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Saturday 04 December 2004

La guida al condono edilizio in Emilia Romagna.

La guida al condono edilizio in
Emilia Romagna.

Regione Emilia Romagna «Circolare
dell’assessore alla programmazione territoriale, politiche
abitative, riqualificazione urbana, protocollo n. AED/20623 del
20/10/2004

Indicazioni generali per
l’applicazione nella Regione Emilia-Romagna del condono edilizio, ai sensi
della legge regionale 21 ottobre 2004, n. 23, con annessa modulistica»

1. Ambito di applicazione
– articolo 26

2. La domanda –
articolo 27

2.1. Soggetti legittimati

2.2.
Presentazione della domanda

2.3. Elaborati grafici e
fotografici e progetto delle opere di completamento e adeguamento

2.4. Asseverazione del
professionista – Articolo 29

2.4.1. Prescrizioni della
legislazione urbanistica oggetto dell’asseverazione

2.5. Versamenti

2.5.1. Determinazione del
contributo di costruzione – Articolo 28

2.5.2. Quota integrativa
dell’oblazione – Articolo 31

2.5.3. Diritti di segreteria –
Articolo 27, comma 8

2.6. Domande presentate dopo
l’entrata in vigore della presente legge

2.7. Domande presentate prima
dell’entrata in vigore della presente legge

3. Il procedimento per il
rilascio del titolo in sanatoria – Articolo 27

3.1. Il parere della Commissione
per la qualità architettonica e il paesaggio – Articolo 30

4. Opere non sanabili – Articolo
32

4.1. Opere non
sanabili per effetto del richiamo all’articolo 32 del D.L. 269/03

4.2. Opere non sanabili ai sensi
dell’articolo 32 della L.R. 23/04

5. Interventi edilizi
suscettibili di sanatoria

5.1. Interventi di nuova
costruzione – Articolo 33

5.1.1. Interventi di costruzione
di nuovi manufatti edilizi fuori terra o interrati – Articolo 33, comma 1

5.1.2. Interventi
di nuova costruzione di cui alle lettere g.2), g.3), g.4), g.6) e g.7)
dell’Allegato alla L.R. n. 31 del 2002 – Articolo 33, comma 2

5.1.3. Interventi di ampliamento e sopraelevazione di manufatti esistenti –
Articolo 33, commi 3 – 7

5.1.4. Installazione di tettoie e
manufatti leggeri – Articolo 33, comma 8

5.2. Interventi di
ristrutturazione edilizia – Articolo 34

5.3. Opere di restauro
scientifico e interventi di restauro e risanamento conservativo – Articolo 35

5.4. Interventi di manutenzione
straordinaria, opere non valutabili in termini di superficie e di volume
edilizio e opere pertinenziali – Articolo 36

5.4.1. Interventi di manutenzione
straordinaria – Articolo 36, commi 1 e 2

5.4.2. Opere non valutabili in
termini di superficie e di volume edilizio – Articolo 36, comma 3

5.4.3. Opere pertinenziali –
Articolo 36, comma 4

5.5. Mutamento di destinazione
d’uso e aumento delle superfici utili – Articolo 37

5.5.1. Mutamento di destinazione
d’uso – Articolo 37, comma 1

5.5.2 Aumento delle superfici
utili – Articolo 37, comma 2

5.6. Interventi conformi alla
pianificazione urbanistica vigente – Articolo 38

Modello di domanda

Modelli di asseverazione

La presente circolare è
predisposta per dare prime indicazioni operative sulla disciplina del condono
edilizio nella Regione Emilia-Romagna.

La Regione, a seguito delle
sentenze della Corte Costituzionale nn. 196-198 del 2004, ha definito nel
Titolo II della L.R. 21 ottobre 2004, n. 23 (di
seguito denominata presente legge) i limiti, le modalità e le condizioni per il
rilascio del titolo in sanatoria delle opere abusive eseguite in difformità o
in assenza del titolo abilitativi.

Viene
regolata quindi l’applicazione del condono edilizio, introdotto dall’articolo
32 del Dl n. 269 del 2003, relativamente alle opere abusive realizzate entro la
data del 31 marzo 2003; le disposizioni del Titolo II definiscono il
procedimento e le condizioni per la regolarizzazione delle violazioni edilizie,
individuano le tipologie e i limiti dimensionali degli interventi edilizi
sanabili e i casi di esclusione dal condono.

1. Ambito di applicazione
– Articolo 26

Le norme del Titolo II si
applicano alle richieste di rilascio del titolo in sanatoria presentate ai
Comuni dalla data di entrata in vigore del Dl 269/2003
e alle richieste che saranno trasmesse in applicazione della presente legge.

Le domande inoltrate ai Comuni
prima dell’entrata in vigore della presente legge saranno accoglibili ai fini
amministrativi qualora le opere abusive oggetto della richiesta rientrino nelle
tipologie, nei casi e nei limiti di opere sanabili
definiti dalla stessa legge regionale.

Diversamente le domande
presentate in data antecedente l’entrata in vigore della presente legge che abbiano ad oggetto opere non ammesse alla sanatoria non
potranno avere esito positivo e le relative violazioni edilizie sono soggette
alle sanzioni amministrative ordinarie. Si è data quindi applicazione al
principio per il quale il provvedimento (cioè il
titolo in sanatoria) è rilasciato secondo la normativa vigente alla data di
emissione.

Non occorre il rilascio del
titolo abilitativi per le opere autorizzate ed
eseguite prima dell’entrata in vigore della legge n. 10 del 1977 (cioè prima
del 30 gennaio 1977) che presentino difformità rispetto al titolo abilitativi
originario. Tali difformità se eseguite nel corso dei lavori relativi
all’intervento autorizzato sono regolarizzate ope legis (articolo 26,
comma 4) e pertanto non sono dovute le somme relative al contributo di costruzione,
ai diritti di segreteria e alla quota aggiuntiva dell’oblazione.

Si sottolinea
che tale regolarizzazione opera “a regime” e non ai soli fini della disciplina
della presente legge, cosicché le difformità sopra descritte non potranno
essere contestate, sotto l’aspetto edilizio, in data successiva alla scadenza
dei termini del condono. Quanto alla prova che le difformità rispetto al titolo
abilitativi originario siano state eseguite nel corso
dei lavori relativi all’intervento autorizzato, dovrà essere fornita, a
richiesta dell’Amministrazione comunale, idonea documentazione atta a
dimostrare tali circostanze, quali l’originario accatastamento, l’assenza di
interventi edilizi successivi, o altri documenti probanti.

La domanda –
articolo 27

2.1. Soggetti legittimati

Sono legittimati a presentare
domanda di sanatoria edilizia tutti coloro che hanno
titolo abilitativo ordinario.

La titolarità deve essere
posseduta al momento della domanda.

Come previsto dalle Circolari
statali 17 giugno 1995, n. 2241 e n. 3357/25 del 30 luglio 1985, entrambe del
Ministero dei Lavori pubblici, sui precedenti condoni edilizi è legittimato a chiedere la sanatoria il proprietario dell’opera
abusiva e nel caso di comproprietà la domanda può essere presentata
dall’amministratore del condominio o dai singoli condomini. È legittimato anche
il proprietario del suolo sul quale è stata eseguita
l’opera abusiva e il titolare di un diritto reale (uso, usufrutto, abitazione,
superficie, concessione di bene pubblico) che comporta la facoltà di
trasformazione edilizia del suolo.

Si può ritenere, secondo le
precedenti circolari statali, che siano legittimati a
fare domanda anche tutti i soggetti che possono trarre un vantaggio economico o
giuridico dalla regolarizzazione delle violazioni edilizie.

Sono legittimati, oltre ai
soggetti privati che hanno realizzato abusi su beni privati, anche:

– soggetti terzi che hanno
realizzato abusi su beni di proprietà statale, su beni del demanio statale e su
aree di proprietà degli enti pubblici territoriali (articolo 26, comma 1),

– gli enti pubblici territoriali
e gli enti pubblici istituzionalmente competenti relativamente ad abusi edilizi
realizzati su opere pubbliche o di interesse pubblico
(articolo 26, comma 3).

2.2. Presentazione della domanda

La domanda di rilascio del titolo
in sanatoria è presentata, secondo il modello allegato, allo sportello unico
per l’edilizia del Comune competente fino al 10 dicembre 2004, a pena di
decadenza.

Sono oggetto della domanda le
opere ultimate entro il 31 marzo 2003.

Per definire l’opera ultimata
occorre fare riferimento alle indicazioni contenute nelle citate circolari
statali, secondo le quali il manufatto realizzato deve essere tale da
consentire la definizione della volumetria da sanare. L’edificio quindi deve essere
completato nelle parti strutturali e nella copertura.

I contenuti della domanda hanno
riguardo all’indicazione dei dati relativi al
richiedente, dei dati dell’unità immobiliare da sanare (ubicazione, riferimenti
catastali e destinazione d’uso), dei dati sintetici relativi alla descrizione
dell’abuso, della tipologia di abuso, del calcolo dell’oblazione e della quota
integrativa, delle somme da versare a titolo di contributo di costruzione.

Il soggetto richiedente deve
dichiarare che l’ultimazione dei lavori è avvenuta entro il 31 marzo 2003;
specificare se esistono vincoli che interessano l’immobile oggetto di domanda
di sanatoria e dichiarare se l’asseverazione del professionista è presentata in
forma completa ovvero se si riserva di presentarla entro il 10 giugno 2005, per
i profili igienico sanitari, della sicurezza statica e
della prevenzione degli incendi e degli infortuni.

2.3. Elaborati grafici e
fotografici e progetto delle opere di completamento e adeguamento

La documentazione da produrre
deve essere tale da consentire al Comune il rilascio del titolo in sanatoria e
pertanto dalla stessa deve risultare la descrizione
dell’opera realizzata. Quindi, oltre alla documentazione fotografica, è
prevista la rappresentazione, attraverso un apposito
elaborato grafico, degli elementi essenziali necessari alla individuazione
dell’opera abusiva.

Inoltre, nel caso in cui l’opera
stessa sia stata realizzata al rustico alla data del
31 marzo 2003 e non sia stata ancora completata all’atto della presentazione
della domanda, occorre allegare alla domanda un atto unilaterale d’obbligo, con
il quale il richiedente si impegna a concludere i lavori entro il 10 giugno
2005, e i relativi elaborati di progetto.

Più in particolare, se alla
scadenza del termine di presentazione della domanda di condono l’opera da
sanare è da completare, il richiedente deve provvedere entro il 10 giugno 2005
ad ultimare i lavori, secondo il progetto presentato, anche attuando le
modifiche necessarie per ricondurre le opere abusive realizzate entro i casi e
i limiti di sanatoria previsti dalla presente legge, adempiendo in tal modo
all’impegno assunto con apposito atto unilaterale
d’obbligo allegato alla domanda.

In via equitativa, la stessa
possibilità viene riconosciuta relativamente alle
opere abusive già completamente realizzate alla data di presentazione della
domanda, per le quali sia possibile un loro adeguamento alle prescrizioni della
presente legge. Anche in tale caso è necessario un
progetto grafico che rappresenti i lavori da eseguire e un atto unilaterale
d’obbligo che rechi l’impegno allo svolgimento dei suddetti lavori.

Nell’uno e nell’altro caso, la
presentazione della domanda di condono, accompagnata dall’atto unilaterale
d’obbligo e dagli allegati elaborati progettuali, consentono al richiedente di
eseguire i lavori ivi descritti entro il termine perentorio del 10 giugno 2005.
l’osservanza del medesimo termine è inderogabile, in
quanto il professionista abilitato deve predisporre e presentare allo Sportello
unico per l’edilizia la propria asseverazione integrativa entro il 10 giugno
2005, a pena di decadenza della domanda, ai sensi dell’articolo 27, comma 4,
della presente legge.

Sia nei casi di completamento
delle opere realizzate al rustico alla data del 31 marzo 2003, sia nei casi di adeguamento dell’opera alle prescrizioni della presente
legge, l’asseverazione del professionista, da presentarsi entro il 10 giugno
2005, dovrà attestare che la medesima opera abusiva, a seguito dell’effettiva
realizzazione dei lavori di completamento e di adeguamento, presenta le
condizioni richieste per il rilascio del titolo in sanatoria ai sensi del
Titolo II della presente legge ed è conforme alle disposizioni legislative e
alla rispettiva normativa tecnica vigenti alla data del 31 marzo 2003, in
materia igienico sanitaria di sicurezza statica e prevenzione degli incendi e
degli infortuni. Pertanto, in tali casi entro
il 10 giugno 2005 dovrà essere prodotta allo Sportello unico per l’edilizia una asseverazione completa del professionista
abilitato, redatta sullo stesso modello utilizzato per l’asseverazione da
allegare alla domanda di condono.

2.4. Asseverazione del
professionista – Articolo 29

Le norme regionali sul condono
confermano l’orientamento assunto dalla legislazione regionale che ha conferito
al professionista abilitato la responsabilità di attestare la coerenza tra la
normativa sull’attività costruttiva e l’opera da realizzare.

Mentre nel procedimento edilizio
ordinario con l’asseverazione il professionista
dichiara la conformità dell’intervento progettato alla pianificazione
urbanistica e territoriale nonché alla normativa tecnica vigente, nel
procedimento per il rilascio del titolo in sanatoria il professionista è
chiamato ad asseverare che l’opera presenta le condizioni richieste per la
sanabilità delle diverse tipologie di abusi, ai sensi del Titolo II della
presente legge (si veda quanto specificato nella parte quinta della presente
circolare).

Tali asseverazioni devono essere
allegate, a pena di irricevibilità, alla domanda di
rilascio del titolo in sanatoria.

Oltre a tali ambiti
l’asseverazione del professionista deve riferirsi, come per l’ordinario
procedimento edilizio, anche ai profili igienico-sanitari, della sicurezza
statica e della prevenzione degli incendi e degli infortuni.

In considerazione del breve lasso di tempo entro il quale deve essere presentata la
domanda di sanatoria, la presente legge ha previsto che l’asseverazione del
professionista circa gli aspetti appena menzionati possa essere presentata nei
sei mesi successivi, quindi entro il 10 giugno 2005.

Può essere posticipata alla
stessa data anche l’asseverazione richiesta per le opere realizzate nei Comuni
classificati sismici[i], relativa alla possibilità di eseguire gli interventi di adeguamento o miglioramento, necessari ai sensi della
normativa tecnica sismica vigente.

Infine, relativamente
al rispetto delle norme igienico sanitarie per le unità abitative,
occorre precisare ai sensi dell’articolo 29, comma 1, lettera b), punto 1), che
gli interventi di nuova costruzione, ampliamento e sopraelevazione devono
essere asseverati secondo la normativa di cui al decreto ministeriale 5 luglio
1975; mentre per gli interventi di ristrutturazione edilizia, di restauro
scientifico e restauro e risanamento conservativo e di manutenzione
straordinaria, il medesimo decreto ministeriale si applica solo per gli aspetti
che non trovano diretta disciplina nell’articolo 34, comma 2, lettere b), c) e
d) della presente legge, in materia di recupero a fini abitativi dei
sottotetti, di altezza media interna utile e di disciplina dei locali
interrati.

In allegato alla presente
circolare sono forniti due modelli di asseverazione.
Uno riguarda l’asseverazione completa di tutti gli aspetti definiti
all’articolo 29, comma 1, lettera a), b) e c), da allegare alla domanda di
sanatoria e da utilizzare anche per l’asseverazione da produrre a pena di
decadenza entro il 10 giugno 2005, in caso di realizzazione di lavori di
completamento e adeguamento, secondo quanto specificato al precedente punto 2.3.
L’altro modello riguarda l’asseverazione integrativa da presentare a pena di
decadenza entro il 10 giugno 2005 per i profili relativi all’articolo
29, comma 1, lettere b) e c) ed è utilizzabile qualora non si sia proceduto a
lavori di completamento e adeguamento secondo quanto specificato al precedente
punto 2.3.

L’asseverazione può essere
presentata da più professionisti ciascuno dei quali dovrà compilare una copia
dell’allegato modello, indicando con esattezza l’ambito relativo
alla propria asseverazione. È ovvio quindi che in tali casi dovranno
essere presentate più asseverazioni per l’opera da sanare.

2.4.1. Prescrizioni della
legislazione urbanistica oggetto dell’asseverazione

Per tutte le tipologie di opere edilizie, la presente legge richiede per il rilascio
dei titoli in sanatoria la conformità alla legislazione urbanistica: pertanto
il professionista abilitato deve innanzitutto verificare che l’intervento per
il quale si intende presentare domanda di sanatoria si conforme alle
prescrizioni legislative che attengono alle seguenti tematiche:

– normativa tecnica edilizia, in
materia di:

– requisiti
igienico-sanitari dei locali di abitazione;

– sicurezza statica e normativa
antisismica (per i comuni classificati sismici);

– cemento armato;

– barriere architettoniche;

– sicurezza degli impianti;

– prevenzione degli incendi e
degli infortuni;

– contenimento del consumo di energia;

– distanze dai confini;

– limiti inderogabili di densità
edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati;

– vincoli di inedificabilità
assoluta;

– zone di rispetto:

– stradale;

– ferroviario;

– aeroportuale;

– cimiteriale;

– per i metanodotti;

– per i corsi d’acqua;

– per gli impianti di
depurazione;

– limiti all’esposizione ai campi
elettrici e magnetici.

2.5. Versamenti

2.5.1. Determinazione del
contributo di costruzione – Articolo 28

La regola generale è che il
contributo di costruzione dovuto per la regolarizzazione degli abusi edilizi è
raddoppiato rispetto alle misure previste dalla norma regionale e comunale
vigente alla data di entrata in vigore della presente
legge. Quindi:

gli
interventi di ampliamento e sopraelevazione e di ristrutturazione edilizia
realizzati abusivamente comportano il versamento in misura doppia della quota
prevista per tali opere dalla normativa vigente. Gli stessi interventi se
rientranti nei casi di esonero dal contributo di cui
all’articolo 30 della legge regionale 31 del 2002, comportano, ai fini del
rilascio del titolo in sanatoria, il versamento del contributo di costruzione
in misura pari a quella stabilita dalla stessa normativa;

gli
interventi di restauro scientifico e di restauro e risanamento conservativo
eseguiti abusivamente comportano il versamento del contributo previsto dalla
normativa vigente per la ristrutturazione edilizia applicando le diverse quote
stabilite per l’aumento o senza aumento del carico urbanistico;

il
cambio di destinazione d’uso senza opere con aumento del carico urbanistico
comporta il versamento, in misura doppia, della differenza tra gli oneri di
urbanizzazione per la nuova destinazione e gli oneri previsti, nella nuova
costruzione, per la destinazione d’uso in atto prima dell’abuso;

l’aumento
della superficie utile senza opere comporta il versamento in misura doppia
degli oneri previsti per la ristrutturazione edilizia con aumento del carico
urbanistico.

Il calcolo del contributo di
costruzione è effettuato dal professionista.

Per le domande presentate prima
dell’entrata in vigore della presente legge occorre sottrarre dall’importo
totale la misura già versata a titolo di anticipazione
degli oneri di concessione.

Gli interventi edilizi abusivi e
i mutamenti d’uso senza opere con nuovo carico urbanistico sono soggetti in via
ordinaria alla monetizzazione delle aree:

– per la realizzazione delle
opere di urbanizzazione in caso in cui queste siano
carenti rispetto alle quantità previste dal piano urbanistico per la zona o
nell’ambito interessato dall’abuso;

– per i parcheggi pertinenziali
nel caso in cui non sia assicurata la misura prevista dall’articolo 41sexies
della legge n. 1150 del 1942.

Il Comune può chiedere agli
interessati entro la data del 10 marzo 2005 di realizzare direttamente le opere
di urbanizzazione, con “scomputo” degli oneri di
urbanizzazione dovuti, e di realizzare altresì i parcheggi pertinenziali se l’abuso
sia stato eseguito su lotto non completamente urbanizzato e nei casi di
significativa carenza pregressa carenza delle opere di urbanizzazione.

In relazione
alle peculiarità della disciplina urbanistica relativa alle strutture
commerciali, l’articolo 28, comma 7, della presente legge prevede che le opere
abusive realizzate su tali immobili siano soggette, oltre al versamento del
contributo di costruzione nella misura indicata precedentemente, anche alla
piena osservanza della disciplina sulle opere di urbanizzazione stabilita dalla
normativa regionale.

L’esenzione dal contributo di
costruzione è prevista per gli interventi abusivi su opere pubbliche e di interesse pubblico realizzati da enti territoriali e da
Enti pubblici istituzionalmente competenti (articolo 26, comma 3).

Non sono soggetti al medesimo
versamento inoltre gli interventi abusivi di manutenzione straordinaria
(articolo 36, comma 1) e le opere non valutabili in termini di superficie e di
volume (articolo 36, comma 3).

Quota integrativa dell’oblazione
– Articolo 31

La quota aggiuntiva del 10%
dell’intera oblazione definita dalla Tabella C allegata al Dl 269/2003 è da
versare entro il 10 dicembre 2004 sul conto corrente postale n. 367409
intestato a Presidente Giunta regionale Via Aldo Moro n. 52 – Bologna, con
indicazione della causale «10% quota integrativa dell’oblazione».

In ordine alle
domande trasmesse ai Comuni prima dell’entrata in vigore della presente legge,
il versamento della quota aggiuntiva è effettuato al momento dell’integrazione
della domanda di cui al successivo punto 2.7.

2.5.3. Diritti di segreteria –
Articolo 27, comma 8

La presente legge stabilisce una
maggiorazione del 20% dei diritti di segreteria dovuti
per il rilascio dei titoli edilizi richiesti in via ordinaria per l’opera
oggetto della domanda di sanatoria; ma consente ai Comuni di escludere tale
maggiorazione entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge regionale
stessa, definendo le modalità di restituzione delle somme eventualmente
riscosse. Queste risorse sono utilizzate dall’Amministrazione comunale per
finanziare il programma speciale per l’esame delle pratiche di condono. Appare
utile sottolineare che, dal momento che l’attività
amministrativa relativa al condono edilizio rientra pienamente nell’ambito
delle funzioni di vigilanza e controllo dell’attività edilizia,
l’Amministrazione comunale potrà stabilire di destinare al finanziamento di
detto programma anche quote delle altre risorse che la presente legge destina
all’esercizio di dette funzioni, di cui agli articoli 2, comma 7, 21, comma 1,
e 28, comma 3.

Domande presentate dopo l’entrata
in vigore della presente legge.

Le richieste inoltrate a seguito
dell’entrata in vigore della presente legge ed entro il 10 dicembre 2004 devono
essere corredate a pena di irricevibilità dai seguenti
atti:

1) domanda di definizione
dell’illecito edilizio (come da modello allegato);

2) elaborati grafici che
illustrino le opere realizzate;

3) documentazione fotografica;

4)
dichiarazione del professionista circa la corrispondenza tra l’opera abusiva
realizzata e la fattispecie prevista dalla presente legge come opera
condonabile;

5) attestazioni di versamento:

– della prima
rata dell’oblazione prevista dall’articolo 32 del Dl 269/03;

– della quota
del 10% dell’intera oblazione prevista dall’articolo 32 del Dl 269/03;

– dei diritti di segreteria, come
previsti dalle amministrazioni comunali per il rilascio dei titoli abilitativi
ordinari, aumentati del 20%;

– del contributo di costruzione
(oneri di urbanizzazione e costo di costruzione) e
delle eventuali monetizzazioni delle aree per opere di urbanizzazione e per
parcheggi pertinenziali.

2.7. Domande presentate prima
dell’entrata in vigore della presente legge

Le domande presentate prima della
data di entrata in vigore della presente legge sono
fatte salve ma saranno esaminate secondo le disposizioni della presente legge.

È data all’interessato la facoltà
di ritirare, modificare e integrare, entro il 10 dicembre 2004, la domanda già
presentata sostituendola con il modello allegato ed integrandola con la
documentazione richiesta dalla presente legge. Si tratta di una facoltà
finalizzata ad agevolare e rendere più spedita l’attività istruttoria dello
Sportello unico per l’edilizia.

Pertanto, lo Sportello unico per
l’edilizia prenderà in carico le domande di condono solo ad avvenuta scadenza
del termine massimo per la presentazione delle stesse; potendo ciascuna Amministrazione comunale, nella propria autonomia,
definire le modalità organizzative del ricevimento delle domande e di
svolgimento delle attività appena ricordate.

Al fine di adeguare la propria domanda l’interessato dovrà provvedere, entro la stessa
data, a presentare:

– l’asseverazione del
professionista che dichiari la corrispondenza tra l’opera abusiva realizzata e le
tipologie di opere ammesse a sanatoria dalla presente
legge nonché l’asseverazione degli aspetti igienico-sanitari, della sicurezza
statica e della prevenzione degli incendi e infortuni
(fatta salva la possibilità per quest’ultima asseverazione di una presentazione
nei successivi 180 giorni);

– con
l’attestazione del versamento del contributo di costruzione, con scomputo delle
somme già versate;

– con
l’attestazione del versamento del 10% della quota integrativa dell’oblazione;

– con
l’attestazione del versamento dei diritti di segreteria maggiorati del 20%.

3. Il procedimento per il
rilascio del titolo in sanatoria – Articolo 27

L’articolo 27 della presente
legge definisce al comma 6 alcuni criteri generali che i Comuni sono tenuti ad
applicare nella regolazione del amministrativo in
discorso.

Il responsabile dello Sportello
unico per l’edilizia rilascia il titolo in sanatoria entro il 31 dicembre 2006.
ai fini del rilascio lo Sportello unico per l’edilizia
deve compiere un controllo formale sulla domanda e sulla documentazione
presentata che riguarda:

– la completezza della
documentazione;

– la completezza della asseverazione del professionista che deve coprire
tutti gli aspetti sopra menzionati;

– la correttezza dei versamenti
effettuati;

– l’osservanza degli
adempimenti fiscali previsti dal comma 37 dell’articolo 32 del Dl 269/03
(denuncia al catasto, denuncia ai fini ICI e denuncia ai fini della
tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi e urbani e per l’occupazione del
suolo pubblico).

È obbligatorio un controllo di
merito su un campione del 20% delle asseverazioni presentate dai
professionisti, mentre il controllo sistematico è stabilito sulle asseverazioni
relative agli interventi di sopraelevazione nei Comuni
classificati sismici[ii] e agli interventi di ristrutturazione edilizia che
abbiano interessato elementi strutturali dell’edificio.

Lo Sportello unico per l’edilizia
che svolge l’istruttoria delle domande può chiedere
una sola volta integrazioni documentali e convocare i soggetti interessati per
chiarimenti. Esso può inoltre convocare, ai sensi dell’articolo
27, comma 6, lettera d), il richiedente e il progettista abilitato, che
ha predisposto gli elaborati e le asseverazioni allegate alla domanda, al fine
di rimuovere le irregolarità e i vizi formali riscontrati. Ciò
allo scopo di definire un meccanismo semplificato di risoluzione delle
irregolarità riscontrate nel corso dell’esame della documentazione, da
svolgersi con il contraddittorio degli interessati, e favorire, in tal modo, la
corretta interpretazione e applicazione della presente legge.

Lo Sportello unico per l’edilizia
provvede a richiedere il parere della Commissione per
la qualità architettonica e il paesaggio e ad acquisire direttamente pareri ed
atti di assenso dalle Amministrazioni competenti, qualora non vi abbia
provveduto l’interessato.

Si indicano
a tal proposito i principali vincoli sugli immobili, previsti dalla normativa
statale e regionale, che richiedono l’acquisizione del parere dell’autorità
preposta, ai sensi dell’articolo 32 della Legge n. 47 del 1985:

– vincolo storico artistico e
paesaggistico;

– vincolo idrogeologico e zone a
rischio idraulico;

– aree naturali protette;

– zone di protezione speciale e
siti di interesse comunitario;

– norme sul rischio di incidenti rilevanti;

– zone di rispetto del demanio
marittimo.

Le disposizioni regionali,
diversamente dalla normativa statale, non consentono che il titolo in sanatoria
possa considerarsi tacitamente concesso con l’inutile decorso del tempo
previsto per il suo rilascio (c.d. silenzio-assenso).

La sanatoria deve infatti essere contenuta in un provvedimento espresso e
pertanto in caso di inerzia dell’Amministrazione comunale, previa diffida a
provvedere entro 15 giorni dal ricevimento dell’istanza, l’interessato può chiedere
alla Giunta provinciale la nomina di un commissario ad acta che provvede nei 60
giorni successivi all’atto di nomina.

Sono stati chiariti infine i
rapporti tra la sanatoria e l’agibilità. L’articolo 27, comma 6, lettera f),
secondo il quale il titolo in sanatoria ha il valore e gli effetti del
certificato di conformità edilizia e di agibilità,
intende escludere che possano essere rilasciati titoli edilizi qualora l’opera
non possieda i requisiti necessari per l’agibilità.

Per evitare che possano essere condonati immobili inagibili un
professionista abilitato deve attestare, sin dalla presentazione della domanda
o nei successivi sei mesi, la sussistenza delle condizioni igienico-sanitarie,
di sicurezza e di prevenzione degli incendi e infortuni
il cui rispetto non è verificato, come nei precedenti condoni, in un momento
successivo al rilascio del titolo in sanatoria, ma condizionata la sanabilità
edilizia delle opere.

3.1. Il parere della Commissione
per la qualità architettonica e il paesaggio – Articolo 30

L’articolo 30 della presente
legge regola l’intervento della Commissione per la qualità architettonica e il
paesaggio nel procedimento di definizione degli illeciti edilizi.

Il parere, obbligatorio e non
vincolante, deve essere richiesto se l’opera abusiva è stata realizzata:

– su edifici di
interesse storico architettonico vincolati dai piani urbanistici
comunali;

– all’interno
della zona omogenea A, o nel centro storico e negli insediamenti storici per i
Comuni dotati di piano strutturale, operativo e di regolamento
urbanistico e edilizio;

– in aree soggette a vincolo
paesaggistico ambientale, stabilito dalla legge statale o regionale o dal piano
urbanistico, nel caso in cui il Comune sia Amministrazione preposta alla tutela
del vincolo.

Il parere deve essere rilasciato
nel termine stabilito dal programma speciale comunale, previsto dall’articolo
27, comma 7, ovvero in mancanza del programma, entro 90 giorni dalla richiesta
del responsabile dello Sportello unico per l’edilizia.

È previsto il rilascio del titolo
in sanatoria prescindendo dal parere, se questo non viene
reso nel termine definito dalla presente legge.

Le competenze della Commissione
possono essere ampliate a discrezione dei Comuni, i quali entro il termine di
30 giorni all’entrata in vigore della presente legge possono individuare nuove
tipologie di opere, oltre a quelle appena elencate, da
sottoporre al parere dell’organo.

4. Opere non sanabili – Articolo
32

4.1. Opere non
sanabili per effetto del richiamo all’articolo 32 del D.L. 269/03

L’articolo 32 della presente
legge esclude dal condono edilizio le opere comunque
non suscettibili di sanatoria che sono elencate al comma 27, dell’articolo 32
del D.L. 269/03.

Pertanto
è esclusa la sanatoria:

– in presenza
di divieti espressi ai sensi degli articoli 32 e 33 della Legge n. 47 del 1985;

– per le opere eseguite dal
proprietario dall’avente causa condannato con sentenza
definitiva per i delitti di cui all’articolo 416bis (associazione mafiosa),
all’articolo 648bis (riciclaggio) e all’articolo 648ter (utilizzo di denaro,
beni o utilità di provenienza illecita) del codice penale o da terzi per suo
conto;

– per impossibilità di eseguire
interventi di adeguamento antisismico sulle opere
abusive;

– per le opere realizzate su ree
di proprietà dello Stato e degli Enti pubblici territoriali se non è espressa
la disponibilità dell’ente proprietario a concedere onerosamente l’uso
dell’area;

– per le opere realizzate su
immobili vincolati in data antecedente alla commissione dell’abuso nei casi in
cui il vincolo sia imposta sulla base di leggi statali
e regionali per la tutela degli interessi idrogeologici e della falde
acquifere, dei beni ambientali e paesaggistici nonché dei parchi e delle aree
protette nazionali, regionali e provinciali;

– per le opere eseguite su
immobili dichiarati monumento nazionale o dichiarati di interesse
rilevante ai sensi del D.Lgs n. 42 del 2004;

– per le opere realizzate su aree
boscate o su pascolo che siano state percorse dal fuoco;

– per le opere
realizzate nei porti e nelle aree, appartenenti al demanio marittimo, di
preminente interesse nazionale.

4.2. Opere non sanabili ai sensi
dell’articolo 32 della legge regionale 23/04

L’articolo 32 della presente
legge introduce due ulteriori fattispecie di opere
abusive per le quali è escluso il rilascio del titolo in sanatoria.

Il primo caso è
relativo alle ipotesi in cui gli interventi abusivi siano stati
realizzati usufruendo di contributi pubblici erogati, successivamente al 1995,
a qualunque titolo dallo Stato, dalla Regione o dagli Enti locali. L’esenzione
non opera in tutti i casi nei quali i titolari di una unità
immobiliare abbiano usufruito di un contributo pubblico, comunque riferibile ad
interventi sull’immobile, ma opera nella più limitata ipotesi nella quale il
citato contributo sia stato erogato, in data successiva al 31 dicembre 1995,
proprio per finanziare l’intervento edilizio che è stato realizzato
abusivamente[iii].

La seconda ipotesi di intervento edilizio non suscettibile di sanatoria ricorre
nei casi di opere realizzate su una unità immobiliare, avente destinazione
abitativa, che già in occasione dei precedenti condoni edilizi sia stata
oggetto di sanatoria, per un intervento di:

– nuova costruzione;

– ristrutturazione;

– ampliamento o soprelevazione,
che abbia comportato la realizzazione di nuove unità
immobiliari.

Viene dunque sanzionata la
realizzazione di un nuovo abuso edilizio nella medesima unità immobiliare
abitativa, indipendentemente dalla natura e gravità dello steso, ma solo nel
caso in cui detta unità immobiliare sia stata oggetto
del passato di un rilevante abuso edilizio, sanato in occasione dei precedenti
condoni.

5. Interventi edilizi
suscettibili di sanatoria

La presente parte quinta della
circolare fornisce una definizione analitica degli interventi per i quali è
ammesso il rilascio del titolo in sanatoria, precisandosi per ciascuna
tipologia di intervento edilizio quanto segue:

a) la
definizione dell’intervento edilizio, come desumibile dall’Allegato alla legge
regionale n. 31 del 2002, integrata da talune eventuali precisazioni;

b) l’ammissibilità della
sanatoria, cioè la precisazione preliminare dei casi
nei quali per detta tipologia di intervento è comunque escluso il rilascio del
titolo in sanatoria ovvero dei casi nei quali il rilascio dello stesso è
ammesso, sia pure alle condizioni, nei limiti o subordinatamente all’attuazione
di taluni adempimenti, stabiliti dalla legge;

c) le condizioni e limiti alla
condonabilità, cioè la descrizione analitica degli
eventuali limiti dimensionali[iv], condizioni, adempimenti, ecc. cui è
subordinato il rilascio del titolo in sanatoria.

Naturalmente la distinzione tra
gli elementi di cui alle lettere b) e c) risponde esclusivamente ad esigenze
espositive, dal momento che ai fini del rilascio del titolo in sanatoria devono
essere osservate tutte le prescrizioni di legge, così come riportate nelle
suddette lettere.

5.1. Interventi di nuova
costruzione – Articolo 33

Occorre innanzitutto sottolineare che la legge introduce una disciplina
profondamente differenziata per le diverse ipotesi che rientrano, ai sensi
della legge regionale n. 31 del 2002 in un’unica categoria generale (denominata
“interventi di nuova costruzione”). Si distingue, in particolare, tra:

5.1.1. interventi
di costruzione di nuovi manufatti edilizi fuori terra o interrati;

5.1.2. interventi
di nuova costruzione di cui alle lettere g.2), g.3), g.4), g.6) e g.7)
dell’Allegato alla legge regionale n. 31 del 2002;

5.1.3. interventi
di ampliamento e sopraelevazione di manufatti esistenti;

5.1.4. installazione
di tettoie e manufatti leggeri.

Occorre, di conseguenza,
esaminare le diverse ipotesi distintamente.

5.1.1. Interventi di costruzione
di nuovi manufatti edilizi fuori terra o interrati – Articolo 33, comma 1

5.1.1.1. Definizione

Per “interventi di costruzione di
nuovi manufatti edilizi fuori terra o interrati” si intende
la realizzazione di opere edilizie, in aree precedentemente libere da
costruzioni, nel territorio extraurbano, in lotti inedificati del territorio
urbanizzato, in aree pertinenziali di edifici esistenti, ecc.

5.1.1.2. Ammissibilità della
sanatoria

La presente legge stabilisce
all’articolo 33, comma 1, che in tutto il territorio della regione, nel caso di
costruzione di nuovi manufatti edilizi fuori terra o interrati, non è ammesso
il rilascio dei titoli in sanatoria se l’intervento risulta
in contrasto con la legislazione urbanistica (si veda il precedente punto
2.4.1) ovvero se risulta in contrasto con le prescrizioni degli strumenti
urbanistici vigenti alla data del 31 marzo 2003.

In altre parole, la costruzione
di questi nuovi manufatti può essere sanata solo nel caso in cui la realizzazione degli stessi risulta, con riferimento alla
data del 31 marzo 2003, conforme alla legislazione urbanistica ed è
espressamente prevista dal piano urbanistico comunale.

La fattispecie concreta nella quale è ammesso il rilascio del titolo in sanatoria finisce,
in tal modo, per coincidere con quella prevista dall’articolo 38 della presente
legge, cioè con il caso in cui l’intervento è stato realizzato in assenza o in
difformità dal titolo abilitativi edilizio, ma vi erano, quantomeno al 31 marzo
2003, tutte le condizioni per richiedere la sanatoria, attraverso
l’accertamento di conformità di cui all’articolo 17, comma 2, della presente
legge (c.d. sanatoria giurisprudenziale). (Si veda
anche quanto precisato al punto 5.6.).

5.1.1.3. Condizioni e limiti alla
condonabilità

Non vi sono limiti e condizioni
particolari alla sanabilità degli interventi di costruzione di nuovi manufatti
edilizi fuori terra o interrati, che al 31 marzo 2003 risultino
conformi alla legislazione urbanistica e alle prescrizioni di piano[v].

Interventi di nuova costruzione
di cui alle lettere g.2), g.3), g.4), g.6) e g.7)
dell’Allegato alla legge regionale n. 31 del 2002 – Articolo 33, comma 2

5.1.2.1. Definizione degli
interventi

Si tratta di un nutrito elenco di interventi che l’allegato alla legge regionale n. 31 del
2002 equipara alla costruzione di nuovi manufatti edilizi, dandone la seguente
definizione:

«g.2) gli interventi di urbanizzazione
primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi dal Comune;»

«g.3) la realizzazione di
infrastrutture ed impianti, anche per pubblici servizi, che comporti la
trasformazione in via permanente di suolo inedificato;»

«g.4) l’installazione di torri e
tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di
telecomunicazione da realizzare sul suolo;»

«g.6) gli interventi
pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione
alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree,
qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la
realizzazione di un volume superiore al 20 per cento del volume dell’edificio
principale;»

«g.7) la realizzazione di
depositi di merci o di materiali, la realizzazione di impianti per attività
produttive all’aperto ve comportino l’esecuzione dei lavori cui consegua la
trasformazione permanente del suolo inedificato.».

5.1.2.2. Ammissibilità della
sanatoria

Ai sensi dell’articolo 33, comma 2,
gli interventi appena descritti sono sanabili qualora risultino
conformi sia alla legislazione urbanistica (si veda il precedente punto 2.4.1.)
che alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. Valgono per loro, dunque, le
medesime considerazioni già svolte al precedente punto 5.1.1.2., con riguardo alla realizzazione di nuovi manufatti
edilizi.

5.1.2.3. Condizioni e limiti alla
condonabilità

Non vi sono limiti e condizioni
particolari alla sanabilità degli interventi in esame (purché risultino conformi alla legislazione urbanistica e alle
prescrizioni di piano).

5.1.3. Interventi di ampliamento e sopraelevazione di manufatti esistenti –
Articolo 33, commi 3 – 7

5.1.3.1. Definizione degli
interventi

Per ampliamento e soprelevazione
di manufatti esistenti, si deve intendere (ai sensi della seconda parte della
lettera g1) dell’Allegato alla legge regionale 31 del
2002) l’aumento di volumetria dei manufatti all’esterno della sagoma esistente,
sia dunque in altezza degli edifici che in larghezza.

Questo intervento deve portare
all’ampliamento delle superfici utili o accessorie dell’edificio originario (e
dunque a nuovi volumi aventi la medesima destinazione funzionale dell’edificio
originario).

L’intervento si distingue per
questa sua caratteristica, sia dalla realizzazione di tettoie e manufatti
leggeri, sia dalla realizzazione di volumi tecnici o di opere
pertinenziali; tuttavia occorre considerare che il legislatore, consapevole
della difficoltà a livello pratico di tenere distinte le diverse fattispecie,
ha assoggettato tutte queste ipotesi di intervento alla medesima disciplina.

5.1.3.2. Ammissibilità della
sanatoria

Gli interventi di
ampliamento e soprelevazione di edifici esistenti non sono in alcun caso
sanabili se in contrasto con la legislazione urbanistica (si veda il precedente
punto 2.4.1.).

I medesimi interventi, qualora
conformi, sia alla legislazione urbanistica sia alle prescrizioni di piano,
sono pienamente sanabili e senza alcun limite e condizione, ai sensi
dell’articolo 38 della presente legge (si vedano le considerazioni già svolte
al precedente punto 5.1.1.2.).

Ai sensi del comma 7
dell’articolo 33, l’ampliamento o la soprelevazione di edifici
esistenti, conformi alla legislazione urbanistica, ma in contrasto con taluna
prescrizione di piano, non sono sanabili qualora l’abuso sia stato realizzato:

a) sugli edifici di interesse storico architettonico, vincolati in base alla
legge statale o regionale ovvero dalle previsioni degli strumenti urbanistici
comunali;

b) nelle zone di tutela naturalistica,
nel sistema forestale e boschivo, negli invasi ed alvei di laghi, bacini e
corsi d’acqua e nelle zone di tutela della costa e dell’arenile, come
perimetrali nel piano territoriale paesistico regionale ovvero nei piani
provinciali e comunali che abbiano provveduto a darne
attuazione;

c) all’interno delle aree
naturali protette statali, regionali, provinciali e comunali, dei siti di interesse comunitario (SIC) e delle zone di protezione
speciale (ZPS);

d) sul demanio regionale,
provinciale o comunale;

e) su ogni altra area sottoposta
dagli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica a vincolo di inedificabilità assoluta, in forza della legislazione
vigente ovvero destinata ad opere e spazi pubblici ovvero destinata ad
interventi di edilizia residenziale pubblica, di cui alla Legge n. 167 del
1962;

f) nelle zone classificate a
rischio idrogeologico molto elevato, come perimetrale dalla Regione ai sensi
del decreto legge 11 giugno 1998, n. 180 (convertito con modificazioni dalla
Legge 3 agosto 1998, n. 267).

Fuori dai
casi appena ricordati, l’ampliamento e la soprelevazione di edifici esistenti,
conformi alla legislazione urbanistica, ma in contrasto con taluna prescrizione
di piano, sono invece sanabili se risultano rispettati i limiti e le condizioni
indicate al successivo paragrafo 5.1.3.3.

5.1.3.3. Condizioni e limiti alla
condonabilità

5.1.3.3.1. Limiti dimensionali

L’ampliamento e la soprelevazione
di edifici esistenti, conformi alla legislazione
urbanistica, ma in contrasto con taluna prescrizione di piano, sono sanabili se
rispettano innanzitutto i limiti dimensionali[vi], previsti dall’articolo 33,
comma 3, lettere a) e b) e comma 5 della presente legge, con riguardo alla
destinazione d’uso e alle tipologie dell’edificio originario cui l’intervento
accede. Occorre così distinguere tra i seguenti casi di ampliamento
e di soprelevazione:

a) per gli
edifici produttivi, agricoli non residenziali, direzionali, commerciali,
ricettivi e ricreativi è stabilita l’osservanza di un doppio limite: da una
parte l’ampliamento e la sopraelevazione non possono essere superiore al 10%
della singola unità immobiliare originaria, dall’altra le nuove volumetrie
derivanti dall’ampliamento e dalla sopraelevazione non possono superare, in
termini assoluti, le seguenti dimensioni massime per l’intero edificio:

1. i 300 metri cubi per ciascun
edificio oggetto dell’ampliamento;

2. i 600 metri cubi per l’insieme
degli edifici produttivi posseduti da una azienda nel
singolo comune;

3. la metà dei volumi indicati ai
punti precedenti qualora gli immobili interessati dall’intervento di ampliamento e sopraelevazione siano localizzati
all’interno del perimetro del centro storico (come definito dagli strumenti
urbanistici comunali) ovvero qualora i suddetti edifici siano collocati
all’interno delle “zone di riqualificazione della costa e dell’arenile”, come
perimetrale nel piano territoriale paesistico regionale ovvero nei piani
provinciali e comunali che abbiano provveduto a darne attuazione.

Vi è dunque un doppio limite
dimensionale: uno che attiene al rapporto tra l’opera abusiva e l’edificio
originario (10%), l’altro che attiene ad un valore dimensionale assoluto
dell’abuso (300 mc o 600 mc in caso di cumulo di più edifici produttivi
ampliati o soprelevati)[vii]. Nel caso di cui al precedente
punto 3, opera il medesimo meccanismo del doppio limite dimensionale,
con l’unica particolarità che il limite assoluto è ridotto della metà.
Pertanto: l’ampliamento e la soprelevazione di edifici
produttivi, agricoli non residenziali, direzionali, commerciali, ricettivi e
ricreativi, situati nel centro storico e nelle zone di riqualificazione della
costa e dell’arenile, sono sanabili solo entro il limite massimo del 10%
dell’edificio originario e sempre che il nuovo volume non superi i 150 mc.

Si noti che nel caso di una
pluralità di edifici produttivi tutti situati nel
centro storico e nelle zone di riqualificazione della costa e dell’arenile la
sanabilità è condizionata al fatto che ciascun ampliamento e soprelevazione non
superino il limite massimo del 10% del volume dell’edificio originario e alla
condizione che il cumulo dei diversi interventi non superi il limite massimo
dei 300 mc.

Non risulta
invece disciplinato dalla presente legge il caso in cui la medesima azienda sia
titolare di una pluralità di edifici produttivi, in parte situati nel centro
storico e nelle zone di riqualificazione della costa e dell’arenile e in parte
in altri ambiti del territorio comunale. In tale ipotesi, si ritiene che si
debba dare attuazione all’evidente ratio della legge, che è quella di
assicurare una maggiore tutela alle suddette zone, senza che ciò comporti una irragionevole penalizzazione delle imprese interessate
(per il solo fatto di essere titolari di edifici nelle suddette zone).
Pertanto, occorre utilizzare un metodo combinatorio, per il quale gli
interventi di ampliamento e soprelevazione realizzati
in detti ambiti di maggior tutela dovranno osservare i limiti più ridotti (10%
dell’edificio originario e un massimo di 150 mc per il cumulo degli ampliamenti
o soprelevazioni da sanare nel centro storico e nelle zone di riqualificazione
della costa e dell’arenile), rimanendo salvo il fatto che il tetto massimo dei
volumi abusivi sanabili, realizzati nel Comune, rimane fissato nei 600 mc
complessivi;

b) per le unità immobiliari
aventi funzione abitativa operano i seguenti limiti massimi, a
seconda della diversa tipologia degli edifici:

1. nel caso di edifici
residenziali plurifamiliari, in assenza di ogni altra specifica indicazione,
opera il solo limite del 10%, per singola unità immobiliare (di cui all’alinea
dell’articolo 33, comma 3, lettera a)[viii];

2. nel caso di edifici
residenziali bifamiliari, indipendentemente dalle dimensioni di ciascuna unità
immobiliare, opera il limite complessivo di 100 mc per ciascuna delle medesime
unità immobiliari. Questo limite è ridotto alla metà, e dunque a 50 mc, per gli
edifici residenziali bifamiliari situati nel centro storico o nelle zone di
riqualificazione della costa e dell’arenile (articolo 33,
comma 3, lettera b)[ix];

3. nel caso di edifici
residenziali monofamiliari, operano gli stessi limiti previsti per i
bifamiliari; pertanto potranno essere sanati l’ampliamento e la soprelevazione
dell’unità immobiliare se non ecceda il limite complessivo di 100 mc, indipendentemente
dalle dimensioni dell’unità immobiliare medesima. Questo limite è sempre
ridotto alla metà, e dunque a 50 mc, per gli edifici residenziali monofamiliari
situati nel centro storico o nelle zone di riqualificazione della costa e
dell’arenile (articolo 33, comma 3, lettera b)[x];

c) per le unità immobiliari
aventi funzione abitativa il comma 5 dell’articolo 33,
precisa che i limiti dimensionali indicati alla precedente lettera b) non
operano ai fini del rilascio del titolo in sanatoria per interventi di chiusura
di logge e balconi[xi].

In detti casi l’unica condizione
richiesta per la sanabilità dell’intervento è costituita dall’osservanza della
normativa vigente in materia igienico sanitaria. Ciò
comporta che, sia il locale ricavato dalla suddetta chiusura del balcone o
della loggia, si i locali che originariamente si
affacciavano sugli stessi, debbano mantenere i requisiti minimi di
illuminazione, di ricambio d’aria, ecc. previsti dalla legge e dalla relativa
normativa tecnica.

Il comma 6 dell’articolo 33
chiarisce che il mancato rispetto dei limiti dimensionali
appena richiamati comporta il diniego del rilascio del titolo in sanatoria per
la singola domanda di condono, qualora l’abuso superi i limiti fissati per ogni
singola unità immobiliare, per l’insieme delle domande presentate, qualora il
cumulo degli interventi abusivi superi il limite stabilito per interi edifici.
In altre parole, qualora per uno stesso edificio produttivo, agricolo non
residenziale, direzionale, commerciale, ricettivo e ricreativo siano presentate
una pluralità di domande e il cumulo delle stesse superi
il limite massimo assoluto della lettera a) del comma 3 dell’articolo 33, è
escluso il rilascio del titolo abilitativi per tutte le domande presentate.

5.1.3.3.2. Esclusione della
realizzazione di nuove unità immobiliari – Articolo 35, comma 3, lettera c)

Un secondo ordine di requisiti
cui è subordinato il rilascio del titolo in sanatoria
è stabilito dalla lettera c) del comma 3 dell’articolo 33, secondo cui non può
essere sanato l’ampliamento e la soprelevazione che abbiano comportato la
realizzazione di una nuova unità immobiliare. È dunque ammessa la sanatoria di interventi che comportino l’aumento della dimensione
complessiva dell’unità immobiliare preesistente e non la sanatoria che comporti
il frazionamento della stessa unità in due o più unità immobiliari.

5.1.3.3.3. Vincolo ventennale
all’uso non abitativo – Articolo 33, comma 4

Ai sensi del comma 4
dell’articolo 33 il rilascio del titolo in sanatoria, in caso di ampliamento e soprelevazione di edificio con originaria
funzione diversa da quella abitativa, comporta l’obbligo a mantenere, nei
vent’anni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, una
destinazione d’uso non abitativa[xii]. L’obbligo ha natura reale e di
conseguenza pur non essendo prescritto dalla legge alcun obbligo di
trascrizione nei registri immobiliari, vieta per il suddetto periodo il
rilascio di un titolo abilitativi edilizio che, pur risultando
magari conforme al PRG (in quanto la nuova destinazione residenziale è
considerata compatibile dalle norme di piano), comporti la violazione del
suddetto obbligo di legge.

5.1.3.3.4. Sopraelevazione nei
comuni classificati sismici

Nei comuni della regione
classificati sismici[xiii], il rilascio del titolo in sanatoria è subordinato alla avvenuta realizzazione entro il 31 dicembre 2006 dei
lavori di adeguamento antisismico della struttura originaria ed alla
conseguente certificazione comunale circa l’idoneità della struttura esistente
a sopportare il nuovo carico. In tal modo il legislatore ha voluto assicurare,
anche per le soprelevazioni abusive da sanare, le medesime garanzie di
sicurezza statica richieste, per i procedimenti edilizi ordinari, dall’articolo
90 del DPR n. 380 del 2001.

Più in particolare gli
interessati, una volta presentata la domanda di condono, che contenga
l’asseverazione di cui al precedente punto 2.4.,
dovranno depositare apposito progetto relativo alle opere di adeguamento
antisismico necessarie per mettere in sicurezza la costruzione, comprensiva
della sopraelevazione realizzata abusivamente, avvalendosi dell’attività di
professionisti abilitati, competenti alla progettazione e direzione lavori di
detti interventi.

Il progetto dovrà essere oggetto di autonoma autorizzazione preventiva comunale (o dell’ente
delegato dal Comune), con le modalità procedurali previste dall’articolo 36
della legge regionale n. 31 del 2002, secondo quanto specificato dalla nota
della Direzione generale Ambiente e Difesa del suolo e della costa della
Regione, prot. N. 60287/04 del 28 luglio 2004. il
Comune ai fini del rilascio della suddetta autorizzazione dovrà valutare la
idoneità delle opere progettate ad assicurare la sicurezza statica dell’intero
edificio, comprensivo della sua soprelevazione per la quale è pendente domanda
di sanatoria edilizia.

Ai sensi dell’articolo 27, comma
6, lettera c), della presente legge, il Comune, è tenuto a svolgere sia un
controllo di merito sulla asseverazione del
professionista allegata alla domanda di condono (in merito alla possibilità di
realizzare gli interventi di adeguamento antisismico) sia il controllo in corso
d’opera dei lavori di adeguamento.

All’avvenuta conclusione dei
lavori, il Comune (o l’ente delegato dallo stesso), rilascia il titolo edilizio
in sanatoria, certificando che la struttura dell’edificio, a seguito degli
interventi di adeguamento realizzati, è idonea a
sopportare il carico derivante dalla soprelevazione.

Naturalmente non può escludersi
che la soprelevazione abusiva sia stata realizzata in conformità alla normativa
tecnica antisismica. Tale circostanza dovrà essere adeguatamente asseverata e
documentata la progettista abilitato competente,
nell’asseverazione di cui all’articolo 29, comma 1, lettera c) della presente
legge e dovrà essere oggetto di apposita certificazione del Comune, ai fini del
rilascio del titolo in sanatoria, dandosi così atto della non necessità di
realizzare ulteriori interventi di adeguamento antisismico.

Installazione di tettoie e
manufatti leggeri – Articolo 33, comma 8

La quarta tipologia di interventi, rientranti nella categoria generale delle
nuove costruzioni, e per la quale l’articolo 33, comma 8, della presente legge
stabilisce una specifica disciplina, è costituita dall’installazione di
tettoie, manufatti leggeri e di altre strutture che non siano utilizzati come
abitazione o ambienti di lavoro, che prevedano la permanenza di persone, bensì
come depositi, magazzini e simili, ovvero per gli usi ammessi dagli strumenti
urbanistici vigenti alla data del 31 marzo 2003.

5.1.4.1. Definizione degli
interventi

La norma ha riguardo alle tettoie
e alle strutture leggere, anche prefabbricate, normalmente caratterizzate dalla agevole possibilità di realizzazione e di rimozione e
dalla non stabile incorporazione al suolo, quali i gazebo e i capanni, i
ripari, i ricoveri, i magazzini per gli attrezzi, ecc.

Non possono farsi rientrare in
tali categorie le strutture che per loro caratteristica sono destinate ad
essere utilizzate come abitazioni o come ambienti di lavoro. Dette strutture
vanno infatti equiparate, anche agli effetti
dell’applicazione della sanatoria, alla realizzazione di nuove
costruzioni[xiv].

Le tettoie e i manufatti leggeri
possono assumere una differente qualificazione a seconda che siano
realizzati come pertinenze di un edificio principale, già presente nell’area
interessata, ovvero come opera autonoma, non pertinenziale, realizzata in un
lotto nel quale non sia presente un altro edificio: questa distinzione è utile
ai fini del calcolo delle dimensioni massime ammissibili, ai sensi del
successivo punto 5.1.4.3.1.

Occorre inoltre distinguere dette
opere dagli interventi minori che, non presentando un
significativo impatto urbanistico ed edilizio, non sono soggetti, in via
ordinaria, a titolo abilitativi, e la cui realizzazione, di conseguenza,
rientra nel novero dell’attività edilizia libera: quali le opere di
sistemazione e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali, i pergolati e
altre analoghe strutture integrate alla vegetazione, ecc.[xv].

5.1.4.2. Ammissibilità della
sanatoria

La legge
precisa al comma 8 dell’articolo 33 che le strutture individuate al
precedente punto 5.1.4.1. sono sanabili, anche se realizzate in contrasto con
la pianificazione urbanistica vigente alla data del 31 marzo 2003 (purché
soddisfino le condizioni di cui al punto successivo).

Ai fini della sanabilità, nulla viene invece precisato in merito alla necessaria conformità
di tali interventi alla legislazione urbanistica vigente alla medesima data.
Tuttavia, trattandosi di principio generale che è affermato ripetute volte
dalla legge (per interventi che vanno dalle nuove costruzioni alle opere non
valutabili in termini di superficie o di volume), si deve ritenere che anche
dette strutture possano essere sanate solo nel caso in cui non contrastino con
la legislazione urbanistica (si veda il precedente punto
2.4.1.).

5.1.4.3. Condizioni e limiti alla
condonabilità

La sanatoria di tettoie e di
manufatti leggeri, nonché delle altre strutture di cui
alla lettera g.5) dell’Allegato alla legge regionale n. 31 del 2002, non
conformi agli strumenti urbanistici vigenti alla data del 31 marzo 2003, è
consentita, nell’osservanza dei limiti di cui all’articolo 33, comma 3, lettere
a) e b), qualora non siano utilizzati come abitazione o ambienti di lavoro che
prevedano la permanenza di persone, bensì come depositi, magazzini e simili,
ovvero per gli usi ammessi dagli strumenti urbanistici vigenti alla data del 31
marzo 2003.

5.1.4.3.1. Limiti dimensionali

Per il rilascio del titolo in
sanatoria di tettoie e manufatti leggeri, la presente legge richiama
espressamente l’osservanza dei limiti massimi dimensionali di cui al
comma 3 lettere a) e b) dell’articolo 33, descritti al precedente punto
5.1.3.3.1. lettere a) e b).

Più in particolare le tettoie e
le strutture leggere che si configurano come pertinenze di altro
edificio principale possono essere realizzate nell’osservanza dei seguenti
limiti:

a) qualora costituiscano
pertinenza di unità immobiliari produttive, agricole
non residenziali, direzionali, commerciali, ricettive o ricreative, le tettoie
e le strutture leggere non possono avere volume superiore al 10% dell’unità
immobiliare principale, e comunque non possono superare, in termini assoluti,
le seguenti dimensioni massime:

1. i 300 metri cubi per ciascuna
tettoia o struttura leggera;

2. i 600 metri cubi nel caso di
più tettoie e strutture leggere che accedono ad una pluralità di edifici produttivi, posseduti da una azienda nel singolo
comune;

3. la metà dei volumi indicati ai
punti precedenti qualora le tettoie e le strutture leggere siano localizzate
all’interno del perimetro del centro storico (come definito dagli strumenti
urbanistici comunali) ovvero qualora le suddette strutture siano collocate
all’interno delle zone di riqualificazione della costa e dell’arenile come
perimetrale nel piano territoriale paesistico regionale ovvero nei piani
provinciali e comunali che abbiano provveduto a darne
attuazione;

b) qualora l,e
tettoie e i manufatti leggeri costituiscano pertinenza di edifici aventi
funzione abitativa operano i seguenti limiti massimi, a seconda della diversa
tipologia degli edifici:

1. nel caso di edifici
residenziali plurifamiliari, opera il solo limite del 10%, per singola unità
immobiliare (di cui all’alinea della lettera a) dell’articolo 33, comma 3);

2. nel caso di edifici
residenziali bifamiliari indipendentemente dalle dimensioni di ciascuna unità
immobiliare, opera il limite complessivo di 100 mc per ciascuna delle unità
immobiliari. Questo limite è ridotto alla metà, e dunque a 50 mc, per gli
edifici residenziali bifamiliari situati nel centro storico o nelle zone di
riqualificazione della costa e dell’arenile (lettera b) dell’articolo 33, comma
3);

3. nel caso di edifici
residenziali monofamiliari, operano gli stessi limiti previsti per i
bifamiliari; pertanto potranno essere sanati l’ampliamento o soprelevazione
dell’unità immobiliare se non eccedano il limite complessivo di 100 mc,
indipendentemente dalle dimensioni dell’unità immobiliare medesima. Questo
limite è sempre ridotto alla metà, e dunque a 50 mc, per gli edifici
residenziali monofamiliari situati nel centro storico o nelle zone di
riqualificazione della costa e dell’arenile (lettera b) dell’articolo 33, comma
3).

Qualora
le tettoie e le strutture leggere non si configurino come pertinenze di un
edificio principale, le stesse possono essere sanate nell’osservanza dei soli
limiti dimensionali assoluti appena richiamati:

a) per gli ambiti aventi nel
piano urbanistico comunale destinazione produttiva, agricola, direzionale,
commerciale, ricettiva o ricreativa, le tettoie e le strutture leggere non
possono superare le seguenti dimensioni massime:

1. i 300 metri cubi per ciascuna
tettoia o struttura leggera;

2. i 600 metri cubi nel caso di
una pluralità di tettoie e strutture leggere realizzate da una
azienda produttiva nel singolo Comune;

3. la metà dei volumi indicati ai
punti precedenti qualora le tettoie e le strutture leggere siano localizzate
all’interno del perimetro del centro storico (come definito dagli strumenti
urbanistici comunali) ovvero qualora le suddette strutture siano collocate
all’interno delle zone di riqualificazione della costa e dell’arenile come
perimetrale nel piano territoriale paesistico regionale ovvero nei piani
provinciali e comunali che abbiano provveduto a darne
attuazione;

b) qualora le tettoie e i
manufatti leggeri siano realizzati in ambiti aventi nel piano urbanistico
comunale destinazione residenziale opera il limite complessivo di 100 mc.

5.1.4.3.2. Esclusione della
destinazione abitativa o di ambiente di lavoro –
Articolo 33, comma 8

Il titolo in sanatoria non può
essere rilasciato per tettoie e manufatti leggeri destinati ad essere
utilizzati come abitazione o come ambiente di lavoro che preveda
la permanenza di persone ma solo nel caso in cui le medesime strutture abbiano
attribuita la destinazione funzionale di depositi, magazzini e simili «ovvero
per altri usi ammessi dagli strumenti urbanistici vigenti». Quest’ultima
previsione legislativa (usi ammessi) deve considerarsi riferita, a maggior
ragione, alle attività accessorie e integrative della destinazione principale,
che possono essere svolte indipendentemente da ogni
previsione di piano, in quanto non comportano mutamento di destinazione d’uso,
quali la vendita diretta al dettaglio dei prodotti dell’azienda agricola (ai
sensi dell’articolo 26, comma 6, della legge regionale n. 31 del 2002).

Interventi di ristrutturazione
edilizia – Articolo 34

5.2.1. Definizione degli
interventi

Ai fini della individuazione
degli interventi di ristrutturazione edilizia, l’articolo 34 fa espresso
richiamo alla lettera f) dell’Allegato alla L.R. n. 31 del 2002, secondo la
quale costituiscono «interventi di ristrutturazione edilizia, gli interventi
rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in
tutto od in parte diverso dal precedente.

Tali interventi comprendono il
ripristino la sostituzione di alcuni elementi
costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi
elementi ed impianti, nonché la realizzazione di volumi tecnici necessari per
l’installazione o la revisione di impianti tecnologici. Nell’ambito degli
interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti
nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico,
quanto a sagoma, volumi e area di sedime, a quello
preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per
l’adeguamento alla normativa antisismica e per l’installazione di impianti
tecnologici».

Si consideri poi che l’articolo 3
della legge regionale 6 aprile 1998, n. 11 classifica gli interventi di
recupero a fini abitativi dei sottotetti nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia.

5.2.2. Ammissibilità della
sanatoria

Quanto alla possibilità di
rilascio del titolo in sanatoria degli interventi di ristrutturazione,
l’articolo 34 adotta un criterio del tutto analogo a quello
previsto per gli interventi di ampliamento e di soprelevazione, secondo il
quale sono sanabili soltanto gli interventi che risultino conformi alla
legislazione urbanistica (si veda il precedente punto 2.4.1.) ma in contrasto
con le prescrizioni degli strumenti urbanistici, a condizione che siano
rispettati una serie di limiti e condizioni definite dal medesimo articolo.

Pertanto, gli interventi di
ristrutturazione edilizia non sono in alcun caso sanabili
se in contrasto con la legislazione urbanistica.

I medesimi interventi, qualora
conformi, sia alla legislazione urbanistica sia alle prescrizioni di piano,
sono pienamente sanabili e senza alcun limite e condizione, ai sensi
dell’articolo 38 della presente legge (si vedano le considerazioni già svolte
al precedente punto 5.1.1.2.).

Fuori dai
casi appena ricordati, gli interventi di ristrutturazione edilizia, conformi
alla legislazione urbanistica, ma in contrasto con taluna prescrizione di
piano, sono invece sanabili se risultano rispettati limiti e le condizioni
indicate al successivo paragrafo 5.2.3.

5.2.3. Condizioni e limiti alla condonabilità

5.2.3.1. Esclusione della
realizzazione di nuove unità immobiliari – Articolo 34, comma 2, lettera a)

Una prima
circostanza che esclude la sanabilità degli interventi di ristrutturazione
edilizia, ai sensi dell’articolo 34, comma 2, lettera a), è costituita
dall’aumento del numero delle unità immobiliari. La disposizione
introduce una sola eccezione a tale divieto, nel caso di recuperi ai fini
abitativi dei sottotetti, in edifici residenziali bifamiliari e
monofamiliari[xvi].

5.2.3.2. Requisiti per il recupero
dei sottotetti – Articolo 34, comma 2, lettera b)

La lettera b) del comma 2
dell’articolo 34 richiede, nel caso di interventi di
recupero a fini abitativi dei sottotetti, il rispetto dei parametri minimi
dimensionali fissati dall’articolo 2, commi 1 e 2 della Legge regionale n. 11
del 1998, che si riportano qui di seguito:

l’altezza
utile media di m. 2,40 per i locali, adibiti ad abitazione, ridotta a m. 2,20
per i Comuni inseriti negli ambiti delle Comunità Montane e di m. 2,20 per i
locali adibiti a servizi, quali corridoi, disimpegni, bagni e ripostigli.
L’altezza utile media e calcolata dividendo il volume
utile della parte del sottotetto la cui altezza superi m. 1,80 per la
superficie utile relativa;

b) il rapporto
illuminante, se in falda, pari o superiore a 1/16;

c) gli interventi edilizi per il
recupero a fini abitativi dei sottotetti devono avvenire senza alcuna
modificazione delle altezze di colmo e di gronda nonché
delle linee di pendenze delle falde.

5.2.3.3. Requisiti
igienico sanitari delle ristrutturazioni edilizie – Articolo 34, comma
2, lettere c) e d)

Fuori dai
casi di interventi di recupero a fini abitativi dei sottotetti, per i quali
valgono le prescrizioni riportate al precedente punto 5.2.3.2., nei restanti
casi di interventi di ristrutturazione edilizia il comma 2, lettera c),
dell’articolo 34 della presente legge richiede, ai fini del rilascio del titolo
in sanatoria, l’osservanza dei requisiti igienico sanitari fissati per i locali
di abitazione del decreto ministeriale 5 luglio 1975 (Modificazioni alle
istruzioni ministeriali 20 giugno 1896 relativamente all’altezza minima ed ai
requisiti igienico sanitari principali dei locali d’abitazione), con l’unica
eccezione costituita dalla possibilità di sanare anche i locali che presentino
una altezza media interna utile non inferiore a 2,40 metri (anche) per i locali
adibiti ad abitazione.

La lettera d) dell’articolo 34,
comma 2, introduce un ulteriore requisito igienico
sanitario costituito dalla necessità che non siano destinati ad uso abitativo i
locali nei piani totalmente interrati delle costruzioni. Di conseguenza,
saranno sanabili le ristrutturazioni che destinino a
fini abitativi locali parzialmente interrati, sempreché anche detti locali
possiedano i requisiti igienico sanitari appena richiamati.

5.2.3.4. Osservanza della quota
minima di parcheggi pertinenziali – Articolo 34, comma 2, lettera e)

Ai sensi del comma 2, lettera e),
dell’articolo 34, i locali originariamente destinati a parcheggi pertinenziali,
non potranno essere destinati ad altro uso qualora, nell’ambito dell’intervento
di ristrutturazione edilizia oggetto della domanda di condono, non sia comunque assicurata la quota minima di spazi per parcheggi
stabilita dall’articolo 41sexies della Legge n. 1150 del 1942, come sostituito
dall’articolo 2,l comma 2, della Legge 24 marzo 1989, n. 122[xvii].

5.3. Opere di restauro
scientifico e interventi di restauro e risanamento conservativo – Articolo 35

5.3.1. Definizione degli
interventi

Ai fini della individuazione
degli interventi di restauro scientifico e interventi di restauro e risanamento
conservativo, l’articolo 35 fa espresso richiamo alle lettere c) e d)
dell’Allegato alla legge regionale n. 31 del 2002, secondo le quali
costituiscono:

«c) restauro scientifico, gli
interventi che riguardano le unità edilizie che hanno assunto rilevante
importanza nel contesto urbano territoriale per
specifici pregi o caratteri architettonici o artistici. Gli interventi di
restauro scientifico consistono in un insieme sistematico di opere
che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali
dell’edificio, ne consentono la conservazione, valorizzandone i caratteri e
rendendone possibile un uso adeguato alle intrinseche caratteristiche.

Il tipo di intervento
prevede:

c.1) il
restauro degli aspetti architettonici o il ripristino delle parti alterate,
cioè il restauro o ripristino dei fronti esterni ed interni, il restauro o il
ripristino degli ambienti interni, la ricostruzione filologica di parti
dell’edificio eventualmente crollate o demolite, la conservazione o il
ripristino dell’impianto distributivo-organizzativo originale, la conservazione
o il ripristino degli spazi liberi, quali, tra gli altri, le corti, i larghi, i
piazzali, gli orti, i giardini, i chiostri;

c.2)
consolidamento, con sostituzione delle parti non recuperabili senza modificare
la posizione o la quota dei seguenti elementi strutturali:

– murature portanti sia interne
che esterne;

– solai e volte;

– scale;

– tetto, con ripristino del manto
di copertura originale;

c.3)
l’eliminazione delle superfetazioni come parti incongrue all’impianto
originario e agli ampliamenti organici del medesimo;

c.4)
l’inserimento degli impianti tecnologici e igienico-sanitari essenziali;

d) interventi di restauro e
risanamento conservativo, gli interventi edilizi rivolti a conservare
l’organismo edilizio e ad assicurare la funzionalità
mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi
tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentono destinazioni
d’uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il
ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento
degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso,
l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio».

5.3.2. Ammissibilità della
sanatoria

Anche con riguardo agli
interventi di restauro scientifico e interventi di restauro e risanamento
conservativo, il rilascio del titolo in sanatoria è
ammesso dall’articolo 35 soltanto per gli interventi che risultino conformi
alla legislazione urbanistica (si veda il precedente punto 2.4.1.) ma in
contrasto con le prescrizioni degli strumenti urbanistici, a condizione che
siano rispettati una serie di limiti e condizioni definite dal medesimo
articolo[xviii].

Pertanto, gli interventi di
restauro scientifico e interventi di restauro e risanamento conservativo, non
sono in alcun caso sanabili se in contrasto con la
legislazione urbanistica.

I medesimi interventi, qualora
conformi, sia alla legislazione urbanistica sia alle prescrizioni di piano,
sono pienamente sanabili e senza alcun limite e condizione, ai sensi
dell’articolo 38 della presente legge (si vedano le considerazioni già svolte
al precedente punto 5.1.1.2.).

Fuori dai
casi appena ricordati, gli interventi di restauro scientifico e di restauro e
risanamento conservativo, conformi alla legislazione urbanistica, ma in
contrasto con taluna prescrizione di piano, sono invece sanabili se risultano
rispettati i limiti e le condizioni indicate al successivo paragrafo 5.3.3.

5.3.3. Condizioni e limiti alla condonabilità

5.3.3.1. Acquisizione del parere
per gli edifici vincolati – Articolo 35, commi 2 e 3

I commi 2 e 3 dell’articolo 35 sottolineano la necessità, ai fini del rilascio del titolo
in sanatoria per gli interventi di restauro scientifico su immobili vincolati,
dell’acquisizione del parere:

a)
dall’autorità preposta alla tutela del vincolo, nei casi di vincoli derivanti
dalla legislazione statale o regionale[xix];

b) dalla Commissione per la
qualità architettonica e il paesaggio, nel caso di immobili
di valore storico-architettonico, vincolati dalle previsioni degli strumenti
urbanistici comunali.

Il comma 3 dell’articolo 35 sottolinea la differente disciplina che attiene sia alle
modalità di formulazione che all’efficacia dei citati pareri. I primi infatti sono formulati ai sensi dell’articolo 32 della
Legge n. 47 del 1985, (come sostituito dal comma 43 dell’articolo 32 del
decreto legge n. 269 del 2003), e sono vincolanti per l’Amministrazione
comunale, ai fini del rilascio del titolo in sanatoria.

Il parere della Commissione per
la qualità architettonica e il paesaggio è definito, dal
comma 1 dell’articolo 30 della presente legge, obbligatorio ma non
vincolante per l’Amministrazione comunale ed è formulato con le modalità di cui
al comma 3 della medesima disposizione (vedi al precedente punto 3.1).

5.3.3.2. Rinvio ai requisiti
richiesti per la ristrutturazione – Articolo 35, comma 5

Il comma 5
dell’articolo 35 subordina il rilascio dei titoli in sanatoria per gli
interventi di restauro scientifico e di restauro e risanamento conservativo ai
medesimi limiti e condizioni stabiliti, per gli interventi di ristrutturazione,
dal comma 2 dell’articolo 34. Pertanto anche per detti interventi sono
stabiliti:

– l’esclusione
della realizzazione di nuove unità immobiliari (di cui al precedente punto
5.1.3.3.1.);

– l’osservanza
dei requisiti per il recupero a fini abitativi dei sottotetti (di cui al
precedente punto 5.1.3.3.2.);

– il rispetto dei
requisiti igienico sanitari (di cui al precedente punto 5.1.3.3.3.);

– l’osservanza
della quota minima di parcheggi pertinenziali (di cui al precedente punto
5.1.3.3.4.).

5.4. Interventi di manutenzione
straordinaria, opere non valutabili in termini di superficie e di volume
edilizio e opere pertinenziali – Articolo 36

L’articolo 36 disciplina
interventi di diversa natura, accomunati solo dalla limitatezza della rilevanza
urbanistica ed edilizia degli stessi. Appare opportuno
pertanto provvedere ad una loro trattazione separata, distinguendosi tra:

5.4.1. interventi
di manutenzione straordinaria;

5.4.2. opere
non valutabili in termini di superficie e di volume edilizio;

5.4.3. opere
pertinenziali – Articolo 36, comma 4

5.4.3.1. Definizione degli
interventi

Il comma 4 dell’articolo 36 disciplina la realizzazione di pertinenze rispetto ad
edifici esistenti. In carenza di una definizione
normativa di tali manufatti occorre riferirsi alla nozione elaborata dalla
giurisprudenza, secondo la quale, l’elemento che contraddistingue una
pertinenza, rispetto ad una parte dell’edificio originario (e dunque rispetto
al suo ampliamento) è dato dalla mancanza di autonomia rispetto alla
costruzione considerata e da una relazione di strumentalità e complementarità
funzionale rispetto alla costruzione principale, consistente in un servizio od
ornamento di un edificio già completo ed utile di per sé; con la precisazione
che tale natura può essere attribuita solo a manufatti di modesta
dimensione[xx].

5.4.3.2. Ammissibilità della
sanatoria

Per le opere pertinenziali
l’articolo 36, comma 4, precisa che possono essere sanate anche se in
contrasto con specifiche prescrizioni della pianificazione urbanistica vigente
alla data del 31 marzo 2003.

Ai fini della sanabilità, nulla viene invece precisato in merito alla necessaria conformità
di tali interventi alla legislazione urbanistica vigente alla medesima data. Anche in questo caso, tuttavia, trattandosi di principio
generale che è affermato ripetute volte dalla legge (per interventi che vanno
dalle nuove costruzioni alle opere non valutabili in termini di superficie o di
volume), si deve ritenere che anche dette opere possano essere sanate solo nel
caso in cui non contrastino con la legislazione urbanistica (si veda il precedente
punto 2.4.1.).

5.4.3.3. Condizioni e limiti alla
condonabilità

Quanto alle condizioni per il
rilascio del titolo in sanatoria il legislatore,
all’articolo 36, comma 4, ha inteso prevenire ogni possibile dubbio applicativo
della disciplina del condono, che derivasse dalla difficoltà in molti casi di
distinguere tra gli interventi pertinenziali e la categoria di opere
disciplinata dall’articolo 33, comma 8, (tettoie e manufatti leggeri): è stato
così stabilito che le opere pertinenziali siano ammissibili a condono con gli
stessi limiti e condizioni dettate dal citato articolo 33, comma 8. si rinvia pertanto a quanto precisato ai precedenti punti:
5.1.4.3.1. Limiti dimensionali e 5.1.4.3.2. Esclusione della destinazione
abitativa o di ambiente di lavoro.

5.5. Mutamento di destinazione
d’uso e aumento delle superfici utili – Articolo 37

5.5.1. Mutamento di destinazione
d’uso – Articolo 37, comma 1

5.5.1.1. Definizione degli
interventi

Il mutamento della destinazione
d’uso di un immobile senza opere, è definito dall’articolo 26, comma 2, secondo
periodo, della legge regionale n. 31 del 2002 come «la modifica dell’uso in
atto nell’immobile». Quest’ultimo (l’uso in atto) è da intendersi ai sensi del
comma 3 della medesima disposizione, come l’uso stabilito dal titolo
abilitativi che ha previsto la costruzione dell’unità immobiliare o l’ultimo
intervento di recupero della stessa ovvero, in assenza o indeterminatezza del
titolo, dalla classificazione catastale attribuita in sede di primo
accatastamento ovvero da altri documenti probanti.

Ai sensi del comma 6 della legge
regionale n. 31 del 2002, non costituisce mutamento d’uso (e di conseguenza può
essere attuato liberamente), il cambio dell’uso in atto nell’unità immobiliare
entro il limite del 30 per cento della superficie utile dell’unità stessa e comunque compreso entro i 30 mq. Non costituisce inoltre
mutamento d’uso la destinazione di parte degli edifici dell’azienda agricola a
superficie di vendita diretta al dettaglio dei prodotti dell’impresa stessa,
purché contenuta entro il limite del 20 per cento della superficie totale degli
immobili e comunque entro il limite di 250 mq.

Si ha mutamento di destinazione
d’uso con opere nei casi in cui il cambio dell’uso dell’immobile sia
conseguente alla realizzazione di interventi edilizi
assoggettati a titolo abilitativi edilizio[xxi].

5.5.1.2. Ammissibilità della
sanatoria

L’articolo 37 prevede la
sanabilità del mutamento di destinazione d’uso senza opere, purché la
modificazione dell’uso sia conforme alla legislazione urbanistica vigente al 31
marzo 2003 (si veda il precedente punto 2.4.1.). Di
norma, quindi detto intervento può essere sanato anche qualora non risulti
conforme alla pianificazione urbanistica[xxii], fatti salvi i casi indicati al
successivo punto 5.5.1.3.

Quanto al
mutamento di destinazione d’uso con opere, il comma 3 dell’articolo 37 precisa
che il rilascio del titolo in sanatoria è subordinato sia all’osservanza delle
condizioni previste per l’intervento edilizio cui è connesso il mutamento
d’uso, sia alle condizioni, fissate dai commi 1 e 2 del medesimo articolo 37,
per i mutamenti d’uso e per l’aumento di superficie utile senza opere
(illustrati rispettivamente ai successivi punti 5.5.1.3. e 5.5.2.3.).

5.5.1.3. Condizioni e limiti alla
condonabilità

Per una serie di casi di
mutamento d’uso senza opere il comma 2 dell’articolo 37, richiede (oltre alla
conformità alla legislazione urbanistica) la conformità agli strumenti di
pianificazione urbanistica, qualora superino una certa soglia
dimensionale. Ciò in considerazione del significativo
impatto urbanistico che detti mutamenti d’uso comportano, in termini di carico
urbanistico, congestione urbana, aumento del traffico, del rumore e delle
emissioni nocive, ecc.

Più in particolare, il citato
comma 2, richiede la conformità al piano nei casi di:

a) mutamento da uso produttivo o
artigianale a commerciale, qualora lo stesso inerisca a
unità immobiliari che abbiano una superficie complessiva superiore ai 400 mq;

b) mutamento da uso residenziale
a direzionale e viceversa, qualora lo stesso inerisca a
unità immobiliari che abbiano una superficie complessiva superiore ai 100 mq;

c) mutamento da uso agricolo non
residenziale a produttivo, artigianale o commerciale qualora lo stesso inerisca
a unità immobiliari che abbiano una superficie
complessiva superiore ai 200 mq;

d) mutamento dall’uso alberghiero
a residenziale o commerciale qualora lo stesso inerisca a
unità immobiliari che abbiano una superficie complessiva superiore ai 150 mq.

5.5.2. Aumento delle superfici utili
– Articolo 37, comma 2

5.5.2.1. Definizione degli
interventi

Un intervento analogo al
mutamento della destinazione d’uso senza opere è costituito dalla stabile
modificazione della destinazione originaria dei locali di una
unità immobiliare aventi funzione non residenziale (classificati, per
questo, come superficie non residenziale (Snr), in locali abitabili (facenti
quindi parte della c.d. superficie utile abitatile Su)[xxiii]. In tale caso,
l’abuso consiste, di norma, nella violazione degli indici massimi edificabili
fissati dal piano urbanistico comunale.

5.5.2.2. Ammissibilità della
sanatoria

L’articolo 37 subordina anche
l’aumento senza opere delle superfici utili abitabili alla conformità alla
legislazione urbanistica vigente (si veda il precedente punto 2.4.1.),
individuandola, nel caso concreto, nella legislazione statale e regionale (e
quindi nella normativa tecnica da essa richiamata) in
materia di standard minimi dimensionali[xxiv]. L’intervento in esame è sanabile
anche se in contrasto con le previsioni di piano.

5.5.2.3. Condizioni e limiti alla
condonabilità

Il rilascio del titolo in
sanatoria è subordinato dal comma 2 dell’articolo 37 al fatto che l’aumento
delle superfici utili operi nell’ambito di un’unica unità immobiliare (e quindi
senza aum4ento del numero delle unità stesse) nonché
all’osservanza dei requisiti stabiliti per la sanabilità degli interventi di
ristrutturazione dall’articolo 34, comma 2, lettere b), c), d) ed e). In tal
modo trova applicazione anche per gli aumenti senza opere delle superfici utili
abitabili il rispetto:

– dei requisiti per il recupero a
fini abitativi dei sottotetti, illustrati al precedente punto 5.2.3.2.;

– dei requisiti
igienico sanitari delle ristrutturazioni edilizie, illustrati al
precedente punto 5.2.3.3.;

– della quota minima di parcheggi
pertinenziali, illustrati al precedente punto 5.2.3.4.

5.6. Interventi conformi alla
pianificazione urbanistica vigente – Articolo 38

5.6.1. Definizione degli
interventi

L’articolo 38 ha riguardo a tutte
le tipologie di interventi edilizi, attuati in assenza
o in difformità dal titolo abilitativi edilizio e che al momento della loro
realizzazione risultavano abusivi (in quanto contrastanti con la legislazione o
i piani) ma che alla data del 31 marzo 2003 erano conformi alla mutata
legislazione urbanistica (si veda il precedente punto 2.4.1.) o alle nuove
prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti. Si tratta cioè
dei casi nei quali l’intervento è stato realizzato in assenza o in difformità
dal titolo abilitativi edilizio, ma vi erano, quantomeno al 31 marzo 2003,
tutte le condizioni per richiedere la sanatoria attraverso l’accertamento di
conformità di cui all’articolo 17, comma 2, della presente legge (c.d.
sanatoria giurisprudenziale).

Ammissibilità della sanatoria

Il rilascio del titolo in
sanatoria è ammesso per tutte le tipologie di abuso
edilizio che presentino i caratteri indicati al precedente punto 5.6.1.

In tali ipotesi la presentazione
della domanda di condono edilizio consente di sanare
gli effetti penali dell’abuso e di ottenere il titolo in sanatoria regolato
dalla presente legge.

5.6.3. Condizioni e limiti alla condonabilità

Per il rilascio del titolo in
sanatoria nel caso degli interventi conformi alla legislazione urbanistica e
agli strumenti urbanistici vigenti al 31 marzo 2003 l’articolo 38 richiama
unicamente l’osservanza di quanto prescritto dall’articolo 28, circa il
contributo di costruzione e le opere di urbanizzazione
richieste per le diverse tipologie di intervento.

——————————————————————————–

[i] In
Emilia-Romagna, allo stato attuale, per “Comuni classificati sismici” si devono
senz’altro intendere gli 89 Comuni dichiarati di seconda categoria e come tali
a suo tempo elencati nei DD.MM. 23/7/1983 e 29/2/1984.

Nel 2003, con Ordinanza del Presidente del
Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20/3/2003, si è disposto
di classificare sismici anche tutti gli altri Comuni.

Detta Ordinanza, anche con successive
modifiche, ha però disposto un “regime transitorio” di
18 mesi, con scadenza all’8 novembre 2004, durante il quale è lasciata
sostanziale facoltà ai soggetti interessati di decidere se tenere conto meno
della classificazione sismica di “prima applicazione” e quali “norme tecniche” utilizzare.

Sono a tutt’oggi in
corso di elaborazione disposizioni statali, volte a regolare la fase successiva
alla conclusione del suddetto regime transitorio, alla cui emanazione
seguiranno ulteriori indicazioni operative regionali, integrative della presente
circolare.

[ii] Si
rimanda alla nota 1, in merito alla individuazione dei Comuni classificati
sismici.

[iii] Il
caso in parola ricorre dunque nelle ipotesi in cui sia stato concesso in data
successiva al 31 dicembre 1995, per esempio, un contributo per la realizzazione
di un edificio ricettivo, o per il recupero di un edificio fatiscente, ovvero
per il restauro di immobile di pregio, e, rispettivamente, l’intervento di
nuova costruzione, di ristrutturazione o di restauro scientifico, sia stato realizzato
in violazione di prescrizioni degli strumenti di pianificazione urbanistica.

[iv] Si
sottolinea che ai sensi dell’articolo 23, comma 3 della L.R. n. 31 del 2002, ai
fini dell’accertamento degli illeciti edilizi (e dunque anche nell’ambito del
procedimento di sanatoria in esame) occorre far riferimento alle definizioni
degli indici e dei parametri edilizi e urbanistici dettate dall’articolo
2 del Regolamento Edilizio Tipo, approvato con deliberazione della
Giunta regionale n. 593 del 28 febbraio 1995.

[v] È
opportuno tuttavia precisare che, per aversi l’effettiva conformità
dell’intervento alle previsioni del piano regolatore, occorre non soltanto che
la realizzazione dell’intervento sia ammessa dal piano ma anche che all’atto
della realizzazione dell’intervento abusivo siano state assolte le particolari
condizioni stabilite dal piano per detta opera, costituite per esempio dalla
subordinazione della sua attuazione alla contestuale realizzazione di dotazioni
territoriali o infrastrutturali per la mobilità. In tali casi il rilascio del
titolo in sanatoria potrà essere subordinato alla realizzazione della suddetta
opera, previa sottoscrizione di apposita convenzione
urbanistica.

[vi] Per
le modalità di calcolo di detti limiti si veda quanto precisato alla precedente
nota 4.

[vii]
Così, per esempio, l’ampliamento abusivo di un albergo, per essere sanato, non
può superare il 10% del volume dell’edificio preesistente e comunque non può
avere un volume complessivo superiore a 300 mc.

Ed ancora, un’impresa
che possieda due o più capannoni produttivi nello stesso comune potrà ottenere
il titolo in sanatoria se il volume dell’ampliamento e della sopraelevazione di
ciascun capannone non è superiore al 10% del volume massimo del medesimo
capannone e se, allo stesso tempo, la somma dei volumi abusivi non superi il
tetto massimo dei 600 mc.

[viii]
Per esempio, per ciascun appartamento facente parte di edificio residenziale
condominiale, potrà essere sanato l’ampliamento e la soprelevazione che non sia
superiore al 10 per cento del volume complessivo dell’appartamento medesimo,
indipendentemente dalle dimensioni della singola unità immobiliare e del volume
complessivo dell’edificio.

[ix] Per
esempio, in una lottizzazione in zona di espansione con edifici bifamiliari in
ognuno degli appartamenti che compongono i singoli edifici si potrà sanare
l’ampliamento e la sopraelevazione, per una misura massima di 100 mc. (indipendentemente dal fatto che detti interventi abusivi
siano stati realizzati in entrambe le unità immobiliari o in una sola delle
stesse). Invece nel caso di villette bifamiliari, ricadenti nel perimetro del
centro storico o delle zone di riqualificazione della costa e dell’arenile, in ciascuna unità immobiliare si potrà sanare un ampliamento e
soprelevazione che non ecceda il limite massimo di 50 mc.

[x] Per
esempio, nel caso di edificio monofamiliare residenziale, in zona agricola
accatastato all’urbano, si potrà sanare un ampliamento e soprelevazione, per
una misura massima di 100 mc., (indipendentemente dalle dimensioni
dell’edificio complessivo). Invece nel caso di villette
monofamiliari, ricadenti nel perimetro del centro storico delle zone di
riqualificazione della costa e dell’arenile, si potrà sanare un ampliamento o
soprelevazione che non ecceda il limite massimo di 50 mc. (anche qui, indipendentemente dalle dimensioni complessive
dell’edificio).

[xi] Di
conseguenza, la chiusura di balconi e logge dovrà essere conteggiata quale
ampliamento nel caso di edifici aventi diversa destinazione d’uso. D’altra
parte, occorre precisare che detta norma di esenzione,
in quanto speciale, non può trovare applicazione nei casi di chiusura di
tettoie, terrazzi, chiostri o cortili interni ed altre strutture analoghe in
edifici residenziali.

[xii]
Pertanto, per 20 anni:

– viene escluso
soltanto il passaggio della funzione diversa da quella abitativa, per la quale
viene rilasciato il titolo in sanatoria, a quella residenziale (per es. il
passaggio da ricettivo, produttivo, direzionale, ecc. a residenziale);

– non viene fatto
obbligo di mantenere la medesima destinazione d’uso per la quale è stato
rilasciato il titolo in sanatoria, (per es. direzionale);

– non è precluso il passaggio nell’ambito
delle diverse destinazione d’uso non abitative (per es. da artigianale a industriale);

– non è fatto divieto alle unità immobiliari
aventi originaria funzione abitativa di assumere una destinazione diversa (per
es. da residenziale a direzionale).

[xiii]
Si rimanda alla nota 1, in merito alla individuazione dei Comuni classificati
sismici.

[xiv] Si
consideri come l’articolo 3, comma 1, lettera e.5) del DPR n. 380 del 2001
equipara alle nuove costruzioni anche le roulottes, i campers, le case mobili e
le imbarcazioni che siano utilizzate come abitazioni o ambienti di lavoro.

[xv] Nei
casi in cui anche dette opere siano oggetto di specifiche disposizioni degli
strumenti di pianificazione urbanistica, del piano del verde urbano o di
analoghi regolamenti comu8nali gli stessi saranno sanabili nei limiti e alle
condizioni previste dall’articolo 36 della presente legge per le opere minori.

[xvi]
Pertanto nel caso, per esempio, di un edificio in zona agricola con funzione
abitativa, che presenti uno o due unità immobiliari sarà possibile il rilascio
del titolo in sanatoria per un intervento di recupero a fini abitativi del
sottotetto che preveda la costituzione nel medesimo sottotetto di una o più
unità immobiliari. E lo stesso dicasi per le villette
mono bifamiliari nelle quali sia stata attuata questa particolare ipotesi di intervento
di ristrutturazione. Viceversa, non è ammesso l’aumento delle unità immobiliari
per interventi di recupero dei sottotetti in edifici non residenziali o in
edifici residenziali che presentassero in precedenza
più di due unità immobiliari.

[xvii] Di
conseguenza, l’intervento di ristrutturazione potrà interessare i locali
adibiti a parcheggio, nel caso in cui sia stato realizzato un diverso spazio
adibito a parcheggio pertinenziale o nei casi in cui l’unità immobiliare sia
stata originariamente fornita di parcheggi superiori alla quota minima fissata
dalla legge e nell’ambito dell’intervento di ristrutturazione si sottraggano a
tale destinazione i locali o gli spazi eccedenti a tale misura minima.

[xviii]
Infatti il comma 1 dell’articolo 35 richiama la necessità dell’osservanza delle
condizioni indicate ai commi successivi; e il comma 5, nel rinviare al comma 2
dell’articolo 34, fa proprio il principio per cui sono sanabili gli interventi
che «siano conformi alla legislazione urbanistica ma che contrastino con le
prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti alla data del 31 marzo 2003».

[xix]
Per esempio, nel caso di edifici vincolati ai sensi della Parte seconda o della
Parte terza del Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo
22 gennaio 2004, n. 42) il parere sarà rilasciato dal competente organo
periferico del Ministero per i beni e le attività culturali.

[xx] La
qualificazione di pertinenza è stata riconosciuta dalla giurisprudenza ai
seguenti manufatti: abbaini; ricoveri per attrezzi funzionali all’abitazione di
campagna; cancelli; forno di piccole dimensioni; legnaia-ripostiglio; muri di
cinta e muretti di recinzione; parapetti; autorimesse, garages-ripostiglio,
parcheggio, rampa di accesso e ricovero-posteggio per auto destinati a
pertinenza di fabbricati esistenti ringhiere e scale; serbatoio idrico di
piccole dimensioni; impianti tecnologici.

Detta qualificazione di
pertinenza è stata invece negata per gli aggetti non previsti nel progetto
approvato; balconi e sporti; baracche; autorimesse e box per auto di notevole
dimensione o adibiti a mostra e magazzino laboratorio artigianale; canne
fumarie; capannoni; celle frigorifere destinate ad attività commerciale;
depuratori e impianti di smaltimento; piazzale di servizio; portici e
porticati; serre, terrazze e verande.

[xxi] Si
qualifica pertanto senza opere il mutamento d’uso che sia connesso ad attività
edilizia libera ed in particolare a interventi di manutenzione ordinaria, (cioè
agli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e
sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o
mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti). Così già da tempo
la giurisprudenza qualifica senza opere i mutamenti che si siano
accompagnati non già a modifiche sostanziali dell’organismo edilizio
originario, ma agli ordinari lavori di manutenzione e adeguamento tecnologico
degli impianti e dei locali destinati a servizi; così come non rientrano nella
nozione del mutamento di destinazione d’uso il ripristino abusivo dell’uso
residenziale, per edifici in zona agricola aventi originaria funzione
abitativa, i quali nel passato, in conformità alle previsioni di piano, erano
stati destinati ad altrui usi funzionali alle esigenze della azienda agricola.

[xxii]
Ciò può avvenire evidentemente quando l’uso posto in essere non è espressamente
dichiarato ammissibile dal piano ovvero è espressamente escluso.

[xxiii]
Si riporta la definizione di superficie dettata dall’articolo 2, comma 1 del
Regolamento Edilizio Tipo, approvato con delibera della Giunta regionale n. 593
del 28 febbraio 1995, alle cui nozioni rinvia l’articolo 23, comma 3, della
L.R. n. 31 del 2002, ai fini dell’accertamento degli illeciti edilizi:

«A) Definizione di superficie

Per la funzione abitativa, le
superfici dei complessi edilizi sono classificate in Superficie Utile (Su) e Superficie Non Residenziale (Snr);

a.1)
Superficie utile abitabile (Su): è costituita dalla superficie di pavimento
degli alloggi e degli accessori interni misurata al netto dei muri perimetrali
e di quelli interni delle soglie di passaggio da un vano all’altro, degli
sguinci di porte e finestre e delle scale interne la cui superficie di
proiezione va calcolata una sola volta ed inserita nelle superfici non
residenziali (Snr).

a.2)
Superficie non residenziale (Snr): si intende la superficie netta risultante
dalla somma delle superfici non residenziali di pertinenza dell’alloggio quali
logge, balconi, cantinole e soffitte e di quelle di pertinenza(3)
dell’organismo abitativo quali androni di ingresso, porticati liberi (escluso
quelli di uso pubblico), volumi tecnici, rimesse o posti macchina coperti,
centrali termiche anche singole quando ubicate in locali non abitabili,
misurate al netto di murature, pilastri, tramezzi,s sguinci e vani di porte e
finestre. Sono esclusi dal calcolo e quindi non computabili
nella Snr i locali sottotetto aventi altezza virtuale (calcolata come rapporto
V/S) inferiore a m. 1,70.

a.3)
Superficie complessiva (Sc) è data da: Sc = Su + 60% Snr.»

[xxiv]
La disciplina cui fa riferimento l’articolo 37, comma 2, è quella sui requisiti
di natura igienico sanitaria per i locali di abitazione, fissati dal decreto
ministeriale 5 luglio 1975; disciplina la cui applicazione ai casi in esame
deriva comunque dal richiamo operato sempre dal comma 2, dell’articolo 36 alla
normativa sulla ristrutturazione (vedi successivo punto 5.5.2.3.).