Enti pubblici

Tuesday 22 February 2005

Il parere del Consiglio dei Ministri sulla bozza del Codice dell’ Amministrazione digitale Consiglio di Stato, Parere 7 febbraio 2005, n.11995

Il parere del Consiglio dei Ministri sulla bozza del Codice
dell’Amministrazione digitale

Consiglio di Stato, Parere 7 febbraio
2005, n.11995

Presidenza del
Consiglio dei Ministri – Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie. Schema di D.Lgs
recante il "Codice dell’amministrazione digitale", in attuazione della delega contenuta nell’articolo 10 della legge 29
luglio 2003, n.229, "Interventi in materia di
qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione – Legge di
semplificazione 2001"

Premesso

1. Lo schema in esame sottopone al
parere del CdS il testo di D.Lgs
recante il "Codice dell’amministrazione
digitale", in attuazione della delega contenuta nell’articolo 10 della
legge 229/03 (Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto
normativo e codificazione – Legge di semplificazione 2001).

Il termine di scadenza della delega
(fissata dopo diciotto mesi dalla data di entrata in
vigore della legge 229/03) impone che il provvedimento sia emanato entro il 9
marzo 2005. Il comma 3 della norma di delega consente al Governo di adottare uno o più decreti legislativi recanti
disposizioni correttive e integrative, entro dodici mesi decorrenti dalla data
di scadenza della delega in questione.

Lo schema, proposto dal Ministro per
l’innovazione e le tecnologie, è corredato dei concerti dei Ministri della
funzione pubblica e dell’economia e delle finanze, nonché
del parere della Conferenza unificata, tutti pervenuti successivamente
all’invio del testo dello schema.

Hanno espresso, inoltre, avviso
favorevole in ordine allo schema i Ministeri della
giustizia, dell’interno, delle comunicazioni e delle attività produttive,
nonché il Dipartimento per le politiche comunitarie.

Tale schema costituisce uno dei primi
provvedimenti della nuova fase di codificazione finalizzata alla
semplificazione e al riordino (ora denominato "riassetto") normativo,
sulla quale questo Consiglio ha avuto modo di esprimersi ampiamente in relazione allo schema di D.Lgs
concernente il "Codice dei diritti di proprietà industriale", oggetto
del parere 2/2004 dell’Adunanza generale. Con parere 11602/04,
reso nell’adunanza del 20 dicembre 2004, questa Sezione ha poi espresso il
parere sullo schema di D.Lgs recante il
"Riassetto delle disposizioni vigenti in materia di consumatori – Codice
del consumo".

A tali pareri la Sezione ritiene di poter fare integrale rinvio per tutte le considerazioni
generali sul processo di codificazione e per i suggerimenti di metodo rivolti
al Governo, contenuti in quella sede.

2. La norma di
delega di cui all’articolo 10 della legge 229/03 ha già costituito il
fondamento dello schema di D.Lgs recante la
’Istituzione del sistema pubblico di connettività e
della rete internazionale della pubblica amministrazione", su cui la
Sezione – dopo un primo parere istruttorio del 14 giugno 2004 e i relativi
adempimenti – ha espresso parere favorevole con osservazioni nell’adunanza del
30 agosto 2004 (parere 7904/04).

Il D.Lgs
non è stato ancora pubblicato alla data della presente adunanza.

Con il parere 7904/04 si è rilevato,
tra l’altro, che quel provvedimento – il quale si limita ad istituire il
"sistema pubblico di connettività" (SPC e
la "rete internazionale della pubblica amministrazione" abrogando un
solo comma della legislazione preesistente (il comma 1 dell’articolo 15 della
legge 59/1997, sulla Rete unitaria delle pubbliche amministrazioni-RUPA)
– non reca il "riassetto in materia di società dell’informazione ",
che pure la norma di delega di cui all’articolo 10 della legge 229/03 impone come
condizione prioritaria, e non incide sulla ormai ampia normativa esistente in
materia di "società dell’informazione" (che costituisce la rubrica
della delega di cui all’articolo 10) e di informatica
nelle pubbliche amministrazioni.

La Sezione ha, però, rilevato come la stessa delega renda possibile un
intervento di riassetto con "uno o più decreti legislativi", ed ha
quindi fornito il proprio parere favorevole intendendo -con qualche sforzo
interpretativo, di cui la riferente Amministrazione dà atto nella relazione
dello schema in oggetto – quello schema di D.Lgs come
un intervento parziale, che riordina la materia nella (sola) misura in cui
sostituisce l’SPC alla RUPA. La sua natura di
"provvedimento di riassetto normativo" (e in ultima analisi il rispetto
della norma di delega) era, allora, stata fatta salva a condizione che
l’intervento confluisse, poi, nella generale
codificazione della materia nel rispetto del comma 1 dell’articolo 10,
divenendo "uno" tra i "più" decreti legislativi di
riassetto.

Nel merito dello schema, si è
segnalata la necessità di integrare quello schema con una o più disposizioni
che rendano esplicite ed effettive, sul piano amministrativo, le commendevoli
finalità esposte dall’Ufficio legislativo del Ministro per l’innovazione e le
tecnologie e contenute, a livello di principio o di dichiarazione di intenti, nello schema, specie in relazione alla necessità
di attuare in maniera concreta la lettera b) del comma 1 della nonna di delega
(articolo 10 legge 229/03), che – introducendo un criterio incisivo e
innovativo – consente di modificare la disciplina vigente "al fine
precipuo di garantire la più ampia disponibilità di servizi resi per via
telematica" dalle P.A. e "di assicurare ai cittadini e alle imprese
l’accesso a tali servizi secondo il criterio della massima semplificazione
degli strumenti e delle procedure necessari e nel rispetto dei principi di
uguaglianza, non discriminazione e della normativa sulla riservatezza dei dati
personali".

Sempre sulla stessa materia, la Sezione è intervenuta con
altri due avvisi che vanno tenuti presenti anche per lo schema in esame: il
parere istruttorio 6786/04 reso dall’adunanza del 19 aprile 2004 (che allo
stato risulta ancora da ottemperare) sullo schema di
regolamento del Ministero dell’interno sull’Indice nazionale delle anagrafi –
INA, e il parere n. 7903/04, reso nell’adunanza del 14 giugno 2004, sullo
schema di Dpr recante disposizioni per l’utilizzo
della posta elettronica certificata, che risulta essere stato approvato in via
definitiva dal Consiglio dei Ministri.

3. A differenza dell’intervento parziale
di cui sopra, lo schema in oggetto affronta per la prima volta in modo organico
il tema dell’utilizzo delle tecnologie dell’informazione
e della comunicazione (cd. ICT) nelle pubbliche amministrazioni, nonché della disciplina dei fondamentali principi giuridici
applicabili al documento informatico e alla firma digitale.

Si tratta di un’opera di indubbio rilievo sistematico, che può fornire ai
cittadini, alle imprese e alle stesse pubbliche amministrazioni uno strumento
normativo ampio, tale da orientare in maniera organica i processi di
innovazione in atto.

Uno strumento, quello del codice, che
– vista la assoluta peculiarità della materia trattata
– può contribuire non soltanto alla erogazione di servizi più efficienti e
veloci, ma anche a consentire forme innovative di partecipazione alla vita
amministrativa e politica. Che può avvicinare i destinatari dell’innovazione (i
cittadini, le imprese, la società civile) ai suoi protagonisti (gli
amministratori, i funzionari e gli impiegati pubblici), nella nuova
"amministrazione digitale", attraverso un intervento più tradizionale
e di chiara leggibilità come è un codice, ossia una
raccolta organica di disposizioni legislative.

La Sezione ritiene, quindi, di dover dare atto alla riferente
Amministrazione di essersi data carico con impegno di tale opera generale di
riordino – indicata, sin dal parere n. 7904/04, come l’unica in grado di
attuare compiutamente la delega in questione – e di avere effettuato
uno sforzo consistente per accelerare il più possibile, fino quasi a forzare,
il cambiamento e l’innovazione (e in quest’ottica
devono essere lette sia alcune dichiarazioni puramente programmatiche e di
principio che la scelta di opzioni particolarmente radicali, che operano
l’abbandono irreversibile delle modalità amministrative più tradizionali. Ma,
come si dirà, questa impostazione impone un
bilanciamento di tali estremi).

Considerato

4. Alla stregua della rilevanza
dell’intervento, la Sezione ritiene che l’opera in questione meriti di essere
considerata con particolare attenzione e ulteriormente rafforzata, ricercando e
segnalando i profili in cui la disciplina può essere resa più completa, ovvero più coerente con il contesto ordinamentale
su cui va ad incidere, o più concreta e operativa nel confronti dei cittadini,
o più flessibile nell’intervento normativo di riassetto.

La Sezione è, infatti, dell’avviso che lo schema di codice presenti
rilevanti peculiarità e aspetti problematici, rispetto
al quali le scelte effettuate esigono chiarimenti, o ulteriori sostegni
motivazionali, oppure richiedono una riconsiderazione più meditata, da svolgere
in collaborazione con le altre amministrazioni competenti (peraltro, i concerti
e gli avvisi già resi non appaiono fornire motivazioni specifiche), anche alla
stregua delle osservazioni contenute nel presente avviso.

4.1. Prima di esporre puntualmente le
osservazioni della Sezione – sia quelle generali sulla struttura
dell’intervento che quelle specifiche sui singoli articoli dello schema – si
ritiene opportuno raggruppare, qui di seguito, i profili di
fondo alla stregua dei quali si invitano il Dipartimento
dell’innovazione e le altre amministrazioni interessate – in primo luogo, il
Ministero dell’economia e delle finanze, il Dipartimento della funzione
pubblica, il Ministero della giustizia e quello dell’interno – ad adeguare lo
schema di codice.

In sintesi, le osservazioni della
Sezione mirano a conseguire:

– un testo che sia più completo e
"leggibile" sull’argomento centrale della disciplina, quello della
"amministrazione digitale", che ricomprenda,
quantomeno, anche le normative in corso di adozione
sul sistema pubblico di connettività – SPC,
sull’indice delle anagrafi – INA e sulla posta elettronica certificata (anche
recando contestualmente una raccolta organica di norme regolamentari sulla
stessa materia) (cfr. infra, il punto 6);

– un testo che affianchi alle
enunciazioni programmatiche e di principio, contenute in varie parti del testo,
norme precettive -applicabili tramite un processo
graduale e guidato di implementazione o, in altri
casi, direttamente esecutive – volte all’effettivo perseguimento delle finalità
della delega "di garantire la più ampia disponibilità di servizi resi per
via telematica dalle pubbliche amministrazioni e dagli altri soggetti pubblici
e di assicurare ai cittadini e alle imprese l’accesso a tali servizi secondo il
criterio della massima semplificazione degli strumenti e delle procedure
necessari e nel rispetto dei principi di uguaglianza, non discriminazione e
della normativa sulla riservatezza dei dati personali" (cfr. infra, il punto 7);

– un testo che non
renda incomplete altre discipline già organiche (come quella sulla
documentazione amministrativa) e che non tenda ad assorbire la disciplina del
procedimento o della documentazione amministrativa, ma che operi il necessario
riordino ripensando "a livello informatico" la disciplina
sostanziale, nelle sedi sistematicamente proprie (cfr. infra, il
punto 8);

– un testo che non rechi una
consistente rilegificazione in una materia la quale invece richiede – ontologicamente
– la massima flessibilità e che demandi una buona parte della disciplina ad una
(possibilmente coeva) raccolta di norme regolamentari (ovvero, eventualmente, a
raccolte distinte per i diversi livelli normativi secondari) (cfr. infra, il punto 9);

– un testo che, nell’accelerare il
cambiamento, prevenga con misure concrete l’incremento
(allo stato ipotizzabile) del fenomeno del digital
divide o i rischi che potrebbero derivare dalla troppo rapida scomparsa del
documento cartaceo e da una separazione delle discipline della gestione dei
documenti da quella degli archivi (cfr. infra, il
punto 10) ;

– un testo che, pur nella opportuna centralizzazione di alcuni profili della
disciplina, tenga in maggiore considerazione le esigenze di raccordo con le
reti regionali e locali integrando – sul modello del sistema pubblico di connettività – a livello statale, la disciplina generale
del procedimento amministrativo come disciplina generale valevole anche per le
Regioni ma che consenta altresì ai sistemi informatici pubblici regionali e
locali di svilupparsi e migliorare le prestazioni, nella compatibilità con
l’intero sistema ma nel rispetto dell’autonomia (cfr. infra,
il punto 10);

– un testo che, conseguentemente, sia
accompagnato dalla previsione di risorse umane e finanziarie adeguate, nonché dalle ulteriori disposizioni di preparazione,
attuazione e messa a regime, anche graduale, che consentano una effettiva
realizzazione della riforma e delle finalità della delega.

4.2. Considerata la natura
strutturale di talune delle osservazioni del presente parere e ritenuto che
svariate tra esse debbano essere risolte con la
partecipazione delle amministrazioni richiamate, ma constatate altresì la
prossimità della scadenza del termine della delega e l’impossibilità di
rispettarlo laddove si dovesse procedere ad approfondimenti istruttori, la Sezione suggerisce sin
d’ora di valutare l’eventualità di stabilire un congruo termine per l’entrata
in vigore dello schema in oggetto (ad esempio, 180 o 240 giorni).

Ciò consentirebbe, oltre che di
preparare adeguatamente le amministrazioni e gli operatori ai cambiamenti
introdotti, di predisporre la raccolta di norme regolamentari di cui si dirà infra, al punto 9, nonché di far confluire le
modificazioni che eventualmente non vi fosse stata la possibilità di apportare
con il necessario approfondimento in uno o più decreti legislativi correttivi,
consentiti dall’articolo 10, comma 3, della legge 229/03.

In questo modo, entrambi tali tipi di intervento potrebbero entrare in vigore a breve distanza
(o addirittura quasi contemporaneamente) al codice in esame.

5. Ai fini di un proficuo
completamento dell’iter dello schema, proprio alla stregua del suo notevole
rilievo, nell’ulteriore corso del provvedimento
(eventualmente anche contemporaneamente all’esame del Parlamento) occorrerà
dunque acquisire, in relazione alle osservazioni contenute nel presente parere,
gli avvisi delle altre amministrazioni – concertanti e non – sugli aspetti di
propria competenza.

5.1. In primo luogo, relativamente al Ministero dell’economia e delle finanze,
essendo pervenuti alla Sezione soltanto gli avvisi del Dipartimento della Ragioneria
generale dello Stato, dei cui rilievi peraltro lo schema non tiene conto,
occorrerà trasmettere il presente parere, oltre che a quel Dipartimento, anche
al Dipartimento del tesoro. Il Ministero dell’economia dovrà, infatti,
nuovamente pronunciarsi:

– in via generale, sulla concreta
’fattibilità" dei cambiamenti profilati dal nuovo codice
(informatizzazione di tutto il sistema della P.A. italiana e dei suoi rapporti coi privati in due anni) senza alcuna contestuale-
previsione di risorse aggiuntive e di copertura finanziaria. In particolare,
sembra richiedere un esplicito, ulteriore
pronunciamento da parte della Ragioneria generale dello Stato l’affermazione
della relazione di accompagnamento (pagina 2) secondo cui "questo profondo
ammodernamento delle P.A. … non potrà che attuarsi tramite l’orientamento
delle spese ordinarie al perseguimento delle finalità indicate",
specificando eventualmente con maggiore precisione -ancorché in termini
generali – nel testo e nella relazione finale quali delle finalità attualmente
perseguite dovranno essere pretermesse a causa di
tale nuovo "orientamento" delle risorse ordinarie;

– specificamente, su svariate
disposizioni del testo (e segnatamente gli articoli 5, 6, 7, 9, 11, 13, 15, 16,
31 comma 4, 35, 38, 56, 61 e 62, di cui si dirà caso per caso infra, al punti successivi), le quali, se davvero non recanti
spesa, non possono essere intese come disposizioni precettive
e dovranno quindi essere interamente riconsiderate in ottemperanza al presente
parere, ovvero integrate da altre più concrete disposizioni;

– sulla praticabilità della richiesta
"di impegno da parte del Governo per reperire le
risorse finanziarie necessarie ad attuare il processo di digitalizzazione
in atto", che è stata inserita nel parere della Conferenza unificata del
20 gennaio 2005. Si veda altresì, sempre sulla questione delle risorse
finanziarie, il più ampio pronunciamento reso dalla Conferenza unificata il 13
gennaio 2005, allegato al predetto parere del 20 gennaio, secondo il quale, tra
l’altro, "qualsiasi intervento di riassetto normativo in materia comunque non è sufficiente se contestualmente non vengono
definiti impegni economici e investimenti che dovrebbero trovare copertura
nelle leggi finanziarie per dare continuità ai piani di azione per l’e-government italiani ed europei".

Appare, infine, necessario uno
specifico pronunciamento degli uffici competenti del Ministero dell’economia
riguardo a singole misure previste dal codice in relazione a
competenze dirette del Dicastero e, in particolare, un espresso avviso del
Dipartimento del tesoro sulla parte riguardante il settore del debito pubblico
e le modalità dei pagamenti e dei Dipartimento per le politiche fiscali sui
profili relativi alla presentazione della dichiarazione dei redditi per via
telematica.

5.2. Inoltre, è necessario che si
esprimano sugli specifici punti sollevati con il presente parere il
Dipartimento della funzione pubblica, il Ministero dell’interno e il Ministero della giustizia. Ciò al fine di indurre
l’Amministrazione proponente a motivare con maggiore ampiezza alcune scelte
effettuate con lo schema in questione, nonché ad
eventualmente riconsiderarne altri profili.

Per il seguito dell’iter appare innanzitutto necessaria una specifica, ulteriore
collaborazione da parte del Dipartimento della funzione pubblica – che pure ha
già fornito il suo concerto – in relazione a tutti i profili di incidenza dello
schema in oggetto sulla disciplina generale del procedimento amministrativo,
nonché alla "perimetrazione" del codice
rispetto al testo unico sulla documentazione amministrativa 445/00, di cui si
dirà ampiamente infra, ai punti successivi (in particolare ai punti 8 e 9).
Molti problemi sollevati dallo schema e molte questioni di connessione tra lo
schema di codice in oggetto e il menzionato testo unico non potranno, quindi,
essere risolti senza la attiva partecipazione, nella
fase successiva dell’iter dello schema, del Dicastero responsabile per la
disciplina generale della pubblica amministrazione.

Occorre, inoltre, che per la
redazione del testo definitivo si acquisiscano almeno gli avvisi motivati: del
Ministero della giustizia su alcune questioni di rilievo, di seguito
individuate, e segnatamente su quelle che incidono sulla rilevanza probatoria
dei documenti, sull’ordinamento civile con particolare riguardo al rapporti tra privati (articoli 17 e 18), sulla attività
notarile; del Ministero dei beni culturali e ambientali per l’archiviazione
degli atti; del Ministero dell’interno per quanto attiene alle carte di identità
elettronica (il Dpr 445/00 era stato adottato su
proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro per la
funzione pubblica, di concerto con i Ministri dell’interno e della giustizia) e
per i rapporti con l’indice nazionale delle anagrafi – INA, che avrebbe dovuto
essere costituito con regolamento ministeriale di cui al parere istruttorio di
questa Sezione 6786/04 reso dall’adunanza del 19 aprile 2004, che – come si è
detto – allo stato risulta ancora da ottemperare.

6. Un primo profilo generale da
rimettere alla riconsiderazione del Dipartimento proponente e delle
amministrazioni innanzi menzionate è quello della necessità di completare la
disciplina organica già contenuta nello schema.

Una delle caratteristiche
dell’intervento, infatti, già evidenziata nel precedente parere n. 7904/04 –
dovrebbe essere quello della sua esaustività e sistematicità, quantomeno in relazione agli strumenti portanti dell’innovazione
digitale nelle pubbliche amministrazioni (cfr., in particolare, la lettera d)
della nonna di delega, che impone anche di "realizzare il coordinamento
formale del testo delle disposizioni vigenti, apportando, nei limiti di detto
coordinamento, le modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e
sistematica della normativa anche al fine di adeguare o semplificare il
linguaggio normativo".

Lo schema in oggetto, invece, si
limita a riordinare soltanto una parte della disciplina attualmente
vigente, come si evince chiaramente dalla "tabella di corrispondenza"
e dalla norma sulle abrogazioni, che in realtà si incentra esclusivamente su
due delle molteplici fonti normative riguardanti l’informatizzazione
dell’amministrazione pubblica (ossia sul recente DLgs
10/2002 e, soprattutto, sul testo unico sulla documentazione amministrativa,
che peraltro costituiva già un riordino della materia: sulle relative
problematiche, cfr. infra, i punti 8 e 9). L’effetto
di riassetto normativo richiesto dalla delega ne risulta, ad avviso della
Sezione, fortemente limitato, non sfruttandosi appieno
le potenzialità innovative della delega.

A titolo esemplificativo, una
rilevante lacuna – che pure il precedente parere della Sezione 7904/04 aveva
raccomandato di evitare – è la mancata considerazione nel codice della
disciplina del sistema pubblico di connettività (SPC)
di cui al precedente schema di D.Lgs di attuazione dell’articolo 10 della legge 229/03,
menzionato retro, al punto 2. Tale sistema costituisce invece, per ammissione
dello stesso Dipartimento per l’innovazione, nella relazione a quello schema di
D.Lgs, uno degli assi portanti della riforma, oltre
che un esempio di interazione costruttiva tra Stato,
Regioni ed autonomie locali e tra i loro sistemi informativi.

In altri termini, se nel precedente
parere si affermava che un intervento additivo come la creazione dell’SPC non può prescindere dal "riassetto normativo e
codificazione della normativa primaria regolante la materia", che peraltro
ispira l’intera legge 229/03, vale anche – e a maggior ragione – il reciproco,
perché un codice non può non contenere, al suo interno, una innovazione cosi
recente e cruciale come quella di cui al richiamato schema.

Il codice va, altresì, integrato con
la disciplina (quantomeno nelle sue linee generali di rango legislativo)
dell’Indice nazionale delle anagrafi (INA), per il quale
si rinvia alle osservazioni specifiche contenute nel parere istruttorio di
questa Sezione 6786/04 e dell’utilizzo della posta elettronica certificata, di
cui al parere della Sezione 7903/04.

Dovrebbe poi, in generale, tenersi
conto con maggiore organicità delle varie altre normative sulla materia che non
risultano comprese nel codice. Per tutte valga, anche
qui a titolo di mero esempio, la menzione delle recenti "misure
telematiche" contenute nella stessa legge di delega 229/03 in un apposito capo 111 (articoli da 16 a 19) e in particolare la
necessità di considerare, nella disciplina codificata, il "Registro
informatico degli adempimenti amministrativi per le imprese" (articolo 16
legge 229/03) e la "Consultazione in via telematica", che recepiscono
a livello legislativo (senza che, peraltro, risulti essere stata fornita
un’ulteriore attuazione a tali previsioni) precise raccomandazioni all’Italia
fornite dall’OCSE nel suo Rapporto Regulatory Reform in Italy del 2001; manca,
altresì, il recepimento dell’articolo 19 della stessa
legge 229, sulla accessibilità informatica dei "Dati identificativi delle
questioni pendenti dinanzi al giudice amministrativo e contabile" (che
invece risulta in buona parte ormai realizzata). Ma gli esempi potrebbero
essere molteplici, sino alla recente legge finanziaria per il 2005 (legge
311/04), ai commi 80, 149, 172, 187, 188, 332 e 333, 374, 380, 381, 382, 383,
384, 385, 429, 431 dell’articolo 1, con le questioni che essi pongono in
materia di firma elettronica e di autonomia delle
singole amministrazioni.

Infine, appare necessario prendere in
considerazione anche la legge di riforma della disciplina generale del procedimento di cui alla legge 241/90 (ormai
definitivamente approvata, anche se non ancora pubblicata). La riforma
introduce nella legge 241 (come articolo 3bis) un principio generale sull’uso
della telematica" (termine che andrebbe coordinato con quelli, diversi,
utilizzati dal codice), secondo il quale "Per conseguire maggiore efficienza
nella loro attività, le amministrazioni pubbliche incentivano
l’uso della telematica, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e
tra queste e i privati" e reca altri riferimenti (ad esempio, alla
conferenza di servizi informatizzata di cui agli articoli 14 e seguenti della
stessa legge n. 241 come modificati dalla riforma appena approvata).

Ciò rende ancora più evidente una
delle questioni di fondo della materia in esame (di
cui si dirà infra, al punto 8): quella dei rapporti tra procedimento
amministrativo e disciplina della "digitalizzazione",
che il codice risolve – alquanto sommariamente – assorbendo in sé parti della
disciplina, senza modificare (o limitandosi ad abrogare) la disciplina
"amministrativa" delle stesse procedure.

7. Una seconda questione di tipo
strutturale – anch’essa, come la precedente, già rilevata nel precedente parere
n. 7904/04 ma non recepita in questa sede – è quella
della necessità di accompagnare alle enunciazioni di principio norme
direttamente precettive, che non rimettano
l’attuazione di tali principi esclusivamente alla volontà (mutevole per
definizione) di attuarle da parte delle singole amministrazioni.

Come rilevato dalla migliore
dottrina, la presenza di nuovi mezzi di svolgimento dell’attività amministrativa
impone, quando le innovazioni lo consentono, il compimento di
operazioni di adattamento dei vecchi istituti alle nuove situazioni (si
ricordi l’insegnamento di "interrogare i nuovi ordinamenti adoperando gli
antichi istituti e modificandoli, quando necessario").

Oltre che di un generale criterio di
qualità della produzione normativa, si tratta in
questo caso di uno specifico precetto contenuto nella norma di delega più volte
richiamato nel parere n. 7904/04.

Come già avvertito nel precedente avviso,
se la norma di delega (alla lett. b) del comma 1 dell’articolo 10) consente di
innovare la legislazione vigente allo scopo (pressoché esclusivo) di
"garantire la più ampia disponibilità di servizi resi .
per via telematica" dalle P.A. e di assicurare ai
cittadini e alle imprese l’accesso a tali servizi", il decreto delegato
non può limitarsi a ribadiretali finalità, ma deve
darne concreta ed effettiva attuazione, prevedendo effetti giuridicamente
rilevanti per le pubbliche amministrazioni e consentendo, in caso di inerzia o
di inadempimento della nuova disciplina, il ricorso da parte di cittadini e
imprese agli ordinari strumenti di tutela amministrativa e giurisdizionale. La
mancata effettività delle disposizioni generali non potrebbe che ricadere sulla
credibilità dell’intera riforma.

In quest’ottica,
ad esempio, appare corretto ma non sufficiente inserire, all’inizio del codice,
una serie di previsioni programmatiche e di principio (su cui cfr. amplius infra, il punto 12.2),
senza prevedere effetti concreti, dal punto di vista della disciplina
amministrativa, in materia di "diritti dei cittadini e delle imprese, di
documentazione amministrativa, di rilascio degli atti amministrativi, di
erogazione dei servizi pubblici on line e di accesso telematico
a tali servizi da parte del pubblico.

Né potrebbe sostenersi che le
necessarie disposizioni integrative potranno essere
introdotte per la prima volta con le "regole tecniche" di cui
all’articolo 72 dello schema. Pur se va probabilmente rilevata la natura
regolamentare di tali "regole tecniche" (come già riconosciuto dal
Dipartimento in sede di adempimento istruttorio sullo
schema dell’SPC: cfr. infra, il punto 17, sub articolo
72), le disposizioni integrative in parola si configurano come norme generali,
applicabili a tutte le pubbliche amministrazioni, che incidono direttamente sui
procedimenti amministrativi e sulle posizioni soggettive dei cittadini e delle
imprese. Appare, quindi, necessario che esse siano contenute in una fonte
normativa di rango primario, quale è il presente
schema di codice. Esso potrà invece, ovviamente, collegarne la concreta vigenza
al momento della operatività delle singole
"regole tecniche".

Per esempio, un primo modello per
rendere effettive alcune delle suindicate finalità (suggerito
già dal citato parere n. 7904/04) potrebbe rinvenirsi nella introduzione
di un principio generale e precettivo simile a quello
contenuto nell’articolo 43 del Dpr 445/00, secondo il
quale le amministrazioni pubbliche e i gestori di servizi pubblici non possono
richiedere atti o certificati concernenti stati, qualità personali e fatti che
risultano elencati all’articolo 46, che siano attestati in documenti già in
loro possesso o che comunque esse siano tenute a certificare".

Altra possibilità sarebbe quella di
prevedere la liberazione dei cittadini e delle imprese dall’onere di fornire ad
una amministrazione pubblica, in generale o per
determinate procedure, tutti gli atti o i documenti comunque reperibili da
altre amministrazioni in via telematica o informatica (per esempio,
limitatamente a determinate categorie di soggetti pubblici, a causa del sistema
di interconnessione: un caso tipico potrebbe essere quello dei titoli, da
esibire in un concorso pubblico, o in una gara di appalto, che fossero già in
possesso di altre amministrazioni, che attualmente continuano ad essere
richiesti come necessario elemento integrativo della domanda).

La riconsiderazione di questo profilo
molto rilevante dell’impianto dovrebbe indurre a modificare anche la asserzione della relazione di accompagnamento (pag. 2)
secondo cui "il D.Lgs non comporta alcuna spesa
o onere per il bilancio pubblico" e che "siffatta circostanza deriva
dalla stessa natura di codice rivestita dal testo, e dunque dalle stesse
finalità generali e programmatiche che essa presenta".

Come si è detto, la natura del codice
e la specifica norma di delega impongono, al contrario, una precettività
dell’intervento codicistico, che, si ripete, può
innovare solo al fine di "garantire -con norme direttamente applicabili e
non solo programmatiche – la più ampia disponibilità di servizi resi per via
telematica dalle pubbliche amministrazioni e dagli altri soggetti pubblici", o di "assicurare – anche qui con norme
non solo "generali e programmatiche" – ai cittadini e alle imprese
l’accesso a tali servizi ".

Di ciò dovrà tenere specificamente
conto anche il Ministero dell’economia, nell’adempiere al richiesto intervento
sul seguito dell’iter dello schema, quantomeno nel prevedere un obbligo
espresso di distogliere le risorse per "spese ordinarie" (da
individuare specificamente) e di riorientarle a
favore dell’innovazione digitale (cfr. retro, il punto
4).

Inoltre, accanto alle disposizioni
integrative di cui si è detto andrebbe altresì prevista una specifica normativa
attuativa per l’effettiva (e verosimilmente graduale)
messa in pratica delle finalità enunciate dal codice (soprattutto dal suo Capo
1), prevedendo, oltre alla individuazione delle
risorse nell’ambito delle "spese ordinarie" (se tale procedimento è
ritenuto corretto dal Ministero responsabile), la definizione in concreto di
programmi di sperimentazione, di formazione e di graduale "messa a
regime" delle innovazioni annunciate.

8. Le problematiche sinora esposte
dovrebbero condurre a valutare l’opportunità di un consistente rafforzamento ed
ampliamento della portata del codice in oggetto.

D’altro canto, non può tacersi di un
terzo profilo problematico (ampiamente messo in
evidenza dai primi due pareri di questo CdS sulla
nuova fase della codificazione, il parere n. 2/2004 dell’Adunanza generale e il
n. 11602/2004 della Sezione): quello della "perimetrazione"
del codice e, in generale, del rapporto tra la disciplina sulla digitalizzazione dell’amministrazione e quella sul
procedimento amministrativo digitalizzato.

In generale, si deve osservare che
nel codice non si prevede quale delle fasi del procedimento amministrativo (in
genere e non solo statale), dalla fase di iniziativa o
comunicazione di avvio del procedimento, alla fase della istruttoria
(produzione o comunicazione di atti o di avvenuta recezione
di atti), alla fase determinativa (si pensi a procedure automatizzate, che
limitano la discrezionalità quasi ad azzerarla, nelle quali la volontà è quasi
del computer o del programma), alla fase di integrazione della efficacia (si
pensi alla comunicazione, recettizietà o pubblicità
rese con il mezzo informatico), possa avvenire con modalità informatiche e
telematiche. Nulla stabilendosi in relazione alle
varie fasi del procedimento amministrativo, non si percepisce il vantaggio che
dall’informatizzazione del procedimento può derivare al cittadino e utente di
pubblici servizi.

8.1. Il problema della perimetrazione del codice si pone, poi, con particolare
delicatezza nei confronti di una normativa anch’essa già riordinata di recente,
che sta fornendo buoni risultati: quella del testo unico sulla documentazione
amministrativa (Dpr 445/00 e connessi testi a – D.Lgs 443/00 – e b – Dpr 444/00).

Appare, anzi, quantomeno singolare
che la norma sulle abrogazioni (articolo 75) si incentri
come si è detto esclusivamente sul D.Lgs 10/02 e sul
Tu 445/00, cosi concentrando (e limitando) la propria opera di
"riassetto" su una normativa che in realtà era stata già riordinata
di recente, tralasciando invece tutte le altre norme sulla materia, presenti,
spesso in modo asistematico, in molteplici fonti
dell’ordinamento.

Questo CdS
considera, poi, con preoccupazione il rischio che si pervenga
nuovamente alla frammentazione di una disciplina che, dopo lunga attesa (di
oltre trent’anni) e svariati tentativi, era stata
riordinata organicamente. In relazione allo schema di
quel testo unico, la Sezione
(parere n. 147/00) aveva, tra l’altro, apprezzato la scelta di raccogliere in
un’unica fonte normativa sia le disposizioni relative alla tradizionale
documentazione amministrativa cartacea (certificati, autocertificazioni,
dichiarazioni, etc.) che quelle relative alla documentazione informatica
(documento elettronico, firma digitale, etc.), fornendo ai cittadini una sede unitaria
della disciplina e favorendo in tal modo anche la progressione da un modello di
documentazione ad un altro. In proposito, il citato parere aveva anche
affermato che l’informatica costituisce uno strumento al servizio dei
cittadini, delle imprese e delle pubbliche amministrazioni e che va
direttamente integrata nella disciplina dei relativi procedimenti
amministrativi.

Nel codice in oggetto sembra, invece,
che si estrapoli la disciplina di quel testo unico che riguarda
l’amministrazione digitale. Senza menzionare il fatto che
nel testo unico citato si eliminano norme regolamentari per trasformarle in
norme tecniche, mentre nello schema in esame si rilegificano
norme regolamentari, con conseguenze negative per la flessibilità dell’intera
disciplina (sulla possibilità di intervenire anche a livello subprimario, cfr. infra, il punto
9).

La disciplina sembra, dunque,
separarsi nuovamente e al tempo stesso irrigidirsi, laddove sarebbe
possibile, invece, integrare e rafforzare la precedente raccolta normativa
organica, con un’opera di novella cui si potrebbe provvedere nell’ambito
dell’esercizio di questa stessa delega:

– attraverso lo
stesso codice, eventualmente con un titolo separato ed esclusivamente dedicato
alla novella di un’altra disciplina organica;

– ovvero,
preferibilmente, con un separato e contestuale D.Lgs
di novella che modifichi i profili di quella normativa organica da migliorare e
ammodernare;

– peraltro, coevamente
al codice in oggetto, si potrebbe provvedere anche per il livello regolamentare,
prevedendo eventualmente un distinto ma contemporaneo intervento anche sulle
norme di rango secondario contenute in quel testo unico.

8.2. Quello dei rapporti con il testo
unico sulla documentazione amministrativa rappresenta un esempio, ancorché il
più rilevante, del rapporto tra due ambiti di materie sopra individuate (la digitalizzazione dell’amministrazione e il procedimento
amministrativo digitalizzato) i cui confini andrebbero definiti con maggiore visione sistemica
dell’ordinamento, operando – di concerto con il Dipartimento della funzione
pubblica – una generale riconsiderazione sulla natura strumentale della "digitalizzazione" rispetto al servizio reso dalle
amministrazioni pubbliche o ai provvedimenti da queste adottati (e non
viceversa) e, più in generale, sulla strumentalità del cambiamento portato
dalle tecnologie dell’informazione rispetto al più generale cambiamento
necessario (e certamente in parte già in atto) nella fonction
publique del nostro Paese.

Da tale riconsiderazione – da effettuarsi, semmai, anche con gli interventi correttivi di
cui al comma 3 dell’articolo 10 di delega, calibrando eventualmente su tali
interventi l’entrata in vigore dell’intera riforma (cfr. retro,
il punto 5.2) – potrebbe conseguire un duplice effetto positivo. La riferente
Amministrazione, senza rinunciare alla capacità innovativa del codice, potrebbe
in tal modo:

– da un lato, modificare la sede
sistematica di taluni suoi interventi e, con il medesimo D.Lgs
in oggetto o con un altro decreto, collocare alcune delle disposizioni ora
comprese nel codice in altri contesti normativi
organici o generali (come ad esempio la legge generale sul procedimento ovvero
il testo unico della documentazione amministrativa);

– dall’altro (ri)trasferire altre disposizioni contenute nello schema in
una raccolta di norme di natura regolamentare, da redigere contemporaneamente all’intervento di rango
primario, conservando una maggiore visione d’insieme delle varie politiche
perseguite senza asservirle tutte a quella della pur fondamentale "digitalizzazione" dell’amministrazione.

In ogni caso, non si potrebbe in
alcun modo prescindere dalla necessità di inserire, all’interno dell’abrogando
(parzialmente) testo unico sulla documentazione amministrativa, disposizioni di
raccordo con il codice in esame, che rendano più chiara e leggibile all’utente
l’esistenza di una seconda, diversa disciplina in luogo di
quella unitaria oggi vigente.

9. Un ulteriore
profilo di rafforzamento complessivo dell’intervento è quello relativo ai
rapporti tra i diversi livelli di fonti normative e in particolare tra legge e
regolamento, di cui si è più volte fatta menzione nel punti precedenti.

Se la nuova fase di
"codificazione" di cui alla legge 229/03 si caratterizza, rispetto ai
"testi unici misti" di cui all’abrogato articolo 7 della legge
50/1999, dall’abbandono dell’inclusione di disposizioni di rango regolamentare
e dalla capacità innovativa attribuita oggi al legislatore (primario) delegato,
ciò non significa che il codice debba necessariamente
operare, nel nome della unitarietà della disciplina, la "rilegifiazione" di molte norme ora previste al più
flessibile livello regolamentare, come invece fa il codice in oggetto (basti
osservare la tabella di corrispondenza e il cospicuo numero di norme
regolamentari che trovano ora sede tra le disposizioni del codice, aventi
natura legislativa).

Peraltro, la rilegificazione
appare particolarmente controindicata proprio in una materia come quella in
oggetto, in cui anzi alcune disposizioni tecniche, a rapidissima evoluzione,
dovrebbero essere rese ancora più flessibili (un
meccanismo analogo è previsto, correttamente, dal testo unico sulla
documentazione amministrativa). Appare, infatti, limitativo volere codificare
la fase attuale (fermatasi, allo stato della tecnica, alla firma digitale, di
cui la dottrina afferma la artificiosità), mentre in
un futuro, forse anche imminente, potrebbero raggiungersi diverse e più
efficaci modalità di esternazione degli atti o di apposizione di sigilli, etc.
(si pensi alla impronta del dito, alla identificazione attraverso l’iride, alla
certezza del dna per la identità dei soggetti, alla videoconferenza
certificata).

Questo CdS
ha più volte affermato la possibilità e l’opportunità – specialmente in casi
come quello di specie – di emanare contemporaneamente al codice, di rango
primario, una raccolta organica di norme secondarie, che trova anche uno
specifico fondamento autorizzatorio nella stessa legge 229/03 (cfr. il
più volte citato parere n. 2/04 dell’Adunanza generale).

Alla stregua di tale disposizione
generale, e in considerazione del fatto che il Governo può in ogni momento
avvalersi della propria potestà normativa secondaria, che è una potestà
autonoma e non "delegata" (ovviamente, per le sole materie consentite
ai sensi dell’articolo 117 Costituzione), può ritenersi che la redazione e
l’adozione di un corpus organico di norme di natura regolamentare possa avvenire anche contemporaneamente al processo di
adozione del codice e non richieda un ulteriore fondamento legislativo nelle
specifiche norme di delega "sostanziale" per le singole materie.

Difatti, la codificazione deve
garantire il più possibile non solo l’organicità della
materia oggetto del riordino ad un dato livello normativo (quello
primario), ma anche la sua completezza. E tale completezza non può prescindere,
per le materie in cui la competenza sia rimasta in
capo allo Stato, dalla normazione secondaria: non solo quella di natura attuativa e integrativa, ma anche quella di eventuale delegificazione.

Sotto questo profilo, l’introduzione
di un corpus normativo compiuto soltanto per la normazione di livello primario
e non anche per quella di livello secondario può apparire un limite rilevante
per la denunciata rilegificazione dei profili più
strettamente connessi, ma anche per la stessa immediata operatività della
disciplina, per la sua completezza, per la sua
leggibilità, per la sua diretta applicabilità da parte degli operatori e degli
interpreti.

Certo, occorrerebbe un accorto
sistema di rinvii tra i due testi – che resterebbero
comunque separati, a differenza che nei testi unici misti – ma la loro
redazione contemporanea potrebbe risultare vantaggiosa anche a questo scopo
(anzi, sarebbe auspicabile la pubblicazione sulla medesima Gazzetta Ufficiale
di entrambi i testi, a fini di leggibilità e di chiarezza, per offrire agli
operatori un unico "testo" con la normativa completa).

Per quanto
riguarda, invece, le norme regolamentari già "codificate" nel t.u. n. 445 del 2000, appare sufficiente una
mera opera di novella di quella raccolta organica, operando sul suo "testo , contenente le sole norme regolamentari (Dpr n. 444 del 2000).

Un diverso ordine di problemi
riguarda il rapporto tra i diversi livelli di fonte secondaria in un eventuale
testo unico ad hoc: su tale specifico profilo si
rinvia a quanto affermato nel più volte citato parere n. 2/04.

10. Un altro gruppo di rilievi
riguarda il ruolo conferito dal codice al documento informatico e la mancata
previsione di una dettagliata e credibile normativa transitoria per il
progressivo abbandono (e, nell’ottica del codice, per
la progressiva scomparsa) del documento cartaceo cosi come oggi conosciuto.

Come affermato retro, al punto 3, la Sezione comprende
l’esigenza di "forzare il cambiamento" in cui si muove la riferente
Amministrazione, che ha condotto alla scelta di opzioni
particolarmente radicali e alla previsione dell’abbandono irreversibile di
alcune modalità amministrative più tradizionali.

Tale scelta – pur se astrattamente
condivisibile – rischia di produrre rilevanti controindicazioni se non
accompagnata da interventi di bilanciamento, allo stato non presenti nel
codice. Pertanto, le osservazioni che seguono vanno lette non già nel senso di
rallentare il cambiamento o di introdurvi deroghe, ma al contrario nel senso di
completarlo con idonee misure di preparazione e di attuazione
e di accompagnarlo ad altri interventi di sostegno, a garanzia della sua stessa
"fattibilità".

Ad avviso della Sezione, vanno
evidenziati quantomeno quattro profili:

– quello della possibile introduzione
di disuguaglianze sociali in relazione al diverso
livello di dimestichezza con le tecnologie dell’informazione (o, in
alternativa, della possibilità di una sostanziale inattuazione
delle previsioni de quibus);

– quello della non
sufficiente considerazione della necessità di raccordo con Regioni e autonomie
locali;

– quello della
possibile perdita del ruolo di certezza e di testimonianza storica del
documento amministrativo come sinora conosciuto;

– quello della sicurezza e della
"tenuta" del nuovo assetto, anche per i casi estremi di crisi
"sistemiche", in assenza di previsioni che consentano un
funzionamento "non elettronico" della vita pubblica.

10.1. Più di un autore, anche in sede
internazionale, ha messo in luce i rischi di una completa "digitalizzazione" dell’amministrazione pubblica in
assenza di misure volte a bilanciare tale radicale innovazione. Uno dei
pericoli principali — che fa parte del fenomeno noto come
digital divide – è quello che un rilevante numero di
cittadini (anziani, disabili, soggetti con basse scolarità, emarginati,
abitanti in aree remote o rurali, in ritardo con "l’alfabetizzazione
informatica" o semplicemente diffidenti) possa risultare discriminato o
addirittura socialmente emarginato da un passaggio radicale e non bilanciato ad
un’amministrazione esclusivamente digitale.

Pertanto, il cospicuo numero di
previsioni generali e programmatiche presenti nel codice dovrebbe
essere accompagnato da interventi specifici di sostegno per i cittadini che non
siano in grado di avvalersi delle nuove tecnologie dell’informazione. Alla effettiva attuazione di tali interventi dovrebbe essere
condizionata l’intera riforma, eventualmente anche agendo su una diversa
disciplina dell’entrata in vigore delle singole disposizioni (in proposito,
appare ad esempio piuttosto rigida la previsione di cui all’articolo 58 dello
schema: cfr. infra, il punto 15. 1) In altri termini,
l’abbandono delle modalità tradizionali di azione
amministrativa va necessariamente accompagnato da misure concrete – che
richiedono una consona copertura finanziaria e amministrativa – che prevedano
azioni adeguate per l’implementazione dei nuovi processi, sia dal punto di
vista tecnico che da quello umano (anche con riferimento ad appositi processi fonnativi e di "alfabetizzazione
informatica avanzata" degli attuali dipendenti pubblici), nonché da norme
transitorie e di raccordo che assicurino la continuità di azione pubblica e
scongiurino possibili momenti diimpasse nel passaggio
da un sistema all’altro.

10.2. Un ulteriore
elemento di perplessità sull’assetto previsto dal codice è che esso appare
prescindere, nella sostanza, dal ruolo delle Regioni e delle autonomie locali
(soprattutto dei comuni), che costituiscono invece il livello principale sul
quale agire per una effettiva erogazione on line dei servizi pubblici –
quantomeno di quelli prioritari – a cittadini e imprese.

Proprio a proposito del digital divide si ricorda, ad esempio, che – a differenza
di quanto prescritto normativamente dal codice – il documento recante le ’linee guida del Governo per lo sviluppo della
Società dell’Informazione" del giugno 2002 prevede espressamente tale
azione in via prioritaria (come primo dei dieci obiettivi di e-government a livello locale) e si sofferma esplicitamente
sulla necessità di realizzare "centri di servizio a livello
territoriale" che possano servire i cittadini con minore dimestichezza con
le tecnologie dell’informazione, allo scopo di conseguire entro la legislatura
l’obiettivo di avere tutti i servizi prioritari on line, relativi ad almeno il
5 0% della popolazione".

La realizzazione di tale obiettivo,
non previsto da un atto di natura normativa, appare alla Sezione, a titolo di esempio, necessariamente antecedente alla entrata in
vigore di svariate disposizioni dello schema normativo in oggetto.

Alla stregua di quanto esposto, la Sezione, condividendo le
osservazioni contenute nel parere della Conferenza unificata del 20 gennaio
2005, ritiene di raccomandare l’istituzione di un’agenzia nazionale ’federata’
per l’e-government, come sede stabile di raccordo tra
lo Stato, le Regioni e le autonomie locali".

10.3. Lo schema di
codice sembra, inoltre, non tenere nella necessaria considerazione il rilievo
del "documento amministrativo" come oggi conosciuto; la sua funzione
di certezza e di "evidenza probatoria" che esso ancora assolve nella
vita dell’amministrazione e dei rapporti giuridici tra cittadini; il suo
contenuto stabile e il suo ruolo di testimonianza storica.

Anche in questo caso, si invita a riconsiderare – di concerto con il Dipartimento
della funzione pubblica e con il Ministero dell’interno – la cesura che il
codice introduce tra la disciplina in oggetto e quella fornita dal t.u. n. 445
del 2000 in relazione alla tenuta e alla conservazione del sistema di
gestione dei documenti ed alla gestione dei flussi documentali e degli archivi
(articoli 61 ss.).

Nell’invitare anche in questo caso il
Dipartimento ad una maggiore visione d’insieme, che affianchi la gestione dei
documenti a quella degli archivi, quella dei protocolli a quella dei sistemi di
gestione, si ricorda, a mero titolo di esempio, come
recenti riflessioni anche in sedi internazionale (ad esempio, quella che ha
portato alla produzione dello standard ISO 15489 sul "records
management") dimostrano proprio la necessità di una visione globale di
tutto il processo documentario.

Anche in questo caso, la
reintroduzione di un raccordo e di un’integrazione tra la policy
dell’innovazione digitale e le singole policies
amministrative appare alla Sezione una condizione di credibilità
della riforma nei confronti dei (non pochi) cittadini più restii ad accettarla,
e in ultima analisi un elemento per la riuscita della stessa.

10.4 Sotto un quarto e ultimo
profilo, si rileva come il codice, stabilendo il principio di primarietà e originalità (non solo di ausiliarietà o accessorietà) del documento informatico, non
preveda misure di accompagnamento a proposito delle esigenze di conservazione, immodificabilità, sicurezza (di archiviazione), problemi
tecnici, errori del sistema o dell’operatore umano degli atti informatici delle
pubbliche amministrazioni.

Sempre a titolo di esempio,
si rileva come la sicurezza sulla firma digitale appaia, allo stato,
temporanea, con la conseguente necessità di modificare la chiave privata
piuttosto frequentemente (come già accennato retro, al punto 9). Risultano, però, allo studio sistemi più sicuri (quali
impronte digitali, impronte retiniche, etc.). Ciò dovrebbe indurre a rendere
più flessibili le relative previsioni (anche laddove se ne evitasse
la criticata "legificazione"): dovrebbe, pertanto, valutarsi
l’opportunità di inserire fin d’ora previsioni che limitino la normativa
introdotta fino al momento in cui sarà tecnicamente possibile imprimere agli
atti e ai documenti informatici impronte antropometriche (o, in ogni caso,
sistemi più sicuri di quelli ora previsti), che consentano senza possibilità di
errore di stabilire la provenienza, la firma, etc.

11. Una volta esposte le osservazioni
di fondo di cui ai punti precedenti, vanno ora
formulati specifici rilievi sull’articolato, anche al fine di facilitare la
valutazione di alcuni degli aspetti problematici generali dianzi evidenziati e
di accelerare l’iter dello schema di D.Lgs con riferimento
ad altre questioni di particolare importanza nel delineato riassetto della
disciplina in materia di informatizzazione e digitalizzazione
dell’amministrazione.

Per facilitare la lettura del parere si indicheranno i Capi, le Sezioni e i singoli articoli del
codice interessati dalle osservazioni.

12. CAPO 1

12.1 Sezione I

Articolo 1

Occorre preliminarmente osservare che
l’articolo 1, dedicato alle definizioni, e gli articoli contenuti nel capo 2
(dal 17 al 36) sono riproduttivi, in linea di massima, di disposizioni
contenute nella normativa precedente (in particolare nel Dpr.
445 del 2000), mentre gli articoli dal 2 al 16 non trovano corrispondenti nel precedenti legislativi e regolamentari.

Le definizioni di cui all’articolo 1,
imposte dal contenuto tecnico della normativa, non esauriscono tutte quelle
contenute nel codice (si veda ad esempio l’articolo 22, comma 2, ai sensi del
quale "l’autenticazione della firma digitale o di altro
tipo di firma elettronica qualificata consiste nell’attestazione-"). La
relazione peraltro afferma che, rispetto alla precedente normativa, talune
definizioni sono state eliminate, mentre altre sono state aggiunte.

Può in linea generale osservarsi che
non tutte le definizioni coincidono con le accezioni comuni del linguaggio
informatico: sarebbe pertanto importante precisare che le definizioni sono
valide solo ai fini del significato del codice, e non anche in assoluto. Si
pensi per esempio alla distinzione tra il concetto di informatico
e quello di digitale. Informatico è ciò che viene
formato non con la scrittura a segni grafici, ma ad impulsi elettronici.
Digitale è un metodo di rappresentazione della informazione
in forma numerica. La normativa esaminata utilizza invece tali espressioni
(informatico e digitale) in un senso diverso: informatica o elettronica è la
firma debole, mentre digitale è la firma forte,
rafforzata dalla certificazione.

Occorre osservare che la Direttiva comunitaria n.
1999/93/CE, che ha introdotto un quadro comunitario per le firme elettroniche,
distingue (articolo 2, dedicato alle definizioni) la
"firma elettronica" dalla "firma elettronica avanzata".

Anche in considerazione della
normativa comunitaria, particolari problemi presenta
la distinzione (la graduazione, come si precisa nelle legge di delega) tra i
vani generi di firma, ovvero tra le lettere r), s), e t) dell’articolo 1. In proposito, si ricorda
che nella delega si fa riferimento al "documento informatico, alla firma
elettronica e alla firma digitale" (articolo 10,
comma 2, lett. a) della legge n. 229 del 2003). La firma digitale, come risulta dalla definizione e come può dedursi dagli effetti,
anche probatori, previsti dagli articoli 17 e 18, è peraltro una specie della
firma elettronica qualificata (definita "elettronica avanzata" dalla
direttiva comunitaria). Sembra quindi inopportuna la distinzione apparente in
tre diverse specie di firma e, se deve essere apprezzata la riduzione a tre
delle ipotesi di firma (sono quattro nell’attuale Dpr
n. 445 del 2000), sarebbe opportuno un ulteriore
chiarimento, nel senso che i tipi di firma sono solo due, la firma elettronica
pura e semplice e quella qualificata, di cui la firma digitale è un tipo.

Pertanto, appare opportuno
riposizionare le lettere nel seguente ordine: t), s) e r), in modo da anteporre
la definizione della firma elettronica "debole" (lett. t), fare
seguire quella generale della firma elettronica qualificata (lett. s) e porre
alla fine quella della firma digitale come "particolare tipo di firma elettronica qualificata" (lett. r).

Significativa e meritevole di apprezzamento,
perché coincidente con la evoluzione della tecnica, è la definizione di
indirizzo elettronico, perché introduttiva di una nuova nozione di indirizzo,
oltre a quella genericamente deducibile dall’articolo 1335 Cc,
in tema di recezione delle dichiarazioni, come ogni
luogo che, in quanto inserito nella sfera di dominio o controllo del
destinatario, appaia idoneo a consentirgli la ricezione dell’atto e la
cognizione del relativo contenuto.

Si segnala, infine che l’aggiunta
delle parole "in rete" alla definizione della carta nazionale dei
servizi, già contenuta nell’articolo 1, comma 1, lett. bb)
del Dpr n. 445 del 2000, può costituire una
limitazione ingiustificata alle possibilità di uso
della carta stessa.

Articolo 2

Il contenuto dell’articolo 2 potrebbe
sembrare in parte esorbitare dalla delega, che elenca tra i propri oggetti:
"b) i procedimenti amministrativi informatici di
competenza delle amministrazioni statali anche ad ordinamento autonomo",
senza alcun riferimento alle competenze procedimentali di Regioni ed enti
locali. Va però rilevato che tra gli oggetti della delega rientrano, senza
limitazioni: "a) il documento informatico, la
firma elettronica e la firma digitale … c) la gestione dei documenti
informatici d) la sicurezza in informatica dei dati e dei sistemi". Le
disposizioni relative a tali ambiti, rientrando in
larga misura nella materia dell’ordinamento civile e in quella dei livelli
essenziali delle prestazioni, si applicano a tutte le pubbliche amministrazioni
ed ai privati. e pertanto necessario ridefinire
l’ambito di applicazione del codice riportando con chiarezza gli oggetti della
delega, eventualmente integrandoli con riferimento ai principi direttivi, che
ne individuano le finalità, e chiarire che gli interventi sul procedimenti
regionali riguardano solo l’esercizio del potere di coordinamento informatico
dei dati delle amministrazioni regionali, secondo quanto previsto dall’articolo
117, secondo comma, lettera r) della Costituzione.

Di grande importanza è il comma 3
dell’articolo in esame, ai sensi del quale, come già prevedeva l’articolo 3 del
Dpr n. 445 del 2000, sebbene con diversa espressione,
le disposizioni del capo IV (concernenti i documenti informatici, le firme
elettroniche, i pagamenti informatici, i libri e le scritture, nonché le disposizioni di cui al capo III, relative a
gestione, conservazione, trasmissione dei documenti informatici) si applicano
anche ai privati.

Si pone quindi l’esigenza di
stabilire quale parte della normativa si applica, e quale non si applica, a
soggetti formalmente privati, ma in sostanza pubblici, ai fini di altre discipline. Si ricorda peraltro che l’articolo 3
del Dpr n. 445 del 2000 – norma regolamentare, che
non risulta abrogata -individua espressamente i
destinatari della normativa del testo unico sulla documentazione amministrativa
nei "cittadini dell’Italia e dell’Unione europea, le persone giuridiche,
le società di persone, le associazioni, le pubbliche amministrazioni, gli enti,
le associazioni e i comitati aventi sede legale in Italia o in uno dei Paesi
dell’Unione europea". La mancata riproduzione di tale disposizione nello
schema di codice, o comunque l’assenza di una
disposizione di rinvio, possono indurre difficoltà interpretative e di
coordinamento.

12. 2 Sezione
II

Articoli 3-13

Gli articoli in questione destano
qualche perplessità: in parte perché affermano diritti non azionabili (articolo
3); in parte perché si limitano a dichiarazioni di intenti
e mancano di precettività (articoli 8, 9 e 10); in
parte perché rinviano ad altre disposizioni vigenti che non sono poste in
discussione dal codice e che, ove si ritenesse necessario, sarebbe bene
riprodurre integralmente nel codice (articolo 6); in parte perché enunciano
principi che dovrebbero usualmente ispirare l’azione amministrativa e che non
possono, pertanto, comparire in un codice di settore (articolo 10, comma 6); in
parte perché pleonastiche o ripetitive (articoli 10, comma l; 12; 13) in quanto
ripetono principi già affermati da articoli precedenti, o pacifici, o
addirittura precetti costituzionali; in parte perché, come l’articolo 5,
prevedono termini che appaiono inadeguati e che, comunque, stante la loro
natura ordinatoria, nulla aggiungono alla disposizione cui accedono. Alcune
disposizioni sembrano poi comportare l’esigenza di copertura finanziaria per
poter trovare effettiva attuazione (articoli 5, 6, 7, 9, 11, 13, 15 e 16: per
le considerazioni già svolte sulla questione in generale, cfr. retro, al punto 4).

È pur vero che molte delle finalità
ivi enunciate sono commendevoli e condivisibili; tuttavia, adottando uno stile codicistico in senso classico, le disposizioni in esame
possono essere ridotte ad indicazioni molto più
contenute, che possano avere effetti giuridicamente rilevanti per le pubbliche
amministrazioni, eventualmente consentendo, in caso di inerzia o di
inadempimento della nuova disciplina, il ricorso da parte di cittadini e
imprese agli ordinari strumenti di tutela amministrativa o giurisdizionale
(anche su tali considerazioni si rinvia a quanto già rilevato in precedenza).

13. CAPO Il

13. 1 Sezione I

Articoli 17 e 18

Gli articoli 17 e 18, riguardanti il
documento informatico e il valore probatorio del documento informatico
sottoscritto, contengono disposizioni di grande interesse e importanza.

Essi riprendono
concetti già contenuti nel Dpr n. 445 del 2000
(articoli 8 commi 1, 2, 3; 4; 10 e 29 quater). In particolare l’articolo 17 ripete
le espressioni e i concetti di validità e rilevanza contenuti
in tutte le normative che si sono occupate dell’argomento (cfr. Dpr n. 513 del 1997).

La delega per il coordinamento e il
riassetto delle disposizioni vigenti in materia di società dell’informazione,
che si applicano, come già previsto dal Dpr n. 445
del 2000, anche al rapporti tra privati, avrebbe
potuto costituire l’occasione per realizzare un pieno coordinamento tra le
disposizioni in materia informatica e quelle del codice civile in materia di
forma degli atti.

Bisogna però prendere atto che il
legislatore, in sede di delega, non è intervenuto sulla possibile rivisitazione
delle tradizionali figure formali dell’atto pubblico e della scrittura privata,
ma solo sull’utilizzo della firma digitale, equiparandola alla sottoscrizione
autografa e quindi utilizzando concetti propri delle altre figure. (In realtà ben avrebbe potuto introdurre la forma della
scrittura telematica, munita o meno di una firma sicura -o più o meno sicura,
ritenendola idonea al perseguimento degli scopi di legge. Basti pensare che il D.Lgs 50/1993, sui contratti a distanza, prevede
"contratti conclusi mediante l’uso di strumenti informatici e telematici", con la ulteriore
possibilità di distinguere, anche per lo strumento utilizzato, le scritture
(non sottoscritte) da quelle sottoscritte, asseverate dalla sottoscrizione). Si
rende perciò necessario adeguare lo strumento informatico alle norme vigenti,
cercando quanto più possibile di evitare equivoci e
ambiguità.

A prescindere dall’antico dibattito
dottrinale sulla distinzione tra atto e documento, non si può sottacere che una
cosa è il documento, che è il contenente (che è un mezzo di prova), altra cosa
è il contenuto o l’atto documentato (il negozio o atto
giuridico voluto), altra cosa ancora è la forma, che è elemento essenziale
dell’atto o negozio, se prescritta a pena di nullità (articolo 1325 c.c.) e che
può consistere nell’atto pubblico o nella scrittura privata, autenticata o non
(v. articolo 1350 c.c.).

La affermazione, contenuta nello schema
di codice, che sia il documento informatico (sottoscritto con firma digitale) a
soddisfare il requisito della forma scritta sembra invece confondere il
contenente con il contenuto.

D’altronde, la differenza tra il
documento (definito come cosa che serve come mezzo di prova) e l’atto
documentato (che può essere narrativo o di dichiarazione di volontà) si evince
dalla possibilità che il documento può venire meno (per esempio, perché
distrutto), ma non viene meno la possibilità di fornire la prova dell’atto per
il quale sia prevista la forma scritta a pena di
nullità, ai sensi dell’articolo 2725 c.c.

Sarebbe pertanto opportuno chiarire,
data la differenza del mezzo, quale tipo di prova dell’atto può essere fornita nel caso di distruzione del documento informatico
che lo contiene.

Inoltre, è opportuna una ulteriore riflessione per raccordare le previsioni di
cui agli articoli 17 e 18 con l’articolo 1350 c.c.,
chiarendo quale sia la forma informatica equivalente all’atto pubblico e alla
scrittura privata per gli atti ivi elencati.

Minori problemi in materia crea il
vigente articolo 10 del Dpr n. 445 del 2000, che per
il documento informatico in sé, a prescindere dalla sottoscrizione, rinvia
all’articolo 2712 c.c. e prevede (comma 2) che il documento informatico
sottoscritto con firma elettronica soddisfa il requisito della forma scritta,
dandosi cosi carico di attribuire un valore a
qualsiasi documento informatico, a prescindere dalla forza della firma.

Peraltro, l’idoneità della forma a
conseguire un effetto si desume, secondo la dottrina, dall’articolo 121 c.p.c., sulla strumentalità
(idoneità allo scopo) delle forme. Si dovrebbe pertanto cercare di affrontare
anche nel nuovo codice il tema del valore dell’atto adottato con scrittura
telematica anche ove non sia munito di sottoscrizione, laddove sia conosciuto
l’autore per la provenienza dal suo indirizzo elettronico, ovvero
ove sia sottoscritto con firma elettronica c.d. debole.

Per meglio chiarire tali
osservazioni, basti rilevare, a titolo di esempio, che
l’articolo 1350 c.c. prevede che determinati atti, per la loro importanza,
debbano farsi per atto pubblico o per scrittura privata (anche non
autenticata). L’articolo 2657 c.c. stabilisce che la trascrizione non si può
eseguire se non in forza di sentenza, di atto pubblico
o di scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata
giudizialmente. Sulla base di tali distinzioni è
possibile un trasferimento di immobili a mezzo di scrittura privata senza
sottoscrizione autenticata, anche se per la trascrizione è poi necessario un
atto riproduttivo della forma giusta.

Gli articoli 17 e 18 non chiariscono
se sia idonea forma scritta, a tal fine, ai sensi
dell’articolo 1350 c.c., la scrittura con firma
soltanto elettronica. Anzi, l’articolo 18 sembra escludere
tale possibilità, in quanto il secondo comma prevede il soddisfacimento della
forma scritta solo per il documento (non per l’atto) con firma elettronica
qualificata o firma digitale. Ne discende che la scrittura con firma
elettronica (non qualificata) non sembrerebbe integrare la scrittura privata
non autenticata di cui all’articolo 1350 c.c., anche se gli autori della scrittura non disconoscono la
loro firma. Non si comprende come debba essere considerato l’atto con firma
elettronica debole non disconosciuta a norma dell’articolo 215 c.p.c. La
previsione della libera valutabilità in giudizio, di
cui al primo comma dell’articolo 18, sembra
contrastare con il principio desumibile dal codice di rito.

L’articolo 18, comma
2 – fermo restando il problema della scrittura privata sottoscritta con
firma elettronica semplice – dovrebbe essere riscritto per evitare ambiguità.
Il rinvio all’efficacia di cui all’articolo 2702 c.c. può
infatti generare l’equivoco che il documento sottoscritto con firma
digitale sia equiparato alla scrittura privata riconosciuta o autenticata, ciò
che è positivamente escluso, almeno per l’autentica, dal successivo articolo 22
che disciplina l’autentica notarile. La formulazione potrebbe essere: "Al
documento informatico sottoscritto con firma digitale si applica l’articolo
2702 c.c.".

Infatti, alla scrittura autenticata
si applicano regole che non valgono invece per la scrittura riconosciuta (come
in materia di trascrizione al sensi del richiamato
articolo 2657 C.c.). Si
deve poi osservare che il meccanismo introdotto della presunzione della
riconducibilità dell’utilizzo del dispositivo della firma al titolare, salvo
che sia data prova contraria, indebolisce la suddetta equiparazione e genera il
dubbio che la fiducia nell’atto informatico, che in questi anni è andata
diffondendosi, possa notevolmente ridursi. Sarebbe almeno opportuno individuare
il tipo di prova che consente il dísconoscimento
secondo un criterio di responsabilità nella conservazione e nell’utilizzo della
chiave privata.

Ciò che importa veramente stabilire, in relazione al grado di certezza delle finire e della loro
paternità, è su chi incomba l’onere di iniziare il giudizio (oltre che a quali
scopi e entro quali limiti), se sull’apparente titolare o su coloro che
vogliono fare valere la paternità altrui della firma.

Da un lato, sembra giusto superare i
vecchi concetti di falso, strettamente legati al principio di
"paternità" della firma e non a quello di "responsabilità"
per la firma; dall’altro, occorre fare assoluta
chiarezza sulle ipotesi in cui è consentito dimostrare l’assenza di
responsabilità (per esempio, errore, violenza, dolo, abuso del mandato,
contrarietà a patti interni, abusivo riempimento da parte di colui che aveva la
legittimazione). Basti osservare che la dottrina più accreditata, richiamando i
principi di auto responsabilità, affidamento,
apparenza, rappresentanza, certezza dei rapporti, ha limitato alle sole ipotesi
di violenza e di dolo la possibilità di fare valere i vizi della volontà,
escludendo per esempio l’errore, cosi come la violazione di patti interni,
salva la ipotesi della conoscenza o riconoscibilità da parte del terzo
contraente.

Sugli articoli in questione appare, comunque, particolarmente opportuno un pronunciamento del
Ministero della giustizia.

Articolo 20

Desta perplessità il rinvio alle
regole tecniche per verificare la validità dei duplicati, delle copie e degli
estratti del documento informatico in quanto la validità dovrebbe discendere
automaticamente dall’identità del testo accompagnata da una semplice
attestazione di conformità, indipendentemente dalla forma o dal supporto su cui
è trasferito.

Altra perplessità nasce dalla limitazione prevista dal comma 5, che riserva solo ai
pubblici ufficiali e ai notai l’attestazione di conformità all’originale di un
documento cartaceo trasferito su supporto informatico. Tale disposizione
potrebbe avere effetti paralizzanti nell’azione amministrativa e nel processo
civile telematico. D’altra parte, non si comprende
perché l’attestazione di conformità non possa essere fatta da chi ha formato
l’atto o da chi lo riceve.

13.2 Sezione II

Articolo 22

Il comma 2 desta perplessità e
dovrebbe essere sostituito con il riferimento alle disposizioni vigenti in materia di autentica notarile, come avviene attualmente
nell’articolo 24 del Dpr n. 445 del 2000. La
disposizione tra l’altro sembra in contrasto col principio di cui all’articolo
2703 c.c., in quanto il
pubblico ufficiale, quando attesta che la sottoscrizione è stata apposta in sua
presenza, non accerta alcunché in relazione alla volontà dell’atto contenuto
nel documento sottoscritto.

L’accertamento del fatto che l’atto
corrisponde alla volontà delle parti e che non è in contrasto con l’ordinamento
giuridico è un accertamento che la legge devolve alla competenza del notaio
(articolo 47 legge notarile, terzo comma: "Spetta al notaio soltanto
d’indagare la volontà delle parti e dirigere personalmente la compilazione
integrale dell’atto, ma solo quando si tratta di atto
del quale il notaio cura la redazione, formato a sua cura (atto pubblico), non
anche quando si tratta di atto formato dalle parti, la cui sola sottoscrizione
sia autenticata.

Il notaio, per la efficacia
privilegiata della scrittura autenticata, corrispondente a quella dell’atto
notarile stricto iure, è tenuto a controllare che la
scrittura non sia contraria all’ordine pubblico (articolo 28 legge notarile:
per esempio, che non si costituisca una associazione sovversiva), ma va escluso
che sussista l’obbligo del notaio di accertare la corrispondenza del contenuto
dell’atto alla effettiva volontà delle parti, obbligo che sussiste solo in caso
di atto pubblico.

Articolo 24

Non emergono dalla relazione le
ragioni per le quali è stata espunta dal comma 4
dell’articolo 27 del Dpr n. 445 del 2000, ivi
riprodotto, la previsione che, oltre al divieto di prosecuzione dell’attività,
sia intimata "la rimozione degli effetti".

Articolo 28

Pur avendo mantenuto la stessa rubrica
dell’articolo 29 del Dpr n. 445 del 2000, l’articolo
in esame non fa più cenno alla distinzione tra controllo dell’attività di
certificazione e controllo sui certificatori. Dalla
relazione non è dato comprendere la portata della modifica.

Articolo 29

E’ bene chiarire al
comma 2 che tra "gli altri" tutelati dal certificatore
è compreso anche il titolare del certificato.

Alla lettera i) è opportuno chiarire
quali sono i "servizi di elencazione",
altrove non citati né descritti.

Alla lettera m) è opportuno
individuare il termine iniziale dal quale decorre l’obbligo di tenuta della
registrazione, coordinando la disposizione con l’articolo 30.

Il comma 4 introduce il problema
dell’identificazione del soggetto che richiede il certificato qualificato di
firma delegando a terzi tale attività, ponendone la
responsabilità a carico del certificatore. Tale
disposizione, che identifica un problema reale, evidenzia che nel codice manca
una disposizione relativa alle modalità con le quali
il titolare della firma può rivolgersi al certificatore,
agli obblighi che assume nei suoi confronti, alle comunicazioni che è tenuto a
fare. Una simile previsione renderebbe più facilmente leggibili tutte le
disposizioni relative alla sottoscrizione del
documento e alla sua validità.

Articolo 30

Si veda, sub
articolo 29, la necessità di coordinamento delle due disposizioni.

Articolo 31

Nella lettera a) del comma 1 è
necessario chiarire in qual modo sono individuate le "categorie di terzi,
pubblici o privati" nei confronti dei quali l’amministrazione è abilitata
ad esercitare l’attività di rilascio dei certificati, quantomeno individuando
un criterio di collegamento univoco.

Per quanto attiene al comma 3,
occorre sottolineare che l’articolo 31 disciplina la
materia già regolata dall’articolo 29-quinquies del Dpr
n. 445 del 2000, il quale al quarto comma prevede una disciplina transitoria,
in base alla quale sono stati già emessi in Italia certificati elettronici al
cui interno è specificato il ruolo del titolare. Sembra opportuno confermare
tale disposizione transitoria in attesa
dell’emanazione delle nuove regole tecniche.

Sul comma 4, la Sezione condivide i
rilievi della Ragioneria Generale dello Stato sulla necessità di una adeguata copertura finanziaria, richiedendo un nuovo
pronunciamento del Ministero dell’economia nel seguito dell’iter dello schema.

Articolo 32

L’articolo tratta, come già il 29 sexies del Dpr n. 445 del 2000, dei dispositivi sicuri per la
generazione della firma. La sostituzione, al comma 2,
del riferimento ai "dati elettronici" col riferimento al
"documento" sembra pertanto frutto di una svista in sede di
collazione del testo. Nulla ha infatti a che vedere
l’articolo 32 con il documento informatico, ma riguarda solo le garanzie di
sicurezza per la generazione della firma.

Nel comma 3 è stata aggiunta la frase
"e lo stesso renda palese la sua adozione in relazione
al singolo documento firmato automaticamente".

Tale espressione sembra complicare
oltremodo il procedimento di firma automatica e non chiarisce in che modo il
titolare debba agire in concreto. Occorre pertanto
eliminarla.

Il comma 6, che
come il comma 5 riprende l’articolo 10 del d.lgs. n. 10 del 2002, è stato modificato nel
senso che al posto dell’aggettivo "sicura",
riferito alla firma, è stato introdotto l’aggettivo "qualificata". La
sostituzione potrebbe creare problemi interpretativi, riferendosi l’aggettivo
"sicura" a tutte le forme di firma definite
come tali dalla direttiva. Sembrerebbe pertanto opportuno ripristinare il testo
originale.

Articolo 35

La norma richiede una
adeguata copertura finanziaria, su cui dovrà pronunciarsi il Ministero
dell’economia e delle finanze.

14. CAPO 111

Si suggerisce di modificare la rubrica del Capo 111 in "Sistema di gestione
informatica dei documenti e dei procedimenti delle pubbliche
amministrazioni", per omogeneità con la definizione di cui all’articolo 1,
comma 1, lettera cc) dello schema.

Sempre con riguardo a tale Capo
sembra di dover formulare alcuni rilievi di carattere generale circa la
sistematica utilizzata nella ripartizione in Sezioni e nella distribuzione del
contenuto normativo fra i vari articoli.

Appare, infatti, indispensabile un
coordinamento contenutistico e lessicale della disciplina di tale Capo con la
definizione di "gestione informatica dei documenti" di cui all’articolo 1, comma 1, lettera u).

Se, infatti, la gestione informatica
dei documenti comprende "l’insieme delle attività finalizzate alla
registrazione e segnatura di protocollo, nonché alla
classificazione, organizzazione, assegnazione e reperimento e conservazione dei
documenti amministrativi formati o acquisiti dalle amministrazioni nell’ambito
del sistema di classificazione d’archivio adottato, effettuate mediante sistemi
informatici", allora:

– nella rubrica
della Sezione 11, dedicata alla "Gestione informatica dei documenti
e protocollo informatico", dovrebbe eliminarsi il riferimento al
"protocollo informatico", visto che si tratta di uno degli elementi
della gestione informatica dei documenti ed è ricompreso in tale più ampia
nozione;

– la Sezione III, dedicata
alla "Conservazione informatica dei documenti", dovrebbe essere
assorbita dalla Sezione 11, visto che anche la
conservazione informatica dei documenti rientra nella nozione di gestione
informatica dei documenti;

– parimenti, la distinzione, di cui
all’articolo 39, comma 1, tra "sistema di gestione informatica dei
documenti" e "sistema di conservazione informatica dei
documenti" non ha ragion d’essere, perché la gestione informatica
comprende l’attività di conservazione informatica;

– è necessario verificare se vada
inclusa nella definizione di gestione informatica dei documenti, di cui
all’articolo 1, comma 1, lettera u), anche l’attività di "trasmissione
interna alle amministrazioni dei documenti informatici" menzionata
dall’articolo 39, comma 1, visto che il sistema di gestione informatica, a
mente del comma 2, lettera h), dello stesso articolo, deve anche 44consentire
lo scambio di informazioni con i sistemi per la
gestione dei flussi documentali di altre amministrazioni", e quindi la
trasmissione di documenti fra le stesse. Ove l’Amministrazione riferente
ritenesse di aderire a tale indicazione, anche la Sezione IV dovrebbe
essere assorbita dalla Sezione Il e la rubrica dell’articolo 39 andrebbe
cambiata in ’"requisiti del sistema per la
gestione informatica dei documenti";

– dovrà, infine, valutarsi se non sia
preferibile modificare la rubrica della Sezione 1 in "Gestione informatica
dei procedimenti", vista la rubrica generale del Capo 3 e considerato che
la rubrica della Sezione 2 si riferisca già alla
"Gestione informatica dei documenti e protocollo informatico".

14. 1 Sezione I

Articolo 37

Riguardo al primo comma si rileva
che, anche dopo l’entrata in vigore del codice, permarranno procedimenti non
gestiti con strumenti informatici, come conferma la previsione dell’articolo
38, comma 2. t, quindi, opportuno limitare la portata
della disposizione in esame sostituendo l’inciso finale "ai sensi del
presente decreto" con una formula più precisa (ad esempio, con le parole
"nei casi e nei modi previsti dal presente decreto").

Articolo 38

Con riferimento al disposto del comma
1, l’Amministrazione riferente dovrà valutare se, in considerazione del
contenuto della delega di cui all’articolo 10, comma
1, lettera c) della legge n. 229 del 2003 ("prevedere la possibilità di
attribuire al dato e al documento informatico contenuto nei sistemi informatici
pubblici i caratteri della primarietà e originalità
non possa risultare eccedente rispetto all’ambito della delega l’imposizione
alle amministrazioni pubbliche di un obbligo di formare gli originali dei
propri documenti con strumenti informatici, in luogo della mera facoltà di
ricorrere a tale soluzione.

Fermo quanto rilevato con riguardo al
comma 1, relativamente alla previsione di cui al comma
2, l’Amministrazione
riferente vorrà valutare se, tenendo conto dell’attuale fase di sviluppo
dell’amministrazione digitale, non sia opportuno differire l’entrata in vigore
di tale nonna fino ad una data da fissare con il medesimo decreto di cui al
comma 3, continuando a consentire, durante un adeguato periodo di transizione,
l’utilizzo contemporaneo del documento informatico e di quello cartaceo.

E’ necessario sottolineare
che la soluzione di cui al comma 3 sembra una di quelle indicate retro, al
punto 5, che comporta oneri per il bilancio delle pubbliche amministrazioni.

Articolo 39

Quanto al comma 1, si rinvia alle osservazione innanzi formulate con riguardo all’intero
Capo

Al comma 2, alla lettera e), è utile
richiamare anche le disposizioni in materia di accesso
ai documenti amministrativi, mentre, alla lettera h), lo scambio di
informazioni fra amministrazioni va vincolato al rispetto delle disposizioni in
materia di protezione dei dati personali. E’ preferibile sostituire il termine
latino "iter" con un’espressione della lingua italiana.

La portata della lettera i), non
presente nel Dpr n. 445 del 2000 e di nuova
introduzione, andrebbe meglio chiarita. In particolare si dovrebbe precisare se
con essa si intende dire che il flusso di lavoro dei
documenti informatici non deve intralciare il procedimento amministrativo.

14. 2 Sezione
II

Articolo 40

Il comma 2 andrebbe soppresso, in
quanto riproduce nella sostanza il contenuto dell’articolo 39, comma 2, e dell’articolo 48.

Articolo 41

Con riguardo al comma 3 va rilevato
che alle diverse aree organizzative omogenee non corrispondono necessariamente
altrettanti complessi di unità amministrative dotati
di autonomia organizzativa, in quanto la competenza in ordine
all’organizzazione delle aree potrebbe essere attribuita dalla legge anche ad
organi posti al di fuori delle stesse e in posizione di gerarchia o direzione
rispetto agli uffici che le compongono. In tale prospettiva è preferibile
modificare l’inciso iniziale del terzo comma, con le parole "Ciascuna area organizzativa omogenea è strutturata in modo
tale da assicurare -". Il riferimento alle ’"professionalità tecnico
archivistiche" va precisato avendo riguardo alle specifiche figure
previste dalla contrattazione collettiva.

Va comunque
considerato che la disposizione, che ha valore prettamente organizzativo
interno e che potrebbe essere migliorata dall’esperienza applicativa concreta,
troverebbe forse migliore collocazione in un testo regolamentare.

Articolo 42

Appare opportuno che
l’Amministrazione riferente chiarisca, nella relazione, le ragioni per le quali
non sono stati riprodotti i commi 3, 4 e 5
dell’articolo 53 del Dpr n. 445 del 2000.

Al comma 5 si richiama il
"registro di emergenza", che però non
sarebbe più disciplinato dal codice e neppure dal regolamento, vista
l’abrogazione dell’articolo 63 del Dpr n. 445 del
2000.

Articolo 43

Nel riferimento normativo va
richiamato anche il comma 2 dell’articolo 55 del Dpr n. 445 del 2000.

E’ utile che l’Amministrazione
riferente precisi, nella relazione, le ragioni per le quali non sono stati riprodotti i commi 3, 4 e 5 del citato articolo 55.

L’Amministrazione vorrà valutare se
escludere dalle abrogazioni gli articoli 56 e 57 del Dpr
n. 445 del 2000, che sembrano rivestire una certa importanza anche alla luce
del nuovo codice.

Articolo 44

Non è chiaro se l’inciso "su
qualsiasi tipo di supporto informatico", collocato alla fine del comma 1,
si riferisca al trasferimento delle informazioni o al
procedimenti conclusi.

Non è dato comprendere, dalla relazione,
perché è stato eliminato il comma 1 dell’articolo 62
del Dpr n. 445 del 2000, che consentiva
l’individuazione del responsabile del procedimento di salvataggio. Sembra
opportuno reintrodurlo o, quantomeno, di richiamare il principio, visto che nel
vigente ordinamento non esistono procedimenti che non facciano capo ad un
responsabile.

Articolo 45

Si suggerisce di riformulare la parte
iniziale della disposizione, che appare di non agevole lettura, e di tenere
conto che la gestione informatica dei documenti comprende anche le attività di
registrazione di protocollo, segnatura di protocollo,
predisposizione di manuali di gestione, salvataggio e conservazione degli
stessi. Potrebbe, pertanto, optarsi per una
formulazione alternativa in tale senso: "Le regole
tecniche, i criteri e le specifiche delle informazioni, da osservare nelle
operazioni di registrazione di protocollo, di segnatura di protocollo, di
predisposizione del manuale di gestione, di salvataggio e conservazione dei
documenti, nonché in ogni altro aspetto della gestione informatica dei
documenti, sono stabiliti".

14.3 Sezione III

Articolo 47

Al comma 1 è opportuno chiarire la
portata e l’esatto significato dell’inciso finale "ed in funzione dei
principi stabiliti dal presente decreto e delle finalità di cui all’articolo 2,
comma 1

Valuti comunque
l’Amministrazione se non sia il caso di espungerlo dal testo.

La previsione del comma 2, operando
solo per il passato, determina un obbligo di sostituzione immediata dei sistemi
di conservazione su supporti fotografici o ottici, già
autorizzati dall’articolo 6 del Dpr n. 445 del 2000,
che potrebbe trovare non preparate le pubbliche amministrazioni ed i privati
che ne facciano uso. Sarebbe, quindi, opportuno continuare a consentire
l’utilizzo di tali supporti ancora per una fase transitoria di ragionevole
durata.

Articolo 48

Sembra necessario precisare che il
sistema di conservazione dei documenti informatici, quando i documenti
contengano dati personali, deve garantire anche il rispetto delle misure di
sicurezza previste dagli articoli da 31 a 36 del D.Lgs
30 giugno 2003, n. 196 e dal disciplinare tecnico pubblicato in Allegato B a
tale decreto.

Fra i requisiti del sistema andrebbe,
inoltre, inclusa la agevole reperibilità del
documento.

14.4 Sezione IV

Articolo 49

Poiché la disposizione di cui al
comma 2 intende individuare il momento in cui la trasmissione e la consegna del
documento informatico sono giuridicamente perfezionate, è preferibile
riformularla in modo tale da renderne esplicita la portata e da precisarne il
significato, ad esempio sostituendo le parole "se trasmesso" e
"se disponibile" con le parole "nel momento in cui ne è completata la trasmissione al proprio gestore" e,
rispettivamente, "nel momento in cui diviene effettivamente disponibile,
nell’indirizzo da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del
destinatario messa a disposizione dal gestore". Tale intervento va, comunque, coordinato con quello previsto dall’articolo 3 del
decreto del Presidente della Repubblica, recante disposizioni per l’utilizzo
della posta elettronica certificata, che sostituisce l’abrogando articolo 14,
comma 1, del Dpr n. 445 del 2000.

Articolo 50

Al comma 1 occorre chiarire il
significato della formula secondo cui le comunicazioni avvengono "di
norma" mediante l’utilizzo della posta elettronica, precisando il
parametro che consente all’amministrazione di derogare a tale precetto (es.
ragioni tecniche, organizzative o di sicurezza). Appare necessario, inoltre,
chiarire che si fa riferimento alle comunicazioni "di documenti",
come reso palese dalla rubrica dell’articolo.

Con riguardo alla previsione di cui
al comma 3, che impone alle pubbliche amministrazioni l’adozione di determinate
soluzioni tecnologiche entro un termine di ventiquattro mesi, è necessario
precisare se essa comporti oneri e, in tal caso, la
relativa copertura finanziaria.

Articolo 51

Il comma 1 fa riferimento alla
nozione di posta elettronica certificata, che dovrebbe essere definita nella
disposizione di cui all’articolo 2 del codice.

La nuova
formulazione del comma 2, che riproduce e adatta la previsione di cui all’articolo 14, comma 3,
del Dpr n. 445 del 2000, potrebbe costituire
l’occasione per precisare il significato del rinvio ai "casi consentiti dalla
legge", chiarendosi se si alluda ai casi in cui la legge consente la
notificazione per mezzo della posta o ai casi in cui la legge ammette
l’equipollenza fra notificazione a mezzo posta e invio di posta elettronica
certificata.

15. Capo IV

15.1 Sezione I

Articolo 53

Quanto alla formulazione della
disposizione di cui al comma 1, va rilevato che anche i limiti posti dalle
norme in materia di trattamento dei dati personali sono posti da leggi e
regolamenti vigenti. Sembra, quindi, preferibile aggiungere, dopo la parola
"regolamenti", l’inciso "ed in particolare dalla disciplina in
materia di protezione dei dati personali".

Al comma 2 il richiamo alla
"tutela della riservatezza" è più limitato del riferimento alle norme
in materia di protezione dei dati personali contenuto
nel comma I. E’ preferibile un richiamo anche qui alla "disciplina in
materia di protezione dei dati personali". Si suggerisce, inoltre, di
valutare se debba richiamarsi anche il limite di cui all’articolo 2, comma 6.

Al comma 3 la parola "costruisce",
avendo ad oggetto i "servizi informatici", va sostituita con la
parola "predispone", che è lessicalmente
più appropriata.

Articolo 54

Quanto al comma 1, occorre
coordinarne la disciplina – che riguarda la sicurezza di tutti i dati, anche
anonimi, detenuti da pubbliche amministrazioni – con quella di cui all’articolo
39, comma 2, lettera a), che concerne i dati contenuti in documenti
informatici, nonché con quella relativa alle misure di
sicurezza previste, per il solo trattamento di dati personali, dagli articoli
da 31 a 36 del D.Lgs 30 giugno 2003, n. 196 e dal
disciplinare tecnico pubblicato in Allegato B a tale decreto.

Non è chiaro, inoltre, il significato
del richiamo che il comma 1 opera alle "norme di sicurezza di cui all’articolo
10, comma 6", visto che il citato comma 6 non
sembra concernere specificamente la materia delle misure di sicurezza.

La previsione di
cui al comma 2 sembra sovrapporsi a quella di cui all’articolo 39, comma 2. L’Amministrazione vorrà,
quindi, valutare
se l’articolo 54, comma 2, può essere soppresso.

Articolo 55

Nella rubrica dell’articolo la
formula "accesso telematico ai dati e documenti
pubblici" risulta ambigua, non essendo chiaro se
si riferisca ai dati e documenti "pubblici" perché suscettibili di
libera diffusione oppure ai dati e documenti "pubblici" perché
detenuti da pubbliche amministrazioni.

Si suggerisce, quindi, di fare
riferimento ai dati "delle pubbliche amministrazioni".

Quanto al comma 1, è preferibile che
almeno la disciplina dell’accesso telematico ai
"documenti" amministrativi venga definita
non mediante autonomi regolamenti, bensì mediante regolamenti che novellino la
vigente disciplina regolamentare della materia, adottata in attuazione della
legge n. 241 del 1990.

Potrebbe, infine, essere meglio
specificato il significato del riferimento ad un accesso telematico
alle "procedure".

Articolo 56

Con riguardo alla disciplina dei siti
istituzionali della amministrazioni centrali, delle
Regioni e degli enti locali appare opportuno, anche ai sensi dell’articolo 117,
comma 2, lettera r), della Costituzione, affidare ad un organismo con mere
funzioni consultive e di coordinamento l’esame preventivo dei progetti diretti
alla realizzazione e modificazione di tali siti, affinché renda un parere non
vincolante circa la conformità degli stessi ai principi e alle caratteristiche
di cui al commi 1 e 2.

Nella stessa prospettiva di
coordinamento informatico l’Amministrazione riferente vorrà valutare, l’utilità
di prevedere l’istituzione e la gestione di un sito unitario che rechi l’elenco
generale aggiornato periodicamente dei siti di tutte le amministrazioni
pubbliche italiane e i necessari collegamenti (links)
al medesimi, come ad esempio già accade in Francia.
Con riguardo al comma 1 va chiarito che l’"usabilità", la
"reperibilità" e 1 `accessibilità" del sito devono essere di
livello elevato (elevata usabilità, etc.).

Articolo 57

Con riguardo al
comma 1, lettera
a), non sono indicate le ragioni che hanno indotto ad escludere da tale forma
di pubblicità gli uffici di livello dirigenziale generale.

Sempre con riferimento al comma 1, le
fattispecie di cui alle lettere b) e c) potrebbero essere unificate. In tale
prospettiva si suggerisce di aggiungere alla lettera b), dopo le parole
’livello dirigenziale non generale", le parole "il termine per la
conclusione di ciascun procedimento ed ogni altro termine procedimentale,
il nome del responsabile e l’unità organizzativa responsabile dell’istruttoria
e di ogni altro adempimento procedimentale,
nonché dell’adozione del provvedimento finale, come individuati ai sensi degli
articoli 2, 4 e 5 della legge 7 agosto 1990, n. 241".

Alla lettera e) del comma 1 è
preferibile sostituire la formula "ogni altra pubblicazione prevista dalla
legge 7 giugno 2000, n. 150" con l’inciso ’V messaggi di
informazione e di comunicazione previsti dalla legge 7 giugno 2000, n.
150", che individua in termini più precisi le attività disciplinate da
tale legge.

Alla lettera j) del comma 1 è
opportuno prevedere la pubblicazione, oltre che dei bandi di gara, anche dei bandi di concorso. Sempre con riguardo a tale disposizione
è, inoltre, indispensabile precisare i termini per procedere a tale
pubblicazione sul sito ed i relativi effetti giuridici.

Ove la pubblicazione sul sito venga intesa come mera forma pubblicitaria integrativa con
funzione notiziale, la disposizione in esame dovrebbe
chiarire che la pubblicazione del bando sul sito istituzionale non sostituisce
le altre forme di pubblicità previste dalla legge, fra cui la pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, e non determina la
decorrenza di termini sostanziali o processuali.

In termini più generali vanno,
inoltre, individuate le conseguenze giuridiche di una eventuale
omissione di tempestiva pubblicazione sul sito delle informazioni di cui al
comma 1 o di errori in tale pubblicazione, chiarendosi, ad esempio, se
l’omissione di tale forma pubblicitaria, che è configurata comunque come
obbligatoria per l’amministrazione procedente, o eventuali difformità rispetto
al contenuto originale del provvedimento, in violazione della previsione di cui
al comma 4, o altre inesattezze, rilevino ai fini della eventuale rimessione in
termini per errore scusabile o ad altro fine.

Con riguardo alla previsione di cui
al comma 2, che impone alle pubbliche amministrazioni di adeguare i loro siti
istituzionali entro il termine di ventiquattro mesi, è necessario precisare in
che misura essa comporti oneri e, contemporaneamente,
la relativa copertura finanziaria; la fissazione di un termine, infatti, rende
certa la spesa, diversamente da quanto ritenuto nella relazione
tecnico­finanziaria.

Il riferimento al
dati "pubblici" contenuto nel comma 3 – come già evidenziato
con riguardo all’articolo 55 – non appare idoneo ad individuare le specifiche
tipologie di dati cui si fa riferimento.

Articolo 58

Il Consiglio è consapevole della importanza di eliminare tutte le difficoltà connesse
con l’acquisizione delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi,
che spesso impongono sui cittadini oneri defatiganti.

In un sistema in cui fosse stata già
completata l’informatizzazione e nel quale esistesse
la garanzia dell’accesso diretto al sistema per tutti gli utenti, le
disposizioni di cui all’articolo 58 sarebbero pienamente condivisibili.

Peraltro, una disposizione come
quella contenuta al comma 2, non accompagnata da altre misure idonee a
garantire in concreto la effettiva realizzazione di
quanto previsto al comma 1, può produrre rilevanti conseguenze pregiudizievoli,
anche in procedimenti di notevole rilevanza sociale nei quali la produzione
documentale assume particolare rilievo e non può comunque essere omessa (es. in
materia di tutela ambientale) per il solo fatto che sia in qualche misura meno
agevole procurarsi il relativo modulo o formulario.

Tenuto conto del grave danno che tale
disciplina potrebbe arrecare al buon andamento dell’azione amministrativa e
della sproporzione fra l’entità dell’inadempimento formale dell’amministrazione
– che potrebbe anche risultare non ad essa imputabile
— e le conseguenze che ne derivano, si ritiene necessario ancorare l’entrata
in vigore del comma 2 ad un provvedimento di ricognizione della effettiva
avvenuta attuazione delle disposizioni di cui al comma I.

15.2 Sezione II

Articolo 59

Con riguardo al comma 1 si premette
che, venendo in considerazione una disposizione definitoria,
essa dovrebbe trovare collocazione nell’ambito delle
definizioni di cui all’articolo I. In tale sede dovrebbe parimenti precisarsi
la nozione di "sistema informativo automatizzato".

Si suggerisce, comunque,
di intervenire sulla formulazione della disposizione, non essendo chiaro a
quale amministrazione si faccia riferimento con l’aggettivo "propri "
riferito ai sistemi informativi automatizzati. In particolare, non è chiaro se
la fruibilità consista nella mera possibilità di trasferire il dato all’interno
di una stessa amministrazione (fra più sistemi informativi automatizzati
gestiti dalla medesima e, quindi, "propri" alla stessa) o, invece,
nella possibilità che un dato, trattato nell’ambito del sistema informativo
automatizzato di una pubblica amministrazione, possa essere trasferito al
sistema informativo automatizzato di altre pubbliche
amministrazioni.

Quanto alla previsione
di cui al comma 2, ne sono oscuri il fondamento e la portata, che è opportuno
chiarire. In
proposito si evidenzia che tale disposizione, escludendo che il trasferimento
di un dato fra amministrazioni pubbliche modifichi la titolarità dello stesso o
determini una ulteriore posizione di titolarità,
delinea una soluzione diversa da quella seguita in sede di disciplina del
trattamento dei dati personali (l’amministrazione che riceve dati personali da
un’altra amministrazione di regola diviene a sua volta titolare del nuovo
trattamento).

Articolo 60

La previsione di
cui all’articolo 60, comma 1, sembra sovrapporsi, quanto a contenuto, a quella
di cui all’articolo 53, comma 2. E’, pertanto, necessario procedere al coordinamento delle
due disposizioni, eventualmente sopprimendo una delle due.

Articolo 61

E’ opportuno chiarire che i decreti
di cui al commi 4 e 5, in ragione del loro contenuto, sono adottati al sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto
1988, n. 400, avendo natura regolamentare.

Inoltre, malgrado
il comma 6 escluda l’esistenza di oneri per la partecipazione al Comitato,
l’Amministrazione dovrebbe chiarire perché ritiene che non derivino oneri di
nessun tipo dall’attuazione del comma 5.

Articolo 62

In generale, occorre precisare se la
realizzazione e la gestione delle basi di dati di interesse
nazionale comportino oneri e, in tal caso, indicare la relativa copertura
finanziaria. In proposito questo Consesso, pur prendendo atto di quanto
dichiarato nella relazione tecnico-finanziaria, ritiene che la determinazione
della copertura delle spese non possa essere rimessa agli atti di normazione
secondaria che individueranno le singole basi di dati di interesse
nazionale.

Al comma 2 va precisato il significato
dell’espressione "allineamento delle informazioni".

Con riguardo al decreto di cui al
comma 3, in
ragione della natura regolamentare, va aggiunto che l’adozione ha luogo ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23
agosto 1988, n. 400.

15. 3 Sezione
III

Articolo 64

Con riguardo alla previsione di cui
al comma 1, appare necessario un richiamo anche al rispetto del principio di
non discriminazione e di eguaglianza, in conformità a
quanto stabilito dalla delega di cui all’articolo 10, comma 1, lettera b) della
legge 29 luglio 2003, n. 229, essendovi il rischio che l’accesso al servizi
prestati per via telematica sia precluso alle fasce della popolazione prive di
mezzi informatici o non in grado di utilizzarli.

Il disposto del comma 3, per come è attualmente formulata la disposizione, sembra
eccedente rispetto al contenuto dell’articolo 64 come indicato nella rubrica
("Organizzazione e finalità dei servizi in rete1 visto che letteralmente
si riferisce a tutti i procedimenti e non solo a quelli diretti all’ammissione
o comunque correlati all’erogazione di un servizio pubblico.

La previsione di cui al comma 4 va
soppressa, in quando riproduce quanto già previsto
dall’articolo 57, comma 1, lettera g).

Articolo 65

Occorre coordinare i commi 1 e 3,
visto che il comma 1 prevede due sole modalità di identificazione
informatica ai fini dell’accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche
amministrazioni, ossia la carta d’identità elettronica e la carta nazionale dei
servizi, mentre il comma 3 fa riferimento anche alla firma digitale.

Articolo 66

Visto che il comina
2 dell’articolo 38 del Dpr n. 445 del 2000 viene contestualmente soppresso, vorrà valutarsi
l’opportunità di inserire nel citato decreto n. 445 del 2000 un richiamo alle
modalità di identificazione del soggetto che presenta l’istanza o la
dichiarazione previste ora dall’articolo 66 del Codice.

15. 4 Sezione
IV

Articolo 67

Con riguardo alla previsione del
comma 2 _giova premettere che, al sensi della vigente
disciplina di cui all’articolo 36, comma 1, del Dpr
n. 445 del 2000, le caratteristiche e le modalità per il rilascio della carta
nazionale dei servizi devono essere definite con un decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri, che non può, come tale, modificare o abrogare la
disciplina di rango primario della materia o derogare alla stessa. In relazione a tale premessa, suscita perplessità la scelta
di rimettere, con il Codice, ad un regolamento di c.d. delegificazione
adottato al sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988 la
disciplina, fra l’altro, delle caratteristiche e dell’uso della carta nazionale
dei servizi; si tratta, infatti, di una materia che può incidere sulla tutela
di diritti fondamentali della persona (diritto alla protezione dei dati
personali, diritto alla salute e altri) e che, salva la possibilità di adottare
regolamenti di esecuzione o di attuazione ai sensi del comma 1 del menzionato
articolo 17, andrebbe regolata con norme di rango primario. In ogni caso,
qualora si ritenga di mantenere il richiamo all’articolo 17, comma 2, della
legge n. 400 del 1988, sarebbe necessario definire contestualmente nel Codice
"le norme generali regolatrici della materia" come prescritto
dal citato comma 2.

Il decreto previsto
dal comma 6 ha
natura regolamentare e va, quindi, prescritto che esso deve essere adottato secondo il
procedimento previsto dall’articolo 17, comma 3, della citata legge n. 400 del
1988.

16. CAPO V

16. 1 Sezione I

Articolo 68

La previsione di cui al comma 2 va
integrata, in conformità a quanto previsto dall’articolo 57, comma 6, del Dpr 21 dicembre 1999, n. 554, con la precisazione che le
amministrazioni appaltanti possono porre a base di gara le proposte ideative acquisite a seguito di un concorso di idee, ma solo per le gare che abbiano ad oggetto "un
concorso di progettazione ovvero di un appalto di servizi di cui ai Capi 4 e 5
del titolo 4 del citato Dpr n. 5 54 del 1999 e,
comunque, solo in relazione ad appalti che ricadano nell’ambito di applicazione
del suddetto decreto.

Articolo 69

Al comma 1, lettera b), occorre chiarire che si
fa riferimento a programmi sviluppati per conto e a spese ’Della medesima o di
altre" amministrazioni.

Il significato delle nozioni di
"interoperabilità" e di "cooperazione
applicativa", contenute nel comma 2, deve essere
meglio precisato, se del caso utilizzando una circonlocuzione, considerato
anche che manca una corrispondente definizione all’articolo I.

Articolo 70

Va definito in modo puntuale l’ambito
di applicazione della previsione di cui al comma 3,
dovendosi precisare se l’inserimento delle clausole ivi indicate debba avere
luogo in tutte le tipologie di contratti contemplate dall’articolo 69, comma 1,
che abbiano ad oggetto l’acquisizione di programmi informatici da parte
dell’amministrazione, oppure – come sembra verosimile – alla sola ipotesi
considerata dall’articolo 70, comma 1 (che corrisponde alla fattispecie di cui
all’articolo 69, comma 1, lettera a), riferita, inoltre, ai soli programmi
applicativi).

Sempre con riguardo al comma 3, anche
in considerazione del rilievo innanzi formulato, l’Amministrazione riferente
dovrà valutare se mantenere il riferimento alla "proprietà dei programmi
ai fini del riuso" o fare ricorso ad una
espressione più lata, adattabile ad una più ampia tipologia di modelli negoziali
(es. "il diritto di disporre dei programmi ai fini del riuso da parte
della medesima o di altre pubbliche amministrazioni").

17. CAPO VI

Articolo 72

Con riguardo al disposto del comma 1,
deve essere chiarito che i decreti previsti da tale disposizione debbono essere adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 3,
della citata legge n. 400 del 1988,
in considerazione della loro natura regolamentare (cfr. anche il parere della Sezione per gli atti normativi n.
7904/04 del 30 agosto 2004 reso in relazione alla "Istituzione del sistema
pubblico di connettività e della rete internazionale
del-la pubblica amministrazione"). Si prende atto che l’Amministrazione ha
inserito nel testo l’intesa con la Conferenza unificata.

Si suggerisce, inoltre, di prevedere
una verifica della coerenza tecnica di tali norme anche rispetto alle regole di
cui al disciplinare tecnico pubblicato in Allegato B al D.Lgs
30 giugno 2003, n. 196.

18. CAPO VII

Articolo 74

Con riguardo al secondo periodo del
comma 1, va osservato che l’obbligo di attuare i successivi interventi
normativi incidenti sulla materia mediante la modifica o l’integrazione delle
disposizioni del codice non si pone come vincolo per il legislatore, bensì
quale precetto diretto alla Presidenza del Consiglio dei Ministri quale
amministrazione competente in ordine all’adozione
degli opportuni atti di indirizzo e di coordinamento. Appare, quindi,
preferibile, il ricorso, con i necessari adattamenti, ad una formula analoga a
quella già utilizzata all’articolo articolo 7, comma
6, della legge 8 marzo 1999, n. 50, abrogato dall’articolo 23 della legge 29
luglio 2003, n. 229 ("La
Presidenza del Consiglio dei Ministri adotta gli opportuni
atti di indirizzo e di coordinamento per assicurare che i successivi interventi
normativi incidenti sulle materie oggetto di riordino siano attuati
esclusivamente mediante la modifica o l’integrazione delle disposizioni
contenute… ").

19. Per quanto concerne, infine, gli
aspetti relativi alla migliore e più corretta
formulazione dello schema in esame, si espongono qui di seguito ulteriori
osservazioni e suggerimenti.

Il primo rilievo di
ordine formale riguarda la necessità di inserire – in coerenza con
quanto suggerito per gli altri codici di attuazione della legge n. 229 del 2003
– un indice delle disposizioni del codice, con la loro rubrica.

Si rileva, sempre in via preliminare,
che i riferimenti normativi nelle rubriche degli articoli, effettuate
nei confronti di norme da abrogare, risultano utili solo per i lavori
preparatori e debbono, quindi, essere espunti nella stesura definitiva.

Si richiamano, poi, le indicazioni
della "Guida per la redazione dei testi normativi", di cui alla
circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri 2 maggio 2001, n.
1/1.1.26/10888/9.92, specie per quanto riguarda l’uso della lettera iniziale
maiuscola che deve essere limitato al soli casi di uso
corrente e. comunque, deve essere effettuato con
criteri di uniformità. In proposito si segnala in particolare che nel testo del
codice la parola "Regione" viene scritta in
maniera non uniforme (v. ad es. articoli 2, comma 1, e 56, comma 2), mentre la
parola "Conferenza" va scritta con l’iniziale maiuscola solo quando
fa parte della denominazione di un organo, mentre deve avere l’iniziale
minuscola se si designa una generica conferenza di servizi (v. articoli 9,
comma 3; 37, comma 3).

L’espressione "Comunità
europea" (cfr. articolo 18) va sostituita da
"Unione europea" (tenendo conto che la parola "europea" va
scritta con l’iniziale minuscola: v. articolo 13, comma 3).

E’ opportuno
modificare l’espressione "presente decreto" spesso ricorrente nel
testo, con la formula "presente codice" (usata agli articoli 47,
comma 3, e 51, comma 3), per accentuare il carattere proprio della normativa di
cui si tratta (v. articoli 2, commi 2, 5 e 6; 3; 10, comma 6; 3 1, comma 4; 3
6; 38, comma l; 47, comma l; 63).

Dopo l’articolo 75, e fuori dalla numerazione dell’articolato, va aggiunta la
clausola di inserzione del decreto nella raccolta degli atti non-nativi, del
seguente tenore: "Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato,
sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana. E’fatto obbligo a chiunque spetti di
osservarlo e di farlo osservare".

Per quanto riguarda le singole parti
dello schema si suggeriscono le seguenti modifiche e
correzioni:

– articolo 1, comma 1, lettera s):
alla penultima riga sostituire la parola "cioè"
con "quale";

– articolo 2, comma 4:, penultima riga: dopo "informatici" mettere la
virgola;

– articolo 6, comma
1: dopo "utilizzano" mettere la virgola;

– articolo 8: prima della parola
’facilitare" inserire "per";

– articolo 10,
comma 4: sostituire "La Repubblica" con "Lo Stato";

– articolo 12,
comma 1: sostituire l’espressione "a tal fine anche dettando"
con "dettando anche";

– articolo 15,
comma 1, lettere e) ed i): correggere l’errore materiale della
ripetizione degli articoli ’la" e ’le";

– articolo 15,
comma 1, lettera h) terza riga: dopo "amministrazioni" mettere
la virgola;

– articolo 19, comma
2, ultima riga: dopo "interessate" mettere la virgola;

– articolo 19,
comma 3: alla seconda riga, dopo "sostituiscono" mettere la virgola;
alla penultima riga, dopo "appartenenza" mettere la virgola;

– articolo 24, comma 1, il
riferimento all’articolo 25 è errato (controllare se si tratta invece
dell’articolo 23), cosi come avviene per una serie di indicazioni
successive, che vanno tutte accuratamente verificate (v. articolo 25, comma 3,
lettera b), che dovrebbe riferirsi all’articolo 27, comma 3; articolo 26, comma
2, che dovrebbe riferirsi all’articolo 23, comma l; articolo 27, comma 1,
lettera d), che dovrebbe riferirsi all’articolo 29; articolo 3 1, comma 1,
lettera a), che dovrebbe riferirsi all’articolo 26; articolo 34, comma 4, che
dovrebbe riferirsi all’articolo 26, comma 6; articolo 42, comma 4, che dovrebbe
riferirsi all’articolo 45; articolo 57, comma 1, lettera g), che dovrebbe
riferirsi all’articolo 64, comma 4; articolo 63, comma 1, che dovrebbe
riferirsi al comma 3 dell’articolo richiamato);

articolo 37, comma 3: il riferimento agli
articoli "14 e seguenti" della legge n. 241 del 1990 va precisato nel
riferimento agli articoli "da 14 a 14-quinquies" della stessa legge,
nel testo recentemente innovato con legge approvata in via definitiva dalla
Camera dei Deputati il 26 gennaio 2005 e in attesa di promulgazione;

– articolo 38,
comma 2: correggere l’errore materiale "uve" =
"ove";

– articolo 41,
comma 3, ultime due righe: dopo "omogenea" mettere la virgola
e toglierla dopo la parola "progressiva";

– articolo 44,
comma 2: dopo "conservare" mettere la virgola;

– articolo 54,
comma 1: alla fine mettere il segno del punto;

– articolo 54, comma 2: le parole
"custodite" e "controllate" debbono
essere volte al maschile concordando con "documenti";

– articolo 57, comma 1, lettera c):
"8 agosto"= ’7 agosto"; lettera a):
indicare gli estremi dei Dpr;

– articolo 62,
comma 4: tra le parole "articolo" e "decreto"
inserire "8 del";

– articolo 63, l’aggettivo
"previsto" va eliminato,

– articolo 66, al comma 1 dopo le
parole "articolo 38" occorre aggiungere, dopo la virgola, le parole
"commi 1 e 3"; articolo 67, comma 1, terza riga, e comma 4, seconda
riga: dopo "anno" aggiungere "di età";
articolo 67, comma 2: l’espressione "dell’articolo Il 7, sesto comma, della
Costituzione" appare superflua e può essere espunta;

– articolo 67,
comma 4, dopo l’entrata in vigore del citato D.Lgs n.
196 del 2003, è opportuno sostituire la parola "riservatezza"
con le parole "protezione dei dati personali";

– articolo 67,
comma 5, penultima riga: dopo "articolo 72" mettere la virgola;
inoltre le parole "ai sensi dell’articolo" vanno sostituite con le
parole "di cui all’articolo";

– articolo 67,
comma 6, terza riga: correggere "articolo 9" in "articolo
8";

– articolo 72,
comma 1, quarta riga: correggere "articolo 9" in
"articolo 8".

PQM

Esprime parere favorevole con le
suesposte osservazioni.