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Monday 29 November 2021

Incostituzionale la norma che prevede la risoluzione automatica dell’incarico di direttore amministrativo nel caso di cessazione del direttore generale?

La questione di legittimità costituzionale della normativa regionale sul tema è stata sollevata dalla Corte di Cassazione, sezione lavoro, con ordinanza interlocutoria n. 28627, pubblicata il 18 ottobre 2021.

La vicenda vagliata dalla Corte di legittimità. La controversia portata all’attenzione della Suprema Corte trae origine dalla intervenuta decadenza del Direttore Generale di Azienda sanitaria della Regione Calabria, per disavanzo di gestione. Diretta conseguenza della decadenza del direttore generale fu la risoluzione di diritto dell’incarico di direttore amministrativo, ai sensi dell’art. 15, comma 5, della Legge Regionale Calabria n. 12/2005.
Il ricorso giudiziario proposto dal direttore amministrativo volto a censurare la risoluzione del rapporto di lavoro e ad ottenere il conseguenziale risarcimento dei danni veniva rigettato sia in primo che in secondo grado. Con conseguente ricorso in Cassazione da parte del direttore amministrativo.

La norma censurata: art. 15, comma 5, l.R. Calabria n. 11/2004. L’art. 15, comma 5, della Legge Regionale della Calabria n. 11 del 2004 prevede che «gli incarichi di direttore sanitario e di direttore amministrativo hanno natura esclusivamente fiduciaria e possono essere revocati anche prima della scadenza contrattuale; gli incarichi hanno comunque termine ed i relativi rapporti di lavoro sono risolti di diritto, nell’ipotesi di cessazione, per revoca, decadenza, dimissioni o qualsiasi altra causa, del direttore generale».
Norma che è stata oggetto nel passato, di valutazione da parte della Suprema Corte, che ebbe a pronunciare la decisione 3 dicembre 2009 n. 25422, ove si affermava che in tema di dirigenza amministrativa sanitaria, la clausola che preveda la risoluzione automatica del contratto di lavoro del direttore amministrativo della ASL, in caso di cessazione dalla carica del direttore generale che ha proceduto alla nomina, non contrasta con le norme imperative in materia di contratto di lavoro subordinato,  né con i principi generali di settore, i quali, in considerazione della peculiare natura fiduciaria della nomina del direttore amministrativo, prevedono la risoluzione di diritto del contratto del direttore amministrativo.
Tale pronuncia, riguardante nello specifico un provvedimento di revoca adottato da ASL calabrese, come nel caso qui esaminato, si allineava a quanto statuito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 233/2006. Il giudice delle leggi affermava che «la norma che sancisce, in concomitanza con la nomina dei Direttori generali delle aziende ospedaliere e di quelle sanitarie, la decadenza di tutte le nomine fiduciarie “e in particolare i direttori amministrativi e sanitari” delle stesse aziende, inclusi “i responsabili dei dipartimenti sanitari ed amministrativi ed i responsabili dei distretti sanitari territoriali”: a) non contrasta con gli artt. 97, 2, art. 41 e 117 comma 2 lett. l) cost., per quanto riguarda la decadenza dei direttori amministrativi e sanitari delle aziende, in quanto, sebbene non si tratti dell’operatività in senso tecnico del sistema delle “spoglie”, la previsione mira a garantire nel seno della struttura la consonanza di impostazione gestionale fra il direttore generale ed i direttori immediatamente sottostanti da lui nominati e perciò tende a realizzare proprio il buon andamento; b) viceversa pregiudica tale buon andamento e dunque il citato art. 97 cost. nella parte in cui dispone l’azzeramento automatico dell’intera dirigenza in carica (responsabili dei dipartimenti sanitari ed amministrativi e dei distretti sanitari territoriali) e, per questa parte è incostituzionale».

Il contrasto di orientamento della Corte Costituzionale. Ma la stessa Corte Costituzionale ha successivamente “corretto il tiro”, rivedendo il proprio convincimento, con le pronunce n. 224/2010 e n. 228/2011, ove venne dichiarata l’illegittimità costituzionale della norma decadenziale prevista dalla Legge Regione Lazio (art. 15, comma 6, l.R. n. 18/1994) e dalla Regione Abruzzo (art. 4, comma 1, l. R. n. 20/2006).
In particolare, la Consulta, con la pronuncia n. 228/2011, afferma che «è costituzionalmente illegittimo l’art. 4, comma 1, l. reg. Abruzzo 23 giugno 2006 n. 20. La norma censurata, stabilendo che il direttore amministrativo e il direttore sanitario delle aziende sanitarie abruzzesi cessano dall’incarico entro tre mesi dalla data di nomina del nuovo direttore generale, se non confermati entro tale periodo e che nessuna forma di compenso e di indennizzo è previsto nel caso di mancata conferma, determina una decadenza automatica e generalizzata, temporalmente collegata alla data di nomina del nuovo direttore generale, cui viene attribuito il potere di far cessare il rapporto di lavoro dei suddetti dirigenti, senza vincoli, né obblighi di motivazione, anche per figure dirigenziali non apicali per i quali non assume rilievo, in via esclusiva o prevalente, il criterio “della personale adesione del nominato agli orientamenti politici del titolare dell’organo che nomina”, che lede sia il principio di buon andamento dell’azione amministrativa, e il correlato principio di continuità dell’azione stessa, poiché consente l’interruzione del rapporto di ufficio in corso senza che siano riscontrabili ragioni oggettive “interne”, legate al comportamento del dirigente, idonee a recare un vulnus ai predetti principi; sia l’art. 98, comma 1, cost., in quanto l’obbligo da esso imposto ai pubblici impiegati di stare “al servizio esclusivo della Nazione”, comporta per i funzionari o i dirigenti non apicali “il rispetto del dovere di neutralità, che impone al funzionario, a prescindere dalle proprie personali convinzioni, la corretta e leale esecuzione delle direttive che provengono dall’organo politico, quale che sia il titolare pro tempore di quest’ultimo” e non richiede, invece, “la condivisione degli orientamenti politici della persona fisica che riveste la carica politica o la fedeltà personale nei suoi confronti».

Dunque, secondo i Giudici di legittimità, appare evidente la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 15, comma 5, della Legge Regionale della Calabria n. 11/2004, poiché l’automatica cessazione dell’incarico di direttore amministrativo e di direttore sanitario in caso di decadenza della figura di direttore generale determina una situazione lesiva dei principi di buon andamento e di continuità della pubblica amministrazione.
E, d’altro canto, ove venisse dichiarata l’illegittimità costituzionale della predetta norma regionale, verrebbe meno la legittimità della risoluzione dell’incarico dirigenziale con il ricorrente; e la sentenza impugnata dovrebbe necessariamente essere cassata.

Per tali motivi la Corte di Cassazione ha sospeso il giudizio e rimesso la questione alla Corte costituzionale.

Avv. Roberto Dulio