Imprese ed Aziende

Thursday 04 September 2003

E’ingannevole il messaggio pubblicitario che rechi due offerte pubblicitarie (una gratuita, l’ altra a pagamento) non esplicitamente distinte tra di loro. Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione I, sentenza n. 5424/2003

E ingannevole il messaggio pubblicitario che rechi due offerte pubblicitarie (una gratuita, laltra a pagamento) non esplicitamente distinte tra di loro

Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione I, sentenza n. 5424/2003

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione I,

composto dai Signori:

1) dott. Bruno Rosario Polito Presidente f.f.

2) dott. Antonino Savo Amodio Consigliere

3) dott. Nicola Gaviano Consigliere relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n 50162003 Reg. Gen., proposto dalla soc. Nova Channel AG, in persona del suo legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Vittorio Biagetti, Benedetto Costantino ed Anna Valentina Bernardi

c o n t r o

l’Autorità Garante Concorrenza e Mercato, in persona del suo legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

per l’annullamento

– del provvedimento reso dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in data 06.03.2003 nel procedimento n. PI 3968/D, comunicato in data 18.3.2003;

– di tutti gli atti antecedenti e conseguenziali a quelli impugnati.

VISTO il ricorso ed i relativi allegati;

VISTI gli atti di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;

VISTA la memoria prodotta dalla medesima a sostegno delle sue ragioni;

VISTI gli atti tutti di causa;

UDITI alla camera di consiglio dell’1162003 il relatore nonché l’avv. V. Biagetti e l’avv. dello Stato W. Ferrante;

INFORMATE le parti in ordine alla possibilità di decidere la causa nel merito con sentenza in forma semplificata, ai sensi dell’art. 26 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, come modificato dall’art. 9 L. 205/2000;

RITENUTO e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe, notificato in data 1252003 e ritualmente depositato, la società svizzera Nova Channel AG insorgeva avverso il provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato del 632003 che aveva qualificato come fattispecie di pubblicità ingannevole ai sensi del d.lgs. n. 74 del 2511992 [1], vietandone l’ulteriore diffusione, un messaggio pubblicitario diffuso dalla stessa ricorrente attraverso il servizio postale.

La società esponeva che il proprio messaggio pubblicitario, asseritamente privo di profili di ingannevolezza, era costituito da un semplice modulo con il quale si offriva alle imprese e agli enti turistici contattati la possibilità di effettuare un’inserzione pubblicitaria nella guida turistica Tourist Directory, da essa edita in formato CD-ROM, insieme ad un abbonamento alla medesima pubblicazione.

L’Autorità intimata, costituitasi in giudizio con il patrocinio dell’Avvocatura Generale dello Stato, deduceva l’infondatezza delle censure poste a base del ricorso, concludendo per la sua reiezione.

Alla Camera di consiglio dell’1162003, dopo la discussione orale, rese edotte le parti in ordine alla possibilità di decidere la controversia nel merito con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 26 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 (come modificato dall’art. 9 L. 205/2000) [2], la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso si presenta manifestamente infondato, con la conseguenza di essere suscettibile di un’immediata decisione nel merito in forza della norma appena citata.

La ricorrente con la propria impugnativa mira a contestare la valutazione di ingannevolezza espressa attraverso il provvedimento impugnato.

Il giudizio che forma oggetto di contestazione si basa essenzialmente sulle seguenti considerazioni : “I costi del servizio offerto non sono … chiaramente esplicitati nel messaggio: infatti, la dicitura “Ordine”, collocata in fondo alla pagina del volantino e le condizioni economiche dell’offerta sono riportate con caratteri grafici più compatti ed in modo poco leggibile rispetto al contesto generale del messaggio, senza alcun rinvio che richiami l’attenzione dei destinatari. L’offerta risulta, altresì, confusoria per i destinatari in ragione del fatto che quasi i tre quarti della pagina sono occupati dalle informazioni richieste dall’operatore ai fini del controllo dei dati del destinatario, mentre solo l’ultima parte del foglio è destinata all’avvertenza relativa alle reali condizioni economiche dell’offerta”. Da ciò la conclusione dell’Autorità nel senso che il messaggio non risulterebbe “immediatamente riconoscibile sia per quanto riguarda la sua natura promozionale, sia per quanto attiene alle stesse condizioni economiche dell’offerta”.

A tanto la ricorrente oppone l’assunto che l’Autorità non avrebbe debitamente considerato il fatto che il suo messaggio conteneva due distinte offerte, una gratuita e l’altra a pagamento: quella gratuita, condizionata al puro e semplice invio del formulario opportunamente compilato (senza la sua sottoscrizione); l’offerta a pagamento, invece, consistente in un vero e proprio servizio commerciale (incentrato sulla pubblicazione garantita dei dati del sottoscrittore su almeno tre edizioni successive della guida Tourist Directory), a condizione che il modulo, anche in questo caso debitamente compilato, fosse stato sottoscritto in segno di accettazione dei servizi offerti.

L’esistenza di queste due diverse offerte, secondo la ricorrente, sarebbe emersa in maniera evidente dalla semplice lettura del suo testo, senza profili di ingannevolezza di sorta. Le condizioni economiche dell’offerta onerosa, in particolare, sarebbero state riportate in modo assolutamente chiaro ed intelleggibile rispetto al contesto generale del messaggio.

Nel ricorso viene altresì osservato: che le inserzioni pubblicitarie non godono di alcuna presunzione di gratuità; che il volantino faceva parola di un “ordine”, termine il cui significato di onerosità nel linguaggio commerciale sarebbe univoco; che tale termine sarebbe comparso nel testo del messaggio con caratteri di evidenza; che i destinatari del volantino non erano semplici consumatori, ma imprenditori o addirittura enti pubblici; che la comunicazione esponeva in modo dettagliato e completo le condizioni dell’offerta a pagamento; che, infine, il contatto a mezzo posta garantirebbe che i destinatari della pubblicità abbiano ampio tempo e modo di comprendere il significato del testo ricevuto prima di sottoscriverlo.

Ad avviso del Tribunale queste argomentazioni non possono essere condivise.

La lettura del testo del quale si tratta persuade subito che la distinzione tra le due offerte indicate avrebbe dovuto trovare nel messaggio una ben più nitida illustrazione. Nella missiva il massimo risalto veniva dato, difatti, alla parte, meramente informativa, contenente la richiesta dei dati del destinatario, come se il fine della comunicazione fosse stato essenzialmente conoscitivo e correlato ad una prestazione gratuita (non ben definita, ma verosimilmente di inserzione una tantum in un elenco-guida), con l’effetto di suscitare nel lettore l’impressione di trovarsi dinanzi ad un veicolo pubblicitario per far conoscere senza particolari oneri economici la propria attività.

La reale finalità del messaggio traspariva, invece, soltanto da quanto relegato, con scarsa evidenza, nella parte terminale del suo testo, con il rischio, perciò, che, elusa ormai la soglia della naturale attenzione, al lettore potesse essere carpita una sottoscrizione apposta senza un’adeguata consapevolezza delle sue reali implicazioni.

Assume quindi rilievo la circostanza che, proprio in conseguenza delle modalità di presentazione del messaggio delle quali si è avvalsa la ricorrente, una parte dei suoi destinatari (pur mediamente avveduti, come può esserlo un imprenditore commerciale) potrebbe avere firmato il relativo modulo o ancora sottoscriverlo senza la consapevolezza all’uopo necessaria, per essere stati aggirati, attraverso la tecnica espositiva descritta, i suoi naturali meccanismi di vigilanza.

Come in fattispecie assai simili questo Tribunale ha avuto già modo di osservare, infatti, le modalità con le quali sono state presentate dalla pubblicità in esame le indicazioni attinenti al reale contenuto oneroso dell’operazione propagandata non consentivano al destinatario di apprezzare in modo chiaro ed immediato, tenendo conto del livello di attenzione generalmente dedicata a questo genere di missive, il contenuto sostanziale ed effettivo del messaggio pubblicitario, potendo perciò condurre in errore il pubblico (Tar Lazio, I, n. 750 del 30 gennaio 2002 e n. 13154 del 19122002).

La giurisprudenza di questo Tribunale ha costantemente osservato, invero, che con il decreto legislativo n. 741992 il legislatore ha voluto garantire la libertà del destinatario di un messaggio pubblicitario di autodeterminarsi al riparo da ogni possibile influenza, anche indiretta, che possa anche solo teoricamente incidere sulle sue scelte economiche. In coerenza con questa premessa, poiché la normativa in materia non ha la mera funzione di assicurare una reazione alle lesioni arrecate dalla pubblicità ingannevole agli interessi del consumatore, ma si colloca su di un più avanzato fronte di prevenzione, essendo tesa ad evitare effetti dannosi anche soltanto ipotetici, è stata esclusa la necessità sia che rispetto ad un dato comunicato venga accertata la condizione soggettiva media di intelligenza del consumatore, sia che risulti un pregiudizio economico derivante dalla pubblicità ingannevole. La violazione, nell’informazione pubblicitaria, del dovere di rispettare i parametri di correttezza fissati dalla normativa vigente sussiste, pertanto, anche quando la carenza di uno dei requisiti voluti dalla legge sia solo potenzialmente idonea a ledere la libertà di autodeterminazione del consumatore (Sez. I, sentenze nn. 2077 del 1791999, 2281 del 2771998 e 848 del 3051997).

Da quanto è stato esposto discende, in definitiva, l’incensurabilità delle conclusioni dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nel senso che il messaggio della ricorrente non risultava immediatamente riconoscibile per quanto riguardava la sua natura promozionale e le stesse condizioni economiche dell’offerta con esso pubblicizzata, ed era quindi idoneo ad indurre in errore i consumatori sotto entrambi tali profili.

Per quanto precede, in conclusione, il ricorso deve essere respinto per manifesta infondatezza.

Le spese processuali sono liquidate secondo la soccombenza dal seguente dispositivo.

P Q M

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione I, respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna la società ricorrente al rimborso alla parte resistente delle spese processuali, liquidate nella misura complessiva di euro mille.

La presente decisione sarà eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, Camera di consiglio dell’11062003.

Il Presidente f.f.

L’estensore

Depositata in Segreteria il 18 giugno 2003