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Saturday 08 November 2003

La recinzione è opera di manutenzione ordinaria? Interviene il Consiglio di Stato ed ingarbuglia ancor di pià lo stato dell’ arte.

La recinzione è opera di manutenzione ordinaria? Interviene il Consiglio di Stato ed ingarbuglia ancor di più lo “stato dell’arte”.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 30 ottobre 2003 n. 6736 – Pres. Elefante, Est. Zaccardi – Rango (Avv. Mocchegiani) c. Comune di Cupra Montana (Avv. Fatichenti) – (conferma T.A.R. Marche, sentenza n. 250/1997).

per l’annullamento

della sentenza n. 250/1997 pronunciata tra le parti dal Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

1) I fatti di causa possono essere dati per conosciuti per come rappresentati nella parte espositiva in fatto sia della sentenza appellata che dell’atto di appello.

2) La questione posta all’attenzione del Collegio è essenzialmente incentrata sulla natura delle opere realizzate abusivamente dall’attuale appellante in una area di sua proprietà situata nel territorio del Comune di Cupra Montana in via San Marco in prossimità del Fosso San Marco, opere delle quali è stata ordinata la rimozione con ripristino dello stato dei luoghi con l’ordinanza sindacale n. 40 del 2 agosto 1993 impugnata in primo grado e ritenuta legittima dal primo giudice.

In particolare rileva nel presente giudizio solo la infissione al suolo di” una serie di paletti in ferro zincato della altezza di cm. 220 circa con un interasse presumibile di cm. 300/350 “e del diametro variabile da 60 a 160 mm. Detti paletti secondo l’atto impugnato erano posti ” lungo il terreno a modo di recinzione”. Le altre opere realizzate abusivamente dal sig. Rango (uno scavo lungo il fosso adiacente la proprietà per m. 70 circa e la posa in opera di tubazioni in cemento e di un pozzetto di ispezione )sono state, infatti, eliminate dall’attuale appellante in esecuzione della predetta ordinanza.

Si tratta poi di verificare se a dette opere era applicabile il regime autorizzatorio previsto dal Decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 23 del 14 settembre 1989 e successive modificazioni (art. 9, lett. o), regime che include le recinzioni tra gli interventi di manutenzione straordinaria ed ancora se, per tale tipologia di interventi nel caso di realizzazione senza titolo era legittimo il ricorso ai poteri sanzionatori di cui all’art. 4 della legge 28 febbraio 1985 n. 47.

Si deve ancora precisare che l’area interessata dalle opere edilizie in questione è assoggettata ad uno speciale vincolo di tutela contemplato dall’art. 30.1.7 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale del Comune di Cupra Montana che vieta nelle aree di tutela dei corsi d’acqua” qualsiasi trasformazione salve le opere necessarie per l’accessibilità pedonale, le opere di difesa spondali e di ristrutturazione idraulica, nonché le opere necessarie all’attraversamento. L’attività agricola permessa non ammette le arature profonde ed i movimenti di terra che alterino il profilo del terreno salvo per le opere relative ai progetti di recupero ambientale, entro una fascia contigua di mt.10,00.”

3) Al primo quesito posto (se si tratti nel caso di specie della realizzazione di una recinzione ) si deve dare risposta positiva. Non è dubbio, infatti, che l’attuale appellante abbia voluto realizzare una recinzione delle aree di sua proprietà. Ciò è dimostrato dalla esperienza comune, perché di regola l’infissione di paletti in ferro è preordinata alla recinzione di aree con la successiva disposizione di reti in congiunzione con i paletti, ma è stato anche ammesso da parte appellante in uno degli scritti del giudizio di primo grado e nelle controdeduzioni all’ordinanza n. 40 del 2 agosto 1993 presentate il 15 settembre dello stesso anno al Comune di Cupra Montana.

Il tentativo di sostenere che non si tratterebbe di una recinzione perché i paletti non recingerebbero per intero la proprietà del sig. Rango (circostanza accertata con perizia di parte dell’arch. Bonelli) è destinato a fallire se solo si tiene conto che la recinzione non necessariamente, per scelta del proprietario, ovvero per le condizioni orografiche delle aree, deve ricomprendere tutta la proprietà di un soggetto ma ben può riguardare alcune specifiche porzioni della stessa rispetto alle quali svolge pur sempre la funzione di esclusione delle intromissioni di terzi che la caratterizza. Si deve, altresì, osservare in proposito che non appare decisiva la censura con cui parte appellante ha dedotto la incongruità nella sentenza appellata della affermazione secondo cui la relazione dell’Ufficio Tecnico comunale del 28 luglio 1993 farebbe prova fino a querela di falso della infissione dei paletti a modo di recinzione. L’affermazione non è, invero, esatta posto che la speciale forza probatoria di cui si è detto può essere estesa solo al fatto constatato dai dipendenti comunali (e quindi alla sola esistenza dei paletti) ma ciò non muta i termini della questione in esame per quanto si è osservato circa la naturale, e dichiarata, funzione che i paletti di cui trattasi avrebbero dovuto svolgere per recingere l’area di proprietà dell’appellante.

4) Ciò posto non è dubbio che nel caso di specie dovesse trovare applicazione l’art. 9 del del D.P.R.G. n. 23 del 1989 sopraindicato che sottopone al regime autorizzatorio gli interventi edilizi di cui trattasi.

Non ha pregio, per contrastare questo assunto, sostenere che l’art. 31, secondo comma, della legge 5 agosto 1978 n. 457 dispone che le definizioni contenute nel comma precedente (ed in particolare per quel che qui interessa la lett. b) che qualifica gli interventi di manutenzione straordinaria sul patrimonio edilizio esistente senza comprendervi le recinzioni) prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici eventualmente difformi. Tale disposizione ha, invero, la funzione di rendere uniforme la disciplina degli interventi edilizi sul patrimonio edilizio esistente evitando che a livello locale possano essere dettate con riguardo specifico alle tipologie di interventi espressamente indicati nella medesima prescrizioni diverse e potenzialmente incisive del corretto ed equilibrato sviluppo nelle aree edificate ma non può essere estesa ad escludere ogni disposizione integrativa o interpretativa che a livello regionale sia ritenuta utile per un migliore assetto urbanistico del territorio.

Quanto si è sin qui osservato porta anche ad escludere che nell’intervento edilizio effettuato dal sig. Rango possa individuarsi la realizzazione di opere di manutenzione ordinaria. Nè ha valore osservare che il giudice amministrativo dovrebbe disapplicare la ricordata norma regionale di natura regolamentare perché in contrasto con la legge ordinaria cui si è fatto riferimento, da un latoinfatti non c’è contrasto perché come si è detto la norma regionale integra la disciplina statale sul punto e non la modifica, ed inoltre il potere di disapplicazione compete solo al giudice ordinario e non al giudice amministrativo secondo indirizzi consolidati della giurisprudenza amministrativa.

La realizzazione di interventi edilizi senza titolo in aree sottoposte a vincolo di inedificabilità comporta poi la piena legittimità dell’intervento sanzionatorio dell’Amministrazione comunale in applicazione dell’art. 4, secondo comma, della legge 477/1985.

Tale norma non distingue infatti tra i vari titoli abilitativi alla edificazione (concessione edilizia o autorizzazione) la cui mancanza consente il ricorso all’esercizio del potere sanzionatorio ivi contemplato ma implica invece che ogni intervento edilizio – e quindi anche di manutenzione straordinaria -realizzato senza titolo in aree sottoposte ai vincoli di cui trattasi sia represso con l’ordine di ripristino dei luoghi. La scelta del legislatore è ben spiegabile se si tiene conto che la mancanza dei titoli abilitativi alla costruzione riguarda aree sottoposte a regimi speciali di tutela nell’ambito delle quali è maggiormente richiesta una sanzione immediata e “reale” ed in grado di reintegrare il bene protetto pregiudicato dall’intervento edilizio abusivo.

E’ così confutata anche l’ulteriore argomentazione secondo cui nel caso in esame avrebbe dovuto applicarsi l’art. 10, decimo comma, della legge 47/1985 che reprime con la sola sanzione pecuniaria la violazione delle disposizioni che richiedono l’autorizzazione per la realizzazione di opere edilizie.

5) In definitiva nell’area di tutela del “Fosso San Marco” non sono consentiti interventi senza previo titolo abilitativo alla costruzione e ciò a prescindere dal rilievo oggettivo delle opere stesse dal punto di vista ambientale. La previsione degli interventi consentiti èinfatti, nella ricordata disposizione delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale, tassativa e non comprende le recinzioni.

6) Alla stregua delle considerazioni che precedono l’appello va respinto mentre sussistono ragioni per compensare tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello di cui in epigrafe lo rigetta con conferma della sentenza appellata.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa

Così deciso addì 16 maggio 2003 in camera di consiglio con l’intervento di:

Agostino Elefante Presidente

Goffredo Zaccardi consigliere estensore,

Aldo Fera consigliere,

Francesco D’Ottavi consigliere,

Claudio Marchitiello consigliere.

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

f.to Goffredo Zaccardi f.to Agostino Elefante

Depositata in Segreteria il 30 ottobre 2003.