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Wednesday 18 June 2003

Dipendenti pubblici: alla Corte Costituzionale la decisione sui termini per l’ avvio del procedimento disciplinare a seguito di condanna penale.

Dipendenti pubblici: alla Corte Costituzionale la decisione sui termini per l’avvio del procedimento disciplinare a seguito di condanna penale.

Consiglio di Stato – Sezione sesta – decisione 13 maggio-6 giugno 2003, n. 3160

Presidente Giovannini – estensore Volpe

Ricorrente Università degli Studi di Roma “La Sapienza”

Fatto

1. Il prof. Michele Toscano è direttore dell’Istituto del Cuore e dei Grossi Vasi “Attilio Reale” della I Facoltà di medicina e chirurgia dell’Università degli studi di Roma “La Sapienza”.

Il Tribunale di Firenze – Ufficio del giudice per le indagini preliminari – con sentenza pronunciata il 29 novembre 2001 e divenuta irrevocabile il 24 gennaio 2002, gli applicava, su richiesta avvenuta nella fase istruttoria (predibattimentale) ai sensi dell’articolo 444 del Cpp (patteggiamento), la pena di anni uno e mesi quattro di reclusione, con la concessione della sospensione condizionale, per i delitti di cui agli articoli 81, 319 e 319bis del Cp. La sentenza veniva trasmessa in data 14 maggio 2002 dal Tribunale di Firenze all’Università degli studi di Roma “La Sapienza” e assunta al protocollo dell’Università il 16 maggio 2002 al n. 011996.

I fatti erano relativi al periodo dal 1994 al febbraio 2001; periodo in cui il prof. Toscano era stato alle dipendenze dell’Università di Siena nella sua qualità di direttore della cattedra di chirurgia cardiotoracica presso l’Azienda ospedaliera senese “Le Scotte”.

2. Il rettore dell’Università degli studi di Roma “La Sapienza”, con decreto 1576/02, visti gli articoli 4, comma 1, e 5, comma 4, della legge 97/2001 e considerato che la sentenza pronunciata ai sensi dell’articolo 444 del Cpp «è equiparabile ad una sentenza di condanna per quanto concerne l’accertamento delle responsabilità», sospendeva il prof. Toscano dal servizio con effetto immediato, dalla data di notifica del provvedimento stesso e fino all’esito del procedimento disciplinare.

Il medesimo rettore, con nota 4 giugno 2002, prot. n. G112910, considerato che la sentenza di patteggiamento è equiparata per gli effetti della responsabilità a quella di condanna, visto l’articolo 653 del Cpp, come sostituito dall’articolo 1 della legge 97/2001, e ritenuto che i fatti accertati in sede di giudizio penale «sono tali da configurare illecito disciplinare e rientrano nei casi previsti dall’articolo 84 del Dpr 3/1957 (destituzione)», contestava l’addebito al prof. Toscano, invitandolo a fornire le proprie osservazioni in merito non oltre venti giorni dal ricevimento della nota medesima. Il rettore specificava, altresì, che con la contestazione di addebito si considerava iniziato il procedimento disciplinare previsto dall’articolo 5, comma 4, della legge 97/2001.

3. Il prof. Toscano, con ricorso innanzi al Tar del Lazio, impugnava entrambi i detti provvedimenti rettorali (il secondo con motivi aggiunti).

Contro il decreto di sospensione dal servizio deduceva i seguenti motivi:

1) violazione e falsa applicazione degli articoli 4, comma 1, e 5, comma 4, della legge 97/2001; eccesso di potere per carenza di presupposti, apoditticità della motivazione, sviamento di potere, sproporzione fra addebito e sanzione irrogata, manifesta ingiustizia.

La sentenza di patteggiamento di cui all’articolo 444 del Cpp non si sarebbe potuta equiparare alla sentenza di condanna propria del rito ordinario e non sarebbero state enunciate le ragioni di grave pregiudizio in ordine alle quali è stata disposta la sospensione;

2) violazione e falsa applicazione della legge 97/2001 sotto ulteriori profili; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche.

L’amministrazione avrebbe erroneamente ritenuto di applicare la legge 97/2001, nonostante che l’articolo 10, comma 1, stabilisca che «le disposizioni della presente legge si applicano ai procedimenti penali, ai giudizi civili e amministrativi e ai procedimenti disciplinari in corso alla data di entrata in vigore della legge stessa»;

3) violazione e falsa applicazione dell’articolo 445 del Cpp; eccesso di potere per illogicità, incongruità, difetto di istruttoria, carenza di presupposti, difetto di motivazione.

Si sarebbe dovuto procedere ad un’autonoma verifica dei fatti e della loro riferibilità al ricorrente.

Il prof. Toscano, contro la nota di contestazione di addebito, deduceva i seguenti motivi:

4) violazione dell’articolo 10, comma 3, della legge 97/2001; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche.

Il procedimento disciplinare sarebbe stato instaurato oltre i centoventi giorni previsti dalla legge;

5) violazione e falsa applicazione degli articoli 445 e 653 del Cpp; eccesso di potere per carenza di presupposti, manifesta ingiustizia, difetto di istruttoria, illogicità, sviamento di potere.

Sarebbero erronei l’equiparazione della sentenza di condanna a seguito di patteggiamento chiesto nella fase istruttoria a quella di condanna propria del rito ordinario, e l’applicazione nel caso concreto dell’articolo 653 del Cpp. Si sarebbe invece dovuto procedere ad un’autonoma verifica dei fatti e all’accertamento della loro riferibilità al ricorrente;

6) incompetenza dell’Università degli studi di Roma “La Sapienza” ad avviare il procedimento disciplinare; eccesso di potere per carenza di presupposti, manifesta ingiustizia, sviamento di potere.

Le amministrazioni competenti ad avviare un eventuale procedimento disciplinare sarebbero state l’Azienda ospedaliera senese e l’Università di Siena, ma non l’Università di Roma.

4. La sezione IIIbis del Tar del Lazio, con sentenza in forma semplificata pronunciata nella camera di consiglio fissata per l’esame dell’istanza cautelare – ai sensi dell’articolo 26, commi 4, 5 e 6, della legge 1034/71, come sostituiti dall’articolo 9, comma 1, della legge 205/00, ha accolto il ricorso.

Il primo giudice ha ritenuto che:

a) fosse stato violato l’articolo 10, comma 3, della legge 97/2001, in quanto la contestazione degli addebiti è stata comunicata (il 6 giugno 2002) oltre centoventi giorni dalla data in cui la sentenza penale di condanna è diventata irrevocabile (24 gennaio 2002);

b) non si potesse applicare l’articolo 653 del Cpp, in quanto il ricorrente aveva chiesto ed ottenuto l’applicazione della pena su richiesta delle parti (articoli 444 e 445 del Cpp) nella fase istruttoria e non in quella dibattimentale. Con la conseguenza che l’Università avrebbe dovuto riconsiderare tempestivamente le risultanze processuali penali attraverso un’autonoma verifica dei fatti, della loro riferibilità all’inquisito e della loro valenza ai fini disciplinari.

5. La sentenza viene appellata dall’Università degli studi di Roma “La Sapienza”, per i motivi che vengono di seguito sintetizzati:

1) inammissibilità del ricorso di primo grado con riguardo all’atto di contestazione di addebito, il quale, dato il suo carattere endoprocedimentale e non provvedimentale, sarebbe inidoneo a spiegare effetti lesivi sulla situazione soggettiva dell’interessato. Il procedimento disciplinare, infatti, si potrebbe anche concludere con il proscioglimento dell’incolpato;

2) il Tribunale di Firenze aveva trasmesso all’Ateneo la sentenza patteggiata solo il 14 maggio 2002. Così che l’inizio del procedimento disciplinare sarebbe stato tempestivo, poiché il termine di cui all’articolo 10, comma 3, della legge 97/2001 inizierebbe a decorrere dall’avvenuta conoscenza della sentenza definitiva da parte dell’amministrazione;

3) con riguardo all’equiparazione della sentenza di patteggiamento a quella di condanna, la legge 97/2001 non farebbe alcuna differenza tra patteggiamento dibattimentale e predibattimentale;

4) la sospensione dal servizio costituirebbe atto dovuto ai sensi di legge. E comunque la valutazione della valenza disciplinare della condotta del prof. Toscano sarebbe stata rimessa al procedimento disciplinare, ancora solo iniziato; così che l’atto di contestazione di addebito non avrebbe potuto, né dovuto, essere preceduto da valutazione alcuna.

Il prof. Toscano si è costituito in giudizio, resistendo al ricorso in appello. Lo stesso ha depositato successiva memoria con la quale ha ulteriormente illustrato le proprie difese.

Diritto

1. La sezione ritiene che il punto centrale della controversia per cui è causa concerna la tempestività, e conseguentemente la possibilità, dell’instaurazione del procedimento disciplinare nei confronti del prof. Michele Toscano. Così che appare sussistere l’interesse dello stesso all’impugnazione della contestazione di addebito, la quale rappresenta l’atto con cui l’Università degli studi di Roma “La Sapienza” ha iniziato il procedimento disciplinare.

La disposta sospensione dal servizio ha carattere propedeutico al procedimento disciplinare ed ha ragione di essere se questo viene successivamente instaurato ed iniziato nei termini previsti dalla legge. La sospensione dal servizio, inoltre, ai sensi degli articoli 4, comma 1, e 3, comma 1, della legge 97/2001 (dal titolo «norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche»), ha carattere obbligatorio. Infatti, «nel caso di condanna anche non definitiva, ancorché sia concessa la sospensione condizionale della pena, per alcuno dei delitti previsti dall’articolo 3, comma 1, i dipendenti indicati nello stesso articolo sono sospesi dal servizio» (articolo 4, comma 1, della legge 97/2001). Tra i delitti previsti dall’articolo 3, comma 1, della legge 97/2001 vi è quello di cui all’articolo 319 del Cp, per il quale l’appellato è stato condannato.

2. Nella specie, si tratta di fatti commessi prima dell’entrata in vigore della legge 97/2001, per cui deve applicarsi l’articolo 10 della stessa, dal titolo “disposizioni transitorie”. Il comma 3 di tale articolo dispone che «i procedimenti disciplinari per fatti commessi anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge devono essere instaurati entro centoventi giorni dalla conclusione del procedimento penale con sentenza irrevocabile».

L’Università degli studi di Roma “La Sapienza”, invece, ha dato inizio al procedimento disciplinare con l’atto di contestazione di addebito in data 4 giugno 2002; quindi, oltre centoventi giorni dal 24 gennaio 2002, data in cui è diventata irrevocabile la sentenza di condanna (a seguito di patteggiamento) di cui trattasi.

La detta Università, infatti, ha inteso applicare l’articolo 5 della legge 97/2001, dal titolo «pena accessoria dell’estinzione del rapporto di impiego o di lavoro. Procedimento disciplinare a seguito di condanna definitiva». Il comma 4 dell’articolo prevede che, «salvo quanto disposto dall’articolo 32quinquies del Cp, nel caso sia pronunciata sentenza penale irrevocabile di condanna nei confronti dei dipendenti indicati nel comma 1 dell’articolo 3, ancorché a pena condizionalmente sospesa, l’estinzione del rapporto di lavoro o di impiego può essere pronunciata a seguito di procedimento disciplinare». Aggiunge poi che «il procedimento disciplinare deve avere inizio o, in caso di intervenuta sospensione, proseguire entro il termine di novanta giorni dalla comunicazione della sentenza all’amministrazione o all’ente competente per il procedimento disciplinare» e che «il procedimento disciplinare deve concludersi, salvi termini diversi previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro, entro centottanta giorni decorrenti dal termine di inizio o di proseguimento, fermo quanto disposto dall’articolo 653 del Cpp».

La legge 97/2001 prevede, quindi, un sistema a regime (articolo 5, comma 4), che impone l’inizio del procedimento disciplinare nel termine di novanta giorni dalla comunicazione della sentenza (all’amministrazione o all’ente competente per il procedimento disciplinare); e un sistema eccezionale, di tipo transitorio (articolo 10, comma 3), per i fatti commessi prima dell’entrata in vigore della legge, che prescrive un termine più lungo per l’instaurazione dei procedimenti disciplinari (centoventi giorni anziché novanta) a decorrere però «dalla conclusione del procedimento penale con sentenza irrevocabile», anziché dalla comunicazione della sentenza.

3. La sezione dubita della legittimità costituzionale dell’articolo 10, comma 3, della legge 97/2001, con riferimento agli articoli 3 e 97, comma 1, della Costituzione, nella parte in cui, con riguardo ai soli fatti commessi anteriormente alla data di entrata in vigore della legge medesima, fa decorrere il termine per l’instaurazione del procedimento disciplinare dalla conclusione del procedimento penale con sentenza irrevocabile e non, invece, dalla comunicazione della sentenza all’amministrazione competente per il procedimento disciplinare.

Principi di buon andamento e di efficienza dell’attività amministrativa (desumibili dall’articolo 97, comma 1, della Costituzione) richiedono che all’amministrazione non può essere imposto un termine perentorio, a pena di decadenza dell’esercizio del potere (nella specie, disciplinare), se essa non viene posta a conoscenza del presupposto (sentenza penale irrevocabile di condanna); che, allo stesso tempo, costituisce elemento da valutare ai fini dell’irrogazione della sanzione disciplinare e momento iniziale di decorrenza del termine entro il quale instaurare il procedimento stesso.

Inoltre, il principio di eguaglianza e il canone di ragionevolezza, di cui all’articolo 3 della Costituzione, nonché la conseguente necessità di evitare ingiustificate disparità di trattamento, sembrano non giustificare la diversità del disposto dell’articolo 10, comma 3, della legge 97/2001 rispetto a quello del precedentearticolo 5, comma 4, secondo cui il procedimento disciplinare deve avere inizio entro il termine di novanta giorni «dalla comunicazione della sentenza all’amministrazione o all’ente competente per il procedimento disciplinare». Come previsto anche dall’articolo 9, comma 2, della legge 19/1990, secondo cui «la destituzione può sempre essere inflitta all’esito del procedimento disciplinare che deve essere proseguito o promosso entro centottanta giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna…»; “notizia” da intendere come esatta cognizione dei fatti accertati in sede penale (questa sezione, 2635/01), essendo necessario che l’amministrazione abbia avuto conoscenza del testo integrale della sentenza e non già del semplice dispositivo (Consiglio di Stato, sezione quarta, 1061/96).

Al riguardo, la Corte costituzionale (con sentenza 375/00) ha ritenuto che l’azione disciplinare si debba iniziare tempestivamente, «senza ritardi ingiustificati – o, peggio, arbitrari – rispetto al momento in cui l’amministrazione ha conoscenza della pronuncia irrevocabile di condanna» e che tale principio abbia trovato «pieno riconoscimento nella disciplina del pubblico impiego» (con espresso riferimento alla legge 19/1990).

4. D’altra parte, quanto prescritto dall’articolo 10, comma 3, della legge 97/2001 potrebbe avere anche una sua ratio, data la specialità dell’ipotesi prevista (in cui rientra la fattispecie per cui è causa); laddove si è in presenza di procedimento penale concluso dopo l’entrata in vigore della legge 97/2001 e di procedimento disciplinare instaurato dopo la medesima legge (con conseguente inapplicabilità del disposto del comma 1 del citato articolo 10), ma con riguardo a fatti commessi anteriormente alla legge stessa. Così che il diverso regime del termine (più lungo di trenta giorni) e della sua decorrenza (dalla conclusione del procedimento penale con sentenza irrevocabile anziché dalla comunicazione della sentenza all’amministrazione), per l’instaurazione del procedimento disciplinare, potrebbero trovare giustificazione nell’esigenza di definire al più presto la posizione del dipendente per fatti commessi anteriormente all’entrata in vigore della nuova disciplina apportata dalla legge 97/2001; entro un termine decorrente da un evento obiettivo e certo (il momento in cui la sentenza penale diviene irrevocabile), anziché da un evento incerto (la comunicazione della sentenza all’amministrazione).

La novella del 2001, infatti, con l’articolo 1, ha modificato l’articolo 653 del Cpp, attribuendo efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità non più solo, come in precedenza, alla sentenza penale irrevocabile di assoluzione, ma anche a quella di condanna quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso. Inoltre, il nuovo testo dell’articolo 445 del Cpp, come modificato dall’articolo 2 della legge 97/2001, ha ribadito, in riferimento alle sentenze di patteggiamento, il principio secondo cui esse non hanno efficacia nei giudizi civili e amministrativi, escludendone però, con la locuzione di cui all’ultimo periodo del comma 1 («salvo quanto previsto dall’articolo 653…»), l’operatività nei giudizi disciplinari (in tal senso Corte costituzionale, 394/02).

Deve poi rilevarsi che la Corte costituzionale (con sentenza 374/95) ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 97, comma 3, del Dpr 3/1957 – secondo cui «il procedimento disciplinare deve avere inizio, con la contestazione degli addebiti, entro 180 giorni dalla data in cui è divenuta irrevocabile la sentenza definitiva di proscioglimento od entro 40 giorni dalla data in cui l’impiegato abbia notificato all’amministrazione la sentenza stessa» – relativamente alla parte in cui non prevede, a carico dei responsabili degli uffici giudiziari, un obbligo di trasmissione della notizia dell’irrevocabilità della sentenza di proscioglimento alla pubblica amministrazione di appartenenza del dipendente sottoposto a procedimento penale; questione sollevata in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione.

Il quadro normativo, tuttavia, appare cambiato proprio per effetto della legge 97/2001, la quale, all’articolo 3, comma 3, prevede che, «in caso di proscioglimento o di assoluzione anche non definitiva, l’amministrazione, sentito l’interessato, adotta i provvedimenti consequenziali nei dieci giorni successivi»; a decorrere però sempre dalla «comunicazione della sentenza, anche a cura dell’interessato».

5. La questione di illegittimità costituzionale è rilevante ai fini della decisione della controversia per cui è causa. Data la natura perentoria del termine entro cui deve essere iniziato il procedimento disciplinare (Consiglio di Stato, questa sezione, 2313/00 e sezione quarta, 341/94, anche se con riguardo al termine di centottanta giorni previsto dall’articolo 97, comma 3, del Dpr 3/1957, che concerne le sole ipotesi di assoluzione o proscioglimento e non anche i casi di sentenza irrevocabile di condanna), se l’articolo 10, comma 3, della legge 97/2001 fosse considerato non conforme a costituzione, secondo quanto prospettato dalla sezione, il procedimento disciplinare sarebbe iniziato tempestivamente; poiché la sentenza di condanna è stata comunicata all’Università degli studi di Roma “La Sapienza” solo in data 14 maggio 2002. Altrimenti, il procedimento disciplinare dovrebbe ritenersi iniziato in ritardo, con la conseguente illegittimità dei provvedimenti impugnati in primo grado per violazione dell’articolo 10, comma 3, della legge 97/2001.

6. Va quindi rimessa alla Corte costituzionale la questione di illegittimità costituzionale dell’articolo 10, comma 3, della legge 97/2001, con riferimento agli articoli 3 e 97, comma 1, della Costituzione, nella parte in cui, con riguardo ai soli fatti commessi anteriormente alla data di entrata in vigore della legge medesima, fa decorrere il termine per l’instaurazione del procedimento disciplinare dalla conclusione del procedimento penale con sentenza irrevocabile e non, invece, dalla comunicazione della sentenza all’amministrazione competente per il procedimento disciplinare.

PQM

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta, visti gli articoli 134 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 1/1948 e 23 della legge 87/1953:

a) dichiara rilevante la questione di illegittimità costituzionale dell’articolo 10, comma 3, della legge 97/2001, con riferimento agli articoli 3 e 97, comma 1, della Costituzione, nella parte in cui, con riguardo ai soli fatti commessi anteriormente alla data di entrata in vigore della legge medesima, fa decorrere il termine per l’instaurazione del procedimento disciplinare dalla conclusione del procedimento penale con sentenza irrevocabile e non, invece, dalla comunicazione della sentenza all’amministrazione competente per il procedimento disciplinare;

b) sospende il giudizio in corso;

c) ordina l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;

d) ordina, altresì, che, a cura della segreteria, copia della presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri, nonché comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento