Lavoro e Previdenza

Friday 17 October 2003

Dipendenti pubblici e diritto alla continuazione del rapporto di lavoro. Si applica l’ art. 2112 c.c. anche se la cessione dell’ azienda è disposta in esecuzione di un atto autoritativo della P.A.

Dipendenti pubblici e diritto alla continuazione del rapporto di lavoro. Si applica l’art. 2112 c.c. anche se la cessione dell’azienda è disposta in esecuzione di un atto autoritativo della P.A.

Cassazione – Sezione lavoro – sentenza 14 marzo-20 settembre 2003, n. 13949

Presidente Senese – relatore La Terza

Pm Sorrentino – parzialmente conforme – ricorrente Bedendo ed altri

controricorrente Polesine Immobiliare Srl

Svolgimento del processo

Con ricorso al Pretore del lavoro di Rovigo Bedendo Lucio, Dolcetto Guerrino e Zampollo Patrizia – premesso di essere stati dipendenti della Polesine Bus e di essere stati licenziati collettivamente ex articolo 24 legge 223/91 a causa dello scioglimento e della messa in liquidazione della società, a cui il Comune e la Provincia di Rovigo avevano revocato le concessioni per il trasporto pubblico – affermavano che in realtà la Polesine Bus non aveva mai cessato la sua attività, che era proseguita dalla Cooperativa Trasporti Rovigo srl (Ctr), e chiedevano che la suddetta cooperativa venisse dichiarata tenuta a ripristinare il rapporto di lavoro alle precedenti condizioni retributive e normative; nel contraddittorio con la società Polesine Bus e con la Ctr, il Pretore, con sentenza del 10 settembre 1998 rigettava le domande escludendo l’esistenza del trasferimento d’azienda.

Sull’appello dei lavoratori soccombenti, la statuizione veniva confermata dal locale Tribunale con sentenza del 10 ottobre 2000. Il Tribunale rigettava preliminarmente l’istanza di rimessione della causa al primo giudice per la chiamata in giudizio della Sita spa (cui asseritamene l’attività sarebbe stata trasferita dalla Ctr), giacché l’istanza era stata proposta tardivamente in primo grado, né vi era la asserita comunanza di causa, ma solo la facoltà del giudice di ordinare l’intervenuto ex articolo 107 Cpc. Il Tribunale escludeva poi il dedotto trasferimento d’azienda, perché questo non era più configurabile dopo la revoca della concessione per il trasporto pubblico intimata alla Polesine Bus da parte della Provincia e del Comune di Rovigo, essendo la concessione elemento fondamentale dell’azienda, il cui venir meno determinava il venir meno dell’azienda stessa, mentre la Ctr e la Sita avevano esercitato il trasporto pubblico non in base ad una cessione di tipo privatistico, ma in base agli autonomi provvedimenti di concessione, di talché la revoca ed il rilascio della nuova concessione determinavano solo una successine cronologica tra le gestioni del pubblico servizio, con esclusione del trasferimento d’azienda, essendo irrilevante il fatto che alcuni beni, come i veicoli, l’officina e gli arredi d’ufficio fossero stati locati alla Ctr dalla Polesine Bus. D’altra parte il licenziamento collettivo intimato dalla Polesine Bus era giustificato ai sensi dell’articolo 24 della legge 223/91 in forza della cessazione dell’attività.

Avverso detta sentenza i lavoratori soccombenti propongono ricorso affidato a tre motivi illustrati da memoria. Resistono con separati controricorsi la Polesine Immobiliare srl, già Polesine Bus spa in liquidazione, che ha anche depositato memoria e la Cooperativa Trasporti Rovigo.

Motivi della decisione

Con il primo motivo si denunzia erronea applicazione, degli articoli 24 e 3 della legge 223/9l (come novellato dall’articolo 19 della legge 236/93 di conversione del decreto legge 148/93) nonché difetto di motivazione, perché la procedura risolutoria sarebbe iniziata il 30 aprile 1993 e si sarebbe conclusa il 29 maggio dello stesso anno, quando la normativa di “estensione” non era ancora vigente, per cui il licenziamento sarebbe stato intimato in base a norme inapplicabili alla fattispecie. Sarebbe errata anche l’affermazione per cui la legittimità del licenziamento derivava dalla cessazione dell’attività della Polesine Bus, giacché la medesima non era mai effettivamente cessata, essendosi trasformata in Polesine Immobiliare srl, e su tale evoluzione societaria ed imprenditoriale il Tribunale non avrebbe reso alcuna motivazione, ancorché la questione fosse

stata sottoposta al suo esame.

Con il secondo motivo si denunzia violazione dell’articolo 24 della legge 223/91, anche in relazione agli articoli 3 comma 4bis, 4,5, comma terzo della stessa legge, dell’articolo 26 regio decreto 148/31 e 2112 Cc ed agli articoli 1362 e segg. Cc, nonché difetto di motivazione, perché sarebbe formalistica l’affermazione del Tribunale secondo cui la Ctr avrebbe organizzato autonomamente la propria attività imprenditoriale, dopo la messa in liquidazione della Polesine Bus; al contrario, secondo i ricorrenti, l’operazione di trasferimento dell’attività di trasporto pubblico dalla Polibus alla Cooperativa si configurerebbe come un insieme programmato e precostituito di atti miranti alla continuità del servizio, sulla base del protocollo d’intesa tra la Regione, il Comune, la Provincia di Rovigo e le organizzazioni sindacali, in cui sì era pattuito che la Regione

avrebbe fornito i mezzi finanziari alla Provincia per l’acquisto dei beni della Polesine, con obbligo di Provincia e Comune di trasferire le concessioni alla costituenda cooperativa dei lavoratori della Polesine, a cui sarebbero stati dati in comodato i mezzi, ancorché al rapporto di comodato si fosse poi sostituito quello di locazione.

Con il terzo motivo, si denunzia violazione dell’articolo 107 Cpc e difetto di motivazione, perché, sulla base delle circostanze dedotte nell’atto di appello e contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, che però non avrebbe adeguatamente motivato sul punto, avrebbe dovuto essere disposta la chiamata in giudizio della Sita, e l’istanza non sarebbe tardiva perché il processo di confluenza Polibus, Ctr e Sita si sarebbe concluso e perfezionato in corso di causa.

Per motivi di ordine logico va esaminato preliminarmente il terzo motivo, il quale non merita accoglimento, perché la mancata precisazione in ricorso sulla data in cui sì perfezionò il trasferimento alla Sita, non consente di verificare la tardività o meno dell’istanza di chiamata in giudizio proposta in primo grado.

Merita invece accoglimento il secondo motivo, giacché il Tribunale ha erroneamente interpretato l’articolo 2112 Cc.

Invero, trattandosi di disposizione, che a seguito delle modifiche apportate dall’articolo 47 della legge 428/90, (poi ulteriormente modificato dalla legge delega 526/99 e dal decreto legge 18/2001 per dare attuazione alla nuova direttiva 98/50/Cee) ha recepito la direttiva comunitaria 77/187/Cee, si impone al giudice nazionale di scegliere, tra le diverse opzioni interpretative e possibili della norma interna di attuazione, quella adeguatrice del diritto nazionale al diritto comunitario, in ottemperanza ad un obbligo posto dal Trattato e confermato dalla Corte di giustizia (cfr. tra le tante Cassazione 5524/99).

La Corte di Giustizia, con la sentenza del 25 gennaio 2001 in causa C-172199 ha affermato che l’articolo 1 della direttiva 77/187 va così interpretato «Tale direttiva può essere applicabile in assenza di vincolo contrattuale diretto tra due imprese a cui un ente morale di diritto pubblico ha successivamente assegnato, in esito ad un procedimento di aggiudicazione di un appalto pubblico… un servizio di trasporto pubblico non marittimo, quale l’esercizio di linee locali regolari di autobus». Si tratta di un orientamento della Corte di giustizia che risulta affermato non solo dalla pronunzia sopra citata, ma anche dalle precedenti del 26 settembre 2000 in causa C-175/99 e 14 settembre 2000 in causa C-343/98, cui pertanto il giudice nazionale si deve conformare nell’applicazione della citata norma interna di recepimento, che è agevolmente passibile di detta interpretazione adeguatrice. Si deve pertanto, ritenere superato l’orientamento di legittimità, cui la presente sentenza di merito si è conformata, che escludeva l’applicabilità della disciplina dell’articolo 2112 Cc al trasferimento attuato in forza di provvedimento autoritativo e non di atto negoziale (vedi da ultimo Cassazione 672/99).

Va considerato altresì che con la citata sentenza del 25 gennaio 2001 la Corte di giustizia ha precisato che – contrariamente a quanto affermato a proposito di diversi tipi di aziende, in cui non ha ritenuto imprescindibile, per l’applicabilità della direttiva, il trasferimento di elementi materiali ‑ nel caso successive concessioni di appalto di servizi di trasporto pubblico, con esercizio di regolari linee locali di autobus, il trasferimento d’azienda ai sensi della direttiva comunitaria è configurabile solo ove vi sia una cessione di elementi materiali significativi tra le due imprese. Ed infatti, ha osservato la Corte «In un settore come quello del trasporto pubblico di linea con autobus, ove gli elementi materiali contribuiscono in maniera importante all’esercizio dell’attività, la assenza di cessione da parte del vecchio appaltatore, ad un livello significativo, di tali elementi che sono indispensabili al buon funzionamento dell’entità in questione, deve condurre a ritenere che quest’ultima non mantiene la propria identità».

L’accoglimento del secondo motivo, che verte sulla configurabilità del trasferimento d’azienda, e quindi sul diritto dei dipendenti al passaggio alla dipendenze del cessionario, determina l’assorbimento del primo motivo che verte sulla legittimità del licenziamento collettivo intimato dalla Polesine Bus.

La sentenza impugnata va quindi cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio ad altro giudice, che si designa nella Corte di appello di Venezia, la quale si adeguerà al principio per cui il trasferimento d’azienda di cui all’articolo 2112 Cc con conseguente diritto dei dipendenti del cedente al passaggio alle dipendenze del cessionario, è configurabile anche nei casi in cui il cambiamento di titolarità dell’azienda non derivi da vincolo contrattuale diretto tra cedente e cessionario, ma sia riconducibile ad un atto autoritativo della pubblica amministrazione, ove si verifichi una cessione di elementi materiali significativi tra le due imprese.

Il giudice del rinvio provvederà anche per le spese del presente giudizio.

PQM

La Corte rigetta il terzo motivo ed accoglie il secondo, dichiara assorbito il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Venezia.