Penale

Saturday 01 May 2004

I presupposti per la revoca del porto d’ armi.

I presupposti per la revoca del porto d’armi.

TAR CALABRIA – REGGIO CALABRIA – sentenza 27 aprile 2004 n. 396 – Pres. ff. – Novarese, Est. Burzichelli – Ientile (Avv. Chiara Chindamo) c. Ministero dell’Interno (Avv.ra Stato) –

per l’annullamento

del decreto prot. n. 643 Sett. I Sez. I Mod. 43/2°/C/B, emesso dalla Prefettura di Reggio Calabria in data 27 giugno 2003, con il quale è stato respinto il ricorso del ricorrente nei confronti del provvedimento di sospensione della licenza di porto di fucile adottato dal Commissariato di Pubblica Sicurezza di Siderno;

FATTO

Con il presente gravame, come già enunciato in epigrafe, il ricorrente ha impugnato il decreto prot. n. 643 Sett. I Sez. I Mod. 43/2°/C/B, emesso dalla Prefettura di Reggio Calabria in data 27 giugno 2003, con il quale è stato respinto il suo ricorso nei confronti del provvedimento di sospensione della licenza di porto di fucile adottato dal Commissariato di Pubblica Sicurezza di Siderno.

L’Amministrazione Statale, ritualmente intimata, si è costituita in giudizio, sollecitando il rigetto del ricorso.

Nella pubblica udienza del 24 marzo 2004, sentiti i difensori delle parti, come indicato in verbale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Con il provvedimento impugnato in questa sede, è stato respinto il ricorso gerarchico proposto dall’odierno ricorrente avverso la sospensione della licenza di porto di fucile per uso caccia disposta dal Commissariato di Pubblica Sicurezza di Siderno.

Tale ultimo provvedimento era stato adottato a seguito del deferimento del ricorrente da parte del Comando Stazione Carabinieri di Mammola in data 20 luglio 2002 per violazione dell’articolo 20-bis della legge n. 110/1975 (“omessa custodia di armi”).

Il ricorrente ha rappresentato al Collegio che, a seguito della denuncia inoltrata dai Carabinieri di Mammola, lo steso aveva provveduto a munirsi di apposita fuciliera e che il procedimento penale era stato definito con decreto di archiviazione emanato da giudice per le indagini preliminari in data 15 aprile 2003 a seguito di oblazione.

A dispetto di ciò, la Prefettura di Reggio Calabria aveva rigettato il ricorso gerarchico proposto dall’interessato, sul rilievo che, “pur essendo le imputazioni di illeciti di per sè non preclusive della licenza, sia per la natura dei reati che per lo stato di pendenza dei procedimenti conseguentemente instaurati, sussiste la sintomatologia di comportamenti che destano allarme sociale”.

Con unico motivo di gravame, il ricorrente ha lamentato “eccesso di potere per travisamento dei fatti e motivazione incongrua e insufficiente”, osservando che la Prefettura non aveva considerato l’intervenuto decreto di archiviazione del procedimento penale, nè la circostanza che la notizia di reato inoltrata dai Carabinieri si fondava su un episodio in realtà imputabile alla moglie dello Ientile, la quale avrebbe lasciato aperto il ripostiglio, normalmente chiuso a chiave, nel quale erano custodite le armi.

L’Amministrazione, secondo il ricorrente, senza effettuare una congrua ed adeguata istruttoria, si sarebbe, quindi, appiattita sulle risultanze di un unico episodio, il quale, comunque, non sarebbe di per sé sufficiente al fine di ritenere la inaffidabilità dello Ientile in ordine al corretto uso delle armi.

Ad avviso del Collegio, il ricorso è infondato.

Deve, in primo luogo, precisarsi che il provvedimento della Prefettura di Reggio Calabria è stato emanato prima della definizione del procedimento penale a seguito di decreto di archiviazione da parte del Giudice per le indagini preliminari, ciò che giustifica l’affermazione in esso contenuta, relativa alla persistente pendenza del procedimento penale instaurato a seguito dell’inoltro della notizia di reato da parte dei Carabinieri di Mammola.

Deve, inoltre, ricordarsi che l’articolo 11, penultimo ultimo comma, del regio decreto n. 773/1931 stabilisce che le autorizzazioni di polizia possano essere negate a chi non possa provare la sua buona condotta e possano revocarsi quando sopraggiungano o vengano a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego della autorizzazione.

L’articolo 43, ultimo comma, del medesimo decreto, stabilisce, poi, che la licenza di portare armi possa essere ricusata a chi non possa provare la sua buona condotta o non dia affidamento di non abusare delle armi.

Al riguardo, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che, ai sensi degli articoli 11 e 43 del regio decreto n. 773/1931, la revoca della licenza di porto d’armi non richiede un oggettivo ed accertato abuso nell’uso delle armi, essendo sufficiente che il soggetto non dia affidamento di non abusarne (Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 858 del 17 luglio 1996), risultando legittima la revoca, la sospensione o il diniego di un’autorizzazione, sulla base del convincimento motivato della Amministrazione circa la prevedibilità dell’abuso dell’autorizzazione, ancorché non ricorra alcuna delle ipotesi direttamente descritte dalla legge (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 267 del 4 maggio 1982).

In effetti, la disciplina contenuta nel regio decreto n. 773/1931 attribuisce all’Autorità di Pubblica Sicurezza un’ampia sfera di discrezionalità in ordine al diniego, alla sospensione o alla revoca delle licenze o autorizzazioni ivi contemplate, salva, ovviamente, l’esigenza di una adeguata motivazione che consenta un sindacato di legittimità sulle ragioni poste a fondamento del provvedimento negativo (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 221 del 28 marzo 1990 e n. 183 del 27 febbraio 1996).

Nel caso in esame, la decisione della Amministrazione si fonda sulla circostanza che l’interessato era stato denunciato per omessa custodia di armi, avendo i Carabinieri rinvenuto i fucili di sua proprietà all’interno di un ripostiglio ove era possibile accedere senza alcuna difficoltà.

È evidente che tale circostanza determina, di per sé, la inaffidabilità dello Ientile in ordine al corretto uso delle armi, le quali, secondo espressa disposizione di legge, devono essere adeguatamente custodite onde evitare che soggetti non autorizzati possano entrarne in possesso.

Al riguardo non può assumere rilievo la circostanza che il relativo procedimento penale sia stato definito con decreto di archiviazione, posto che tale decreto è stato emanato a seguito di intervenuta oblazione.

La archiviazione del procedimento penale, pertanto, non costituisce prova, nella specie, della mancata responsabilità dell’interessato, lasciando piuttosto presumere, sotto il profilo delle valutazioni amministrative, la effettiva responsabilità del ricorrente in ordine al comportamento allo stesso contestato.

Neppure può assumere rilievo la semplice affermazione del ricorrente, secondo cui la responsabilità in ordine alla omessa custodia sarebbe da attribuire alla di lui moglie, posto che, non solo tale asserzione non è suffragata da alcuna risultanza istruttoria (anche in ragione dell’esito del procedimento penale, la cui archiviazione tramite oblazione è stata sollecitata dallo Ientile, che avrebbe, invece, potuto affrontare la fase dibattimentale al fine di fare acclarare la sua innocenza), ma anche in quanto la circostanza che le armi fossero custodite in un ripostiglio e che le chiavi fossero nella disponibilità della moglie, evidentemente non avvertita dal ricorrente in ordine alla necessità di una adeguata custodia delle stesse, costituisce sufficiente indizio sulla inaffidabilità dello Ientile in ordine al corretto uso delle armi.

Ne consegue che il provvedimento impugnato, nella misura in cui contiene un esplicito riferimento alla denuncia inoltrata dai Carabinieri, risulta adeguatamente motivato, nonché emanato in esito ad una corretta ed adeguata istruttoria.

In conclusione, il presente ricorso deve essere rigettato.

Sussistono giusti motivi per compensare interamente fra le parti le spese del presente giudizio.

p.q.m.

Il Tribunale Amministrativo per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria:

1) rigetta il ricorso in epigrafe;

2) compensa fra le parti le spese del presente giudizio;;

3) ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa;

Così deciso in Reggio Calabria, nella Camera di Consiglio del 24 marzo 2004.

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE F.F

F.to Daniele Burzichelli F.to Alberto Novarese

Depositata il 27 aprile 2004.