Penale

Monday 10 May 2004

Illecito commesso per conto di una società . Il Tribunale di Milano applica le misure interdittive introdotte dalla l. 231/01. Tribunale di Milano – Ufficio del Gip – ordinanza 27 aprile 2004

Illecito commesso per conto di una società. Il Tribunale di Milano applica le misure interdittive introdotte dalla l. 231/01

Tribunale di Milano – Ufficio del Gip – ordinanza 27 aprile 2004

Giudice Salvini

Premessa

Con il D.Lgs 231/01, in attuazione della delega conferita al Governo con l’articolo 11 della legge 300/00, è stata dettata la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per reati commessi da propri funzionari, prevedendo anche la possibilità che, nel corso del procedimento penale, all’ente possa essere applicata quale misura cautelare una delle sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2 del D.Lgs 231/01 tra le più gravi delle quali vi è il divieto di contrattare con la Pa.

Si ricordi che tale provvedimento legislativo trova la sua genesi primaria in Convenzioni internazionali e comunitarie che impongono di prevedere la responsabilità delle persone giuridiche, quali la Convenzione di Bruxelles siglata il 26 luglio 1995 e i suoi Protocolli siglati il 27 settembre 1996 e il 29 novembre 1996 e la Convenzione dell’Ocse sulla Lotta alla corruzione dei pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, siglata a Parigi il 17 dicembre 1997.

Tutte tali convenzioni, per quanto di riflesso del presente procedimento, sono state ratificate dall’Italia e dalla Germania e, pur nella diversità delle norme attuative, costituiscono dunque diritto positivo e fonte di obblighi per entrambi i Paesi.

Affinché sia possibile applicare una misura interdittiva, è necessario che sussistano i requisiti dettati dagli articoli 45 e ss. D.Lgs 231/01, nonché, secondo l’interpretazione prevalente, una delle condizioni previste dall’articolo 13 D.Lgs 231/01.

Di conseguenza si dovrà verificare la sussistenza in concreto di:

gravi indizi di responsabilità dell’ente (articolo 45 D.Lgs 231/01);

concreto pericolo che vengano commessi reati della stessa indole di quello per cui si procede (articolo 45 D.Lgs 231/01);

profitto di rilevante entità tratto dall’ente in conseguenza del delitto per il quale si procede oppure reiterazione di reati (articolo 13 D.Lgs 231/01);.

I gravi indizi in ordine alla responsabilità dell’ente per illecito amministrativo dipendente da reato

Perché a carico di Siemens AG possano dirsi sussistenti gravi indizi di responsabilità per l’illecito amministrativo dipendente dal reato per il quale sono indagati Viegner, Dietrich e Becker, si tratterà quindi di stabilire:

A) se Viegner, Dietrich e Becker appartengano ad una delle categorie soggettive individuate dall’articolo 5 D.Lgs 231/01, e non abbiano agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi;

B) se sussistano gravi indizi di colpevolezza a carico di Viegner, Dietrich e Becker per i reati loro ascritti, che devono appartenere al novero di quelli ritenuti dal legislatore astrattamente idonei a fondare la responsabilità amministrativa dell’ente di appartenenza ai sensi degli articoli 24-26 D.Lgs 231/01;

C) qualora Viegner, Dietrich, e Becker siano effettivamente qualificabili come persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di soggetti in posizione apicale (articolo 5, comma 1, lettera b) D.Lgs 231/01), la sussistenza delle condizioni richieste dall’articolo 7 D.Lgs 231/01.

Il primo requisito legittimante l’applicazione della misura interdittiva è l’appartenenza degli indagati ad una delle categorie di cui all’articolo 5 D.Lgs 231/01 quale criterio di imputazione soggettiva.

Ai fini dell’applicabilità del D.Lgs 231/01,Viegner, Becker e Dietrich rientrano, per qualifica e per ruolo, nella categoria delle persone sottoposte alla direzione e alla vigilanza di soggetti che, nell’ambito Siemens Ag, rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione e direzione dell’ente (articolo 5 lettera b) D.Lgs 231/01).

Sul punto si rinvia all’organigramma della Siemens Power Generation, prodotto da Zampini Giuseppe nel corso della deposizione in data 13 ottobre 2003 [all. m) al verbale] e si richiamano le convergenti dichiarazioni degli indagati Craparotta e Giuffrida (di seguito riportate), le quali trovano pieno riscontro nelle dichiarazioni di Zampini, che ha, a sua volta, indicato Dietrich e Becker quali interlocutori nella predisposizione dell’offerta di gara e nei rapporti nell’ambito dell’Ati Ansaldo-Siemens. Inoltre, precisi riscontri documentali si evincono dall’agenda di CRAPAROTTA e dai biglietti da visita sequestrati agli indagati e prodotti da Zampini.

Nel caso in esame, appare anche evidente la sussistenza dell’ulteriore condizione prescritta dall’articolo 5 D.Lgs 231/01 per fondare la responsabilità amministrativa dell’ente, e cioè che gli indagati non devono aver commesso il reato per cui si procede nell’interesse esclusivo proprio o di terzi.

Le condotte degli indagati dimostrano, infatti, che essi agirono nell’interesse prevalente, se non addirittura esclusivo, (non potendosi comunque escludere una ricompensa per i funzionari che hanno posto in essere con successo l’opera di corruzione) di SIEMENS AG. L’accordo corruttivo intercorso tra VIEGNER, BECKER, DIETRICH, Craparotta e Giuffrida, era finalizzato a garantire a SIEMENS AG – come poi è avvenuto – l’aggiudicazione di un contratto per la fornitura di turbine a gas del valore complessivo di euro 204.875.000, oltre alla futura attività di manutenzione (c.d. service) dei macchinari venduti a EP in forza di tale contratto. Si noti che, per la specificità e complessità degli interventi di manutenzione, gli stessi non possono che essere eseguiti dal fornitore originario; e cioè, nel caso di specie, da SIEMENS AG o dalla licenziataria ANSALDO.

Non vi è allo stato delle indagini alcun elemento per ritenere che la finalità dell’accordo corruttivo stipulato dagli indagati fosse diversa da quella di procurare illecitamente un consistente vantaggio a SIEMENS; in tal senso, sono del resto esplicite le dichiarazioni rese a più riprese da GIUFFRIDA e CRAPAROTTA e riportate più avanti.

Ad ulteriore conferma del fatto che VIEGNER BECKER e DIETRICH abbiano agito nell’interesse e a vantaggio di SIEMENS AG, va sottolineato che il pagamento delle tangenti sopra elencate è avvenuto utilizzando conti correnti riservati sicuramente riferibili a SIEMENS, e non certo ai singoli indagati. Tale conclusione è determinata non solo dall’ingente ammontare delle risorse erogate a titolo di tangenti (difficilmente riconducibili alla disponibilità personali di singoli funzionari o consulenti), ma anche dal tenore delle dichiarazioni di Giuffrida e Craparotta. Si legga – ad esempio – il verbale di interrogatorio di CRAPAROTTA del 10 luglio 2003 e, soprattutto, quello di GIUFFRIDA del 15.7.03 di seguito riportati.

Deve altresì ricordarsi che la Procura della Repubblica è in attesa degli esiti delle commissioni rogatorie indirizzate all’autorità giudiziaria del Liechtenstein relative al conto acceso presso la LIECHTENSTEINISCHE LANDESBANK AKTIENGESELLSCHAFT di Vaduz (Liechtenstein) da cui sono partite parte delle ingenti somme che avevano l’importo complessivo di circa sei milioni di Euro destinate, dopo essere passate sul conto MEEISCO messo a disposizione da Hussein Al Nowais, ad essere trasferite sui conti di Montecarlo e Lugano nella disponibilità dei dirigenti dell’Enel beneficiari dell’accordo corruttivo.

Ma, anche a prescindere da quelli che saranno gli esiti della rogatoria pendente, considerazioni di ordine logico, basate sul criterio dell’id quod plerumque accidit, rendono del tutto inverosimile la tesi – peraltro non supportato da alcun elemento – secondo cui soggetti subalterni della SIEMENS AG abbiano utilizzato conti e soprattutto denaro proprio, in quantità enorme, a vantaggio della società nella quale operavano: è infatti difficile pensare che i funzionari della società tedesca abbiamo voluto divenire benefattori del loro datore di lavoro.

Il secondo requisito legittimante l’applicabilità della misura interdittiva alla società è la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza nei confronti dei funzionari o di coloro comunque che operavano a nome della società

In proposito VIEGNER, BECKER e DIETRICH sono gravemente indiziati di aver commesso il reato di corruzione di seguito descritto. Sono indagati cioè per :

«il delitto p.p. dagli articoli 110, 81 s.c., 321, 319, 319bis Cp, perché, in concorso tra loro e con altri allo stato non identificati, in esecuzione di un unico disegno criminoso,

– il primo quale consulente della SIEMENS AG;

– il secondo quale direttore commerciale della SIEMENS AG;

– il terzo quale dirigente e, successivamente, quale direttore esecutivo della SIEMENS;

per favorire la SIEMENS AG, che operava in ATI con Ansaldo Energia S.p.A. ed Ansaldo Caldaie S.p.A., nell’aggiudicazione di una serie di forniture di turbine a gas per il programma di riconversione delle centrali di ENEL Produzione [EP], a seguito di gare indette da ENELPOWER [EPW] su commissione di EP, concordavano con CRAPAROTTA Antonino, amministratore delegato di EP e con Giuffrida Luigi, amministratore delegato di EPW, le illecite erogazioni, che, provenienti da conti accesi presso la LIECHTENSTEINISCHE LANDESBANK AKTIENGESELLSCHAFT di Vaduz (Liechtenstein) e la EMIRATES BANK INTERNATIONAL – Jumeirah Branch a Subsidiary of a British Virgin Island Company – comunque riferibili a SIEMENS -, pervenivano su conti riservati degli stessi CRAPAROTTA e GIUFFRIDA, dopo essere transitate, nei tempi e nei modi specificati nelle sopra riportate tabelle, sui conti della Società estera Middle East Energy & Industrial Service (MEEISCO) LLC (società riconducibile ad AL NOWAIS Hussein).

Con l’aggravante di aver commesso il fatto nella stipulazione di contratti di fornitura.

A Milano sino al maggio 2002».

È sufficiente in questa sede rilevare che l’articolo 25 D.Lgs 231/01 prevede la responsabilità amministrativa dell’ente di appartenenza qualora i soggetti di cui all’articolo 5 abbiano commesso (tra gli altri) delitti di corruzione, e che nelle ipotesi di cui agli articoli 319, 319bis, 321 Cp – contestate agli indagati – può anche essere applicata una delle misura cautelari interdittive di cui all’articolo 9 D.Lgs 231/01.

Gli indizi di colpevolezza a carico degli indagati sono desumibili dalla attività investigativa svolta nell’ambito del procedimento penale che, sviluppatosi a partire dall’inizio del 2003 ha già portato all’arresto o all’incriminazione e quindi alle successive dimissioni di tutto quello che in passato era stato lo staff dirigenziale di ENELPOWER e di ENEL PRODUZIONE.

Infatti a seguito di un ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa da questo Ufficio in data 5 giugno 2003 e confermata dal Tribunale del Riesame in data 23 giungo 2003, erano stati tratti in arresto Giuffrida Luigi, all’epoca dei fatti amministratore delegato di EPW e Caressa Gabriele, Vice President addetto ad incarichi speciali dell’EPW.

Titoli della custodia cautelare erano sia il reato associativo di cui all’articolo 416 Cp che il reato di corruzione come di seguito si riporta:

B) «del delitto p.p. dagli articoli 110, 112 nr 1 e 2, 319, 319bis Cp perché, in concorso tra loro, e con altri, agendo quali promotori ed organizzatori in numero superiore a cinque persone, nella loro qualità di Pu derivante dall’essere rispettivamente A.D. e Vice President di EPW, impresa pubblica in quanto controllata al 100% dall’Enel , sottoposta al dlgs 17 marzo 1995 e succ. mod., avente ad oggetto principale la progettazione e costruzione di centrali idroelettriche sul territorio nazionale , per compiere atti contrari ai doveri di ufficio ed, in particolare, per favorire l’assegnazione delle forniture o la scelta di contraenti , ricevevano le seguenti somme di denaro:

dal Contini , al fine di stipulare diversi contratti con società SERMIDE, MIRAVADA e CENTAR PROMET, e dopo aver concordato con lo stesso la retrocessione di una percentuale variabile dal 50% al 100% delle somme erogate da EPW in forza dei predetti contratti, una somma in corso di quantificazione , superiore a $ 1.000.000 , consegnata :

quanto a circa Lit. 400.000.000 in contanti a mani del Caressa a Milano, dopo averla riciclata e monetizzata attraverso i seguenti conti bancari :

Banca Migros – Lugano conto corrente n. 864.132.4.04 cp di Contini Gianluigi

Banca Arner , Lugano, p.za Manzoni n.8 , nr 4376 di Contini Gianluigi

Banca Arner , Lugano, p.za Manzoni n.8 , nr 4377 , denominato Domenico I

– quanto al resto, bonificandola sui seguenti conti bancari indicatigli dal Caressa :

Credit Suisse – Chiasso – ag. P.za Indipendenza, conto nr 6645024 , all’attenzione Mr. Fiore Fiorello – rif. Orografia

Union Bank of Switzerland, Chiasso, conto nr. 326740.601 intestato ad Atzori Vito

2. dall’Al Nowais , mediante la stipula di diversi contratti di sponsorship con la società Emirates Holding, la complessiva somma di $ 5.359.345 , concordando con lo stesso la retrocessione delle seguenti percentuali in relazione ai seguenti contratti :

Commessa Jebel Ali : Fee 2% ; percentuale di retrocessione 0,9%

Commessa Oman : Fee 3% di cui 2,5% a Winmoss e 0,5% retrocesso

Commessa Barka : Fee 2,5% ; percentuale di retrocessione 0,5%

Sui seguenti conti correnti bancari :

Credit Suisse – Chiasso – ag. P.za Indipendenza, conto nr 6645024 , all’attenzione Mr. Fiore Fiorello – rif. Orografia

Credit Agricole Indosuez s.a., 4 quai General Guisan, Ginevra, nr. 1047434

Union Bank of Switzerland, Lugano, nr. 660982 all’attenzione Mr. Compagno

HSBC Republic Bank, Montecarlo, 17 avenue Ostende, MC 98000, PO box 355, 98006, nr. 679661 – USD, riferimento Belle Epoque

3. sempre dall’Al Nowais , per favorire la società Alstom nella fornitura di materiale del valore di Lit. 115.638.103.669 per la commessa “Sulcis power plant Sezione seconda”, altresì indicando il prezzo della stessa, concordando con lo stesso una percentuale pari all’80% del 2% che l’ Altompower si era impegnata a versare alla società Meeisco a titolo di commissione in forza di contratto stipulato in data 14.12.2000 , ricevevano i seguenti versamenti (relativi alla prima tranche di pagamenti) :

03.01.02

  € 200.000

  UBS Lugano nr.660982

02.05.02

  € 236.740

  “

4. nonché ricevevano le seguenti ulteriori somme da fornitori allo stato non identificati per compiere atti contrari ai doveri di ufficio con riferimento alle forniture delle commesse (somme riciclate attraverso i conti bancari della società MEEISCO del’Al Nowais) :

Data operazione            importo

15.07.00

  E 2.650.022

14.08.01

  E 242.000

  09.09.01

  E 484.000

19.09.01

  E 500.000

15.10.01

  E 455.000

24.10.01

  E 623.000

21.11.01

  E 417.000

29.11.01

  E 278.000

15.01.02

  E 472.000

  Tot E 6.121.022

  5. ed infine si accordavano con gli esponenti dell’EMI Group, per affidare loro il settore dell’outsourcing e la gestione degli acquisti nonché utilizzare le strutture estere del predetto gruppo, ed altresì per permettere loro di sovrafatturare le relative prestazioni, sino al 50% delle stesse, in cambio della messa a disposizione delle strutture del precitato gruppo per gestire più liberamente il settore degli acquisti all’esterno dell’organizzazione dell’EPW.

Con l’agg.te di aver commesso il fatto nella stipulazione di contratti di fornitura.

A Milano sino al maggio 2002».

Le linee essenziali della prima parte dell’indagine, che ha dato origine ai provvedimenti restrittivi del 5/6/2003, meritano, per miglior comprensione, di essere sintetizzate in questa sede.

Agli indagati Giuffrida e Caressa erano stati contestati numerosi episodi di corruzione posti in essere in un breve periodo di tempo per somme ingentissime sfruttando i loro incarichi all’interno della società ed in particolare il ruolo da essi ricoperto nella stipula di contratti relativi a commesse estere in alcuni Paesi dell’area medio-orientale.

Tali contratti riguardavano la costruzione da parte di Enelpower ad Abu Dhabi, nell’Oman e nel Qatar di grandi impianti elettrici e di dissalazione e i due imputati erano riusciti a far retrocedere su conti di cui avevano la disponibilità in Svizzera e a Montecarlo oltre 5 milioni di euro e cioè una parte delle somme che l’Enelpower aveva erogato a titolo di agency fee alla Emirates Holding di Hussein Al Nowais, società che aveva svolto il ruolo di sponsorship nell’aggiudicazione delle gare.

Era inoltre emerso un altro importante episodio di corruzione, riguardante invece un appalto dell’Enelpower da aggiudicarsi in Italia, per il cui perfezionamento in forma di triangolazione, era ancora intervenuta la Emirates Holding.

La società di Al Nowais infatti aveva stipulato un contratto di sponsorship con la Alstompower, già sua cliente nei Paesi del Golfo ed interessata a fare affari e ottenere appalti anche in Italia e, grazie ai contatti tra Giuffrida e Al Nowais la Alstompower si era così aggiudicata una importante commessa della Enelpower in Sardegna nel Sulcis.

Una parte della somma versata dalla Alstompower a titolo di fee sul conto “Meeisco” della Emirates Holding, a seguito di precisi accordi con Giuffrida, era stata quindi girata un conto dell’UBS di Lugano acceso dallo stesso Giuffrida che aveva così introitato altri 436.740 euro quale compenso per l’aggiudicazione della gara ad Alstompower.

Peraltro il conto “Meeisco” non era servito solo per portare a termine tale operazione ma era già stato utilizzato in precedenza quale sponda per una serie di operazioni di riciclaggio di denaro proveniente certamente da tangenti su forniture, facendo passare da conti di “debitori” di Giuffrida le somme appunto sul conto “Meeisco” e girandole poi sui conti di Giuffrida a Lugano e a Montecarlo.

Il prospetto prodotto dal direttore finanziario di Al Nowais, Walid Chalida (riportato anche nella richiesta di misura interdittiva), aveva evidenziato, già nella prima fase delle indagini, che l’importo complessivo delle somme inviate a Montecarlo e a Lugano era di ben 6.559.345 euro il che sta a significare che, detratta la somma relativa all’operazione Alstompower, circa 6 milioni di euro erano giunti a Giuffrida per operazioni analoghe in cui peraltro Al Nowais non aveva nemmeno svolto il ruolo formale di mediatore ma di semplice transito di denaro in quanto non aveva avuto alcuna parte nelle trattative per le aggiudicazioni.

Solo a seguito dell’interrogatorio di Hussein AL NOWAIS, in data 1° aprile 2003, è stato possibile cominciare a comprendere l’origine e il reale connotato di illiceità delle operazioni che avevano visto MEEISCO interporsi, su richiesta di Giuffrida, tra conti di partenza e di arrivo tutti riservati.

Al Nowais Hussein ha infatti dichiarato:

«Nel mese di luglio dell’anno 2000 io ero a Londra … Fui contattato telefonicamente da Giuffrida, il quale chiedeva di incontrarmi. … Ci incontrammo presso l’Hilton che è non lontano dall’aeroporto di Heatrhow. In quella occasione Giuffrida mi consegnò un bigliettino – che purtroppo io non ho conservato – nel quale erano dattiloscritti nr. 2 conti correnti bancari con i rispettivi riferimenti: si tratta del conto di Lugano e del conto di Montecarlo, già di vostra conoscenza. In quella occasione, mi chiese la disponibilità di un conto corrente intestato ad una mia società negli Uae su cui far transitare del denaro di cui non mi specificava la provenienza, ma che avrebbe dovuto essere ritrasferito il 50% sul conto di Montecarlo ed il 50% sul conto di Lugano. … Effettivamente non si trattò di una transazione unica; o meglio transitarono sul conto della mia società più somme poi ritrasferite sui conti di cui ho detto. Tutte le operazioni erano in qualche modo riconducibili al medesimo “favore” che il Giuffrida mi aveva richiesto a Londra, ma mi rendo conto che vi sono operazioni che hanno luogo anche ad un anno di distanza da quell’incontro del luglio del 2000 (durarono fino all’aprile del 2002). … Sono riuscito ad ottenere le seguenti informazioni in merito al conto corrente da cui provenivano i flussi di denaro: c/c nr. 0079-362755-010 – acceso presso la Emirates Bank International, Jumeirah Branch a Subsidiary of a British Virgin Island Company – intestato alla società:

TCS Technical Consulting & Services Ltd.

Executive Office: SAIF – Shrjah Airport

International free zone U.A.E.

Mailing Addrtess: P.O. Box 33527

Dubai, U.A.E. (cfr. Allegato nr. 1)».

Sulla base di tali informazioni acquisite, del coinvolgimento nella vicenda di GIUFFRIDA e, soprattutto delle precise indicazioni dei conti riservati sui quali perveniva il denaro intermediato da AL NOWAIS, la Procura della Repubblica avviava richieste rogatoriali alle Autorità monegasca ed elvetica.

Grazie alla documentazione proveniente dal Principato di Monaco si aveva quindi la certezza del coinvolgimento nella vicenda anche di CRAPAROTTA Antonino, (amministratore delegato di Enel Produzione), il quale risultava essere beneficiario del conto ZAGHY 12 acceso presso l’UBSC di Montecarlo, conto di destinazione di parte del denaro transitato sui conti MEEISCO.

CRAPAROTTA Antonino il 10 luglio 2003 si presentava spontaneamente mostrando intenzione di voler collaborare con l’Autorità Giudiziaria ed ammettere le proprie responsabilità, rivelando l’identità del misterioso erogatore e cioè la società SIEMENS AG interessata ad aggiudicarsi l’appalto relativo alla fornitura di turbine a gas per la riconversione delle centrali di Enel Produzione site in varie località italiane.

Craparotta dichiarava infatti ai Pm:

«Devo premettere che verso la fine del 1999 l’Enel aveva deciso di avviare un programma di riconversione dei cicli combinati per un investimento complessivo di circa 1.200 milioni di Euro. La riconversione dei cicli combinati prevedeva l’acquisto e l’installazione di turbine a gas nelle centrali di Casella, Porto Corsini, Pietrafitta, Priolo e Termini Imerese. Ovviamente questo era il programma di massima che ha subito nel tempo dei cambiamenti.

La prima centrale per la quale venne bandita una gara fu quella di Casella.

…Cominciai ad avere dei rapporti con l’ex responsabile area della Siemens, sig. Horst VIEGNER, il quale, verso la fine del 1999 mi venne a trovare a Roma per informarsi sulle nostre intenzioni e programmi di gara. Devo precisare che il Viegner era una persona che io conoscevo da circa 20 anni con il quale avevo un ottimo rapporto dapprima professionale e poi anche di amicizia. Aggiungo che seppur non più dirigente della Siemens continuava in una attività di consulenza per la Siemens.

Il suo interesse era relativo ad una gara che prevedeva una fornitura di tre macchine. Nel corso della fase finale di aggiudicazione della fornitura ebbi anche degli incontri con il sig. Wolfang BECKER ed anche il direttore generale dell’Ansaldo, sig. Zampini, interessato alla gara in quanto collegato alla Siemens per discussioni contrattuali e tecniche come sempre avvenivano in questi casi. Devo precisare che la fornitura in questione prevedeva altresì un’opzione per altre tre macchine.

A latere venne organizzata, nei primi mesi del 2000, una cena a Milano in un ristorante scelto dal Giuffrida alla quale parteciparono oltre a me ed al Giuffrida i sigg. Becker e Viegner. Non ricordo se era già avvenuta l’aggiudicazione della gara ma mi sembra di ricordare che ci trovassimo nella fase di formalizzazione della stessa. Sta di fatto che nel corso della cena, poiché era evidente l’esito favorevole alla Siemens della gara, i due tedeschi si dichiararono disponibili ad elargire una somma di Euro 2.600.000 ovviamente per il buon esito della gara e nella speranza di condizionare le nostre scelte anche per le gare successive. Infatti Enelpower aveva varato anche un’altra gara per l’ulteriore fornitura di 15/16 turbogas relative sia al completamento delle ulteriori centrali Enel sia per l’adeguamento delle centrali in via di dismissione (Genco).

La decisione dell’Enel (Tatò, Craparotta, Giuffrida, Cannatelli) fu quella di assegnare per le centrali di Enel Produzione la fornitura alla Siemens (numero 5 turbogas), e per le Genco la fornitura alla General Electric di circa 11 macchine.

Devo precisare che vi furono altre cene riservate nel corso delle quali si discusse delle tecniche dei pagamenti illeciti. Io rappresentai di avere un conto a Montecarlo ma i tedeschi, specificarono che non era opportuno far arrivare direttamente i loro soldi sul mio conto personale. Fu Giuffrida a dire che aveva un amico che poteva intermediare l’operazione e così venne da lui organizzata la triangolazione attraverso la società Meeisco di Al Nowaiss, persona che io non conosco e della cui esistenza ho appreso recentemente dai giornali. Fornii il mio numero di conto al Giuffrida e ricevetti le somme che l’ufficio ha accertato essere pervenute sul mio conto.

Preciso che ci furono altri incontri successivamente al primo che ho descritto, al momento dell’aggiudicazione delle ulteriori 5 macchine, nel corso dei quali sempre il Becker ed il Viegner si impegnarono ad elargire le ulteriori somme di 3.400.000 euro che poi abbiamo effettivamente percepito (io e Giuffrida). In buona sostanza i circa 3 milioni di Euro che io ho ricevuto sono tutti pervenuti dalla società Siemens A.G. di Offenbach in relazione alle forniture di macchine turbogas.

Il conto “ZAGHY 12” è a me riferibile (…) è stato solo formalmente aperto da mia moglie..

Qualche giorno dopo anche GIUFFRIDA, nell’interrogatorio del 15.7.2003, ammetteva di essere stato corrotto da SIEMENS AG per le forniture di turbogas di cui al capo di incolpazione:

«Quanto alla somma di denaro ricevuta dalla SIEMENS (…) HORST Viegner e Becker si sono fatti promotori dell’elargizione di un premio a CAPRAROTTA e me in relazione alla vendita di alcune macchine. Ricordo che si trattava della commessa di Caselle o la Casella, stiamo parlando di una centrale, le macchine che si acquistavano da SIEMENS erano nel numero di 4 forse con l’opzione di altre due. (…) era Craparotta a conoscere personalmente i tedeschi ed in particolare Viegner. Ci incontrammo in un ristorante di Milano da me prenotato, eravamo solo noi quattro. Devo aggiungere che Craparotta già prima di sederci a tavola, forse qualche giorno prima, mi aveva anticipato che SIEMENS voleva farci l’elargizione di cui stiamo parlando.

Domanda: era a conoscenza del fatto che per questa più ampia operazione erano in preventivo circa 1200 miliardi di vecchie lire?

Risposta: si, ne ero al corrente anche se non era mia la competenza a decidere. Voglio anzi esser più preciso e spiegare come tutta l’operazione era congeniata. Enel produzione avrebbe dovuto “ripowerizzare” 5 centrali mentre le Genco (ne erano state create tre) dovevano “ripowerizzare” complessivamente dieci centrali. Al vertice di Enel Produzioni vi era Craparotta, al vertice delle tre Gencos vi era Cannatelli (…). Una volta approvate le operazioni di investimento e la tempistica, Epw veniva autorizzata ad emettere le gare relative e a dar corso agli appalti. Per la “ripowerizzazione” furono in effetti acquistate 5 macchine da Siemens e 10 da General Electric. La decisione di acquistare queste macchine con questa configurazione (5 più 10) era già stata presa a monte prima che Epw facesse concretamente le gare. Era in particolare avvenuto questo: Craparotta per la sua parte e Cannatelli per quella di sua competenza avevano deciso attraverso i consigli delle loro società e sulla base di attenti studi da parte di commissioni specifiche che la filiera di Enel Produzione sarebbe stata Siemens la filiera delle Gencos sarebbe stata General Electric. questa decisione era evidentemente nota a chi l’aveva presa ma non al pubblico e proprio per questo poteva giustificarsi ancora l’opportunità di una gara. Tanto è vero che la gara che poi EPW ha svolto è stata una gara per tutte e 15 complessivamente le macchine.

(…) Cannatelli e Caprarotta sono arrivati con i loro rispettivi studi (durati per circa 6 mesi) perché la decisione fosse definitivamente sancita. In effetti fu sancita nel corso di una riunione – che non era un c.d.a né alcuna riunione formale – alla presenza mia e di Tatò.

Furono i tedeschi a dirmi che una parte di queste risorse le avevano in Dubai o che comunque preferivano farle transitare dal Dubai; e furono sempre i tedeschi a chiedere che venisse inserito nel flusso finanziario uno “schermo” perché erano preoccupati nel senso che non volevano che da conti a loro riferibili venissero effettuati dei bonifici sui conti nostri riservati. Decisi di rivolgermi ad Al Nowais per verificare se fosse disponibile ad essere utilizzato come “schermo”. Mi incontrai con Al Nowais non mi ricordo dove. Prendo atto che L’Al Nowais dice che l’incontro è avvenuto a Londra e lo ritengo probabile».

GIUFFRIDA e CRAPAROTTA in successivi interrogatori hanno anche fornito ulteriori precisazioni e meglio circostanziato le responsabilità dei singoli “corruttori” :

– Interrogatorio CRAPAROTTA del 22 luglio 2003:

«Aggiungo che per quanto riguarda i rapporti con il Gruppo Siemens ho conosciuto anche Jean Michael Dietrich (Executive Director della SIEMENS di Offenbach) e Klaus Vogs (Presidente e C.E.O. della SIEMENS POWER GENERATION di Erlagen). Preciso che quest’ultimo l’ho incontrato una sola volta nel corso di una cena ufficiale a Milano, mentre ho avuto diversi rapporti con il Dietrich, sia da solo che accompagnato da Becker. Per quanto riguarda le ragioni per le quali ricevetti del denaro dagli uomini della Siemens, ribadisco che l’operazione fu enormemente facilitata ed anzi direi determinata dal legame di amicizia che vi era tra me e Viegner. Siemens aveva un interesse decisivo per entrare in rapporto con ENEL e con il mercato italiano, nel campo Turbogas – entrata che avrebbe altresì promosso come un volano l’ulteriore fase successiva alla vendita e relativa alla attività di service. Peraltro la scelta di ENEL era di grande importanza sia sotto il profilo finanziario sia sotto il profilo industriale. Questi due fattori (la mia amicizia con Viegner/Becker e l’interesse di Siemens) determinarono i presupposti di un accordo sostanziale, per il quale, a fronte di una attività idonea a determinare un risultato favorevole per l’assegnazione a Siemens di un certo numero di turbogas (attività che evidentemente avrei posto in essere io assieme a Giuffrida), gli uomini di Siemens (Viegner e Becker) avrebbero provveduto a far pervenire a me e Giuffrida la somma che ho già indicato. Per quanto riguarda il ruolo di Dietrich e la vicenda del pagamento del denaro, desidero precisare che in sua presenza ufficialmente di denaro non si parlò mai, ma che non posso certamente escludere, ed anzi ritengo possibile, che lo stesso fosse al corrente della cosa. Per quanto riguarda Vogs, non ho alcun elemento per poter affermare che fosse al corrente dell’accordo stesso. Circa le modalità attraverso le quali si sarebbe realizzato l’accordo sostanziale, desidero precisare che tra me e Giuffrida vi era una diversa collocazione operativa, in base alla quale lui definiva nel dettaglio, raccordandosi con gli uomini Siemens, gli elementi utili per un positivo esito dell’assegnazione, mentre io mi incaricavo di curare in via generale che l’aggiudicazione finale non venisse compromessa.

Quanto ai tempi delle decisioni correlate alle erogazione degli illeciti versamenti della Siemens, preciso quanto segue.

La prima fornitura aggiudicata alla Siemens concerneva nr. 7 turbogas (di cui ai contratti rispettivamente del 18 febbraio 2000, del 31 marzo 2000 e del 5 maggio 2000) per un totale di euro 130.920.481,13. Per queste aggiudicazioni venne erogato il primo pagamento di 2.650.022 euro che, pertanto, si avvicina al 2% [del totale]. L’annotazione del 14 giugno 2000 sulla mia agenda elettronica “ore 18.00 Gara per turbine – saletta A.D. 6° piano Via Regina Margherita 137” si riferisce ad una riunione – nella quale erano presenti oltre al sottoscritto Tatò, Canatelli e Giuffrida – riunione che servì per stabilire le modalità del bando delle future gare di assegnazione di forniture di turbogas, sia per le centrali di ENEL PRODUZIONE, sia per le gencos.

La riunione dell’11 gennaio 2001 probabilmente è stata una riunione collegata all’organizzazione delle procedure per la gara multimpianto. Ricordo, peraltro, che venne tenuta, prima della definitiva aggiudicazione, una riunione con Canatelli, Tatò e Giuffrida, nel corso della quale si decise di assegnare la filiera ENEL PRODUZIONE alla Siemens e la filiera Gencos alla General Electric. I successivi versamenti ricevuti dalla Siemens si riferiscono alla gara multimpianto dell’importo complessivo di 205.287.800 euro e, dunque, sono pari a circa l’1,5%. Preciso che la fornitura alle gencos venne trattata da Giuffrida e Canatelli con la General Electric.

(…) Nulla so del ruolo dell’ANSALDO nella vicenda, avendo io trattato direttamente solo con i tedeschi. Nulla so se eventuali rapporti illeciti siano intercorsi anche con la General Electric. Preciso che la gara multimpianto era unitaria sia per le centrali gencos che per quelle ENEL PRODUZIONE. La richiesta era di 18 macchine turbogas. Vi era anche un concorrente giapponese, mi pare la MITSUBISHI.

Non posso ritenere che vi fosse una sorta di cartello tra General Electric e Siemens finalizzato a tenere alti i prezzi di vendita delle macchine. Affermo questo soprattutto per la ragione che trattasi di società di due diversi continenti che operano a livello globale.

Voglio aggiungere che a seguito della operazione che l’ATI ANSALDO-SIEMENS ha posto in essere con noi di ENEL, l’ANSALDO, quale licenziataria di SIEMENS, ha venduto ad ENIPOWER otto macchine (credo questo sia il numero), identiche a quelle da noi acquistate dall’ATI. Ho voluto aggiungere questo particolare perché il prezzo pagato da ENIPOWER è in linea con quello pagato da ENEL, salvi gli aumenti intervenuti in quel periodo; quindi sono portato ad escludere anche per questa via che vi fossero accordi tra SIEMENS e GENERAL ELECTRIC per tenera alti i prezzi».

– Interrogatorio GIUFFRIDA del 24 luglio 2003:

«Confermo le mie precedenti dichiarazioni ed aggiungo che per favorire l’assegnazione delle varie commesse alla Siemens abbiamo svolto, Craparotta ed io , un grosso lavoro tecnico per adattare la gara alle esigenze produttive della Siemens nel contempo fornendo alla società tedesca tutte le informazioni utili per predisporre le offerte per le varie gare. Questo lavoro sotterraneo l’ho svolto principalmente io in collegamento con Jean Michel Dietrich , persona all’epoca subordinata al Becker. In altri termini, fornivo al Dietrich tutte le informazioni utili perché aggiustasse l’offerta e nel contempo mi facevo dare da lui le indicazioni che servivano alla Siemens per allineare l’offerta della gara.

Il Dietrich sapeva che io ero l’interlocutore della SIEMENS per permettere alla stessa di ottenere l’aggiudicazione della gara , attraverso le notizie che gli passavo.

In altri termini era perfettamente a conoscenza del mio ruolo di “amico” in quanto avevo unitamente a Craparotta stipulato un accordo illecito con il suo capo Becker.

Con ciò non voglio dire che il Dietrich sapesse della tangente concordata perché non ho mai parlato con lui di questo aspetto. Per quanto riguarda i tempi di erogazione delle varie tranche di pagamento illecito effettuato dalla SIEMENS posso dire che il primo pagamento di 2.600.000 euro circa si riferiva alle prime sette macchine turbogas. Peraltro non credo che sia stata calcolata una percentuale sulla fornitura ma ho percepito che avevano la disponibilità di questa somma e che tale somma esauriva le disponibilità del conto che intendevano chiudere.

Domanda: A cosa deve questa percezione?

Risposta: era stato Host Viegner che mi aveva detto che dovevano chiudere il conto che avevano in Europa e che dunque avevano una disponibilità da consegnarci.

Successivamente sempre l’Host mi disse che avevano delle disponibilità in Dubai che potevano utilizzare per pagare la seconda tranche della tangente.

Furono i tedeschi a voler mettere un intermediario.

Ribadisco che le tangenti concordate con i dirigenti della SIEMENS erano strettamente connesse alle due forniture multimpianto. Per quanto concerne la circostanza che secondo i calcoli effettuati dall’ENEL il prezzo delle turbogas tra la prima e la seconda gara è lievitato del circa il 51 % è giustificato dall’andamento del mercato.

Per quanto riguarda la circostanza che a differenza di quanto avvenuto nel rapporto GENCOS-GE le macchine sono state acquistate senza un collaterale contratto sul c.d. SERVICE, preciso che questa fu una decisione unilaterale di Craparotta che probabilmente aveva avuto i suoi motivi , penso di origine sindacale ed occupazionale, per prendere questa decisione. Infatti ritengo che pensasse di realizzare la manutenzione con personale interno dell’ENEL.

Domanda: quando venne presa la decisione sulla divisione simmetrica delle filiere?

Risposta: la decisione venne presa nel corso di una riunione tenutasi nell’ufficio di Tatò al quale era presente oltre il sottoscritto, Cannatelli, Craparotta e Tatò.

Domanda: ci si pose il problema che assegnando la filiera EP a SIEMENS si impegnava il gruppo ENEL per circa 20 anni ad un unico fornitore, addirittura senza prevedere di vincolare i costi di manutenzione?

Risposta: nessun ha avuto da ridire su tale decisione. Effettivamente per quanto riguarda le GENCOS la scelta di Cannatelli fu quella di concordare unitamente forniture e service. Confermo di aver partecipato alla trattativa con General Electric».

– Interrogatorio CRAPAROTTA del 1°.8.2003:

«In ordine ai rapporti intercorsi con i dirigenti della SIEMENS, ribadisco che i miei interlocutori per quanto concerne le due grosse forniture acquisite da EPW sono stati:

VIEGNER, consulente della SIEMENS ed ex dipendente, mio amico da lunga data;

BECKER, che era uno dei Direttori Commerciali di SIEMENS AG per l’Europa;

DIETRICH, che io conoscevo come Direttore Vendite per l’Europa, Medio Oriente e Mediterraneo di SIEMENS.

Inoltre, come risulta dalla mia agenda nelle giornate 11/12 giugno 2002 ho partecipato ad una colazione di lavoro con Klaus VOGES presidente di SIEMES POWER GENERATION. Questa colazione di lavoro si è tenuta ai margini di un seminario che la Fiera di Milano organizza nel settore del power. L’incontro venne organizzato nei giorni precedenti da me direttamente con il DIETRICH e con Piero MANZONI (Direttore della SIEMENS SPA per la parte power). Ricordo anche che potei constatare nell’occasione che VOGES aveva avuto analoghi incontri con altri clienti italiani della SIEMENS quali l’EDISON e l’ENI. Il motivo dell’incontro, voluto da entrambi, era che essendosi ormai l’ENEL strategicamente legata alla SIEMENS a seguito della scelta operata dal Gruppo negli anni precedenti era necessario stabilire i termini di questa sostanziale partnership stabilendo le basi di un accordo strategico che riconoscesse all’ENEL il ruolo di cliente preferito. Ricordo che da questo punto di vista i tedeschi in generale, e VOGES in particolare, nicchiavano poiché erano più interessati a trattare e parcellizzare ogni singolo aspetto del rapporto. Tuttavia, concordammo che era necessario studiare ed affrontare il problema nel dettaglio e, parallelamente, incontrarsi ai più alti livelli per discutere ed eventualmente ratificare un accordo di programma. Ho potuto constatare in epoca recente che il VOGES si è rivolto direttamente a SCARONI a mia insaputa. Non so chi dei due abbia cercato l’altro, sta di fatto che mi risulta che sia avvenuto in incontro poiché successivamente lo venni a sapere dal MANZONI. Nel corso di un successivo colloquio con SCARONI affrontai anche l’argomento del suo incontro con VOGES e lui mi confermò che era avvenuto. Io rimasi sorpreso perché non comprendevo il motivo per il quale non ero stato informato vista l’importanza della SIEMENS soprattutto per ENEL Produzione. Io gli dissi che il rapporto con SIEMENS era strategico e fondamentale per ENEL e che meritava il massimo livello di attenzione e concordammo di organizzare un incontro per l’estate. Successivamente chiamai MANZONI il quale si dichiarò disponibile ad organizzarlo. Credo aver informato anche DIETRICH della nostra volontà di avere un secondo incontro collegiale. Parallelamente a queste vicende, soprattutto nel 2002 e nei primi mesi del 2003, vennero condotte da ENEL Produzione e dalla SIEMENS nelle sue diverse articolazioni le trattative per definire un accordo sul cd. “Service”. Devo premettere che mentre con la GENERAL ELECTRIC la fornitura di turbine a gas si era accompagnata con un contratto di “Global Service”, con la SIEMENS io avevo deciso di scorporare la fornitura dal problema del service dal momento che una parte di quest’ultimo poteva essere realizzata attraverso personale ENEL delle centrali. In altri termini mi sembrava opportuno, al fine di evitare maggiori costi per l’azienda, rivolgerci alla SIEMENS solo per le parti di ricambio strategiche mentre volevo affidare la manutenzione al personale interno e/o ditte specializzate esterne ivi compresa l’ANSALDO che, essendo licenziataria della SIEMENS, era in grado di occuparsi anche del service per alcune attività. Ovviamente questa decisione si fondava su un attento studio effettuato dalla mia struttura. Sta di fatto che subito dopo l’aggiudicazione delle forniture multimpianto ci dovemmo occupare di instaurare una serrata trattativa con SIEMENS concretizzatasi con la lettera di intenti trasmessa il 24 dicembre 2002. L’entità dell’ordine si aggirava su circa 70 milioni di Euro (…).

DOMANDA: Può specificare in ordine ai rapporti illeciti intercorsi con SIEMENS il ruolo dei singoli dirigenti con cui siete venuti in contatto?

RISPOSTA: L’illecita erogazione venne promessa, come ho già detto, nel corso di una cena che si tenne a Milano alla quale parteciparono oltre al sottoscritto GIUFFRIDA VIEGNER e BECKER. Altro dirigente che ebbe un ruolo importante nella vicenda SIEMENS fu il DIETRICH e mi spiego. BECKER e DIETRICH erano sostanzialmente dei “pari grado”. Il primo si occupava della parte commerciale della stipula dei contratti; il secondo della parte vendita con particolare attenzione agli aspetti tecnici. Entrambi pertanto concorrevano nella formazione della volontà della società e nell’assunzione degli impegni contrattuali anche perché le società tedesche spesso preferiscono rapportarsi all’esterno attraverso due dirigenti che riportano linee gerarchiche diverse in modo che l’una possa controllare l’altra.

Ciò posto, nei rapporti che ho avuto con DIETRICH all’epoca mi sono reso conto della sua consapevolezza di avere in me un interlocutore disponibile e privilegiato. Dico questo perché non aveva remore a pormi domande su aspetti riservati e confidenziali della trattativa che normalmente non vengono richiesti ad una controparte istituzionale “non disponibile”. In buona sostanza le domande che poneva dimostravano la sua consapevolezza di poterle fare.

Non ricordo come sia avvenuta la conoscenza tra il DIETRICH con il GIUFFRIDA anche se ritengo probabile che il DIETRICH sia stato l’interlocutore di GIUFFRIDA per la fornitura alla commessa di Jebel Ali.

Per quanto riguarda il sottoscritto il DIETRICH lo conobbi in occasione della prima gara multimpianto e mi venne presentato dal BECKER. Ciò è avvenuto prima della nota cena con il BECKER (…)

Io conoscevo molto bene VIEGNER. Fu in un incontro a tre (eravamo io lui e BECKER) che loro mi fecero capire l’importanza che rivestiva per SIEMENS l’acquisizione del cliente ENEL (anche in ragione della situazione generale del mercato del power in quel periodo); mi fecero altresì intendere – e devo dire in modo esplicito – che se io fossi stato in grado di far aggiudicare a SIEMENS quella commessa avrei avuto un ritorno economico. Non si parlò in alcun modo di cifre. Fu in quel momento che io chiarì ai miei interlocutori che, nonostante l’importanza della carica da me ricoperta, era ineludibile perE NEL passare attraverso una gara e che questa gara sarebbe stata gestita da altra società del gruppo e precisamente da EPW. La conversazione andò avanti e io feci il nome di GIUFFRIDA quale A.D. di EPW non ricordo se su loro richiesta o per il ragionamento che io stavo loro facendo; e cioè che quantomeno un’altra persona, GIUFFRIDA, doveva essere coinvolta nella partita. Ricordo con certezza che loro in quella occasione non dissero di conoscere GIUFFRIDA anzi sollecitarono me a verificare una sua disponibilità. Cosa che in effetti feci quando me ne capitò l’occasione.

Anche Hussein AL NOWAIS è stato nuovamente sentito sui fatti relativi al conto MEEISCO .

– Interrogatorio AL NOWAIS Hussein del 29.07.2003:

«…intendo produrre due fotocopie che ineriscono le disposizioni da me ricevute in ordine alle modalità con le quali avrei dovuto accreditare somme di denaro che venivano girate a MEEISCO da una società della FREE ZONE del DUBAI, vicenda di cui ho già riferito nel precedente interrogatorio.

L’Ufficio acquisisce le due fotocopie che allega al presente verbale e che denomina Rispettivamente come allegato “A” e allegato “B”.

Come ho riferito la scorsa volta GIUFFRIDA mi chiese il favore di far transitare dai miei conti ingenti somme di denaro (per il complessivo controvalore di dodicimiliardi di lire). Ribadisco che vi fu un incontro in un albergo nei pressi dell’aeroporto di HEATRHOW a Londra e in quell’occasione GIUFFRIDA mi consegnò un biglietto che tirò fuori dal proprio portafogli. In questo biglietto (che era sostanzialmente parte di una contabile bancaria) erano indicati gli estremi di un conto corrente monegasco presso il quale accreditare parte delle somme. Di quel biglietto io feci una fotocopia sulla quale poi appuntai la parte di denaro che, secondo le richieste dello stesso GIUFFRIDA, doveva effettivamente finire su quel conto (50%). Il restante 50% avrei dovuto inviarlo al conto corrente svizzero di GIUFFRIDA di cui avevo già le coordinate…..».

Infine, giova riportare quanto sul punto ha dichiarato ZAMPINI Giuseppe (amministratore delegato di ANSALDO), in data 13.10.2003:

«…io personalmente ho solo partecipato a molte riunioni tecniche con i miei colleghi di SIEMENS. …Le persone presenti erano più o meno sempre le stesse: per ANSALDO io, e/o DI BATISTA e/o EUSEPI, per SIEMENS vi erano DIETRICK e/o NAUEN e/o NEUMANN (il capo era indiscutibilmente DIETRICK). Per ENEL vi erano GIUFFRIDA, CRAPAROTTA e, mi sembra, ATZORI e/o INESI (la trattativa era comunqUe condotta da CRAPAROTTA e GIFFRIDA).

…VIEGNER non l’ho mai visto. BECKER l’ho incontrato in un paio di occasioni. Il suo grado era equiparabile a quello di DIETRICK, mentre però quest’ultimo era responsabile per le vendite, BEKER era il responsabile dell’amministrazione».

Dai biglietti da visita prodotti da ZAMPINI [allegati al verbale ora citato] risulta quanto segue:

Jan Michael DIETRICH, Senior Director Marketing;

Wolfgang BECKER, Vice President Sales and Contracts – Business Administration.

Le dichiarazioni rese in diverse occasioni da CRAPAROTTA, GIUFFRIDA ed AL NOWAIS, oltre che essere sostanzialmente conformi, sono documentalmente riscontrate sia dalle produzioni di Walid CHATILA che dello stesso AL NOWAIS (sopra richiamate), sia, anzi soprattutto, dagli atti pervenuti tramite commissioni rogatoriali ed indagini di polizia giudiziaria.

Quanto al terzo requisito relativo alla sussistenza delle ulteriori condizioni di cui agli articoli 5 e 7 del D.Lgs 231/01 e cioè la mancata adozione ed efficace attuazione di un modella organizzativo idoneo ad evitare reati quali quelli verificatisi.

Perché possa configurarsi la responsabilità dell’ente per reati commessi da soggetti sottoposti all’altrui direzione e vigilanza (articolo 5, comma 1, lettera b)), è necessario che, ai sensi dell’articolo 7, la commissione del reato sia stata resa possibile dalla violazione degli obblighi di vigilanza e controllo alla cui osservanza la struttura è tenuta.

Nel caso in esame, non solo può escludersi che SIEMENS AG abbia efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo dell’attività societaria idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi (modello che se adottato e diligentemente attuato avrebbe garantito all’ente un’esenzione di responsabilità per i reati ciò nonostante commessi dai propri funzionari: articolo 7, commi 2, 3, 4), ma sembra addirittura potersi ritenere che l’ente si sia reso ispiratore e complice dei reati ascritti a VIEGNER, BECKER e DIETRICH.

Le modalità con le quali l’azione corruttiva è stata condotta dai funzionari SIEMENS (interposizione nell’erogazione della tangente di un soggetto terzo e cioè Al Nowais al fine di rendere più difficoltosa l’individuazione della fonte del pagamento; periodicità dei pagamenti, “scadenzati” in funzione del procedere della gara e dell’effettuazione della fornitura), nonché – anzi soprattutto – la pre-esistenza di conti e fondi riservati riferibili a SIEMENS AG utilizzabili (e utilizzati) per la commissione di reati, dimostrano, infatti, non solo l’assoluta inefficacia del modello di controllo adottato da SIEMENS e l’inattività degli organi preposti a verificarne l’osservanza., ma anche che l’ente considerava l’erogazione di tangenti quantomeno come una possibile strategia imprenditoriale, per l’attuazione della quale aveva anche proceduto alla costituzione di “fondi neri”.

Secondo quanto dichiarato da GIUFFRIDA furono gli stessi dirigenti SIEMENS indagati a rappresentargli la necessità, dapprima, di smobilizzare disponibilità extracontabili della SIEMENS in Liechtenstein e, successivamente, di utilizzare disponibilità riservate allocate negli Emirati Arabi; furono sempre gli stessi dirigenti SIEMENS indagati a richiedere quindi un’operazione di riciclaggio per impedire di ricostruire la provenienza delle somme impiegate.

Pertanto, si può agevolmente concludere per la sussistenza di elementi in ragione dei quali ritenere integrato il criterio di imputazione soggettiva dell’illecito amministrativo derivante da reato in capo all’ente di appartenenza degli indagati secondo i parametri di cui all’articolo 7 D.Lgs 231/01.

Il pericolo di reiterazione del reato

Molteplici elementi consentono, poi, di ritenere sussistente nei confronti di SIEMENS AG l’esigenza richiesta dall’articolo 45 D.Lgs 231/01 per l’applicazione in via cautelare e provvisoria delle sanzioni interdittive di cui all’articolo 9 del medesimo decreto e cioè il pericolo di reiterazione del reato

Il pericolo che vengano commessi illeciti della stessa indole di quello per cui si procede risulta essere concreto e attuale se si considera che le condotte criminose contestate agli indagati sono state poste in essere con modalità tali da far supporre, come è già stato evidenziato, che l’erogazione di tangenti sia considerata da SIEMENS AG una via percorribile nell’acquisizione di commesse. Gli episodi di corruzione ascritti ai funzionari SIEMENS mostrano infatti che l’ente ha la disponibilità di conti costituiti ed alimentati con modalità “extra bilancio”. Peraltro dell’attuale consistenza di tali conti nulla è dato sapere fino a che non perverranno gli esiti delle commissioni rogatoriali così come dei loro meccanismi di alimentazione. Nemmeno risulta che tali conti siano stati chiusi e neppure può ritenersi verosimile che i conti “scoperti” siano i soli extra bilancio attraverso i quali operi SIEMENS. Si noti, altresì, che l’ente ha pensato bene di utilizzare schermi assai efficaci per escludere la riferibilità a sé delle risorse utilizzate per la corruzione degli amministratori Enel. Come risulta dalle dichiarazioni di GIUFFRIDA e CRAPAROTTA, riportare nel paragrafo precedente, sono stati i funzionari SIEMENS a rappresentare di dirigenti ENEL l’opportunità che le illecite dazioni di denaro non pervenissero direttamente sui conti personali di GIUFFRIDA e CRAPAROTTA, ma venissero mascherate tramite l’interposizione di un terzo soggetto, concretamente individuato da GIUFFRIDA nella persona di AL NOWAIS.

In un contesto di tal genere, del quale – giova ripeterlo – quanto emerso finora nel corso delle indagini è verosimilmente solo una parte di uno scenario operativo più complesso per “uomini e risorse” il rischio che si verifichino nuovi episodi di corruzione pare concretamente fondato.

Con particolare riferimento, poi, ai rapporti SIEMENS – ENELPOWER, la volontà quantomeno prima dell’inizio delle indagini, di reiterare il reato risulta ulteriormente rafforzata dalla circostanza che il contratto di fornitura di turbogas in relazione al quale sono stati corrisposti i pagamenti illeciti non contemplava la definizione ab initio dei costi elevatissimi del servizio di assistenza e manutenzione dei macchinari per il quale Enelpower avrebbe dovuto nel tempo necessariamente rivolgersi a SIEMENS (o alla sua licenziataria ANSALDO).

Proprio il fatto che, diversamente da quanto ci si sarebbe potuto aspettare, il contratto di fornitura dei turbogas non sia stato accompagnato da un servizio di manutenzione tipo Global Service con particolare riferimento alle parti di ricambio strategiche (tra cui le costosissime “palette” che devono essere periodicamente sostituite) e che in tale settore tecnologico la manutenzione futura costituisca un business enorme (si vedano sul punto le dichiarazioni di Giuseppe ZAMPINI, 13 ottobre 2003, f. 4) lascia intendere che SIEMENS ed ENELPOWER abbiano inteso volutamente lasciare una situazione contrattuale “aperta” nella quale, viste le precedenti erogazioni illecite, fosse possibile innestare in prospettiva l’erogazione di nuove somme di denaro e quindi ripetere episodi di corruzione.

Le ulteriori condizioni legittimanti l’applicabilità della misura cautelare interdittiva ai sensi

dell’articolo 13 D.Lgs 231/01

Relativamente al sistema cautelare configurato dal D.Lgs 231/01, quasi in assenza di pronunce giurisprudenziali, la dottrina prevalente ritiene che l’applicazione quali misure cautelari e “anticipatorie” delle sanzioni interdittive di cui all’articolo 9 – “normalmente” inflitte quali pene accessorie a seguito di sentenza definitiva di condanna – imponga all’autorità giudiziaria di verificare che anche in tale caso ricorrano non solo i presupposti tipicamente cautelari di cui all’articolo 45 D.Lgs 231/01 ora delineati, ma anche quelli contemplati all’articolo 13 per l’irrogazione delle predette pene accessorie In altre parole, stante la natura sostanzialmente anticipatoria delle misure cautelari contemplate dal D.Lgs 231/01, perché esse possano trovare applicazione è necessario che venga accertata non solo la sussistenza dei presupposti “tipici” delle misure cautelari (gravi indizi di responsabilità e pericolo di reiterazione del reato), ma anche, sia pure entro i limiti propri della cognizione sommaria, la sussistenza delle condizioni previste dall’articolo 13 dello stesso decreto per la comminazione delle pene accessorie interdittive e cioè il profitto di rilevante entità tratto dalla società o la reiterazione degli illeciti

Ciò premesso, il tenore letterale dell’articolo 13 è chiaro nello stabilire che ai fini dell’applicabilità delle sanzioni interdittive è sufficiente che ricorra solo una delle due condizioni alternativamente richieste dalla norma: la reiterazione degli illeciti (articolo 13, comma 1, lettera b), oppure l’avere l’ente tratto dall’illecito un profitto di rilevante entità, qualora l’illecito stesso sia stato commesso da soggetti in posizione apicale all’interno dell’ente ovvero da soggetti sottoposti all’altrui vigilanza quando, in quest’ultimo caso, la commissione del reato sia stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative dell’ente (articolo 13, comma 1, lettera a).

Nella vicenda in esame è agevole riscontrare la ricorrenza del requisito individuato dall’articolo 13, comma 1, lettera a).

È infatti pacifico che SIEMENS AG abbia tratto ingenti vantaggi dalle condotte corruttive poste in essere da VIEGNER, BECKER e DIETRICH.

Innanzitutto, a seguito dell’erogazione della tangente sopra descritta, come più volte già si è evidenziato, SIEMENS AG si è assicurata l’aggiudicazione di contratti del valore complessivo di € 362.853.000, contratti di entità tale da soddisfare di per sé il requisito del “profitto di rilevante entità” richiesto dall’articolo 13 lettera a).

Oltre a consentire la conclusione del sopra menzionato contratto, la tangente erogata da SIEMENS ha anche assicurato alla stessa SIEMENS (o comunque alla sua licenziataria ANSALDO) la stipulazione dei futuri contratti di service relativi ai macchinari forniti ad EP, ponendo peraltro SIEMENS e ANSALDO in una posizione contrattuale “forte” rispetto a quella di EP. Come già sopra evidenziato, nello stipulare il contratto di fornitura in relazione al quale VIEGNER, BECKER e DIETRICH hanno corrisposto pagamenti illeciti, SIEMENS e EPW non concordarono ab initio le condizioni contrattuali del service di manutenzione che solo e necessariamente SIEMENS (o ANSALDO) avrebbero potuto garantire ad EP per l’intero ciclo vitale – almeno ventennale – delle turbine.

Da ultimo, ad ulteriore riprova dell’importanza “commerciale” per SIEMENS AG degli accordi illeciti conclusi dai propri funzionari, si richiamano le dichiarazioni rese da Antonino CRAPAROTTA nell’interrogatorio del 22 luglio 2003:

«Per quanto riguarda le ragioni per le quali ricevetti del denaro dagli uomini della Siemens, ribadisco che l’operazione fu enormemente facilitata ed anzi direi determinata dal legame di amicizia che vi era tra me e Viegner. Siemens aveva un interesse decisivo per entrare in rapporto con ENEL e con il mercato italiano, nel campo Turbogas – entrata che avrebbe altresì promosso come un volano l’ulteriore fase successiva alla vendita e relativa alla attività di service. Peraltro la scelta di ENEL era di grande importanza sia sotto il profilo finanziario sia sotto il profilo industriale. Questi due fattori (la mia amicizia con Viegner/Becker e l’interesse di Siemens) determinarono i presupposti di un accordo sostanziale, per il quale, a fronte di una attività idonea a determinare un risultato favorevole per l’assegnazione a Siemens di un certo numero di turbogas (attività che evidentemente avrei posto in essere io assieme a Giuffrida), gli uomini di Siemens (Viegner e Becker) avrebbero provveduto a far pervenire a me e Giuffrida la somma che ho già indicato» e, successivamente, in quello reso il 1° agosto 2003:

«Ribadisco che ai fini di tutto il rapporto ENEL – SIEMENS, ai fini del programma di ristrutturazione delle centrali, ha avuto un valore decisivo l’assegnazione all’ATI SIEMENS- ANSALDO della prima gara multimpianto in ordine alla quale venne erogata la prima tangente di 2.650.022 di Euro».

Non può sfuggire in conclusione, sempre in tema di profitto, che esso, in contratti del genere che portano all’ “occupazione” da parte di una società estera di un segmento di un settore così importante come l’energia, si identifica largamente nell’altissimo valore del monopolio raggiunto a discapito dei concorrenti, monopolio destinato a proiettarsi nel tempo con ingenti profitti.

La posta in gioco nella “ripowerizzazione” delle centrali Enel era assai alta (lo dimostra la stessa identità del “risarcimento” stipulato alla fine del 2003, in pendenza dell’udienza camerale, tra Siemens AG ed Enel quantificabile in un vantaggio per Enel di circa 180 milioni di Euro) e non è un caso che dopo gli accordi presi “a tavolino” con i tedeschi, Craparotta e Giuffrida fossero particolarmente allarmati e premessero perché la procedura si concludesse rapidamente nel senso da essi voluto in quanto la General Electric, per il secondo gruppo di turbogas, aveva fatto un offerta alternativa a quella della Siemens, offerta particolarmente aggressiva e vantaggiosa, e vi era quindi il rischio che l’intero piano concordato saltasse (cfr. int. Giuffrida 30 luglio 2003 e int. Craparotta 1.8.2003 con riferimento al rischio di “testa a testa” finale tra la Siemens AG e la General Electric).

Quanto poi all’ulteriore requisito richiesto dall’articolo 13 per l’ipotesi in cui il reato sia stato commesso da soggetti sottoposti all’altrui direzione e vigilanza, e cioè che la commissione del reato deve essere stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative dell’ente, è sufficiente qui richiamare quanto detto nei paragrafi dedicati alla sussistenza dei gravi indizi di responsabilità e al rischio di reiterazione del reato.

Sembra poi indubbio che sia comunque presente, sempre con riferimento ai criteri di cui all’articolo 13 D.Lgs 231/01, anche l’altra condizione che consiste nella reiterazione dei fatti illeciti.

Infatti vi sono state due gare e due partite di pagamento, a loro volta suddivise in più tranches, relative alla fornitura delle prime 7 turbogas del 2000 e poi alla fornitura delle altre 5 turbogas l’anno successivo senza che minimamente influisca sulla sussistenza e apprezzabilità di tale reiterazione il fatto che, essendo appunto il primo contratto e la prima corruzione risalenti all’anno 2000, non possano essere rientrare nell’ambito di operatività del D.Lgs 231/01 non ancora in vigore nel momento in cui si verificarono i primi episodi rievocati da Craparotta e Giuffrida.

È particolarmente grave il fatto che la Siemens Ag, anche dopo che i reati commessi dai suoi dirigenti sono divenuti di pubblico dominio, rimbalzando anche con grande risonanza sulla stampa e sui circuiti del settore, si sia arroccata, non abbia dato alcuna risposta e, tornando al problema del modello organizzativo, non sia preoccupata, nonostante i non pochi mesi trascorsi dalla scoperta dei fatti, di implementare il proprio modello organizzativo carente ed inadeguato, limitandosi in sostanza a rispondere implicitamente tramite le proprie argomentazioni difensive che non avverte l’esigenza di rispettare appieno la legge italiana.

Anche i due dirigenti Dietrich e Becker, per quanto risulta, non sono stati sospesi o sottoposti a procedimenti disciplinari (nè, per inciso, hanno inteso rendere dichiarazioni) ma sono stati semplicemente oggetto di un mutamento di funzioni spostandoli dalla divisione in cui operavano.

In proposito non deve sfuggire un rilievo concettuale desumibile dal sistema della normativa introdotta in tema di responsabilità delle persone giuridiche.

La società infatti, diversamente dalle persone fisiche, ha un obbligo di rendersi adempiente allorquando venga scoperto o comunque prospettato un reato che la coinvolga.

Infatti ai sensi dell’articolo 7 n. 3 la società è tenuta da un lato «a scoprire ed eliminare tempestivamente le situazioni di rischio» e d’altro lato, ai sensi dell’articolo 17 lettera b), «ad eliminare le carenze organizzative mediante l’adozione e l’attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire i reati della specie di quello verificatosi».

Ciò significa che una persona giuridica, soprattutto di tale rilievo in campo europeo ed internazionale, è tenuta a condotte obbligate ed ineludibili dopo che una certa situazione si sia verificata, condotte che sino a questo momento non risultano attuate.

Il problema non è quello di collaborare con l’Autorità Giudiziaria (profilo che riguarda semmai le persone fisiche) ma di fornire risposte precise tali da poter assicurare che sia stato adottato un nuovo e migliore modulo organizzativo, dopo la scoperta dei reati commessi dai dirigenti, atto a prevenire il ripetersi di episodi simili ed individuare le aree di rischio esistenti.

Ciò sino a questo momento non è avvenuto e tale circostanza può essere individuata come un indicatore di conferma della piena connivenza della società nelle condotte illegali che sono venute alla luce.

Le argomentazioni sviluppate dalla difesa in sede di udienza camerale

In sede di udienza camerale e cioè nel contraddittorio anticipato rispetto all’eventuale applicazione di una misura interdittiva imposto dall’articolo 47 comma II del D.Lgs 231/03 quale momento di garanzia per l’Ente incolpato, il difensore di Siemens AG, sia oralmente sia con un’ampia memoria depositata in data 28 novembre 2003, ha sviluppato una serie di argomentazioni che dovrebbero escludere appunto l’applicabilità della misura richiesta dal Pm.

Una di tali argomentazioni contiene un rilievo tecnico indubbiamente esatto, non tale tuttavia da portare alla reiezione e nemmeno alla riduzione del provvedimento richiesto.

Osserva infatti giustamente il difensore che il contratto di fornitura delle prime 7 turbogas (che tuttavia costavano assai meno, per una lievitazione dei prezzi del mercato, rispetto alle 5 del lotto successivo) si è concluso e contestualmente ad esso si sono verificati i pagamenti sui conti di Lugano e di Montecarlo, tra la metà del 2000 e l’inizio del 2001.

Ciò risulta in modo inequivocabile dagli atti, dalle dichiarazioni degli indagati e dallo stesso specchietto dei pagamenti parte integrante del capo d’imputazione. E’ certo in tal modo che l’accordo corruttivo relativo alla prima fornitura abbia avuto luogo prima dell’entrata in vigore del D.Lgs 231/01, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 19 giugno 2001 n.140, e di conseguenza nessuna misura interdittiva, istituto sino a quel momento non esistente, può essere applicata in relazione a tale fatto di corruzione.

Impropriamente quindi tale fornitura (e i relativi pagamenti illeciti) è indicata nel capo d’imputazione e la misura interdittiva può essere valutata ed accolta solo con riferimento alla seconda fornitura, quella relativa alle altre 5 turbogas definita contrattualmente l’anno successivo.

È comunque chiaro che la descrizione anche della prima fornitura ha un significato rilevante in quanto, come sottolineato dai Pubblici Ministeri in sede discussione orale, consente una migliore comprensione dei fatti e del disegno tratteggiato degli indagati nella sua globalità.

Infatti tra i due accordi corruttivi (il primo dei quali non assoggettabile ad una misura interdittiva) vi è una connessione ed una continuità essendo stato di estrema importanza fare entrare dapprima Siemens AG nel programma di aggiudicazione delle commesse e poi utilizzare la posizione raggiunta per condizionare definitivamente le ulteriori scelte dell’Enel, legata in modo ormai indissolubile alla Siemens AG, in modo da assicurare a quest’ultima il controllo di tutta la filiera non esclusa l’attività lucrosissima di manutenzione degli impianti che si sarebbe proiettata nei prossimi venti anni.

Il difensore di Siemens Ag ha inoltre sostenuto che il provvedimento richiesto dai Pubblici Ministeri esorbiterebbe i limiti spaziali della giurisdizione italiana in quanto la Siemens Ag è una società tedesca e la legge tedesca (in particolare la OWiG approvata nel 1968 e modificata nel 2003), pur prevedendo la responsabilità amministrativa degli Enti, non prevede né sanzioni interdittive né l’obbligo di adottare i precisi modelli organizzativi e di controllo delineati dalla legge italiana.

Chiedendo quindi di applicare alla Siemens Ag in toto il D.Lgs 231/01 si vorrebbe, secondo il difensore, assoggettare un Ente di diritto tedesco alle leggi amministrative italiane e ciò in assenza di una disposizione che consenta di perseguire in Italia l’illecito amministrativo commesso all’estero da società straniere, disposizione appunto assente anche nei casi in cui un illecito di tal genere sia collegato alla commissione di un reato in Italia da parte di persone fisiche.

Il problema è in realtà mal posto

Anche a prescindere infatti dalla controversa natura amministrativa, penale o quasi-penale delle sanzioni introdotte dal D.Lgs 231/01, problema che con varie conclusioni ha acceso il dibattito della dottrina, è quasi ovvio rilevare che sia le persone fisiche che le persone giuridiche straniere nel momento in cui operano in Italia (anche eventualmente, come nel caso in esame, tramite una Associazione Temporanea di Impresa) hanno semplicemente il dovere di osservare e rispettare la legge italiana e quindi anche il D.Lgs 231/01, indipendentemente dall’esistenza o meno nel Paese di appartenenza di norme che regolino in modo analogo la medesima materia, ad esempio il modello organizzativo richiesto alle imprese per prevenire reati come quelli che si sono verificati e scoprire ed eliminare tempestivamente, tramite organismi di controllo e anche con l’adozione di misure disciplinari, situazioni a rischio.

Un paragone quasi banale ma assai esplicativo può fare riferimento alle norme in tema di circolazione stradale.

È possibile, in via di ipotesi, che le norme tedesche o quelle di qualsiasi altro Paese non prevedano che le autovetture immatricolate e circolanti in tale paese abbiano l’obbligo di essere munite di cinture di sicurezza ma ciò ovviamente non toglie che tali autovetture, per accedere alle strade italiane, abbiano l’obbligo di munirsi di tali dispositivi.

Vale, sotto il profilo antiinfortunistico e con riferimento a qualsiasi norma che abbia una funzione preventiva suscettibile, se non adottata, di conseguenze in termini di responsabilità, la regola della lex loci.

D’altronde la stessa difesa ammette implicitamente questa ovvia conclusione allorché riconosce che recentemente la Siemens Ag, per potersi quotare alla borsa di New York, ha accettato di conformarsi agli obblighi previsti dalla legislazione statunitense adottando un nuovo codice deontologico (cfr. memoria difensiva cit. pagg. 38-39).

Ancora meno incisiva è l’argomentazione collegata a quella ora esaminata secondo cui la misura interdittiva richiesta sarebbe praticamente ineseguibile in quanto la normativa tedesca non prevede sanzioni di tal genere e quindi l’Autorità tedesca non potrebbe eseguire la misura del divieto di contrattare con la Pa non potendo applicare una misura sconosciuta all’ordinamento germanico.

Anche in questo caso l’osservazione critica è decisamente fuorviante in quanto la misura interdittiva richiesta è quella del divieto di contrattare con la Pa italiana (divieto facilmente eseguibile in Italia) e non con la Pa tedesca mentre non ha alcun rilievo in questa sede se tale misura e in linea generale la pendenza di un procedimento in Italia a carico della Siemens possa avere o invece non abbia effetti sulla libertà contrattuale e sulla posizione di tale società in Germania.

La difesa di Siemens Ag ha inoltre prospettato che non sarebbe certa la riferibilità alla società indagata delle somme transitate sul conto corrente della MEEISCO e giunte a Craparotta e Giuffrida in quanto all’epoca i dirigenti dell’Enel avevano ricevuto, con artifizi analoghi, altre somme da altre società quali la Alstompower e avevano in corso altre trattative, sempre concernenti la fornitura di turbine a gas, con altre società quali la statunitense General Electric cosicché non si potrebbe affatto escludere che i 6 milioni di Euro pervenuti sui conti di Montecarlo e Lugano possano, in tale situazione di mercimonio e di corruzione diffusa, aver avuto un origine diversa.

Si dimentica tuttavia che la tangente proveniente dalla Alstompower è stata perfettamente individuata nelle sue ragioni e nel suo meccanismo nella prima parte delle indagini (si vedano le motivazioni dell’ordinanza di custodia cautelare emessa in data 5 giugno 2003 nei confronti di Giuffrida e Caressa e le successive dichiarazioni chiarificatrici di Craparotta) e si tratta quindi di un’operazione del tutto diversa, ormai ben chiara ed a sé stante rispetto alle dazioni di denaro descritte nel capo di incolpazione in relazione alla Siemens Ag.

Quanto al dubbio seminato dalla difesa in ordine alla attribuibilità ad altre società, in ipotesi la General Electric, dei 6 milioni di Euro si deve ricordare che in questa fase le convergenti e dettagliate dichiarazioni di Craparotta e Giuffrida sono uno strumento più che sufficiente per riferire le tangenti ricevute sui loro conti esteri alla Siemens Ag considerando perdipiù che tali dichiarazioni sono riscontrate sia dalla tempistica delle singole rimesse sia dalla proporzionalità delle tangenti stesse (circa l’1,5%) rispetto al valore delle turbine a gas fornite da Siemens Ag.

Ulteriore argomento avanzato dalla difesa di Siemens Ag, peraltro ripetitivo in situazioni di questo genere, è costituito dalla pretesa impossibilità di individuare uno specifico atto contrario ai doveri di ufficio valutabile per incardinare il reato di corruzione di cui all’articolo 319 Cp cosicché quanto avvenuto sarebbe riportabile ad una semplice regalia inquadrabile al più nel reato di cui all’articolo 318 Cp (corruzione per un’atto d’ufficio) non legittimante e non utilizzabile, ai sensi dell’articolo 25 del D.Lgs 231/01, per l’adozione di una misura interdittiva.

L’argomento è facilmente criticabile in quanto l’accordo corruttivo non si poggia, per la sua realizzazione su un singolo atto, ma su un’intera procedura condizionata ed inquinata diretta a due obiettivi fondamentali che sono stati entrambi raggiunti assicurando agli eroganti un binario preferenziale: da un lato ottenere per la Siemens Ag un monopolio nelle forniture e nella successiva gestione della manutenzione e nel contempo non condizionare tale posizione ad una immediata definizione del contratto di manutenzione cosicchè da esso potessero nascere altre possibilità di illeciti guadagni.

Il ruolo dei corrotti , e cioè Craparotta e Giuffrida, è stato a tal fine un ruolo “globale” e cioè convincere, e non poteva essere diversamente visto il ruolo di tecnici esperti che era loro accreditato, il board dell’Enel ad adottare queste decisioni consone a tali obiettivi e nel contempo, come risulta chiaramente dai verbali di Craparotta, guidare la Siemens Ag nell’approntamento delle proposte tecnico-economiche “vincenti” che avrebbero trovato le porte aperte.

Sorregge del resto nella collocazione di procedure in sé viziate, e non solo per un singolo atto, nella fattispecie di cui all’articolo 319 Cp, intesa come condizionamento dell’attività del pubblico ufficiale agli interessi di un gruppo determinato di cui è debitore, la giurisprudenza sul tema della Suprema corte :

In tema di corruzione, perché il reato sia configurabile, non è necessaria l’individuazione specifica dell’atto oggetto dell’accordo corruttivo in quanto l’atto d’ufficio oggetto di mercimonio non va inteso in senso formale, comprendendo la locuzione qualsiasi comportamento che comunque violi i doveri di fedeltà, imparzialità, onestà, che debbono osservarsi da parte di chiunque eserciti una pubblica funzione.

Deve perciò ritenersi sussistente il reato di corruzione ogniquavolta si accerti che la consegna del denaro al pubblico ufficiale sia stata effettuata in ragione delle funzioni dallo stesso esercitate e per retribuirne i favori, e tale forma di corruzione rientra tra le ipotesi di corruzione propria (per atto contrario ai doveri d’ufficio) e non per corruzione impropria, implicando il mercimonio della funzione stessa.

(Sezione sesta, sent. 2894/98, Cc del 5 febbraio 1998,in causa Lombardi, rv 210381).

L’ipotesi delittuosa della corruzione si attua non solo con riferimento a fatti di mercimonio dei doveri dell’ufficio per atti squisitamente formali, ma anche alla condotta, in genere, di sistematico e generalizzato favoritismo del pubblico ufficiale.

Pertanto, quando la corruzione investa i doveri di un’organizzazione professionale, come quella giuridica, cui sono affidate, attraverso le decisioni, scelte di valore, si realizza l’abdicazione alle finalità istituzionali e la formazione di una subcultura che sostituisce quelle finalità con gli scopi illeciti posti a base del mercimonio dell’ufficio.

(Fattispecie ex articolo 319 Cp, a carico di un dirigente di un ufficio giudiziario romano, caratterizzata dal condizionamento dell’attività funzionale agli interessi di un determinato gruppo imprenditoriale, attraverso collegamenti anomali con i suoi componenti e promesse d’intervento sugli altri appartenenti all’ufficio).

(Sezione sesta, sent. 1616/96, ud. del 16 aprile 1996 ,in causa Squillante , rv 204847).

L’ultimo profilo da esaminare è quello relativo alle condotte riparatorie poste in essere da Siemens Ag al fine di evitare, ai sensi dell’articolo 17 D.Lgs 231/01, l’applicazione della misura interdittiva.

L’articolo 17 infatti consente di non applicare le sanzioni interdittive, ferma sempre l’applicazione delle sanzioni pecuniarie, quando l’ente dimostri di aver risarcito interamente il danno, di aver eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato adottando modelli idonei a prevenirne di nuovi ed abbia infine messo a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca.

In contestualità con lo svolgimento dell’udienza camerale Siemens Ag ha concluso con Enel una transazione risarcitoria, ratificata il 12.12.03, prodotta dal difensore di Enel in data 12.12.03.

In base a tale transazione, illustrata anche oralmente dal difensore in sede di udienza, Siemens Ag si impegna ad aprire a Enel una lettera di credito di 20 milioni di euro, a fornire gratuitamente 2 set di palette per turbine a gas, a modificare il contratto di service stipulato nel marzo 2003 (di cui solo nel corso dell’udienza si è avuto notizia) apportando anche delle migliorie alle turbine già fornite e a fornire altri 4 set di palette ad un prezzo vantaggioso.

Il tutto con un’utilità per Enel, con la quale si intendono confermare gli accordi commerciali già in corso, di circa 180 milioni di euro.

È innegabile che le riparazioni cui Siemens Ag si è resa disponibile siano tutt’altro che trascurabili ma tale forma di risarcimento nei confronti del solo diretto destinatario dell’attività illecita consumatasi corrompendo i suoi funzionari infedeli, non soddisfa allo stato, se non in parte, le condizioni poste dall’articolo 17 del D.Lgs 231/01 per poter evitare la sanzione interdittiva.

Infatti resta aperto il problema del profitto conseguito ai reati commessi in relazione ai quali Siemens Ag non ha offerto allo Stato un’idonea cauzione, profitto che potrà essere più precisamente determinato anche con un accertamento tecnico, resta aperto il problema del danno subito dal mercato e dagli altri aspiranti fornitori delle turbogas che hanno visto violate le regole della concorrenza in un settore di notevole importanza.

Resta sopratutto il fatto, più volte sottolineato anche durante l’udienza dai Pubblici Ministeri, che Siemens Ag si è semplicemente rifiutata di adottare, dopo i fatti, quel modello organizzativo previsto dall’articolo 17 punto b) del D.lvo n. 231/01 come strumento preventivo e impeditivo, anche se in via non assoluta, della commissione di nuovi reati, non potendo certo bastare la produzione, allegata alla memoria della difesa, del generico codice etico (le “Business Conduct Guidelines”) che dovrebbe ispirare la condotta dei funzionari della società tedesca anche nei loro rapporti con l’estero.

In relazione infatti al requisito di cui all’articolo 17 punto b) la normativa introdotta in ossequio agli impegni internazionali assunti è molto rigida e prevede l’istituzione di organi di controllo dotati di autonomo potere di iniziativa, l’approntamento di specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’Ente in relazione ai reati da prevenire, l’individuazione delle modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione di reati (e qui devono essere affrontati i problemi relativi all’esistenza di fondi extracontabili), l’adozione di un efficace sistema di veicolazione delle informazioni all’interno della società, l’introduzione infine di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare seriamente il mancato rispetto dei comportamenti e delle misure indicate.

Nulla di tutto ciò sembra essere avvenuto nonostante il tempo trascorso dall’esplosione del caso SIEMENS-ENELPOWER e ne consegue che non sussistono allo stato le condizioni per evitare l’applicazione della misura interdittiva.

Rilevato infine in tema di proporzionalità della misura richiesta che, in ottemperanza ai criteri di scelta della misura interdittiva dettati dall’articolo 14 in relazione all’articolo 11 D.Lgs 231/01, la sanzione interdittiva che appare idonea a prevenire illeciti del tipo di quelli commessi nonché proporzionata alla gravità dei fatti e al grado di responsabilità dell’Ente anche per la mancanza di una seria attività finalizzata ad eliminare od attenuare le conseguenze del reato e a prevenire la commissione di ulteriori illeciti è unicamente quella del divieto di contrattare con la Pa.

Infatti la posizione di monopolio assunta dalla SIEMENS AG, conseguenza diretta dei reati commessi, può essere contrastata solo con l’indicata misura interdittiva che è l’unica che permette di ripristinare nell’immediatezza la concorrenza e le regole di mercato violate e che si stima equo, proprio a tali fini, applicare per la durata di anni uno.

PQM

Visti gli articoli .45 e segg. D.Lgs 231/2001 applica nei confronti della SIEMENS AG, con sedi a Monaco in Wittelsbacherplatz n°2 e a Berlino in Nonendammallee n°101, domiciliata a Monaco, Wittelsbacherplatz n°2, D-80333, la misura interdittiva (limitatamente alla parte dell’illecito che riguarda la fornitura di 5 turbogas al prezzo di 204.875.000 euro) del divieto di contrattare con la Pa, salvo che per ottenere la prestazione di un pubblico servizio, per un periodo di anni uno.

Dispone che il presente provvedimento sia immediatamente trasmesso, in triplice copia autentica o in triplice originale, all’Ufficio del Pm richiedente che ne curerà l’esecuzione.

Manda alla Cancelleria per quant’altro di competenza.