Lavoro e Previdenza

Friday 11 November 2005

Il casellante plurirapinato può rifiutare di prestare servzio se il datore di lavoro non pone in essere tutti i presidi a tutela dell’ incolumità del dipendente.

Il casellante plurirapinato può
rifiutare di prestare servzio se il datore di lavoro non pone in essere tutti i presidi a tutela dell’incolumità del
dipendente.

Cassazione – Sezione lavoro – sentenza 5 luglio-7 novembre 2005, n. 21479

Presidente Mileo – Relatore
Capitanio

Pm Apice – conforme – ricorrente
Mancini – controricorrente Autostrade Concessioni Spa

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in data 9
marzo 2001 Marco Mancini conveniva in giudizio davanti
al giudice del lavoro presso il Tribunale di Verbania la società Autostrade
Concessioni Spa chiedendo che venisse dichiarata, con le conseguenze di legge,
la illegittimità del licenziamento intimatogli con lettera del 30 novembre
2000.

A giustificazione della domanda
esponeva di avere lavorato alle dipendenze della convenuta con mansioni di esattore presso il casello di Castelletto Ticino e che,
avendo subito tra i mesi di giugno e luglio 2000 ben tre rapine a mano armata
durante il turno notturno, aveva chiesto inutilmente alla società datrice di
lavoro l’adozione di misure idonee a garantire e tutelare la sicurezza dei
lavoratori addetti al casello e, quindi, dopo avere del pari inutilmente
diffidato la società, aveva comunicato di volersi astenere dal lavoro con
diritto alla retribuzione a decorrere dal 15 ottobre 2000, ricevendo come
risposta la contestazione dell’assenza ingiustificata e l’intimazione del
licenziamento.

Con sentenza in data 19 settembre
2001 il giudice adito rigettava la domanda del lavoratore.

Con sentenza in data 10 maggio/6
giugno 2002 la Corte d’appello di Torino rigettava l’appello del
Mancini osservando che ai fini della decisione della controversia non
fosse determinante accertare se le misure di sicurezza adottate dalla società
datrice di lavoro fossero pienamente idonee a garantire la sicurezza dei
lavoratori o se, invece, ne fossero individuabili altre maggiormente efficaci,
perché, anche qualora fosse stato accertato un parziale inadempimento del
datore di lavoro agli obblighi derivanti dall’articolo 2087 Cc, il rifiuto
totale della prestazione lavorativa da parte del lavoratore non sarebbe stato
comunque proporzionato al parziale inadempimento del datore di lavoro e non
sarebbe stata, perciò, applicabile la scriminante di cui all’articolo 1460
c,c..

La Corte territoriale aggiungeva,
altresì, che anche a volere ritenere fondato l’addebito mosso dal lavoratore
alla società Autostrade di non avere adeguatamente provveduto
a tutelare la sicurezza dei propri dipendenti per i rischi
extralavorativi in violazione dell’articolo 2087 Cc, tale inadempimento non
avrebbe potuto essere considerato grave sia perché si trattava di un
inadempimento relativo a uno solo dei profili di tutela della sicurezza dei
lavoratori e sia perché non poteva essere addebitata alla società Autostrade la
totale assenza di misure di sicurezza ma eventualmente, soltanto la mancata
adozione di misure di sicurezza più idonee e non facilmente individuabili.

Marco Mancini ricorre per la
cassazione della sentenza della Corte d’appello di
Torino con due motivi.

La Autostrade
Concessioni Spa resiste con controricorso e ha presentato in udienza memorie di
replica contro le conclusioni del Procuratore Generale.

Motivi della decisione

Con il primo e il secondo motivo,
da esaminare congiuntamente in quanto logicamente connessi, il ricorrente,
denunziando violazione e falsa applicazione dell’articolo 2087 Cc in relazione all’articolo 1460, violazione e falsa
applicazione dell’art 1460 Cc, nonché omessa motivazione su tali punti decisivi
della controversia, deduce che soltanto in occasione delle successive rapine
verificatesi sempre alle stesso casello e in occasione delle quali l’esattore
era stato ferito con un colpo di arma da fuoco, la società si era decisa a
blindare il casello, proprio come ripetutamente o inutilmente egli aveva
auspicato.

Aggiungo che sul punto la Corte
d’appello di Torino era stata carente nella
motivazione affermando che in difetto di una idonea tutela dell’incolumità del
lavoratore e dei numerosissimi episodi di rapina verificatisi, la mancata
adozione di tutte le cautele possibili potesse configurarsi come inadempimento
parziale contrapposto all’inadempimento totale del lavoratore senza
considerare, invece, che quest’ultimo non aveva potuto far altro che
allontanarsi dal casello sino al momento in cui esso non fosse stato difeso.

Rileva, ancora, il ricorrente che
la Corte d’appello di Torino non aveva correttamente valutato,
ai fini della sussistenza della scriminante dell’inadempimento di cui all’at.
1460 Cc , il principio della correttezza e della buona
fede, certamente sussistenti in capo al lavoratore, che prima di rifiutare la
prestazione lavorativa, aveva invitato ripetutamente la società ad approntare
misure di sicurezza più idonee a tutelare l’integrità fisica dell’esattore del
casello, nonché quello della successione cronologica e della proporzionalità
tra l’inadempimento della società e il rifiuto della prestazione lavorativa. posto che l’adempimento richiesto alla società concerneva
misure idonee a tutelare l’integrità fisica del lavoratore.

Su tale punto, conclude
il ricorrente, andava adeguatamente accertata la sussistenza della gravità
dell’inadempimento del datore di lavoro idonea a giustificare l’inadempimento
del prestatore di lavoro.

Invece la corte territoriale
aveva ritenuto che la totale inadempienza del lavoratore escludesse la
scriminante di cui al citato articolo 1460 omettendo, in tal modo, di motivare
sulla gravità dell’inadempimento della società, attinente alla
integrità fisica del lavoratore e idonea, perciò, a giustificare
l’inadempimento di quest’ultimo.

Il ricorso è fondato.

Nei contratti a prestazioni
corrispettive, quando una delle parti giustifica il proprio inadempimento con
l’inadempimento dell’altra, occorre procedere alla valutazione comparativa del
comportamento dei contraenti non soltanto in
riferimento all’elemento cronologico delle rispettive inadempienze, ma anche in
relazione ai rapporti di causalità e di proporzionalità di tali inadempienze
rispetto alla funzione economico-sociale del contratto al fine di stabilire se
effettivamente il comportamento di una parte giustifichi il rifiuto dell’altra
di eseguire la prestazione dovuta, tenendo presente che va, in primo luogo,
accertata la sussistenza della gravità dell’inadempimento cronologicamente
anteriore, perché quando questo non è grave, il rifiuto dell’altra parte di
adempiere non è di buona fede e, quindi, non è giustificato (v. pronunce di
questa Corte 4743/98; 10668/99; 699/00; 8880/00 ecc.). Va inoltre, aggiunto che
il requisito della buona fede previsto dall’articolo
1460 Cc per la proposizione dell’eccezione inadimplenti non est adimplendum
sussiste quando, nella comparazione tra inadempimento cronologicamente
anteriore e prestazione corrispettiva rifiutata, il rifiuto sia stato
determinato non solo da un inadempimento grave, ma anche da motivi
corrispondenti agli obblighi di correttezza che l’articolo 1175 Cc impone alle
parti in relazione alla natura del contratto e alle finalità da questo
perseguite (v. pronuncia di questa Corte 4743/98).

In particolare con riferimento al
contratto di lavoro l’ipotesi del sopravvenuto venir meno in modo totale o
parziale della prestazione lavorativa tale da giustificare il licenziamento ex articolo 18 legge 300/70 per giusta causa o per giustificato
motivo ai sensi dell’articolo 3 legge 604/96 non è ravvisabile se il mancato o
non completo adempimento del lavoratore trova giustificazione nella mancata
adozione da parte di datore di lavoro delle misure di sicurezza che, pur in
mancanza di norme specifiche, il datore è tenuto ad osservare a tutela
dell’integrità fisica e psichica del prestatore di lavoro e se quest’ultimo
prima dell’inadempimento secondo gli obblighi di correttezza informa
il datore di lavoro circa le misura necessarie da adottare a tutela
dell’integrità fisica e psichica del lavoratore, sempre che tale necessità sia
evidente o, comunque, accertabile o accertata.

Ciò premesso, va, intanto,
osservato che è erronea l’affermazione della corte territoriale, secondo la
quale l’obbligo del datore di lavoro di assicurare al lavoratore misure di
sicurezza idonee a garantirgli la integrità fisica e
morale nell’adempimento della prestazione lavorativa avrebbe avuto ad oggetto
un rischio di natura extra-lavorativa.

Al rischio denunciato dal
lavoratore, invece, era lavorativo, posto che trovava occasione
nell’adempimento della sua prestazione.

Pertanto, al fine di stabilire
quale sia l’inadempimento colpevole e quale quello
incolpevole occorre procedere necessariamente a una comparazione tra
l’inadempimento cronologicamente anteriore e quello cronologicamente successivo
al fine di valutare la gravità del primo, in relazione alla funzione socio-economica
del contratto, come conseguenza giustificata o giustificabile
dell’inadempimento del secondo.

Tale giudizio di prevalenza o di equivalenza tra i due contrapposti inadempimenti
contrattuali costituisce un accertamento di fatto, in quanto tale non
sindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione esauriente e
immune da vizi logici e giuridici.

Nella specie, invece, la Corte
d’appello di Torino ha esaminato la comparazione delle inadempienze in base al
criterio quantitativo e non già a quello qualitativo ossia ha comparato i due
contrapposti inadempimenti non già in riferimento alla
loro natura e gravità, bensì alla totale o parziale mancata esecuzione delle
fondamentali prestazioni corrispettive del contratto di lavoro.

In
riferimento alla scriminante di cui all’articolo 1460 Cc andava invece valutata
la natura della complessiva obbligazione incombente sul datore di lavoro e
comprendente anche l’obbligo di adozione di tutte le misure di sicurezza idonee
ad assicurare la tutela dell’integrità fisica del lavoratore in relazione
all’organizzazione dell’azienda.

Una volta accertata
l’inosservanza di tale obbligo di adozione delle
misure di sicurezza, avrebbe dovuto esser cura del giudice di merito accertare,
a sua volta, previo libero apprezzamento delle risultanze di tutte le
circostanze evidenziate dai testi o da ritenere acquisibili al processo se non
come fatti notori (successive rapine allo stesso casello in occasione delle
quali sino stati feriti esattori ivi addetti e successiva adozione delle misure
di sicurezza già richieste dal Mancini ) quanto meno se e come fatti non
contestati , se fosse stata o no giustificata secondo correttezza e buona fede
la risposta di inadempimento del lavoratore.

Pertanto, in accoglimento del
proposto ricorso, la sentenza, impugnata va cassata con rinvio, anche per le
spose del presente giudizio, alla Corte d’appello di Genova, la quale si
uniformerà nella definizione della controversia, ai principi di diritto sopra
sottolineati e sorreggerà la decisione con motivazione esauriente e immune dai
vizi logici e giuridici in cui è incorsa la Corte d’appello di Torino e sopra
evidenziati.

PQM

La Corte accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e
rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte

d’appello
di Genova.