Penale
La Corte Costituzionale, interpretando l’ art. 500 c.p.p., esclude l’ utilizzabilità a dibattimento delle dichiarazioni palesemente false o reticenti rese nel corso delle indagini preliminari
La Corte Costituzionale, interpretando lart. 500 c.p.p., esclude lutilizzabilità a dibattimento delle dichiarazioni palesemente false o reticenti rese nel corso delle indagini preliminari
ORDINANZA 24 Marzo 2005 – 6 Aprile 2005, n. 137
Giudizio di legittimita’ costituzionale in via incidentale. Processo penale – Prova – Dichiarazioni palesemente false o reticenti rese nel corso delle indagini preliminari – Acquisizione al fascicolo per il dibattimento – Mancata previsione – Denunciata lesione del principio della formazione della prova in contraddittorio, irragionevole differente trattamento rispetto alla ipotesi di intimidazione o subornazione del testimone – Manifesta infondatezza della questione. – Cod. proc. pen., art. 500, comma 4. – Costituzione, artt. 3 e 111, quinto comma. (GU n. 15 del 13-4-2005 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Fernanda CONTRI;
Giudici: Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale
MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE
SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO,
Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente
Ordinanza
nel giudizio di legittimita’ costituzionale dell’art. 500, comma 4,
del codice di procedura penale, promosso con ordinanza del 26 gennaio
2004 dal Tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di
D.P.V., iscritta al n. 515 del registro ordinanze 2004 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, 1ª serie speciale,
dell’anno 2004.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 26 gennaio 2005 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
Ritenuto che con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Milano
ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 111, quinto comma, della
Costituzione, questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 500,
comma 4, del codice di procedura penale, nella parte in cui non
prevede che possano essere acquisite al fascicolo per il dibattimento
le dichiarazioni rese dal testimone nel corso delle indagini
preliminari, contenute nel fascicolo del pubblico ministero, quando
il testimone medesimo, esaminato in dibattimento, abbia reso per sua
scelta dichiarazioni palesemente false o reticenti;
che il giudice a quo premette che, nel corso del dibattimento
di un processo penale nei confronti di persona imputata dei reati di
minaccia aggravata e di minaccia per costringere a commettere un
reato, la persona offesa – sentita due volte, dapprima come testimone
e poi come «testimone assistito» – aveva reso dichiarazioni
palesemente false e reticenti, non solo negando di aver subito
minacce, ma addirittura di conoscere l’autore delle stesse;
che il pubblico ministero aveva quindi richiesto la lettura
dei verbali delle plurime dichiarazioni rese dal medesimo soggetto
nel corso delle indagini preliminari, nelle quali era stata data
ampia descrizione delle minacce ricevute e delle relative modalita’;
che la lettura di tali dichiarazioni – pure di tutto rilievo
ai fini della ricostruzione dei fatti oggetto di giudizio – risultava
pero’ impedita dall’art. 500, comma 4, cod. proc. pen.: quest’ultimo,
infatti, consente l’acquisizione al fascicolo del dibattimento delle
dichiarazioni precedentemente rese dal testimone, solo quando vi
siano concreti elementi (nella specie mancanti) per ritenere che il
testimone stesso sia stato subornato, ovvero sottoposto a violenza o
minaccia affinche’ non deponga o deponga il falso; e non anche nel
caso in cui egli abbia reso in dibattimento dichiarazioni palesemente
false o reticenti per sua scelta;
che, ad avviso del rimettente, la norma impugnata
contrasterebbe, in parte qua, con gli artt. 3 e 111, quinto comma,
Cost;
che alla luce del nuovo testo dell’art. 111 Cost., difatti,
il principio del contraddittorio nella formazione della prova sarebbe
assurto nel novero dei principi fondanti il processo penale, ma non
in una accezione «massimalistica e totalizzante», come attesterebbero
le eccezioni al principio stesso enunciate dal quinto comma dello
stesso art. 111 Cost., tra le quali assume particolare rilievo quella
relativa all’ipotesi in cui il contraddittorio non possa aver luogo
per effetto di provata condotta illecita;
che, a fronte di tale previsione, l’ordinamento non potrebbe
in nessun caso consentire alla persona che rende la testimonianza di
interdire la formazione della prova in contraddittorio o di
determinarne l’inquinamento: il rischio della sanzione penale,
«spesso assai blanda», per la falsa testimonianza non costituirebbe,
difatti, un adeguato deterrente, potendosi comunque conseguire lo
scopo illecito;
che, d’altro canto, la tutela del contraddittorio in senso
soggettivo – inteso come diritto individuale dell’imputato al
confronto con l’accusatore, a garanzia del quale e’ prevista, nello
stesso art. 111 Cost., l’impossibilita’ di fondare il giudizio di
colpevolezza sulle «dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si
e’ sempre volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte
dell’imputato o del suo difensore» – si porrebbe in rapporto di
complementarita’ rispetto alla nozione di contraddittorio in senso
oggettivo, costituendone una specificazione: nel senso che,
allorquando viene rispettato il diritto soggettivo al contraddittorio
– perche’ il dichiarante non si sottrae all’interrogatorio
dell’imputato – l’effetto negativo di inutilizzabilita’, conseguente
all’interdizione del contraddittorio stesso, non dovrebbe prodursi;
che, nel caso specifico della testimonianza falsa o
reticente, mentre non potrebbe affermarsi che il testimone si sia
sottratto all’interrogatorio dell’imputato o del suo difensore,
sarebbe altresi’ indubbio che la scelta del teste di non adempiere al
dovere di deporre – rispondendo secondo verita’ – concreti una
condotta illecita;
che, proprio perche’ illecita, tale scelta non potrebbe
provocare l’inutilizzabilita’ delle dichiarazioni a contenuto
accusatorio dello stesso soggetto, acquisite senza l’apporto
dialettico dell’imputato, giacche’ la deroga alla formazione della
prova in contraddittorio prevista dal quinto comma dell’art. 111
Cost. riguarderebbe, logicamente, non solo e non tanto le condotte
illecite poste in essere da terzi sul dichiarante – rispetto alle
quali l’espressa previsione della norma costituzionale non sarebbe
stata neppure necessaria – ma anche e soprattutto le condotte
illecite realizzate dal dichiarante stesso;
che sarebbe pertanto irragionevole – e dunque contrastante
con l’art. 3 Cost. – un sistema che predispone le «tutele dovute» per
il caso in cui l’assunzione dialettica della prova sia interdetta o
inquinata dal fatto illecito del terzo ed omette, per contro, di
adottarle nel caso in cui l’interdizione o l’inquinamento siano
frutto di libera scelta del testimone: non essendovi, tra le due
ipotesi, alcuna apprezzabile differenza sotto il profilo considerato;
che, diversamente opinando, verrebbero paradossalmente
legittimati sul piano processuale gli effetti di un atto illecito,
provocando «la distruzione dell’essenza stessa della categoria della
testimonianza», dato che la prova diverrebbe disponibile anche da
parte del soggetto gravato dal dovere di verita’;
che nel giudizio di costituzionalita’ e’ intervenuto il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che la
questione sia dichiarata infondata.
Considerato che questa Corte, esaminando analoghe questioni, ha
gia’ avuto occasione di escludere che l’art. 500, comma 4, cod. proc.
pen. si ponga in contrasto con i parametri costituzionali evocati
dall’odierno giudice rimettente, nella parte in cui consente di
utilizzare in modo pieno le dichiarazioni precedentemente rese dal
testimone soltanto nei casi di subornazione, ovvero di violenza o
minaccia esercitate sul testimone stesso, e non anche quando la sua
deposizione appaia integrativa del reato di falsa testimonianza (cfr.
ordinanze n. 453 e n. 518 del 2002);
che, al riguardo, questa Corte ha infatti chiarito come –
contrariamente a quanto sostenuto dal giudice a quo – l’art. 111,
quinto comma, Cost., nel prefigurare una deroga al principio della
formazione della prova in contraddittorio «per effetto di provata
condotta illecita», abbia inteso riferirsi alle sole «condotte
illecite» poste in essere «sul» dichiarante (quali la violenza, la
minaccia o la subornazione), e non anche a quelle realizzate «dal»
dichiarante stesso in occasione dell’esame in contraddittorio (quale,
principalmente, la falsa testimonianza): e cio’ alla luce sia della
ratio del precetto costituzionale, che del suo necessario
coordinamento con la previsione del secondo periodo del quarto comma
del medesimo art. 111, che immediatamente lo precede;
che questa Corte ha rilevato, altresi’, come l’eterogeneita’
delle situazioni poste a confronto – intimidazione o subornazione che
coarta od orienta ab externo l’atteggiamento dibattimentale del
testimone, da un lato; libera scelta del teste di rendere
dichiarazioni non veritiere o di tacere in dibattimento, dall’altro –
renda palese l’insussistenza della dedotta violazione dell’art. 3
Cost;
che il giudice a quo non prospetta, nella sostanza, argomenti
ulteriori e diversi rispetto a quelli gia’ esaminati nelle precedenti
decisioni, peraltro affatto ignorate dall’ordinanza di rimessione;
che la questione deve essere dichiarata pertanto
manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di
legittimita’ costituzionale dell’art. 500, comma 4, del codice di
procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 111,
quinto comma, della Costituzione, dal Tribunale di Milano con
l’ordinanza indicata in epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 marzo 2005.
Il Presidente: Contri
Il redattore: Flick
Il cancelliere:Di Paola
Depositata in cancelleria il 6 aprile 2005.
Il direttore della cancelleria: Di Paola