Penale

Wednesday 01 October 2003

Difesa d’ ufficio e recupero del credito per prestazioni professionali. La nuova disciplina supera il vaglio della Corte Costituzionale. Corte Costituzionale – Ordinanza 22 – 26 settembre 2003 – 299/2003

Difesa dufficio e recupero del credito per prestazioni professionali. La nuova disciplina supera il vaglio della Corte Costituzionale

Corte Costituzionale – Ordinanza 22 – 26 settembre 2003

299/2003

Ordinanza.

Presidente Zagrebelsky – Relatore Contri

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 32, comma 2, e 32-bis, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, nel testo introdotto con la legge 6 marzo 2001, n. 60 (Disposizioni in materia di difesa dufficio), promosso con ordinanza del 21 gennaio 2002 dal Tribunale di Milano sul ricorso proposto da Ciancia Giuseppe nel procedimento penale contro Kondo Erion, iscritta al n. 564 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dellanno 2003.

Visto latto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 2 luglio 2003 il Giudice relatore Fernanda Contri.

Ritenuto che il Tribunale di Milano, con ordinanza emessa il 21 gennaio 2002 e pervenuta alla Corte l11 dicembre 2002, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 32, comma 2, e/o 32-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, nel testo introdotto dagli artt. 17 e 18 della legge 6 marzo 2001, n. 60 (Disposizioni in materia di difesa dufficio), per violazione dellart. 3 della Costituzione;

che il giudice a quo è investito del ricorso di un difensore nominato dufficio avverso il provvedimento di rigetto della sua istanza di liquidazione del compenso, presentata ai sensi dellart. 32-bis disp. att. cod. proc. pen. e dellart. 12 della legge 30 luglio 1990, n. 217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti);

che il rimettente rileva che il ricorrente aveva prestato la propria opera di difensore dufficio a favore di un imputato residente allestero, il quale, pur non essendo stato dichiarato irreperibile, risulta essere tale di fatto, tanto che il decreto di citazione a giudizio, lavviso del deposito e lestratto della sentenza erano stati notificati a mani del difensore, ai sensi dellart. 161 cod. proc. pen.;

che secondo il giudice a quo il testo dellart. 32-bis disp. att. cod. proc. pen. non consente una interpretazione diversa da quella censurata, dal momento che lirreperibilità dellimputato deve essere intesa in senso tecnico e presuppone le ricerche e la pronuncia del decreto previsti dallart. 159 cod. proc. pen.;

che, come osserva ancora il rimettente, non sarebbe possibile uninterpretazione estensiva delle disposizioni censurate, dal momento che lart. 1, comma 5, della legge n. 217 del 1990 contiene una previsione più ampia in materia di difesa dei minorenni;

che, sempre secondo il Tribunale di Milano, lemissione di un decreto di irreperibilità ai soli fini di consentire la liquidazione dei compensi al difensore a carico dello Stato costituirebbe una procedura anomala, essendo detto provvedimento previsto esclusivamente in relazione ad alcuni specifici atti del processo penale;

che, come si dice nellordinanza di rimessione, il difensore dufficio, pur essendo tenuto a prestare il patrocinio a favore del suo assistito, non può nel caso di specie recuperare il proprio credito professionale, né ai sensi dellart. 32-bis, né in applicazione dellart. 32, comma 2, disp. att. cod. proc. pen., e 633 cod. proc. civ., posto che lassistito, residente allestero, si è dichiarato privo di fissa dimora e nei suoi confronti non possono essere esperite le procedure previste per il recupero dei crediti professionali;

che, per tutti questi motivi, il giudice a quo ritiene che la formulazione delle norme impugnate impedisca al professionista di esercitare il diritto alla retribuzione delle prestazioni effettuate, pur trovandosi in una situazione sostanzialmente identica a quella di chi ha prestata la sua opera a favore di imputato dichiarato irreperibile allesito delle previste ricerche, con conseguente violazione dellart. 3 Cost.;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dallAvvocatura generale dello Stato, chiedendo alla Corte di dichiarare la questione inammissibile o infondata;

che con una successiva memoria lAvvocatura ha osservato che la questione, come prospettata dal rimettente, è priva di rilevanza nel giudizio a quo, essendo nel frattempo intervenuta labrogazione, ad opera dellart. 9, comma 1, del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231 (Attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali), dellultimo comma dellart. 633 del codice di procedura civile, con la conseguente utilizzabilità del decreto ingiuntivo anche nei casi in cui la notifica debba essere fatta fuori dal territorio italiano;

che la difesa erariale ha quindi chiesto alla Corte di voler restituire gli atti al Tribunale di Milano per una nuova valutazione della rilevanza della questione nel giudizio a quo, alla luce del nuovo quadro normativo.

Considerato che il Tribunale di Milano dubita della legittimità costituzionale degli artt. 32, comma 2, e/o 32-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, nel testo introdotto dagli artt. 17 e 18 della legge 6 marzo 2001, n. 60 (Disposizioni in materia di difesa dufficio), per violazione dellart. 3 della Costituzione, poiché creano una disparità di trattamento, quanto al recupero del credito per le prestazioni professionali, tra i difensori dufficio di imputati dichiarati irreperibili e quelli di imputati irreperibili solo di fatto, ma tali non dichiarati;

che occorre preliminarmente osservare che le due disposizioni impugnate sono state espressamente abrogate, dopo la pronuncia dellordinanza di rimessione, dallart. 299 del decreto legislativo 30 maggio 2002, n. 113 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di spese di giustizia), essendo peraltro state sostanzialmente riprodotte nel testo degli artt. 116 e 117 del citato testo unico, sui quali la questione va quindi trasferita;

che, come risulta dalla stessa ordinanza di rimessione, le censure svolte dal giudice a quo sono prospettate in modo congiunto ovvero alternativo (e/o) su due norme di legge che regolano casi fra loro diversi, quello della liquidazione del compenso al difensore dufficio che deve dimostrare di aver esperito inutilmente le procedure per il recupero del suo credito professionale, e quello della liquidazione al difensore, sempre dufficio, della persona irreperibile;

che dal tenore dellatto introduttivo del giudizio di legittimità costituzionale non é dato desumere a quale fra le due disposizioni alternativamente indicate il giudice rimettente attribuisca carattere prioritario;

che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile, in quanto prospettata in modo ancipite (cfr., ex plurimis, ordinanze n. 78 e n. 418 del 2000, ordinanza n. 420 del 2001, ordinanza n. 88 del 2002).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi la Corte Costituzionale

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 32, comma 2, e 32-bis, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, nel testo introdotto dalla legge 6 marzo 2001, n. 60 (Disposizioni in materia di difesa dufficio), ora sostituiti dagli artt. 116 e 117 del decreto legislativo 30 maggio 2002, n. 113 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di spese di giustizia), sollevata, in riferimento allart. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Milano con lordinanza in epigrafe.