Civile

Saturday 10 November 2007

I confini tra satira e diffamazione.

I confini tra satira e
diffamazione.

Cassazione – Sezione terza civile
– sentenza 11 ottobre – 8 novembre 2007, n. 23314

Presidente Nicastro – Relatore
Durante

Pm Abbritti – conforme –
Ricorrente Arnoldo Mondadori Editore Spa ed altri – Controricorrente Caselli ed
altri

Svolgimento del processo

Gian Carlo Caselli, all’epoca dei
fatti procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo, conveniva
Giorgio Forattini, Roberto Briglia, la s.p.a. Arnoldo Mondadori editore innanzi
al tribunale di Milano per sentirli condannare al risarcimento dei danni
patrimoniali e morali in lire 500.000.000 o nella diversa somma equitativamente
fissata dal giudice.

Deduceva che nel numero del
27.8.1998 del settimanale "Panorama" edito dalla
Arnoldo Mondadori, di cui era direttore responsabile il Briglia, era
apparsa una vignetta del Forattini raffigurante uno scheletro con un ciuffo di
capelli bianchi a forma di falce ed una sciarpa rossa che teneva in una mano la
pistola e nell’altra la bilancia simbolo della giustizia; sosteneva che la
vignetta era riferibile a lui e con evidente allusione gli attribuiva la
responsabilità del suicidio del dr. Lombardini avvenuto in occasione del suo
interrogatorio da parte di un "pool" della procura della Repubblica
presso il tribunale di Palermo da lui guidato.

I convenuti contestavano
l’interpretazione fornita dall’attore ed invocavano, comunque, l’esimente del
diritto di satira e più in generale di manifestazione artistica.

Il tribunale accoglieva la
domanda, condannando i convenuti in solido al pagamento di lire 50.000.000 a titolo di
danno morale e di lire 10.000.000
a titolo di riparazione pecuniaria.

La corte di appello di Milano con
sentenza resa il 23.10.2002 rigettava i gravami del Briglia,
della Mondadori e del Forattini con la seguente motivazione.

Secondo gli appellanti il disegno
non è evocativo della persona del Caselli né del
suicidio del Lombardini, avendo una mera valenza simbolica; senonché la
riferibilità al Caselli persino per il lettore meno attento si desume dal fatto
che a) lo scheletro, simbolo della morte, indossa tocco, toga ed una sciarpa
rossa; b) sul tocco vi è una stella e ne esce una falce formata da un ciuffo di
capelli bianchi (elemento caratterizzante della iconografia forattiniana
relativa al Caselli), c) la figura effigiata non impugna la pistola, ma la
tiene sul palmo della mano nel gesto di offrirla; non può condividersi la tesi
della valenza simbolica del disegno in relazione ai temi della militanza
politica della magistratura, della giustizia, del giustizialismo, della
violenza, essendo soverchiante la valenza dell’orribile comportamento evocato
di un singolo magistrato in una specifica vicenda; contrariamente a quanto
ritenuto dal tribunale, vanno delineati i caratteri della satira, essendo
compito dell’interprete individuare i concetti metagiuridici cui rinvia
l’ordinamento; la satira consiste in una critica mordace di aspetti, ceti,
gruppi, personaggi della vita contemporanea esercitata il più delle volte nei
confronti di uomini di potere; si esercita a mezzo dei "registri" del
sarcasmo, del grottesco, dell’iperbole, del paradosso, secondo un ordine ed una
scelta che non rispondono a regole codificate, ma sono inevitabilmente dirette
a produrre l’effetto comico nei suoi diversi aspetti; tale effetto è elemento
costitutivo del genere, "rappresentandone il necessario scarto rispetto al
procedere rettilineo di una oggettiva narrazione e di una equilibrata
valutazione di persone e vicende, come ben presente ad una tradizione
millenaria espressasi con l’oraziano: quid vetat ridentem dicere verum?";
in considerazione dell’utilità sociale e politica la satira ha una soglia più
larga rispetto alle altre esimenti; la pubblicazione che si presenta come
satirica deve, tuttavia, presentare gli elementi costitutivi del genere; la
difesa del Forattini identifica nel comico e nell’umoristico gli elementi
esenziali della satira; il disegno "de quo" tutto è tranne che comico
ed umoristico; esso è inoltre privo di qualsiasi connotato paradossale sì da
rendere percepibile con chiarezza che l’autore "non fa sul serio";
l’effetto che ne promana è "semplicemente plumbeo, macabro, orripilante
nella sua indiscutibile violenza accusatoria verso il Caselli, presentato come
vero apportatore di morte soprattutto nel chiarissimo gesto di offerta della
pistola"; si deve, pertanto, escludere che ricorra l’esimente del diritto
di satira; egualmente dicasi dell’esimente del diritto di critica, dal momento
che il messaggio portato dal disegno è inscindibilmente connesso con l’attribuzione
di un fatto determinato lesivo del patrimonio morale dell’uomo prima ancora che
del magistrato (l’avere con la propria condotta faziosa ed arbitraria in
qualche modo "condotto" a morte il Lombardini); qualora, come nella
specie, sia accertata l’esistenza del reato di diffamazione, il danno morale
"sub specie" di lesione della reputazione è "in re ipsa" e
nessuna prova (del resto impossibile) deve dare l’attore della risonanza
negativa della pubblicazione nell’opinione pubblica.

Avverso tale
sentenza la
Arnoldo Mondadori ha proposto ricorso per cassazione
sostenuto da due motivi; il Forattini ed il Briglia hanno proposto ricorso
incidentale, affidandone l’accoglimento, il primo, a quattro motivi ed il
secondo a tre; l’intimato ha resistito con controricorso; la Arnoldo Mondadori
editore ha depositato memoria.

Motivi della decisione

1. I ricorsi sono proposti contro
la medesima sentenza ed a norma dell’art. 335 c.p.c. vanno riuniti.

2. Il ricorso del
Briglia non contiene l’esposizione sommaria dei fatti di causa e tanto
ne comporta l’inammissibilità alla luce del principio che per il coordinato
disposto degli artt. 366, comma 1, 371, comma 3, c.p.c. il
ricorso incidentale, al pari di quello principale ed a differenza del
controricorso, deve esporre i fatti di causa separatamente dai motivi in modo
che non si debba ricorrere ad altre fonti processuali e, se non li espone, è
inammissibile, salvo che, diversamente dalla specie, sia possibile desumerli
con chiarezza e completezza dai motivi (ex plurimis Cass. 22.6.2005, n. 13401;
Cass. 11.10.2005, n. 19756; Cass. 27.7.205, n. 15672).

3. Con il primo motivo del
ricorso principale si denuncia falsa applicazione degli artt. 595 c.p., 11 L.
47/1948, 2043 c.c., insufficiente motivazione circa punto decisivo della controversia;
la corte di merito – si sostiene – ha esaminato le difese dell’autore della
vignetta e non pure quelle dell’editore che concernono l’esorbitanza del
giudizio dai limiti oggettivi del testo iconografico, la referenzialità
puramente tematica anche se riferibile alla cronaca del suicidio, l’innocuità
della rappresentazione sul piano esegetico; la vignetta, insieme di segni con
una consistenza logico – tematica, offre elementi equivoci ed insufficienti nel
senso dell’identificazione del personaggio raffigurato e del riferimento alla
tragica vicenda del suicidio del dr. Lombardini; l’evocazione
e, comunque, limitata all’argomento e l’interpretazione non si può spingere
oltre il limite di questo, accreditando una ricostruzione della vicenda che
conduca alla responsabilità del suicidio per istigazione; la pistola nelle mani
del personaggio raffigurato può fare pensare alla relazione tra
l’interrogatorio ed il suicidio, ma è certamente esorbitante attribuire al
personaggio alcuna responsabilità per il suicidio; la corte è censurabile per
avere superato l’aspetto tematico della vignetta, immaginando uno svolgimento
narrativo (l’epilogo del suicidio), e per avere attribuito la responsabilità
per istigazione nel quadro di tale svolgimento; basta la riconduzione
dell’interpretazione nei limiti oggettivi del disegno per escludere qualunque
lesione della reputazione; si aggiunga l’inquadramento nella satira in funzione
non già dell’esimente, bensì di un limite esegetico; la sintesi visiva degli
elementi raffigurati, inquadrata tra le "mascalzonate" dell’autore,
presenta carattere satirico, sollecitando il vaglio critico ed inducendo
scetticismo.

4. Con il primo motivo del
ricorso del Forattini si deduce insufficienza o contraddittorietà della
motivazione in ordine al significato della vignetta; si censura la corte di
merito per avere apoditticamente ritenuto "vane" le considerazioni
secondo le quali una lettura lesiva della reputazione del
Caselli è riduttiva della vignetta, il cui senso è molto più ampio,
dovendosi ad essa riconoscere una valenza simbolica sui temi della giustizia,
del giustizialismo e della violenza, e per avere, da un lato, dimostrato di
essere consapevole delle polemiche suscitate a livello politico, istituzionale
e dell’informazione dal tragico gesto del dr. Lombardini e, dall’altro, escluso la valenza simbolica della vignetta.

5. Con il
secondo motivo dello stesso ricorso si lamenta violazione ed erronea
applicazione delle norme relative al diritto di satira; la corte di merito ha
ritenuto che occorre il comico perché vi sia satira, ma non ha esplicitato il
concetto di comico, come avrebbe dovuto per assolvere l’obbligo motivazionale;
ove, poi, si ritenesse che la corte ha inteso il comico nel senso di divertente
e tale da suscitare il riso, l’errore si ripercuoterebbe sul concetto di
satira, rendendolo così inadeguato che si dovrebbe negare il carattere satirico
delle vignette che hanno riguardato episodi devastanti come il crollo delle
torri gemelle o la morte di militari italiani in Iraq; carattere che è stato,
invece, unanimemente riconosciuto; per raggiungere il proprio scopo (attaccare
e criticare i diversi aspetti della società, di un ambiente, di un individuo)
la satira offre spesso al pubblico una chiave di lettura di un determinato fatto
di dominio pubblico; in questa ottica l’”animus iocandi” acquista una valenza
eventuale e comunque particolare; per "reprimere",
"controllare", stigmatizzare" una manifestazione di
"potere" può rendersi necessario l’impiego di un insieme non
codificato di tecniche particolari intese ad enfatizzare
"ironicamente" la drammaticità di un evento; la vignetta di Forattini
si è limitata a rappresentare la situazione paradossale nella quale un atto che
doveva essere di giustizia ed applicazione della legge è stato occasione di un
drammatico suicidio, lasciando all’osservatore l’interpretazione secondo il
proprio libero pensiero; quella della corte territoriale è una delle tante
interpretazioni possibili e, peraltro, il rilievo che siccome non fa ridere non
è satira non è idoneo a sorreggerla.

6. Con il terzo motivo del
ricorso del Forattini si lamenta violazione e comunque erronea applicazione
delle norme relative al diritto di critica; secondo la corte di merito la
vignetta attribuisce al dr. Caselli il fatto, non rispondente
al vero, di avere "in qualche modo, con la propria condotta arbitraria e
faziosa, condotto a morte il collega, cioè il dr. Lombardini"; in effetti la vignetta è un’elaborazione critica e perciò
personale di un fatto vero; essa non ha nulla a che vedere con l’informazione e
si configura come un’interpretazione, pur se parossistica ed enfatizzata, della
realtà; il fatto storico rappresentato è che in occasione e nel corso di un
lungo interrogatorio il dr. Lombardini si è ucciso con la
propria pistola; partendo da questo fatto si è sviluppato il pensiero critico
nella forma espressiva della vignetta; il Forattini non ha attribuito al dr.
Caselli di avere "condotto a morte" il collega, ma ha stigmatizzato,
facendosi portavoce di una critica di larga parte dell’opinione pubblica, che
in occasione di un’attività giudiziaria (interrogatorio da parte di magistrati)
si sia verificato un fatto così grave; lo svolgimento
dell’attività giudiziaria non è il fatto oggetto della valutazione critica, ma
l’occasione all’interno della quale si è verificato l’episodio che ha suscitato
interrogativi, dubbi, riflessioni critiche; a rendere ancora più evidente che
di critica e non di informazione si è trattato è il titolo della rubrica
(mascalzonate) nella quale è stata pubblicata la vignetta; in sostanza il
suicidio è lo sfondo e, cioè, il contesto nel quale si sviluppa il pensiero
critico del vignettista; pensiero che per quanto duro non costituisce
aggressione gratuita dell’altrui sfera di onore e reputazione.

7. I motivi, da esaminare in un
contesto unitario per l’interdipendenza delle questioni che pongono, non
possono ricevere accoglimento.

7.1. Com’è noto, la satira è
configurabile come diritto soggettivo di rilevanza costituzionale; tale diritto
rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 21 Cost. che tutela la libertà
dei messaggi del pensiero.

Il diritto di satira ha un
fondamento complesso individuabile nella sua natura di creazione dello spirito,
nella sua dimensione relazionale ossia di messaggio sociale, nella sua funzione
di controllo esercitato con l’ironia ed il sarcasmo nei confronti dei poteri di
qualunque natura.

Comunque si esprima e, cioè, in
forma scritta, orale, figurata, la satira costituisce una critica corrosiva e
spesso impietosa basata su una rappresentazione che enfatizza e deforma la
realtà per provocare il riso.

Ne è espressione anche la
caricatura e, cioè, la consapevole ed accentuata alterazione dei tratti
somatici, morali e comportamentali di una persona realizzata con lo scritto, la
narrazione, la rappresentazione scenica.

La satira è espressione artistica
nella misura in cui opera una rappresentazione simbolica che, in modo
particolare la vignetta, propone quale metafora caricaturale.

La peculiarità della satira, che
si esprime con il paradosso e la metafora surreale, la sottrae al parametro
della verità e la rende eterogenea rispetto alla cronaca; a differenza di
questa che, avendo la finalità di fornire informazioni su fatti e persone, è
soggetta al vaglio del riscontro storico, la satira assume i connotati
dell’inverosimiglianza e dell’iperbole per destare il riso e sferzare il
costume.

Insomma, la satira è riproduzione
ironica e non cronaca di un fatto; essa esprime un giudizio che necessariamente
assume connotazioni soggettive ed opinabili, sottraendosi ad una dimostrazione
di veridicità.

Mentre l’aperta inverosimiglianza
dei fatti espressi in forma satirica esclude la loro capacità offensiva della
reputazione, dell’onore e del prestigio, diversamente deve dirsi in caso di
apparente attendibilità di tali fatti.

Incompatibile con il parametro
della verità, la satira è, però, soggetta al limite della continenza e della
funzionalità delle espressioni adoperate rispetto allo scopo di denuncia
sociale perseguito.

Sul piano della continenza il
linguaggio essenzialmente simbolico e frequentemente paradossale della satira –
in particolare di quella esercitata in forma grafica – è svincolato da forme
convenzionali, per cui è inapplicabile il metro della
correttezza dell’espressione.

In questo ambito concettuale è
stato affermato – soprattutto dalla giurisprudenza penale di questa Corte – che
la satira, al pari di ogni altra manifestazione del pensiero, non può
infrangere il rispetto dei valori fondamentali della persona, per cui non va riconosciuta la scriminante di cui all’art.
51 c.p. per le attribuzioni di condotte illecite o moralmente disonorevoli, gli
accostamenti volgari o ripugnanti, la deformazione dell’immagine in modo da
suscitare disprezzo o dileggio (Cass. pen., sez. V, 2.12.1999, n. 2128, Vespa; Cass. civ. 7.11.2000, n. 14485), più
particolarmente è stata esclusa la scriminante nella satira che, trasmodando da
un attacco all’immagine pubblica del personaggio, si risolva in un insulto
gratuito alla persona in quanto tale (Cass. pen., sez.
V, 11.5.2006, n. 23712, G.
e altro) o nella rappresentazione caricaturale e ridicolizzante di alcuni
magistrati posta in essere allo scopo di denigrare l’attività professionale da
loro svolta attraverso l’allusione a condotte lesive del dovere funzionale di
imparzialità (Cass. pen., sez. V, 4.6.2001, n. 36348,
Feltri).

7.2. Il diritto di critica si
concretizza nell’espressione di un giudizio o, più genericamente, di
un’opinione che sarebbe contraddittorio pretendere rigorosamente obiettiva, posto che per sua natura la critica non può che
essere fondata su un’interpretazione necessariamente soggettiva di fatti e
comportamenti.

Per essere legittima e prevalere
sul diritto alla reputazione dei singoli il diritto di critica deve essere
esercitato entro limiti oggettivi fissati dalla logica concettuale e
dall’ordinamento positivo.

Occorre, cioè, un bilanciamento
dell’interesse individuale alla reputazione con quello alla libera
manifestazione del pensiero costituzionalmente garantito; bilanciamento da
ravvisarsi nell’interesse dell’opinione pubblica alla conoscenza non del fatto
oggetto di critiche, che è presupposto da essa ed è
perciò fuori di essa, bensì di quella determinata interpretazione del fatto
(Cass. 22.1.1996, n. 465; Cass. 25.7.2000, n. 9746).

Nell’esercizio del diritto di
critica si possono adoperare espressioni di qualsiasi tipo che si risolvano in
lesione dell’altrui reputazione, purché siano funzionali alla manifestazione di
dissenso ragionato dall’opinione o dal comportamento altrui; non sono, invece,
ammessi apprezzamenti negativi che degradino in gratuita aggressione
distruttiva della reputazione, discreditando la vita altrui in qualcuna delle sua manifestazioni essenziali (Cass. 7.11.2000, n. 14485, in motivazione).

7.3. Nelle
azioni risarcitorie da diffamazione a mezzo stampa la ricostruzione storica dei
fatti, la valutazione del contenuto degli scritti o più in generale delle
espressioni grafiche adoperate, l’accertamento in concreto dell’attitudine
offensiva di tali espressioni, la valutazione dell’esistenza dell’esimente del
diritto di critica o di satira costituiscono accertamento di fatto riservato al
giudice di merito e sindacabile in sede di legittimità per omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione, rimanendo esclusa ogni rivalutazione
dei fatti (Cass. 18.10.2005, n. 20137; Cass. 18.10.2005, n. 20139; Cass.
24.1.2000, n. 747).

In particolare il giudice di
legittimità non deve valutare il fatto dell’alterazione dell’opinione sociale
sull’onore di una determinata persona, ma il discorso giustificativo del
giudice di merito ovverosia le regole metodologiche del giudizio di fatto che
tale giudice ha espresso per giungere alla soluzione adottata.

7.4. Ora la corte di merito, dopo
avere dimostrato con argomentazioni ineccepibili sul piano della logica e della
rispondenza ai fatti accertati la riferibilità della vignetta al dr. Caselli,
ha espresso il giudizio che non ricorrono gli estremi costitutivi delle
esimenti del diritto di satira e di quello di critica.

Con riferimento alla prima
esimente ha osservato che la vignetta è priva di qualsiasi connotazione
paradossale "tale da rendere percepibile al lettore che l’autore non fa
sul serio" e che l’effetto che ne promana è "macabro,
orripilante" nella violenza accusatoria del Caselli
presentato "come apportatore di morte".

Ha cosi espresso un giudizio di
fatto basato su un’interpretazione dei contenuti e dei significati della
vignetta, al quale inutilmente si tenta di contrapporre in questa sede
un’interpretazione diversa, mentre è ancora espressione di un giudizio di fatto
l’affermazione che il titolo della rubrica (mascalzonate) non vale ad escludere
la verosimiglianza del messaggio trasmesso e per tale via la sua carica
offensiva.

Né può assecondarsi lo sforzo
dialettico, pur sostenuto con argomentazioni suggestive, di trasferire la
valenza del messaggio sul piano più generale della tematica della giustizia
attraverso la critica della nozione di comico adottata
dalla corte di merito, atteso che non si radica in tale nozione la conclusione alla
quale la corte perviene sul significato della vignetta (violenza accusatoria
del Caselli presentato come apportatore di morte).

Con riferimento all’altra
esimente la corte di merito ha considerato che il messaggio della vignetta è strettamente connesso con l’attribuzione di un fatto
determinato (l’avere in qualche modo condotto a morte il collega) e tale fatto
ha una gravissima efficacia lesiva del patrimonio morale del Caselli.

Si tratta di un giudizio di fatto
imperniate sull’interpretazione, come tale suscettibile di sindacato in questa
sede per vizi di motivazione; vizi che vengono nella specie
prospettati attraverso una inammissibile lettura alternativa della
vignetta.

8. Con il secondo motivo del
ricorso principale ed il quarto motivo del ricorso incidentale del Forattini,
da esaminare congiuntamente perché investono il medesimo capo della sentenza
impugnata, si denuncia violazione degli artt. 1226 e 2697 c.c.,
nonché vizi di motivazione; in particolare si lamenta che la corte di merito
abbia confermato la condanna al risarcimento del danno morale liquidato in lire
50.000.000 senza tenere conto che 1) rientra nella comune esperienza che le
persone investite di cariche pubbliche sono oggetto di valutazioni ingenerose o
negative, sicché non ricevono alcun danno dai commenti malevoli e potrebbero
addirittura trarne giovamento; 2) le modalità attuative del fatto (disegno)
impediscono la percezione immediata dell’effetto; 3) l’inserimento della
vignetta nella rubrica "mascalzonate" individua la cornice satirica e
paradossale del messaggio trasmesso.

8.1. I motivi non possono essere
accolti.

8.2. Qualora, come viene sostenuto nella specie, la sentenza di secondo grado
abbia confermato quella di primo, la denuncia in sede di legittimità di un
vizio di motivazione su punto decisivo richiede che il punto abbia formato
oggetto di censura in grado di appello e che si indichi con quale atto.

8.3. Nella specie con il ricorso
principale si muovono direttamente censure alla sentenza di primo grado, mentre
le censure contenute nel ricorso incidentale sono indirizzate contro la
sentenza di appello, ma non è indicato quali censure sono state mosse alla
sentenza di primo grado né l’atto che le contiene.

9. In conclusione, il ricorso principale ed il ricorso incidentale del
Forattini sono rigettati; l’altro ricorso incidentale è inammissibile; per il
principio della soccombenza le spese fanno carico ai ricorrenti.

PQM

La Corte riunisce i ricorsi;
dichiara inammissibile il ricorso Briglia; rigetta gli altri ricorsi, condanna
i ricorrenti al pagamento solidale delle spese, liquidate in euro 2100, di cui
euro 2000 per onorari, oltre spese generali ed
accessori di legge.