Civile

Monday 05 April 2004

La liquidazione equitativa del danno deve essere sorretta da adeguata motivazione. Cassazione Sezione terza civile sentenza 12 dicembre 2003-30 marzo 2004, n. 6285

La liquidazione equitativa del danno deve essere sorretta da adeguata motivazione

Cassazione – Sezione terza civile – sentenza 12 dicembre 2003-30 marzo 2004, n. 6285

Presidente Di Nanni – Relatore Manzo

Pm Maccarone – difforme – ricorrente Galati – controricorrente Mediolanum Assic. Spa

Svolgimento del processo

Carmelo Paratore ed Amelia Galati convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Patti Salvatorino Lorello e la Mediolanum Assicurazioni spa, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni da essi subiti in conseguenza di un incidente stradale. Il Tribunale accoglieva la domanda e condannava i convenuti a risarcire il danno nella misura di lire 64.214.400, compreso il danno alla persona subito dalla Galati. La Mediolanum Assicurazioni spa proponeva appello, al quale resistevano il Paratore e la Galati. La Corte d’appello di Messina, per quanto qui interessa, riduceva a lire 6.000.000, da lire 50.000.000, la somma spettante alla Galati, a titolo di danno biologico per l’interruzione della gravidanza e condannava l’appellante alla restituzione di quanto a tal titolo ricevuto in eccedenza dalla società appellante.

Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione Amelia Galati svolgendo un unico motivo, al quale resiste con controricorso la Mediolanum, Assicurazioni spa. L’altro intimato non ha svolto difese.

Motivi della decisione

1. Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente deduce la «erronea, contraddittoria ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia. Violazione e falsa applicazione di legge (articolo 1226 Cc)». La Corte d’appello, pur ritenendo sussistente il nesso di causalità tra l’incidente e l’interruzione della gravidanza, aveva ritenuto equo liquidare per questa lesione dell’integrità fisica la somma di lire 6.000.000, cosi riducendo la precedente somma liquidata dal Tribunale e pari a lire 50.000.000, con l’apodittica asserzione che l’interruzione di gravidanza si sarebbe in concreto verificata naturalmente e senza particolari problemi terapeutici. Questa motivazione era contraddittoria poiché, una volta riconosciuta l’origine traumatica dell’interruzione, nulla di naturale poteva riscontrarsi nell’evento; era insufficiente in quanto «la valutazione del danno biologico non può limitarsi all’evento strettamente anatomo-funzionale-statico, ma va estesa alle ripercussioni sull’integrità psico-fisica e, quindi, sulle abitudini di vita, sulle attività familiari e sociali, che ne rappresentano l’elemento dinamico». In ogni caso, la liquidazione equitativa del danno non poteva risolversi in arbitrio, mentre nel caso di specie la valutazione in proposito effettuata dalla Corte di merito era fondata su affermazioni tautologiche, contraddittorie e insufficienti.

2. Preliminarmente va rilevato che la controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, deducendo la mancanza dei motivi di ricorso e delle norme di diritto su cui essi si fondano (articolo 366 n. 4 Cpc). Il ricorrente aveva «mancato nella precisa individuazione del motivo, indicato genericamente come unico e dedotto, invece, sotto due differenti forme l’una che fa(ceva) riferimento al n. 3 dell’articolo 360 Cpc, l’altra a quello di cui al n. 5 dello stesso articolo». Era violato inoltre il principio di autosufficienza del ricorso.

L’eccezione è priva di fondamento.

Il ricorso consente infatti, da solo e senza necessità di integrazione con altri atti del processo, l’individuazione specifica delle questioni da risolvere, restando dunque esclusa una violazione del disposto del n. 4 dell’articolo 366 Cpc o del principio di autosufficienza del ricorso. Del tutto priva di rilevo è, poi, la deduzione che l’unico motivo sarebbe articolato nelle due doglianze di violazione di legge e di vizio di motivazione.

3. Il motivo di ricorso è fondato.

La Corte territoriale ha ritenuto eccessivo l’importo di lire 50.000.000 liquidato dal primo giudice a titolo di danno biologico per l’interruzione di gravidanza della Galati, considerando che questa si era «in concreto verificata naturalmente senza particolari problemi terapeutici» e non aveva comportato «alcuna ulteriore conseguenza». Ha quindi liquidato il danno in questione nella misura di lire 6.000.000, ritenendo «equa e congrua» questa somma.

Questa Corte ha più volte enunciato il principio secondo cui l’esercizio in concreto del potere discrezionale conferito al giudice di liquidare il danno in via equitativa non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità, quando la motivazione della decisione dia adeguatamente conto dell’uso di tale facoltà, indicando il processo logico e valutativo seguito (Cassazione 8807/01; 4909/00).

Con riferimento al caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata in ordine alla liquidazione del danno conseguente all’interruzione di gravidanza appare apodittica e, comunque, del tutto inadeguata ad evidenziare il procedimento logico seguito.

Come risulta da quanto sopra riportato, per un verso la motivazione in ordine all’entità del danno si esaurisce nella mera asserzione della ritenuta equità della determinazione adottata, senza riferimento ad elementi connotati di specificità tale da lasciar intendere i criteri seguiti nella liquidazione; per altro verso, le affermazioni che l’interruzione di gravidanza si era verificata «naturalmente» e che non si erano riscontrati «particolari» problemi terapeutici non consistono in argomentazioni chiare e coerenti. L’interruzione di gravidanza può essere infatti spontanea o provocata. Nel caso di specie è pacificamente ammesso dalla sentenza impugnata che l’interruzione di gravidanza sia stata effetto del trauma addominale conseguente all’incidente. E a fronte di ciò non si comprende cosa abbia effettivamente inteso la Corte di merito con l’affermazione che l’interruzione della gravidanza della Galati si era verificata naturalmente e conseguentemente non si intende chiaramente qual è stata la ratio decidendi seguita. Del tutto privo di specificità è poi l’affermazione della mancanza di «particolari» problemi terapeutici.

In conclusione, i motivi espressi a giustificazione della liquidazione del danno nella misura di 6.000.000 sono inadeguati ad evidenziare il procedimento logico e valutativo seguito. Ciò tanto più se si considera che la Corte d’appello ha sul punto riformato la sentenza del Tribunale che a questo titolo aveva liquidato 50.000.000.

Il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d’appello di Messina, che, in diversa composizione, procederà ad un nuovo esame e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio per cassazione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso e rinvia anche perle spese del giudizio di cassazione alla Corte d’appello di Messina.