Civile

Friday 25 June 2004

Il danno esistenziale è una componente del danno patrimoniale. Tribunale di Ivrea – sentenza 22 giugno 2004, n. 304

Il danno esistenziale è una componente del danno patrimoniale.

Tribunale di Ivrea sentenza 22 giugno 2004, n. 304

Giudice Morlini ricorrente Forno

Svolgimento del processo

Con atto di citazione ritualmente notificato il 5 agosto 2000, Franco Forno conveniva in giudizio la Ditta Roberto Castelletti.

Esponeva parte attrice di avere commissionato al convenuto, nel 1993, il rifacimento dellimpianto di gas metano presente nella propria abitazione; di avere regolarmente pagato tale intervento e di avere ricevuto il relativo certificato di conformità; di avere appurato, nel 1999, che limpianto, contrariamente a quanto dichiarato nel certificato di conformità, non era stato posto in essere a regola darte, ma era in realtà viziato; di avere pertanto richiesto al convenuto, e dallo stesso ottenuto, un intervento di riparazione, concretatosi nella sostituzione e nello spostamento dellimpianto; di avere peraltro sofferto un danno, a cagione di tale intervento di riparazione, il cui ristoro veniva richiesto al convenuto.

In particolare, tale danno veniva sostanzialmente individuato in quattro distinte voci.

Da un lato, veniva quantificato in lire 1.445.000, pari ad euro 746,28, il danno patrimoniale derivante dalla fornitura di piastrelle e lastre in granito utilizzate dal Castelletti per lintervento di riparazione, dal consumo di luce ed acqua riconducibili a tale intervento, nonché dai lavori resisi necessari dopo la riparazione dellimpianto a gas, quali limbiancatura di talune pareti, lo smontaggio e rimontaggio dei mobili da cucina, la pulizia delle scale ed il lavaggio dei vetri (cfr. all. 2 fascicolo attoreo).

Da una seconda angolazione, veniva individuato in lire 1.836.000, pari ad euro 948,21, il danno patrimoniale per le due perizie eseguite al fine di far acclarare lesistenza dei vizi dellimpianto e di far conteggiare il danno subito.

Da un terzo punto di vista, veniva calcolato in lire 18.000.000, pari ad euro 9.296,22, il danno patrimoniale derivante dal minor pregio estetico della facciata dellimmobile, asseritamente cagionata dai lavori di riparazione, che avevano reso necessario spostare i contatori del gas da un locale chiuso ad una nicchia sulla facciata esterna; ed avevano altresì richiesto il posizionamento, sulla stessa facciata, delle tubature precedentemente incassate.

Da ultimo, veniva domandato il ristoro del danno non patrimoniale, in comparsa conclusionale qualificato come danno esistenziale, subito da parte attrice per avere sopportato lunghi e disagevoli lavori di riparazione, che avevano impedito il pieno utilizzo della propria abitazione per diversi mesi.

Con comparsa di risposta depositata alludienza ex articolo 183 Cpc del 27 aprile 2001, si costituiva in giudizio la ditta Roberto Castelletti, contestando il fondamento delle pretese avversarie e chiedendone la reiezione.

In particolare, asseriva parte convenuta che tra le parti era intercorso un accordo transattivo, a tenore del quale il Castelletti, pur senza riconoscere un proprio inadempimento, si era impegnato a porre in essere le modifiche allimpianto richieste dal Forno, a fronte dellaccettazione dello svolgimento di tali lavori in tempi non brevi e della rinuncia a successive azioni risarcitorie.

In ogni caso, poi, nelleventualità in cui non fosse risultata provata lesistenza di tale transazione, si eccepiva la decadenza e la prescrizione in ordine ai risarcimenti richiesti, stante il decorso dei termini di cui allarticolo 2226 Cc; e si deduceva comunque linconfigurabilità dei danni ex adverso vantati.

Esperito senza esito il tentativo di conciliazione, la causa veniva istruita dal precedente Giudice Istruttore con linterrogatorio formale del convenuto; con lescussione dei testi Carlo Carluccio, Giovanni Pain, Maria Rosa Dufaux in Broglio, Gabriele Ceretta, Stefania Patrì, Miranda Vecchia, Donato Piero, Maria Lucia Numa, Alfredo DellAmico, Leonardo Fiore; con una Ctu affidata al geometra Luciano Girodo.

Nominato nuovo istruttore con decreto presidenziale 28 gennaio 2003, questo Giudice, non appena depositata la Ctu il 17 settembre 2003, fissava udienza di precisazione delle conclusioni al 31 marzo 2004. A tale udienza, venivano rassegnate le conclusioni sopra trascritte, poi illustrate, nei termini concessi dal Giudice ex articolo 190 Cpc, con il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica

Motivi della decisione

a) Va innanzitutto disattesa, in quanto manifestamente infondata, la ricostruzione giuridica dei fatti offerta da parte convenuta, laddove si parla di transazione intervenuta tra le parti per concordare la gratuita riparazione dellimpianto di gas da parte del Castelletti, in cambio del consenso a riparare tali vizi in tempi non brevi e della rinuncia allazione risarcitoria.

Va in proposito osservato che la difesa di parte convenuta non ha provato per iscritto, e per la verità nemmeno testimonialmente, lavvenuta transazione. Pertanto, richiedendo il contratto transattivo la forma scritta ad probationem (cfr. articolo 1967 Cc), e non essendo stata fornita alcuna prova scritta di tale contratto, deve ritenersi processualmente infondata la ricostruzione operata dal Castelletti.

b) Parimenti da disattendere è leccezione di prescrizione e di decadenza, sollevata, sempre dalla difesa di parte convenuta, ex articolo 2226 Cc.

Sul punto, basta osservare che, anche a voler prescindere dalle osservazioni di parte attrice circa la tempestività della denuncia e della proposizione dellazione, relativa allesecuzione dei lavori del 1999 e non a quelli del 1993, è comunque dirimente il rilievo per il quale leccezione è stata sollevata solo alludienza ex articolo 183 Cpc, allorquando parte convenuta si è costituita in causa.

Pertanto, leccezione stessa è stata proposta oltre il termine di cui allarticolo 180 comma 2 Cpc, e cioè oltre il termine ultimo codicisticamente previsto per sollevare le eccezioni non rilevabili dufficio, quali pacificamente sono quelle relative alla decadenza ed alla prescrizione (cfr. articoli 2938 e 2969 Cc).

Consegue linammissibilità per tardività delleccezione di decadenza e prescrizione sollevata da parte convenuta.

c) Venendo allesame del merito della vicenda, non può essere revocato in dubbio che lopera svolta dal Castelletti nel 1993, pur se da lui regolarmente certificata, fosse in realtà viziata, posto che «cera un problema di irregolarità dellimpianto, con riferimento ai materiale utilizzati per la tubazione di adduzione del gas dal contatore allimpianto di utilizzo» (cfr. deposizione teste Alfredo dellAmico, dirigente Agac, teste certamente qualificato, attendibile ed assolutamente indifferente, della cui veridicità nessuna parte ha dubitato).

Ciò detto, la domanda risarcitoria formulata dallattore è solo parzialmente fondata, e va quindi accolta nei limitati termini di cui in motivazione.

d) Con riferimento al danno patrimoniale sopportato da parte attrice per la fornitura di piastrelle e lastre in granito utilizzate dal Castelletti per lintervento di riparazione, per il consumo di luce ed acqua connesso a tale intervento, per i lavori resisi poi necessari dopo la riparazione, quali limbiancatura di alcune pareti, lo smontaggio e rimontaggio dei mobili da cucina, la pulizia delle scale ed il lavaggio dei vetri, va evidenziato che il Forno ha provato di avere effettivamente fornito piastrelle e lastre in granito (cfr. deposizione teste Maria Rosa Dufaux in Broglio sul capitolo 18 attoreo), nonché di avere smontato e rimontato il mobilio (cfr. deposizione teste Maria Rosa Dufaux in Broglio sul capitolo 24 attoeo). Può poi ritenersi presuntivamente accertato ex articolo 2727 Cc anche il dedotto consumo di acqua e luce, in ragione della necessarietà di tale consumo per procedere ai lavori de quibus, ma non ci sono invece evidenze processuali idonee a supportare leffettuazione di lavori di imbiancatura, né di pulizia scale o di lavaggio vetri.

Pertanto, va riconosciuta al Forno la richiesta somma di lire 298.000 per fornitura piastrelle e lastre, lire 100.000 per montaggio e smontaggio mobili, lire 30.000 per consumi di acqua e luce, somme tutte ritenute congrue dal Ctu (cfr. pag. 9 perizia) per un totale complessivo di lire 428.000, pari ad euro 221,04.

d1) Per quanto concerne lulteriore danno patrimoniale derivante dallesborso sopportato per redigere la perizia relativa al difetto dellimpianto di gas ed al calcolo dei pretesi danni subiti dal Forno a cagione di tale difetto, anche in questo caso la domanda è solo parzialmente fondata.

Infatti, ritiene questo Giudice che debba effettivamente essere ristorata la spesa di lire 1.224.000, pari ad euro 632,14, sostenuta per far accertare al geometra Carluccio lesistenza di un difetto, quale quello dellimpianto del gas, che solo una perizia tecnica può verificare; e che era comunque necessario verificare per potere richiedere al Castelletti lintervento di riparazione.

Quanto alla relazione peritale di meno di due pagine complessive, allesito delle quali, con una motivazione di nove righe, il geometra Ferrando quantifica in lire 18.000.000 il danno morale a suo avviso subito dal Forno, sostanzialmente per il fatto di avere dovuto riparare limpianto oggetto di causa, ritiene il Giudice che si tratti di una relazione del tutto ultronea ai fini di causa. Infatti, anche a volere tacere della questione delleffettiva configurabilità nel caso di specie di un danno morale, non pare sia seriamente revocabile in dubbio che una perizia per calcolare il danno morale non rientra in alcun modo nelle competenze professionali di un geometra, né può quindi a questi essere commissionata.

Il costo di lire 612.000 asseritamente sopportato per tale perizia, integra quindi una spesa assolutamente ingiustificata, che come tale non può essere addebitata a parte convenuta.

d2) Relativamente poi allulteriore voce di danno dedotta da parte attrice ed attinente alla diminuzione di valore dellimmobile a seguito del deturpamento della facciata per il posizionamento di una nicchia contenente il contatore del gas e per il passaggio delle tubazioni, trattasi di danno insussistente.

Sul punto, va infatti richiamato quanto chiarito dal Ctu, con motivazione convincente e pienamente condivisibile, dalla quale il Giudicante non ha motivo di discostarsi in quanto frutto di un iter logico ineccepibile e privo di vizi, condotto in modo accurato ed in continua aderenza allo stato di fatto analizzato, che resiste quindi alle generiche doglianze di parte attrice volte a richiedere una rinnovazione della perizia.

Si osserva innanzitutto che, già in linea generale, «la soluzione adottata nel caso in esame, oltre ad essere quella più comune e più economica, è anche la più sicura» (pag. 10 perizia).

Quanto allo specifico preteso deturpamento derivante dal posizionamento sulla facciata delle tubazioni, si evidenzia che «i tubi sono stati posizionati sulla facciata secondaria, prospiciente il fiume Dora Baltea»; e che essi risultano visibili unicamente dallarea sottostante il fabbricato, per accedere alla quale «è necessario passare attraverso il piano cantine del fabbricato stesso», ovvero risultano visibili dalla riva opposta del fiume «unicamente con lausilio di un binocolo e fotografabili unicamente da un teleobiettivo». La pretesa risarcitoria è quindi ictu oculi infondata.

Con riferimento poi alla nicchia contenente il contatore del gas, ha correttamente evidenziato il Ctu che trattasi della soluzione non solo più sicura e più diffusa tra le tante possibili, ma anche della soluzione utilizzata dai fabbricati di pregio e recentissimamente ristrutturati. Nessuna diminuzione di valore può quindi conseguire allimmobile per tale scelta di posizionamento del contatore del gas, che si ribadisce essere la più sicura, la più diffusa e quella utilizzata nelle recenti ristrutturazioni dei fabbricati di pregio.

e) Muovendo poi allanalisi della richiesta di ristoro del danno esistenziale subito da parte attrice, va preliminarmente osservato come questo Giudice non abbia motivo di discostarsi dalla recente giurisprudenza della Suprema corte formatasi sul punto, che viene anzi pienamente condivisa.

Deve quindi qui essere ribadito che il danno esistenziale, individuato accogliendo le istanze della più attenta dottrina, è stato definito da un autorevole Autore come la «forzosa rinuncia allo svolgimento di attività non remunerative, fonte di compiacimento o di benessere per il danneggiato, perdita non causata da una compromissione dellintegrità psicofisica» (per la giurisprudenza, cfr. Cassazione 16716/03; 9009/01; 6507/01; 4881/01; 1516/01; 7713/00).

A differenza del biologico, tale voce di danno sussiste indipendentemente da una lesione fisica o psichica suscettibile di accertamento e valutazione medico-legale (cfr. articolo 13 D.Lgs 38/2000 e articolo 5 legge 57/2001); rispetto al morale, inteso come transeunte turbamento dello stato danimo della vittima, non consiste in una sofferenza od in un dolore, ma nella rinuncia ad una attività concreta; diversamente dal patrimoniale, prescinde da una diminuzione della capacità reddituale (cfr. Cassazione 8827/03; 8828/03). Acutamente, si è sottolineato che se il danno morale è un sentire, il danno esistenziale è un non potere fare.

Evidente ratio dellindividuazione di tale forma di danno è quella di estendere il meccanismo di tutela risarcitoria alla lesione di interessi costituzionalmente protetti, pur si diversi dal diritto alla salute, e che pertanto non possono essere ricompresi nel danno biologico (Cassazione 16716/03; 9009/01).

Alla luce dellindividuazione nel nostro ordinamento giuridico del danno esistenziale, lattuale sistema risarcitorio, abbandonata la tripartizione tra danno patrimoniale ex articolo 2043 Cc, danno biologico ex articoli 2043 Cc e 32 Costituzione, danno morale ex articolo 2059 Cc, deve piuttosto essere ricostruito in base ad una struttura bipolare, che vede affiancarsi il danno patrimoniale ex articolo 2043 Cc ed il danno non patrimoniale ex articolo 20959 Cc. A sua volta, il danno non patrimoniale va articolato in danno biologico, morale ed esistenziale (Cassazione 8827/03; 8828/03; 16525/03), posto che danno non patrimoniale e danno morale sono nozioni distinte (Cassazione 2367/00).

Per quanto concerne il meccanismo risarcitorio, si è evidenziato come, nel caso di lesione di un interesse costituzionalmente protetto, quale ad esempio quello di cui agli articoli 2, 29 e 30 della Costituzione, il pregiudizio conseguente integra un danno non patrimoniale che va risarcito indipendentemente dal fatto che vi sia laccertamento di un fatto di reato, in ragione della natura del valore inciso. Infatti, una lettura costituzionalmente orientata dellarticolo 2059 Cc impone di ritenere inoperante detto limite, al fine di potere accordare sempre tutela a quelle situazioni riconosciute nella Costituzione quali diritti inviolabili inerenti la persona, pur se non aventi natura economica, che necessariamente esigono una tutela almeno risarcitoria (Cassazione 12124/03; 8827/03; 8828/03).

Daltronde, se è ben vero che, nella prospettiva del legislatore codicistico, il risarcimento del danno non patrimoniale era subordinato allaccertamento di un fatto di reato (cfr. articolo 2059 Cc e 185 Cp), è altrettanto vero che, in progresso di tempo, si sono espressamente riconosciuti, a livello legislativo, casi di risarcimento del danno non patrimoniale al di fuori delle ipotesi di reato (cfr. articolo 2 legge 117/88 sulla privazione della libertà personale nellesercizio di funzioni giudiziarie, articolo 29 comma legge 675/96 sullillecita raccolta di dati personali, articolo 44 comma 7 D.Lgs 286/98 sulladozione di atti discriminatori, articolo 2 legge 89/2001 sullirragionevole durata del processo).

Il danno esistenziale rappresenta un danno conseguenza, non danno evento, volendo usare la nota terminologia di Corte costituzionale, 184/96. Discende che la parte deve allegare i fatti e provare il danno (Cassazione 17429/03; 16946/03; 12124/03; 8827/03; 8828/03), pur se è ben possibile ricorrere, in base al prudente apprezzamento del Giudice, a fatti notori od a massime di comune esperienza (Corte appello Milano, 29 gennaio 2003/14 febbraio 2003), e comunque utilizzare il parametro di liquidazione equitativa di cui agli articoli 1226 e 2056 Cc (Cassazione 16946/03; 8827/03; 8828/03).

e1) Ciò esposto in linea generale, ritiene il Giudice che, nel caso oggetto di causa, Franco Forno abbia effettivamente patito un danno di natura esistenziale.

Va in proposito osservato come listruttoria svolta abbia comprovato il fatto che lintervento di riparazione dellimpianto del gas operato dal Castelletti per sopperire ad un errore a lui riconducibile, durarono molto, circa per tre o quattro mesi (teste Mirando Vecchia, abitante in uno degli appartamenti siti nelledificio ove abita anche il Forno). Ribadisce un altro abitante delledificio che i lavori proseguirono per tanto tempo e comunque per oltre un mese (teste Maria Rosa Dufaux in Broglio), e la stessa impiegata della ditta Castelletti conferma che «i tempi erano lunghi perché avevamo altre priorità» (teste Stefania Patrì), tanto che Castelletti fu sollecitato ad ultimare i lavori (teste Miranda Vecchia).

Durante lo svolgimento dei lavori di riparazione dellimpianto a gas, labitazione del Forno era di fatto parzialmente inagibile, al punto che lattore era spesso ospitato a causa dei disguidi evidenti dalla vicina di casa, e da questultima è stato anche ospitato a pranzo e cena per oltre un mese quando i lavori riguardavano la cucina (cfr. deposizione Maria Rosa Dufaux in Broglio, cioè la stessa vicina che ha ospitato il Forno).

Il quadro sopra delineato denota, ad avviso di questo Giudice, da parte del Forno, una «forzosa rinuncia allo svolgimento di attività non remunerative, fonte di compiacimento o di benessere per il danneggiato, perdita non causata da una compromissione dellintegrità psicofisica», in perfetta aderenza alla definizione di danno esistenziale sopra enucleata.

Si tratta, in particolare, di una sensibile limitazione delle possibilità di estrinsecare la propria personalità nel normale svolgimento dellattività di godimento della propria abitazione domestica, rimanendo privato della stessa possibilità di utilizzare labitazione od una parte della stessa quale la cucina, per un significativo periodo di tempo, protrattosi per circa tre quattro mesi. Viene quindi perfettamente integrato quel non potere fare, che connota con tipicità la nozione del danno esistenziale.

Né può quindi esservi dubbio sul fatto che il diritto a godere con pienezza della propria abitazione, rientri tra i quelli riconosciuti dalla Carta Fondamentale allarticolo 2 Costituzione, che tutela il diritto dellindividuo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, pur se non avente natura economica. Consegue che, in conformità alla giurisprudenza di merito già formatasi sul punto, la ridotta godibilità della propria abitazione, integra unipotesi di vero e proprio danno esistenziale (Trib. Roma 10/10/2001, App. Aquila 27/2/2001, Trib. Roma 18/5/2003).

Per quanto concerne la quantificazione del danno sofferto, avendo lattore allegato e provato un minorato utilizzo della propria abitazione per circa 3 mesi, ritiene il Giudice di potere operare tale quantificazione, in base ad un prudente apprezzamento fondato sul parametro della valutazione equitativa ex articoli 1226 e 2056 Cc, in complessivi euro 1.200,00, pari ad euro 400,00 mensili.

f) In ragione di tutto quanto sopra esposto, parte convenuta deve essere condannata a pagare a parte attrice la complessiva cifra capitale di euro 2.053,18, data dalla somma tra il danno patrimoniale sub d) di euro 221,04, il danno patrimoniale sub d1) di euro 632,14, il danno non patrimoniale sub e1) di euro 1.2000,00.

Su tale somma capitale, come da domanda, vanno accordati interessi legali e rivalutazione, integrando il debito risarcitorio un debito di valore e non di valuta, al quale non si applica quindi il principio nominalistico di cui allarticolo 1277 Cc. In particolare, alla stregua dellinsegnamento assolutamente consolidato della Suprema Corte a partire da Cassazione Su, 1712/85, gli interessi legali vanno calcolati sulla somma via via rivalutata (da ultimo, cfr. Cassazione 3871/04; 19188/03; 1228/03; 317/02), con decorrenza, ex articolo 1219 Cc, dalla domanda giudiziale, coincidente messa in mora pregiudiziale del 28/6/2000 (cfr. all. 3 fascicolo di parte).

Pertanto, alla data odierna di pubblicazione della sentenza, alla somma capitale di euro 2.053,18, vanno aggiunti euro 195,98 a titolo di rivalutazione, ed euro 257,40 per interessi moratori calcolati al tasso legale sulla somma rivalutata con un indice medio, per una complessiva somma di euro 2.506,56.

Su tale cifra vanno poi calcolati gli interessi moratori dal 22 giugno 2004, data di pubblicazione della sentenza, al saldo.

g) Quanto infine alle spese di lite, laccoglimento solo fortemente parziale della domanda attorea, spiegata per la ben maggior somma capitale di euro 10.990,72 rispetto alla somma capitale di poco più di due mila euro poi effettivamente accordata, integra in tutta evidenza una soccombenza reciproca ex articolo 92 comma 2 Cpc.

Risultando quindi accolta la domanda attorea per solo un quinto dellammontare richiesto, appare doveroso compensare i quattro quinti delle spese di lite, condannando parte convenuta al pagamento della rimanente quinta parte delle spese stesse. Nella liquidazione, effettuata coma da dispositivo, va peraltro tenuto presente che, in base al disposto della tariffa forense, per lindividuazione dello scaglione di riferimento, occorre fare riferimento «alla somma attribuita alla parte vincitrice piuttosto che a quella domandata».

Eguale criterio di riparto va poi individuato per le spese di Ctu, già liquidate in corso di causa, che per i quattro quinti vanno quindi definitivamente compensate tra le parti, ponendole a carico solidale delle stesse nei rapporti esterni ed in via parziaria nei rapporti interni; per il rimanente quinto, vanno invece poste definitivamente a carico di parte convenuta.

PQM

Il Tribunale di Ivrea in composizione monocratica

definitivamente pronunciando sulla causa proposta da Franco Forno nei confronti della ditta Roberto Castelletti, con atto di citazione notificato il 5 agosto 2000

nel contraddittorio tra le parti, respinta ogni altra domanda, istanza od eccezione,

dichiara tenuta e condanna la ditta Roberto Castelletti a pagare a Franco Forno euro 2.506,56, oltre interessi legali dal 22 giugno 2004 al saldo;

dichiara tenuta e condanna la ditta Roberto Castelletti a rifondere a Franco Forno un quinto delle spese di lite del presente giudizio, che liquida per tale quinto in euro 107,47 per rimborsi non imponibili, euro 600,00 per diritti ed onorari, oltre Iva, Cpa ed articolo 15 Tp come per legge;

compensa tra le parti i rimanenti quattro quinti delle spese di lite;

dichiara tenuta e condanna la ditta Roberto Castelletti a rifondere a Franco Forno un quinto delle spese di Ctu, già liquidate in corso di causa, che per tale quinto pone definitivamente a suo carico;

compensa tra le parti i rimanenti quattro quinti delle spese di Ctu, già liquidate in corso di causa, che pone per tali quattro quinti in via solidale tra le parti nei rapporti esterni ed in via parziaria nei rapporti interni.