Enti pubblici

Wednesday 16 November 2005

Il punto del Consiglio di Stato sull’ obbligo di motivazione degli atti emanati dalla P.A.

Il punto del Consiglio di Stato sullobbligo di motivazione degli atti emanati dalla P.A.

CONSIGLIO DI STATO SEZIONE QUINTA SENTENZA 11 ottobre 2005 n. 5479 (Pres. Iannotta, Est. Farina)

FATTO E DIRITTO

1. Con atto notificato il 18 gennaio 1996, lattuale appellato, sig. E.B., ha chiesto lannullamento della deliberazione n. 1086, in data 8 novembre 1995, del commissario straordinario del Comune di Torre Annunziata, recante la revoca dei provvedimenti sindacali 27 settembre 1986, n. 39 Ris. e 10 ottobre 1987, n. 70.

I due atti revocati disponevano che il sig. B., vigile urbano alle dipendenze del Comune, occupasse lalloggio, e svolgesse al contempo le funzioni, di custode di un istituto scolastico, sede del 3° circolo didattico.

Successivamente, con o.s. del 4 novembre 1990, n. 211, era stabilito che linteressato rientrasse presso il settore di appartenenza a svolgere le mansioni proprie, con prosecuzione anche di quelle di custodia.

Limpugnato provvedimento del 1995 ha disposto, perciò, in sostanza, la restituzione dellalloggio.

2. Il Tribunale amministrativo regionale della Campania ha annullato, con la ora appellata sentenza n. 542 del 1996, latto di rilascio dellalloggio.

Il primo giudice ha posto in rilievo lomissione di “alcun esame sulla permanenza o meno dei presupposti dellemissione dei provvedimenti da revocare” e, perciò, dellinteresse pubblico concretamente perseguito, essendosi il Comune limitato “ad una generica affermazione circa la necessità di ripristino della legalità”, per quel che riguarda le funzioni connesse al profilo professionale rivestito dal vigile.

3. Con lappello, tempestivamente notificato e depositato, il Comune sostiene:

3.1. che la revoca discende sia dallobbligo di ristabilire la legalità violata,

sia dallesigenza “di assicurare al servizio della vigilanza urbana lapporto più concreto, legittimo ed utilitaristicamente apprezzabile” del ricorrente. La violazione di legge, nellassegnare i dipendenti a funzioni diverse dal proprio profilo professionale, rende inutile ogni altra motivazione;

3.2. che il difetto distruttoria, affermato dal primo giudice, “non ha senso”, quando il pubblico interesse viene fatto coincidere con quello del ricorrente.

4. Lappello non si mostra meritevole di adesione.

Lobbligo della motivazione, vale a dire dellesposizione dei presupposti di fatto e delle ragioni di diritto che sono addotti a fondamento delle misure della P.A., vige , salvo esplicite eccezioni, per tutti i provvedimenti amministrativi. In tal senso dispone lart. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, che ha codificato un costante giurisprudenza precedente.

In particolare, deve essere motivato ogni atto di c.d. “ritiro”, consista esso in un annullamento, per motivi di legittimità, coesistenti o sopraggiunti, o in una rimozione (revoca o altra formula indicativa equivalente) per motivi di rimeditata opportunità. E, poiché, lamministrazione deve perseguire il pubblico interesse, è stato ripetutamente e giustificatamente affermato dalla giurisprudenza che, nella motivazione, vanno esternate le puntuali ragioni per le quali si stabilisce che linteresse pubblico, appunto, deve prevalere sul contrapposto o sui contrapposti interessi privati. Quando questi siano da tempo riconosciuti meritevoli di un intervento della P.A., il principio di “non contraddizione” detta una più stringente esigenza di esplicazione delle ragioni per le quali linteresse pubblico miri esso al ripristino della legalità o a fini più adeguati ed opportuni di quelli in precedenza valutati deve prevalere sui consolidati interessi del singolo.

Nella specie, nulla di ciò si desume dalla motivazione del provvedimento impugnato.

Non può, certo, valere, da sola, lesigenza di ripristino della legittimità violata, che è sostenuta dalla difesa dellamministrazione, ma non è affatto adombrata nel provvedimento, se non come unica ragione della misura adottata. Ed è insufficiente, in definitiva, questa ragione esplicitata di riportare linteressato allesclusivo svolgimento di mansioni di vigile urbano. Non vè alcuna considerazione del fatto, che sicuramente deve essere invece valutato, che da oltre nove anni (settembre 1986 novembre 1995) il vigile urbano fruiva dellalloggio, con contemporaneo svolgimento dellincarico di custode (non di bidello) e delle mansioni nellambito del corpo di appartenenza, come da provvedimento del novembre 1990 (conf., per un provvedimento, emanato ad anni di distanza, di rimozione di una precedente determinazione ampliativa della sfera giuridica di un privato, in ordine allesigenza di recare puntuali precisazioni in merito allinteresse pubblico, in concreto tutelato, che vadano al di là del mero ripristino della legalità e con riguardo al pregiudizio che, a causa dellaffidamento ingenerato, sia in grado di produrre nella sfera del singolo: V Sez. 19 febbraio 2003, n. 899).

Ne segue che esattamente il primo giudice ha affermato che, accanto al difetto di motivazione, è emersa una carente istruttoria sugli elementi da apprezzare in ordine al compresente interesse del privato, da tempo riconosciuto.

5. Con la reiezione dellappello, non si deve far luogo a pronunzia sulle spese, perché la parte privata, in favore della quale va confermata la sentenza impugnata, non si è costituita in questo grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) respinge lappello n. 2161 del 1997.

Nulla per le spese

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), nella camera di consiglio del 15 marzo 2005, con l’intervento dei Signori:

Raffaele Iannotta Presidente

Raffaele Carboni Consigliere

Giuseppe Farina est. Consigliere

Paolo Buonvino Consigliere

Goffredo Zaccardi Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

f.to Giuseppe Farina f.to Raffaele Iannotta

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 11 OTTOBRE 2005.