul prodotto. Lammontare del debito collocato sul mercato è salito alla fine del 2004 al 37 per cento del prodotto. È negli impegni dellAmministrazione un ridimensionamento del disavanzo pubblico entro il 2010. In una prospettiva di lungo periodo pesa sulleconomia statunitense la tendenza espansiva della spesa previdenziale e soprattutto di quella sanitaria, che risente delleccezionale aumento dei costi. Il peggioramento dei conti con lestero e i bassi tassi di interesse sono allorigine dellindebolimento del cambio della moneta statunitense iniziato nel 2002. Dalla metà degli anni novanta sono fortemente cresciute le passività sullestero; alla fine del 2003 ammontavano a 10.500 miliardi di dollari, per la metà costituite da investimenti di portafoglio provenienti dallestero e per un quarto da investimenti diretti negli Stati Uniti. Le attività sullestero ammontavano alla fine del 2003 a circa 8.000 miliardi, costituite per un terzo da investimenti diretti allestero da parte di imprese multinazionali e per un altro 30 per cento da investimenti di portafoglio. La posizione debitoria netta degli Stati Uniti nei confronti del resto del mondo, pari al 5 per cento nel 1996, ha raggiunto il 25 per cento del prodotto alla fine del 2004. Lo squilibrio dei conti con lestero di parte corrente, nella misura in cui non è finanziato da afflussi di investimenti diretti o da riduzioni di attività finanziarie stilate in altre valute, si traduce in un aumento della quantità di attività monetarie, obbligazioni e azioni denominate in dollari detenute dal resto del mondo. Lincremento delle attività in dollari in possesso di operatori esteri è anche la contropartita degli investimenti diretti e finanziari statunitensi in altre aree del globo. Il volume di depositi e di obbligazioni private e pubbliche stilati in dollari dal 1999 al 2004 è aumentato del 50 per cento, da 24.000 a 35.900 miliardi. Nello stesso arco di tempo la moneta e i titoli in euro sono cresciuti del 51 per cento, da 11.900 a 18.000 miliardi. Le attività in yen sono aumentate del 27 per cento. Landamento del valore della moneta statunitense è di grande portata per gli equilibri economici e finanziari globali. Il confronto tra le quantità ora ricordate non evidenzia uno squilibrio crescente tra il volume delle attività finanziarie stilate in dollari e quello delle attività stilate in euro. In relazione al forte attivo dei conti con lestero è molto inferiore, rispetto alle altre due principali valute, la quantità di strumenti finanziari stilati nella 10 moneta giapponese. I tassi di rendimento a breve termine pressoché nulli ne hanno prevenuto un eccessivo apprezzamento. Lindebolimento del dollaro si è arrestato nei primi mesi di questanno, anche in seguito allaumento dei tassi ufficiali. Dalla metà di marzo il dollaro si è apprezzato dell8 per cento nei confronti delleuro e del 3 per cento in termini effettivi. Lo squilibrio esterno degli Stati Uniti e lespansione dellofferta di dollari sono, fondamentalmente, il riflesso della più forte crescita rispetto alle altre economie industriali. Tra il 1994 e il 2004 la domanda per consumi e per investimenti è aumentata, in volume, del 45 per cento; il prodotto, grazie anche alla forte dinamica della produttività, del 38 per cento. La domanda interna e il prodotto in Europa e negli altri paesi industriali sono entrambi cresciuti, nel decennio, del 24 per cento. Nel 2004, il risparmio nazionale netto ammontava negli Stati Uniti a due punti percentuali del prodotto. La riduzione del risparmio privato e lampliamento del disavanzo pubblico hanno accentuato negli anni più recenti il ricorso al risparmio che si genera in Europa, in Giappone e nelle economie emergenti. Per un ammontare pari a tre quarti si contrappongono al disavanzo corrente verso lestero degli Stati Uniti cospicui, persistenti avanzi del Giappone, dei paesi produttori di petrolio, della Cina e di altri paesi emergenti dellAsia. Questi non sono in grado di investire o comunque non investono nelle loro economie il flusso complessivo di risparmio. Leccedenza si dirige dove più sicuro è linvestimento e adeguato è il rendimento corrente e atteso. La capacità dei mercati internazionali di finanziare squilibri, anche ampi, tra investimenti e risparmio nelle principali economie è aumentata negli ultimi anni. Gli Stati Uniti hanno finora agevolmente finanziato il disavanzo corrente verso lestero grazie ai capitali attratti dallelevata produttività e dalla redditività degli investimenti e da una condizione di sicurezza e stabilità, economica e istituzionale. Le attività in dollari detenute dalle Autorità di paesi asiatici si collocano attorno ai 2.000 miliardi. La posizione debitoria netta di alcuni di questi paesi 11 lascia prevedere un ulteriore accumulo di riserve valutarie, anche in dollari. Il valore esterno della moneta statunitense è sostenuto dal progressivo aumento dei tassi di interesse ufficiali. Una perdita di valore del dollaro nuocerebbe allordinato operare del sistema finanziario internazionale. In prospettiva è indispensabile un ridimensionamento degli squilibri. Alla correzione del disavanzo corrente degli Stati Uniti dovranno contribuire un aumento del risparmio nazionale e tassi di crescita più elevati negli altri paesi industriali e nel resto del mondo. Condizioni per uno sviluppo sostenibile, per cogliere appieno le opportunità di crescita delleconomia mondiale sono una più profonda integrazione, commerciale e finanziaria, delle economie arretrate nel sistema degli scambi internazionali e la riduzione della povertà, tuttora radicata in vaste aree del globo. La comunità internazionale è impegnata a perseguire questi obiettivi. La strategia si basa sullapertura dei mercati dei paesi sviluppati ai beni prodotti dai paesi poveri, sugli aiuti ufficiali allo sviluppo, sulla cancellazione del debito estero dei paesi fortemente indebitati, su riforme istituzionali nei paesi beneficiari. Guardiamo con fiducia allincontro dei Ministri dei paesi membri dellOrganizzazione mondiale del commercio a Hong Kong, il prossimo dicembre, passaggio cruciale per concludere entro il 2006 i lavori dellagenda di liberalizzazione commerciale di Doha. Lefficacia degli aiuti deve essere accresciuta; sono allo studio meccanismi e strumenti di finanziamento innovativi per aumentare le risorse, oggi inferiori ai valori programmati. Si sono registrati progressi nellambito delliniziativa Heavily Indebted Poor Countries, ma sono ancora molti i paesi, con situazioni interne fortemente instabili, non in grado di beneficiare della riduzione del debito. Una più ampia partecipazione allutilizzo delle risorse e ai benefici della globalizzazione pone le basi per un progresso economico e sociale in condizioni di armonia tra le nazioni.

Leconomia italiana

Lespansione del prodotto interno lordo dei dodici paesi delleuro è stata, tra il 2000 e il 2004, del 5,1 per cento. In Francia lattività produttiva è stata sostenuta dalla spesa delle famiglie. Nei quattro anni laumento del prodotto è stato del 6,6 per cento, quello delle esportazioni del 5,4, un quarto del tasso di espansione della domanda mondiale; gli investimenti produttivi, dopo due anni di diminuzione, sono tornati a crescere nel 2004. In Germania il prodotto nel quadriennio ha registrato un aumento del 3 per cento, in media 0,7 punti allanno. Leconomia è stata trainata dalle esportazioni; queste sono cresciute, in quantità, del 23 per cento, con guadagni di quote sul mercato mondiale. I consumi hanno rallentato nettamente rispetto al decennio precedente, riflettendo lincertezza delle famiglie in relazione al processo di riforma della sicurezza sociale e allandamento delloccupazione. Gli investimenti in beni strumentali realizzati in Germania sono diminuiti nel biennio 2001-02; hanno segnato una lieve ripresa nei trimestri centrali del 2004, ma sono di nuovo calati nellultima parte dellanno. Rimane intenso il processo di delocalizzazione delle attività produttive verso i paesi dellEuropa centro orientale. Gli investimenti in costruzioni si sono ridotti dal 2000 al ritmo medio annuo del 4 per cento; nelledilizia residenziale la caduta dellattività è proceduta di pari passo con quella dei prezzi. Pesano sulleconomia tedesca gli scarsi progressi compiuti nellammodernamento del settore produttivo delle regioni dellEst, che, nonostante i massicci trasferimenti di fondi dal governo federale e il minor costo del lavoro, non ha ancora raggiunto un sufficiente grado di competitività. Anche in Italia lo sviluppo del prodotto è stato insoddisfacente. Dal 2000 laumento annuo è risultato in media inferiore all1 per cento. Lincremento dei consumi, pur beneficiando della crescita delloccupazione e dellimpulso espansivo del bilancio pubblico, è stato analogo. Lattività è stata sospinta dagli investimenti nelledilizia residenziale, favoriti dai bassi tassi di interesse sui mutui e dagli incentivi fiscali alla ristrutturazione degli immobili. Gli investimenti in beni strumentali delle imprese erano calati nel 2003; alla ripresa della prima metà del 2004 hanno fatto seguito nuove flessioni nel terzo e ancora nel quarto trimestre. La competitività nei confronti dellestero si conferma come il punto di maggiore debolezza della nostra economia. Tra il 2000 e il 2004 lo sviluppo della domanda mondiale di beni è stato, in termini reali, del 20 per cento. Le nostre vendite allestero nel 2004 sono risultate inferiori a quelle dellanno 2000; la quota sul mercato mondiale, pari al 4,6 per cento nel 1995, è scesa, calcolata a prezzi costanti, al 3,5 per cento nel 2000 e al 2,9 nel 2004. In Italia, come negli altri paesi dellarea, allinizio del decennio leconomia ha risentito delle difficoltà della congiuntura internazionale; negli ultimi due anni non è riuscita a trarre vantaggio dalla forte espansione dellattività nellAmerica del Nord, in Asia e in America latina.

Lattività nellindustria

I primi segnali della difficoltà competitiva del nostro settore industriale si sono manifestati nella seconda metà degli anni novanta. Tra il 1995 e il 2000 lincremento della produttività totale dei fattori nel settore manifatturiero è stato pressoché nullo; la produttività del lavoro è aumentata in media dell1 per cento allanno, a fronte del 3,2 in Germania, del 4,3 in Francia, del 3,9 negli Stati Uniti. Lindice della produzione industriale nei cinque anni è cresciuto dell8 per cento, in Germania e in Francia del 14 per cento. Il divergente andamento è proseguito negli anni recenti. Tra il 2000 e il 2004 la produzione industriale è aumentata in Francia dell1,2 per cento, in Germania del 2,6; in Italia è diminuita del 3,8 per cento. Il costo del lavoro per unità di prodotto, essenzialmente per il mancato sviluppo della produttività, è aumentato nella nostra industria manifatturiera del 12,6 per cento; nello stesso arco di tempo è sceso del 2,8 in Germania, è cresciuto del 2,6 per cento in Francia. La crisi dellattività industriale è essenzialmente riconducibile ai settori delle apparecchiature meccaniche e delle macchine elettriche ed elettroniche, nei quali la produzione tra il 2000 e il 2004 è diminuita del 26 per cento, e dei mezzi di trasporto, dove la riduzione è stata del 17 per cento. La caduta dellattività in questi comparti, classificabili tra quelli a tecnologia medio-alta, spiega 3,6 punti percentuali della diminuzione dellindice complessivo. Landamento nei settori del tessile e del cuoio, che più direttamente risentono della concorrenza delle economie emergenti dellAsia, ha contribuito per 1,9 punti alla flessione dellindice. È invece aumentata lattività nei comparti alimentare, della carta, dei prodotti in metallo e del legno, classificabili, come il tessile e il cuoio, tra quelli a bassa tecnologia. Le punte di eccellenza e i casi di successo, che si riscontrano pressoché in tutti i rami della nostra industria, si fondano sulla capacità innovativa e sulla qualità dei prodotti. Ma non sono sufficienti, data la limitata rilevanza dimensionale, a risollevare lintero settore industriale. È essenziale che, per il loro carattere altamente qualificato, queste attività restino radicate nel nostro Paese; possono, debbono, disseminare in altre imprese stimoli al miglioramento qualitativo e produttivo.

Le imprese e la tecnologia

Lestensione di attività allestero da parte delle nostre imprese era diretta, negli anni ottanta, ad acquisire la partecipazione o il controllo di aziende con produzioni affini o complementari in paesi europei ed extraeuropei. Investivano allestero, in questa fase, le imprese dei settori a tecnologia medio-alta, con rilevanti economie di scala, alla ricerca di mercati di sbocco; alla metà degli anni ottanta, a esse erano riconducibili i tre quarti dei 260.000 addetti esteri della nostra industria manifatturiera. Un ulteriore 10 per cento faceva capo a imprese a elevata tecnologia che miravano a sfruttare sinergie per lo sviluppo di nuovi prodotti e metodi di produzione avanzati. Gli addetti esteri si concentravano nellEuropa Occidentale e nel Nord America. Dagli anni novanta le imprese dei settori del tessile, abbigliamento, cuoio e calzature, incluse quelle di piccola dimensione, al fine di difendere la competitività erosa dallandamento sfavorevole del rapporto tra prezzo e qualità, hanno iniziato a delocalizzare una parte della loro attività in paesi dove più basso è il costo del lavoro. Allinizio del 2004 gli addetti di aziende estere controllate da imprese italiane erano saliti a 870.000, pari al 18 per cento degli occupati nellindustria in Italia; un terzo era impiegato nellEst europeo e in Asia. I dati sugli investimenti diretti allestero, raccolti sulla base del costituendo registro delle imprese presso lUfficio italiano dei cambi, indicano che le imprese italiane con rilevanti attività in altri paesi sono 1.450; di queste 390 sono ai vertici di imprese internazionali. Lespansione riguarda soprattutto i settori a tecnologia alta e medio-alta; lattività si è indirizzata verso Francia, Spagna e Stati Uniti. In Romania, in Polonia, in Croazia e nella Repubblica Ceca investono prevalentemente le aziende operanti nei settori a bassa tecnologia. Scarsa è la presenza allestero delle imprese con produzioni classificabili a tecnologia medio-bassa, che costituiscono una quota rilevante del nostro settore manifatturiero. Secondo le indagini condotte dalla Banca dItalia a livello regionale, le imprese con attività allestero producono un valore aggiunto per addetto più alto del 9 per cento rispetto a quello medio delle altre imprese italiane. Anche gli investimenti per addetto sono più elevati. Nei settori classificabili a tecnologia media, la delocalizzazione non sembra influenzare loccupazione in Italia, o lo fa in modo positivo. Nei settori tradizionali, lo spostamento allestero di una parte della produzione ha carattere difensivo; riduce loccupazione, ma permette di sostenere il confronto competitivo nel mercato internazionale. Lindustria manifatturiera italiana occupa oltre 5 milioni di persone; il numero è doppio in Germania; in Francia è inferiore di circa il 20 per cento. In Italia il numero di occupati è massimo nei settori a basso contenuto tecnologico. La quota degli addetti ai comparti del tessile, del cuoio e delle calzature, pari nel 2001 al 18,6 per cento, è scesa al 16,6 nel 2004; in Francia e in Germania nel 2001 era rispettivamente del 6,5 e del 3,1 per cento. La pressione competitiva esercitata dalle economie emergenti è per lItalia più rilevante; è indispensabile intensificare la risposta, innalzando la qualità della produzione e il suo contenuto di creatività. Le produzioni a tecnologia medio-alta, che includono quella degli autoveicoli, impiegano in Italia il 26 per cento degli occupati dellindustria, contro il 30 in Francia e il 42 in Germania. È questo il comparto alla base della forte crescita delle esportazioni tedesche. Gli occupati nei settori alimentare, della carta, delleditoria e del legno sono in Francia intorno al 27 per cento, in Germania al 22, in Italia al 19. Questi comparti hanno beneficiato nel nostro Paese dei guadagni di produttività derivanti dai processi di riorganizzazione e ristrutturazione, che hanno consentito anche di migliorare la qualità dei prodotti; la domanda proviene soprattutto dal mercato interno. È del 7 per cento, nella nostra economia, la quota di occupati nei settori ad alta tecnologia, dove si forma il 10 per cento del valore aggiunto dellindustria; in Francia la quota degli occupati è dell11 per cento, in Germania del 9, negli Stati Uniti e in Giappone intorno al 15 per cento. La domanda internazionale di prodotti tecnologicamente avanzati aumenta a ritmi molto superiori alla media; date la qualità e la specificità delle produzioni, è minore lelasticità della domanda ai prezzi; le imprese possono praticare politiche di prezzo che consentono di remunerare adeguatamente i fattori di produzione. Ai ritardi nellammodernamento dellapparato produttivo dei settori a tecnologia medio-alta e allo scarso sviluppo di quelli ad alto contenuto tecnologico è riconducibile il differenziale negativo di crescita della produttività e di competitività della nostra industria nei confronti dellestero. Nel marzo del 2002 il Consiglio europeo aveva assunto come obiettivo per lanno 2010 un volume di investimenti in ricerca e sviluppo pari al 3 per cento del prodotto interno lordo. Il confronto internazionale evidenzia il ritardo del nostro Paese. La qualità della produzione scientifica, misurata secondo gli standard internazionali, tocca in Italia punte di alto livello. La spesa per ricerca e sviluppo direttamente effettuata dal settore pubblico, sotto forma di attività svolte nelle università e negli enti di ricerca, non arriva allo 0,6 per cento del prodotto interno lordo. In Germania e in Francia la spesa pubblica per ricerca si colloca intorno allo 0,8 per cento del prodotto. Il confronto appare sfavorevole soprattutto per la componente che fa capo al settore privato. In Italia i privati destinano allattività di ricerca e sviluppo lo 0,5 per cento del prodotto interno lordo; in Germania e in Francia, rispettivamente, l1,7 e l1,4 per cento. Nel complesso la spesa per ricerca e sviluppo raggiunge l1,1 per cento del prodotto in Italia, il 2,5 in Germania e il 2,2 in Francia. Negli Stati Uniti è pari al 2,7 per cento, in Giappone al 3,1. Lefficacia della ricerca in termini di ricaduta sullattività produttiva dipende dalla dimensione assoluta della spesa; è massima nelle imprese più grandi e nelle economie maggiori. È essenziale lo sviluppo di sinergie allinterno dello spazio economico europeo, per dare concretezza agli indirizzi indicati dallUnione nel Consiglio di Lisbona. Pesa sulla nostra economia, limitandone la capacità di sviluppo, la frammentazione dellattività produttiva. La ridotta dimensione ostacola linvestimento in ricerca; sono più difficili strategie di espansione dellattività a livello globale e di conquista di posizioni rilevanti sul mercato internazionale. Anche escludendo quelle individuali, il 99 per cento delle imprese ha meno di 50 addetti. Tra le imprese di nuova formazione sono numerose quelle che operano in settori a tecnologia alta o medio-alta. Attingendo anche allesperienza di altri grandi paesi europei, Francia, Germania e Spagna, vanno rafforzate le politiche volte a favorire le imprese a forte contenuto tecnologico; in particolare, attraverso la contribuzione del settore pubblico al capitale iniziale, la creazione di attività consortili, lincentivazione del trasferimento di tecnologie dai centri di ricerca pubblica alle attività produttive. Guadagni di produttività potranno discendere da un più intenso ricorso alle reti informatiche di collegamento tra le imprese nellintero territorio nazionale e allestero. Le forme di incentivazione fiscale e le altre provvidenze dirette ad accrescere la competitività, già introdotte, e la programmata riduzione dellIrap possono essere di grande aiuto. Va rinnovato linvito al sistema creditizio a sostenere le aziende più dinamiche, a promuovere, ponendo a frutto la base informativa di cui dispone, processi di aggregazione e di consolidamento tra imprese. È essenziale al riguardo liniziativa delle stesse imprese. Occorre un più ampio ricorso a forme di venture capital, per favorire iniziative in settori innovativi, dove alto è il rendimento atteso, ma elevato è anche il rischio.

Loccupazione

Tra il 2000 e il 2004 il prodotto interno lordo è aumentato del 3,7 per cento; il numero degli occupati, grazie allintroduzione di nuove flessibilità e alla moderazione salariale, è cresciuto del 5,9 per cento. In assenza di una espansione vigorosa dellattività produttiva si sono sviluppate tipologie di lavoro meno stabili e con livelli retributivi inferiori. È cresciuto nel corso degli ultimi dieci anni il numero dei rapporti a tempo determinato. Sono 400.000 i lavoratori con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, pari al 2,4 per cento del totale di quelli dipendenti; la legge Biagi ha previsto la trasformazione di questi rapporti in forme di lavoro meno precarie. Sono aumentati, anche in risposta alle esigenze dei lavoratori, gli occupati a tempo parziale; questi rappresentano attualmente una proporzione ancora distante da quella delle altre grandi economie europee. Si è allargato il divario fra i salari di ingresso e quelli medi. La quota dei lavoratori a bassa retribuzione, stimabile nel 18 per cento, è costituita per l11 da occupati a tempo pieno e per il 7 da occupati a tempo parziale. È stato contenuto il costo del lavoro per dipendente, ma limmissione di nuovi lavoratori in attività marginali ha inciso sulla crescita della produttività. È ancora elevato, soprattutto nel Mezzogiorno, il peso del lavoro irregolare. Per effetto dellaccresciuta partecipazione femminile, loccupazione in rapporto alla popolazione in età da lavoro è salita al 57,5 per cento; in Francia è del 62,8; in Germania del 64,3; negli Stati Uniti è pari al 71,2 per cento. Laumento delloccupazione si è concentrato al Centro Nord. Nel Mezzogiorno, rispetto alla metà degli anni novanta, sono ripresi i flussi migratori delle persone con più alto grado di istruzione verso le regioni centrali e settentrionali. Il calo del tasso di disoccupazione osservato nellultimo biennio deriva da una riduzione delle forze di lavoro; le difficili condizioni hanno scoraggiato lingresso dei giovani e delle donne nel mercato del lavoro. Tra il 1995 e il 2004, il numero degli occupati nel settore terziario è aumentato del 17,8 per cento, a fronte di una crescita dell11,4 per leconomia nel suo complesso. Nei servizi privati laumento è stato del 24,9 per cento; loccupazione nellindustria è rimasta sostanzialmente costante. Partendo da livelli più bassi, lo sviluppo dei servizi, pubblici e privati, procede in Italia allo stesso ritmo di altre economie avanzate; il grado di terziarizzazione delleconomia rimane inferiore a quello della Francia, del Regno Unito, degli Stati Uniti. È ancora poco sviluppato, in termini di addetti, qualità e produttività, il comparto dei servizi alle imprese. Guadagni di efficienza possono essere conseguiti nel commercio al dettaglio. Pesano, anche nel settore terziario, la frammentazione dellofferta e i vincoli normativi che si riflettono sui costi e sulloccupazione. Il ritmo di espansione del terziario, in termini di valore aggiunto, è rallentato negli anni successivi al 2000 rispetto al decennio precedente. Alla riduzione del contributo dellindustria allo sviluppo del prodotto nazionale non ha fatto riscontro in Italia un adeguato aumento dellapporto dei servizi. La crescita delleconomia italiana rimane tra le più basse nellambito delle economie avanzate. La finanza pubblica

La modesta crescita delleconomia ha inciso negli anni recenti sullandamento dei conti pubblici. Nel periodo 1980-1993 la spesa primaria corrente ogni anno era aumentata in media del 4,2 per cento in termini reali; tra il 1994 e il 2000 ripetuti interventi avevano consentito di contenerne lincremento annuo entro l1,2 per cento. Nellultimo quadriennio la spesa è, ogni anno, aumentata, sempre in termini reali, in media del 2,4 per cento. La dinamica ha continuato a riflettere tendenze di lungo periodo determinate da assetti normativi definiti in fasi più favorevoli sotto il profilo macroeconomico e demografico. Sono stati rafforzati gli interventi a sostegno di alcune categorie di cittadini in condizioni disagiate. Sono stati anche varati provvedimenti per rilanciare gli investimenti pubblici e accrescere il ruolo dei capitali privati nello sviluppo delle infrastrutture. La spesa per investimenti delle Amministrazioni pubbliche è risalita dal 2,5 per cento del prodotto del 2000 al 2,9 del 2004. Lincidenza della spesa primaria corrente e per investimenti sul prodotto, in connessione anche con il rallentamento delleconomia, è aumentata di 2,2 punti percentuali. Lincidenza delle entrate è scesa di 0,6 punti; se si escludono gli effetti delle misure di natura temporanea, la flessione è di quasi due punti; landamento riflette sgravi e agevolazioni fiscali disposti in favore di imprese e famiglie nel quadriennio 2001-04, in media dellordine di 5 miliardi lanno. La situazione dei conti pubblici rimane difficile. Gli squilibri sono di natura strutturale e di lunga data; si riflettono negativamente sul potenziale di crescita delleconomia. I notevoli miglioramenti dei saldi di finanza pubblica conseguiti negli anni novanta sono dovuti a un aumento della pressione fiscale sulle imprese e sulle famiglie e al calo della spesa per interessi, connesso con la disinflazione delleconomia e con la partecipazione allUnione monetaria. Il contributo fornito dal contenimento della spesa non è stato irrilevante; ha tuttavia inciso anche sugli investimenti pubblici. Lindebitamento netto del 2001, inizialmente stimato nell1,4 per cento del prodotto, viene ora valutato nel 3,2 per cento. Dal 2002 il ristagno delleconomia ha accentuato il deterioramento della condizione strutturale dei conti; nel 2004, anche per effetto di misure a carattere temporaneo, lindebitamento netto è stato del 3,2 per cento del prodotto. Alla fine del 2004 il debito era pari al 106,6 per cento del prodotto interno lordo. Presupposto di ogni efficace intervento di riequilibrio della finanza pubblica è lattenta valutazione dello stato dei conti, dei rischi connessi con il costo del debito, dei limiti che ne discendono per le politiche di stabilizzazione, delle difficoltà a far fronte agli oneri derivanti dallinvecchiamento della popolazione. Lelevata tassazione, lincertezza connessa con lampliamento del disavanzo pubblico, la carenza di infrastrutture frenano gli investimenti e lo sviluppo. Lazione correttiva deve fondarsi su riforme strutturali. La dinamica della spesa deve proseguire secondo la regola stabilita nellultima legge finanziaria. Sono necessari interventi sul livello del prelievo e sulla sua composizione, progressi nella gestione dei servizi, la creazione di un ambiente normativo orientato alla crescita. Le riforme strutturali migliorano le aspettative, contribuiscono a stabilire un clima di fiducia, innalzano il potenziale di sviluppo delleconomia.

Le banche

Il 2004 è stato un anno favorevole per lattività bancaria nei principali paesi. Negli Stati Uniti i ricavi delle banche hanno tratto beneficio dallulteriore forte crescita dei prestiti alle famiglie, dalla ripresa di quelli alle imprese, da maggiori commissioni su servizi. Gli accantonamenti e le perdite a fronte dei crediti sono diminuiti. Il rendimento del capitale è stato del 13,3 per cento. Nel Regno Unito gli utili delle maggiori banche sono risultati dellordine del 20 per cento del capitale. Come negli Stati Uniti, la redditività trae vantaggio dallintensa attività sui mercati finanziari. Laumento consistente delle commissioni sulle attività di collocamento di titoli e sulle gestioni patrimoniali si è accompagnato a quello, più contenuto, dei proventi da interessi. In Giappone è in atto il rafforzamento patrimoniale del sistema bancario. Si è ridotta, soprattutto per le grandi banche, lincidenza dei prestiti in sofferenza. Anche nellarea delleuro il settore bancario ha conseguito risultati favorevoli. Il credito è cresciuto del 6,3 per cento, un punto in più rispetto al 2003. La redditività delle maggiori banche ha continuato a migliorare a seguito della riduzione dei costi operativi, degli accantonamenti e delle perdite sui crediti. Ai positivi risultati dei sistemi bancari francese e spagnolo si è associato un miglioramento dei conti delle principali istituzioni creditizie tedesche, che negli anni precedenti avevano registrato risultati sfavorevoli. In Italia, in rapporto al capitale e alle riserve, gli utili netti del sistema bancario sono saliti di quattro punti, al 10,7 per cento.

Il finanziamento delleconomia

Le risorse finanziarie affluite in Italia a tutti i settori interni, sotto forma di prestiti bancari, emissioni obbligazionarie e azionarie, altri strumenti, sono ammontate nel 2004 a 163 miliardi di euro. Il settore pubblico ha assorbito risorse per 51 miliardi, le famiglie per 45. I fondi raccolti dalle imprese, incluse le società di finanziamento, sono stati 67 miliardi. Lincerta crescita degli investimenti dal 2001 ha limitato la domanda di finanziamenti. Il credito bancario alle imprese è aumentato del 3,5 per cento nel 2004. È rimasta sostenuta la dinamica dei prestiti alle imprese di minore dimensione; quelli alle unità produttive con meno di 20 addetti, alle quali fa capo circa la metà degli occupati nellindustria e nei servizi, sono aumentati del 5,7 per cento. Il credito alle imprese con sede nel Mezzogiorno si è ampliato del 7,8 per cento. Le difficoltà di crescita delleconomia non si sono riflesse in un peggioramento della qualità del credito. Il flusso dei prestiti iscritti a sofferenza tra il 2001 e il 2004 è stato pari, in media, all1 per cento degli impieghi in essere allinizio di ciascun anno. Il rapporto fu di circa il 4 per cento nella fase recessiva dei primi anni novanta e si mantenne al di sopra del 2 fino al 1996. A contenere i rischi creditizi ha contribuito laffinamento delle tecniche di selezione degli affidamenti. La qualità degli attivi bancari resta tuttavia, in prospettiva, strettamente connessa con la capacità del settore produttivo di tornare su sentieri di crescita sostenuta e duratura. Il credito bancario alle famiglie è aumentato del 15,8 per cento, un ritmo superiore di quasi cinque punti percentuali a quello del 2003 e doppio rispetto a quello dellarea delleuro. È risultata intensa la domanda di finanziamenti per lacquisto di abitazioni; il credito al consumo ha continuato a espandersi a tassi elevati. Laumento dei finanziamenti alle famiglie negli ultimi anni è riconducibile al basso livello dei tassi di interesse, allo sviluppo delle strutture di offerta, alla più intensa concorrenza. Alla fine del 2004 il tasso annuo effettivo globale sulle erogazioni di prestiti alle famiglie per lacquisto di abitazioni era pari al 3,8 per cento, in linea con le condizioni praticate nellarea delleuro. In rapporto al reddito disponibile il debito delle famiglie è aumentato dal 32 per cento della fine dello scorso decennio al 36 del 2003; rimane contenuto nel confronto internazionale; è pari al 61 per cento in Francia, al 92 in Spagna, al 104 in Germania, al 107 negli Stati Uniti, al 129 nel Regno Unito. Lespansione dellassistenza finanziaria alle famiglie offre opportunità di crescita al sistema bancario. Lampia possibilità di accesso al credito richiede che le famiglie abbiano piena consapevolezza degli effetti dellevoluzione dei tassi di interesse sugli impegni assunti.

Lindustria bancaria italiana

Un sistema finanziario stabile, efficiente, concorrenziale conferisce sicurezza e valore al risparmio a esso affidato. Accresce le potenzialità di sviluppo del Paese. La quota del valore aggiunto totale riconducibile al settore dei servizi di intermediazione monetaria e finanziaria è pari al 5,5 per cento, in linea con quella dellarea delleuro. Nel comparto trovano occupazione quasi 600.000 persone, il 3,2 per cento dei lavoratori dipendenti; circa 340.000 fanno capo al settore bancario. Il ruolo fondamentale del sistema bancario sta nella capacità di sovvenire alle esigenze del settore produttivo, di sostenerlo nelle fasi congiunturali avverse, di accompagnarlo in quelle di espansione e nella crescita. Dalla metà degli anni novanta il sistema italiano ha realizzato un processo di concentrazione di vasta portata; è aumentata la redditività in connessione con lampliamento della gamma dei prodotti e dei servizi, labbassamento dei costi operativi, il contenimento dei rischi, lingresso in mercati in forte sviluppo. Sono stati conseguiti significativi guadagni di produttività. I fondi intermediati e il valore aggiunto per addetto, valutati a prezzi costanti, tra il 1995 e il 2004 sono aumentati in media del 4,6 e del 2,4 per cento allanno. Le banche erano 994 alla fine del 1994. La quota delle attività complessive riconducibile ai primi cinque gruppi era pari al 33 per cento. Per impulso della Vigilanza e sotto la pressione crescente della concorrenza, il processo di concentrazione attraverso fusioni e acquisizioni nel corso degli ultimi dieci anni è risultato particolarmente intenso, anche nel confronto con gli altri paesi dellUnione europea e con tutti i maggiori paesi industriali. Le oltre 450 aggregazioni hanno avuto per oggetto banche rappresentative del 42 per cento del complesso dei fondi intermediati. Nel decennio hanno avviato lesercizio dellattività bancaria 231 intermediari. Alla fine dello scorso anno le banche erano 778. La quota di mercato dei primi cinque gruppi è salita al 51 per cento, in linea con la media europea. Sono insediate nel nostro Paese 60 filiali e 15 filiazioni di operatori finanziari esteri, alle quali fa complessivamente capo circa l8 per cento delle attività del sistema bancario. Esse detengono quote molto più elevate nelle transazioni interbancarie, nelle negoziazioni di titoli sui mercati allingrosso, nella gestione di patrimoni mobiliari, nei servizi di finanza aziendale. Nel credito al consumo la quota di mercato riconducibile a operatori esteri è di circa un quarto. Dal 2000 al 2004 banche estere hanno curato il collocamento sulleuromercato di oltre il 70 per cento del valore delle 212 emissioni di titoli effettuate da società non finanziarie italiane. Il sistema bancario italiano ha accresciuto la presenza oltre i confini nazionali. Sono insediati allestero 25 gruppi, con 150 tra filiali e filiazioni. Lespansione è significativa in paesi che hanno di recente aderito allUnione europea e in quelli candidati a una prossima adesione; in alcuni paesi sono state acquisite quote di mercato rilevanti, in competizione con altre importanti banche europee. La riorganizzazione del sistema si è realizzata unitamente a un deciso aumento della concorrenza. Lavori econometrici condotti in Banca dItalia indicano che i guadagni di efficienza realizzati dalle banche in seguito alle concentrazioni si sono in gran parte tradotti in tassi di interesse più favorevoli alle famiglie e alle imprese. La diffusione delle banche sul territorio è andata accrescendosi sia nel Centro Nord sia nel Mezzogiorno; la clientela può scegliere tra un ampio ventaglio di offerte. Dallentrata in vigore, nel 1990, della legge a tutela della concorrenza, la Banca dItalia ha esaminato circa 750 fattispecie riguardanti operazioni di riorganizzazione e di concentrazione; in 23 casi sono state condotte istruttorie spesso concluse con limposizione di misure volte a impedire la formazione di posizioni pregiudizievoli per la concorrenza. Sono state inoltre effettuate istruttorie relative a 28 intese potenzialmente anticompetitive e a 5 casi di abuso di posizione dominante. Sono stati esaminati accordi in materia di prezzi, ripartizione dei mercati, scambio di informazioni, schemi contrattuali uniformi; è rilevante, in particolare, limpegno nellanalisi delle condizioni di offerta dei servizi di pagamento. Tutte le decisioni sono state assunte tenendo conto dei prescritti pareri e in costante e proficua collaborazione con lAutorità garante della concorrenza e del mercato. I progressi del sistema bancario italiano sui fronti dellefficienza e delladeguatezza patrimoniale sono riconosciuti dai principali organismi internazionali. Le più recenti revisioni dei giudizi sul merito di credito assegnati dalle agenzie di rating ai principali gruppi bancari sono state al rialzo. Nel triennio 2002-04 sono migliorate le valutazioni formulate dalla Vigilanza sulla base delle situazioni contabili delle banche. Nello stesso periodo sono state disposte ispezioni sullintero assetto aziendale presso 541 banche, che rappresentano il 52 per cento dei fondi intermediati dal sistema, una quota analoga a quella facente capo alle 518 banche ispezionate nel triennio precedente. Le valutazioni sfavorevoli si sono ridotte dal 23 al 16 per cento del totale; riguardano intermediari con attività pari all1,5 per cento di quelle del sistema. Nel triennio 2002-04 sono stati altresì condotti accertamenti su singole aree operative in altre 16 banche con fondi intermediati pari al 10 per cento di quelli complessivi. Rilievi sfavorevoli sono stati espressi nei confronti di cinque intermediari. Nella prima metà degli anni ottanta le banche avevano assecondato la ricomposizione della ricchezza finanziaria delle famiglie dai depositi ai titoli di Stato. Negli anni recenti, mentre cresceva il ricorso delle imprese al finanziamento diretto sui mercati, gli intermediari hanno esteso la loro attività nel collocamento e nella negoziazione di titoli, anche per corrispondere alla richiesta della clientela di acquisire valori mobiliari con rendimento relativamente elevato. Le procedure degli intermediari per lindividuazione e la gestione dei conflitti di interesse nonché il rispetto degli obblighi informativi e di trasparenza previsti a carico degli stessi intermediari dalla disciplina sui servizi di investimento sono risultati in più casi inadeguati. Le banche debbono informare correttamente e consigliare accortamente i risparmiatori; valutare la rispondenza dei prodotti offerti alle esigenze e alle disponibilità finanziarie dichiarate dagli investitori. Spetta al cliente la scelta della combinazione più appropriata fra rendimento e rischio dellinvestimento. Occorrono ulteriori, incisivi interventi da parte delle banche per migliorare la qualità dei servizi offerti, contenere i costi e la misura delle commissioni praticate sui servizi al dettaglio. È stata avviata, in collaborazione con lAutorità garante della concorrenza e del mercato, una indagine sui costi di chiusura dei rapporti bancari, al fine di valutare se gli intermediari abbiano tenuto comportamenti che limitino la mobilità della clientela. Il rispetto della normativa relativa alla trasparenza dei servizi bancari viene verificato dalle Filiali dellIstituto presso i singoli sportelli. Nel triennio 2002-04 sono stati condotti riscontri presso 2.536 dipendenze appartenenti a 224 banche: 109 banche sono state richiamate per rimuovere anomalie accertate, a 23 sono state comminate sanzioni. È essenziale che le banche attribuiscano valore strategico al miglioramento delle relazioni con i clienti. Il consolidamento della fiducia nella correttezza dei comportamenti degli intermediari contribuisce alla continuità dei rapporti, previene il contenzioso, limita i rischi di natura reputazionale. È in corso di definizione nel Parlamento, dopo ampio approfondimento, la nuova disciplina sul risparmio.

La proprietà delle banche

La quota delle attività facente capo a istituti di proprietà pubblica è scesa, a far tempo dal 1992, dal 70 al 9 per cento. Il sistema bancario italiano si caratterizza per lampia presenza degli intermediari nel listino di borsa. Sono quotati istituti ai quali è riconducibile il 77 per cento dei fondi intermediati dal sistema. Negli altri principali paesi dellEuropa continentale il peso delle banche quotate varia tra il 40 e il 50 per cento. Il processo di privatizzazione si è completato in pochi anni, nonostante lo scarso sviluppo di investitori istituzionali, quali i fondi pensione, e, più in generale, la carenza di risorse disponibili per investimenti strategici nel capitale bancario. Le Fondazioni si sono impegnate per la costituzione di nuclei stabili di azionisti. Nel collocamento delle quote di capitale è stato garantito il rispetto della separatezza tra banca e industria. Il contributo fornito da intermediari finanziari esteri alla formazione degli assetti proprietari di controllo è stato ampio e si è rafforzato nel corso del tempo. Banche e altri soggetti esteri detengono oggi una quota del capitale dei primi quattro gruppi bancari italiani pari in media al 16 per cento. In Germania, in Francia e in Spagna la partecipazione di soggetti stranieri al capitale dei quattro principali gruppi nazionali è pari rispettivamente al 7, al 3 e al 2,6 per cento. Negli assetti proprietari delle principali banche europee è importante la presenza di investitori istituzionali e di società di assicurazione che per loro natura hanno orizzonti di investimento di lungo periodo. In Italia la quota di capitale dei primi quattro gruppi bancari posseduta da imprese di assicurazione, italiane ed estere, è limitata al 4,7 per cento; è del 4,4 nei primi dieci gruppi. Lauspicato sviluppo dei fondi pensione, in connessione con la riforma della previdenza pubblica, è di grande rilievo per il sistema finanziario italiano; potrà anche accrescere le risorse destinate al rafforzamento patrimoniale delle banche; ne risulterà una più ampia disponibilità di credito per leconomia. Lacquisizione del controllo di una società può avvenire attraverso modalità diverse. Gli operatori scelgono quelle più appropriate, nel rispetto delle procedure previste dallordinamento per tutelare i numerosi interessi, pubblici e privati, coinvolti nelle operazioni. Lordinamento italiano, come altri in Europa, disciplina i casi in cui, trattandosi di società con azioni quotate, il superamento di una determinata soglia comporta lobbligo di promuovere una offerta pubblica di acquisto. La decisione degli azionisti in merito alladesione allofferta può riflettere lintento di realizzare guadagni di breve periodo o piuttosto la volontà di condividere la formulazione e il vaglio delle strategie aziendali. In considerazione della peculiarità dellattività bancaria, gli ordinamenti dei paesi sviluppati prevedono una specifica disciplina del trasferimento della proprietà degli intermediari. In Italia, in conformità con le direttive comunitarie, la normativa vigente mira a salvaguardare la sana e prudente gestione degli intermediari. Chi intende acquisire il controllo o comunque partecipazioni di rilievo nel capitale delle banche deve adempiere puntuali obblighi informativi e ottenere le necessarie autorizzazioni. I criteri e le procedure su cui si basano le valutazioni di vigilanza tengono conto delle modalità proposte per le acquisizioni. Sono neutrali rispetto alla nazionalità degli intermediari interessati. Nel caso in cui il soggetto che intende assumere la partecipazione sia una banca dellUnione europea, la legislazione comunitaria prevede una consultazione preventiva con lAutorità di vigilanza del paese in cui la banca ha sede. Quando ne ricorrano i presupposti, loperazione è sottoposta allapprovazione della Commissione europea per gli aspetti relativi alla tutela della concorrenza. Lanalisi, da parte della Banca dItalia, delle istanze di autorizzazione tiene conto delle condizioni dei soggetti richiedenti e del progetto a cui è finalizzata lacquisizione, della situazione aziendale della banca oggetto delloperazione. Se lacquirente è una banca italiana, vengono esaminate ladeguatezza e la realizzabilità dei piani di reperimento delle necessarie risorse patrimoniali, ai fini del rispetto della normativa prudenziale. I tempi per il rilascio dellautorizzazione variano anche in funzione della rilevanza della partecipazione da acquisire e della disponibilità delle informazioni sulla situazione patrimoniale e finanziaria del richiedente. Lindipendenza nellesercizio della funzione di vigilanza e la trasparenza con cui la Banca dItalia rende pubblici principi e criteri dellattività di controllo trovano costante riconoscimento da parte delle istituzioni internazionali. Le informazioni relative a profili di vigilanza sono tutelate dal segreto di ufficio. Deroghe sono possibili, nei casi tassativamente stabiliti.

Il ruolo delle banche

Il rendimento del capitale e delle riserve del sistema bancario si è collocato, come ricordato, al 10,7 per cento nel 2004; gli utili sono ammontati a 11 miliardi di euro. I ricavi sono rimasti sostanzialmente stabili rispetto allanno precedente; si sono ulteriormente ridotti i costi operativi; sono diminuite le rettifiche di valore sui crediti. Informazioni preliminari mostrano che i risultati conseguiti nei primi tre mesi di questanno sono in linea con quelli registrati nel 2004. Il miglioramento della redditività ha contribuito a rafforzare la dotazione patrimoniale del sistema bancario. Il patrimonio di vigilanza del sistema ha raggiunto 149 miliardi; in rapporto alle attività rischiose si attesta all11,6 per cento; era pari al 10,1 nel 2000. Il divario rispetto alla media delle banche europee, ridottosi nel corso degli ultimi anni, si colloca intorno all1 per cento. Il ricorso al credito bancario rimane fondamentale per il sistema produttivo italiano, anche per lancora limitato sviluppo del mercato dei capitali. Per le piccole e medie imprese, che costituiscono la parte preponderante del nostro sistema industriale, il credito bancario rappresenta circa il 70 per cento dei finanziamenti esterni. Alcuni dei maggiori gruppi creditizi hanno costituito banche dedicate al finanziamento delle imprese, soprattutto di quelle piccole e medie. Si sono rafforzati gli intermediari che operano su scala provinciale o regionale. In pochi anni sono diventate operative tutte le tipologie di fondi di investimento previste dal Testo unico della finanza. Ma stenta a emergere la domanda di servizi innovativi di finanza aziendale. La nostra economia sta attraversando una fase di difficoltà di crescita particolarmente acuta. La perdita di competitività del settore industriale ha carattere essenzialmente strutturale. Imprese in difficoltà rischiano di essere escluse dal mercato. Aumenta il ricorso alla Cassa integrazione guadagni, ristagna loccupazione. È fondamentale in questa difficile fase di transizione della nostra economia il sostegno del settore creditizio. Vanno assecondati le nuove iniziative nei settori a tecnologia avanzata, gli investimenti in ricerca e sviluppo. Il sistema creditizio deve promuovere lapertura del capitale delle aziende a operatori idonei ad aumentare e riorientare la capacità produttiva. Deve favorire la crescita dimensionale delle imprese, assisterle nella necessaria attività di espansione allestero al fine di difendere e riconquistare quote nel mercato internazionale.

Signori Partecipanti, Autorità, Signore, Signori,

negli Stati Uniti nel primo trimestre di questanno lincremento su base annua del prodotto è stato del 3,5 per cento. Sono ancora aumentate la produttività e loccupazione. Le previsioni indicano per il 2005 e per il 2006 una crescita in linea con quella del prodotto potenziale, valutata nellordine del 3,5 per cento annuo. Laumento dei tassi di interesse messo in atto dalla Riserva federale rallenterà lespansione della massa monetaria; volto a contenere le aspettative di inflazione, non ha influito negativamente sui tassi a medio e lungo termine; questi rimangono in tutti i principali mercati su livelli moderati, favorendo gli investimenti e la domanda per consumi. Lespansione delleconomia statunitense si rifletterà positivamente sulle altre economie avanzate e su quelle emergenti. In Giappone laumento del prodotto nel 2005 dovrebbe aggirarsi sull1,5 per cento; dovrebbe risultare più alto nel 2006. Continua rapida lespansione dei paesi di recente industrializzazione dellAsia. Lo sviluppo del commercio mondiale di beni e servizi nellanno in corso sarà dellordine del 7 per cento. Nellarea delleuro la crescita sarà inferiore a quella dellanno 2004; rimarrà nettamente al di sotto dello sviluppo del reddito potenziale, valutato nel 2 per cento. Incombe sullEuropa un rallentamento della crescita della popolazione. Linvecchiamento agisce sulla capacità di innovare, frena la crescita della domanda per consumi e per investimenti; ne discenderà una lievitazione dei costi della sanità, dellassistenza, dei sistemi pensionistici. Si impongono riforme che tendano ad allungare la vita attiva e a razionalizzare lassetto dei sistemi sanitari. Politiche fiscali e servizi volti a sollevare le condizioni delle famiglie meno agiate e a favorire la natalità e listruzione sono indispensabili, in una prospettiva di medio termine, per impedire un ripiegamento dello sviluppo economico e sociale. È inevitabile un aumento dei flussi di immigrati; sono necessarie politiche dirette a regolare gli ingressi, da un lato, a favorire lintegrazione, dallaltro. Rispetto allanno 2000, la produzione industriale è calata in Italia di oltre cinque punti percentuali; negli altri paesi dellarea delleuro è aumentata di quattro punti. Il divario si è fatto evidente dalla metà del 2003 allorché, a fronte della ripresa in Francia e in Germania, in Italia lattività ha iniziato una diminuzione, che si è accentuata nella seconda metà dello scorso anno. Nel primo quadrimestre di questanno la produzione industriale risulta inferiore del 2,7 per cento rispetto al corrispondente periodo del 2004. Pesa sul settore manifatturiero la progressiva perdita di competitività, essenzialmente dovuta al mancato sviluppo della produttività. Il calo della produzione si riflette anche sul settore dei servizi. Nonostante il forte aumento del commercio mondiale le nostre vendite allestero rimarranno, questanno, sui livelli del 2004. In cinque anni, dal 2000, le quantità esportate non hanno segnato alcuna crescita. Dallindagine annuale effettuata dalla Banca sulle intenzioni di spesa delle imprese dellindustria e dei servizi con 20 o più addetti risulta, per il 2005, una aspettativa di diminuzione degli investimenti, in quantità, del 3,6 per cento. Nel settore terziario al calo del 5 per cento del 2004 seguirebbe questanno una ulteriore diminuzione. Gli investimenti in opere pubbliche sono rimasti nei primi mesi del 2005 sui livelli di un anno prima. Non si è ancora realizzata lintensificazione dellattività attesa in conseguenza delle innovazioni legislative e dellaumento delle gare di appalto; oltre a difficoltà nei processi decisionali, le imprese segnalano una carenza di erogazione di fondi. I consumi crescerebbero, in linea con gli anni precedenti, intorno all1 per cento. Tende ad arrestarsi laumento delloccupazione. Per il prodotto interno lordo laumento nel 2005 sarà sostanzialmente nullo. Una lieve ripresa nella seconda metà dellanno, favorita da interventi di politica economica, permetterà di tornare alla crescita nel 2006. Lindebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche nel 2005, sulla base degli andamenti in atto, sarà dellordine del 4 per cento del prodotto, a fronte del 2,7 a suo tempo previsto nella Relazione previsionale e programmatica, basato su una ipotesi di crescita del prodotto interno lordo del 2 per cento. Leconomia italiana presenta aspetti di criticità che potrebbero comprometterne, se non superati, lo sviluppo nel medio termine. La correzione della tendenza della spesa pubblica corrente, il riordino dellimposizione fiscale sulle imprese e sul lavoro, una decisa lotta allevasione, una riduzione significativa del peso del debito costituiscono la premessa per innalzare il tasso di sviluppo potenziale della nostra economia. Sono necessarie, da parte delle imprese, iniziative che puntino alla crescita dimensionale, allinnovazione tecnologica, allo sviluppo di nuove produzioni. Alle imprese devono dare sostegno la prospettiva di un quadro macroeconomico di stabilità e crescita e interventi specifici a livello settoriale. È necessario un aumento della concorrenza nellindustria e nel settore terziario. È indispensabile una partecipazione delle forze sociali e del lavoro al rilancio dello sviluppo. Il settore creditizio, grazie anche al suo rafforzamento, continuerà a fornire le necessarie risorse al settore produttivo. Lespansione dei finanziamenti è stata intensa per le aziende piccole, soprattutto per quelle localizzate nel Mezzogiorno; sono state sostenute grandi imprese in difficoltà. Nelleconomia italiana, come e più che negli altri grandi paesi industriali, Stati Uniti, Francia, Germania, la diffusa presenza di aziende medie e piccole richiede, accanto agli istituti di maggiore dimensione, banche attente alleconomia locale, non trascurando le opportunità offerte dalla globalizzazione. Ma la finanza non può sostituirsi allimprenditore nel perseguimento dellinnovazione, nella progettualità , nellinnalzamento della produttività. Rimane bassa in Italia la dotazione di capitale pubblico. In molte regioni economicamente più progredite sono carenti le infrastrutture di base per i trasporti; nel Mezzogiorno sono insufficienti anche la fornitura di energia e la distribuzione delle risorse idriche. È necessario colmare il ritardo nel passaggio alla fase esecutiva delle grandi opere legate alla legge obiettivo. Con il completamento della normativa sulla finanza di progetto può divenire ampio il coinvolgimento dei capitali privati. Limpegno degli enti pubblici, anche regionali e locali, può consentire un aumento degli investimenti nel 2006 e nel 2007. Adeguate e moderne infrastrutture sono indispensabili per lo sviluppo del settore del turismo, nel quale il nostro Paese, per leccezionale dotazione di beni culturali e ambientali, gode di un vantaggio comparato. Nel Mezzogiorno lindustria turistica è molto al di sotto delle risorse potenziali. Ulteriori liberalizzazioni e modernizzazioni nel settore terziario contribuiranno ad accrescere la produttività e loccupazione. Sono quantitativamente poco sviluppati, anche per carenza di domanda, i servizi più avanzati per le imprese. Occorre progredire nella riorganizzazione della funzione pubblica. Grazie ai bassi tassi di interesse e ai cospicui finanziamenti a medio e a lungo termine, la domanda interna è stata sostenuta, negli ultimi quattro anni, dagli investimenti in costruzioni. La difficoltà a esportare e la flessione degli investimenti produttivi frenano congiunturalmente la domanda. Lincremento del prodotto interno lordo rimane di molto inferiore al pur modesto tasso di crescita del potenziale produttivo. È necessario che nei grandi complessi urbani lattività di progettazione e gli investimenti infrastrutturali ravvivino, prontamente, la domanda. Uno stimolo allinvestimento privato può derivare dai provvedimenti in favore della competitività. LItalia ha saputo affrontare e superare periodi difficili nella sua storia, anche recente, grazie allimpegno dellAmministrazione pubblica e delle Istituzioni, alle iniziative della classe imprenditoriale, alla convinta collaborazione delle forze sociali. Il cattivo andamento delleconomia influisce negativamente sugli atteggiamenti dei cittadini nei confronti delle istituzioni, dei governanti, dei loro progetti. I recenti orientamenti politici di importanti paesi dellUnione europea devono rafforzare limpegno per una più sostenuta crescita economica del Continente nel quale ci sentiamo integrati per le comuni radici culturali e civili. È necessario dare basi di legittimazione democratica e di rappresentanza alle istituzioni europee, applicare pienamente il principio di sussidiarietà che i Padri fondatori vollero alla base del Trattato di Roma. Più che una intensificazione delle regole, va ricercata, in un contesto unitario, la valorizzazione delle diversità e delle genialità proprie delle singole nazioni ed economie. È necessario ritrovare la fiducia. La Politica, le Istituzioni, gli imprenditori che sono aperti al futuro, le parti sociali debbono reagire, convergere su obiettivi realistici di interesse generale, operare fattivamente per riprendere, in un contesto economico internazionale che rimane essenzialmente favorevole, la via dello sviluppo economico e civile.