Penale

Thursday 29 July 2004

Decreto Ronchi e possibilità di concorso di reati. Il punto della Cassazione. Cassazione – Sezione sesta penale (cc) – sentenza 18 marzo-13 luglio 2004, n. 30373

Decreto Ronchi e possibilità di concorso di reati. Il punto della Cassazione

Cassazione – Sezione sesta penale (cc) – sentenza 18 marzo-13 luglio 2004, n. 30373

Presidente Sansone – Relatore Mannino

Pg Cedrangolo
– ricorrente Pf in proc. Ostuni

In fatto e in diritto

Avverso l’ordinanza del Tribunale del
riesame di Bari 28 luglio 2003, con la quale è stata
annullata l’ordinanza del Gip del Tribunale di Trani 24 giugno 2003, che aveva applicato a Adriano Ostuni la misura coercitiva della custodia cautelare in
carcere, sostituita il 16 luglio 2003 con gli arresti domiciliari, per i reati
di cui agli articoli 416 e 635 Cp; 53bis e 51 D.Lgs 22/1997; 146 lettera c) e 163 D.Lgs
490/99, ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso
il Tribunale di Trani, chiedendone l’annullamento per
i seguenti motivi:

1. inosservanza ed erronea
applicazione dell’articolo 53bis D.Lgs 22/1997,
erroneamente considerato come norma residuale rispetto a
ipotesi contravvenzionali previste dalla stessa legge,
e mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine all’insussistenza
dei presupposti della norma suddetta nonché sull’impossibilità del concorso fra
i reati previsti dagli articoli 51 e 53 D.Lgs 22/1997
cit., benché le due figure di reato abbiano
presupposti differenti;

2. illogicità della
motivazione con riguardo alla prova dell’ingente quantitativo di rifiuti
smaltito, oggetto di precisa contestazione nel capo b) dell’imputazione;

3. illogicità della motivazione in ordine alla prova che la ditta Blu abbia inquinato il
fiume Locone, esclusa per il fatto che nelle
vicinanze vi erano altre discariche, in contrasto con le risultanze della
consulenza tecnica in atti e con la disciplina penale delle concause.

Il Tribunale ha introdotto la motivazione
della propria ordinanza con la precisazione che il riesame avrebbe dovuto
limitarsi ai due delitti fra le imputazioni contestate, che ai sensi
dell’articolo 280 comma 2 Cpp, legittimavano la misura
cautelare applicata: l’associazione per delinquere di cui all’articolo 416 Cp, contestata al capo a), e l’attività organizzata per il
traffico illecito di rifiuti, di cui all’articolo 53bis D.Lgs
22/1997, introdotto dall’articolo 22 legge 93/2001, contestata al capo b)
dell’imputazione.

Procedendo a
ulteriore approfondimento il Tribunale ha ritenuto preliminare l’esame
dell’imputazione di cui all’articolo 53 D.Lgs 22/1997
in quanto nella contestazione si prospettava come finalizzata rispetto a quella
di associazione criminosa. E dopo aver rilevato che
secondo il capo d’imputazione relativo il reato predetto era stato commesso
mediante la realizzazione e la gestione della discarica Blu, abilitata a
ricevere e smaltire solo rifiuti speciali non pericolosi, ha preso in
considerazione le irregolarità dell’autorizzazione, sia sotto il profilo burocratico-formale, sia per l’aspetto paesaggistico, così
come contestate nei due specifici capi d’imputazione riguardanti la violazione
dell’articolo 51 D.Lgs 22/1997 e degli articoli 146
lettera c) e 163 D.Lgs 490/99.

In particolare, preso atto che, in
seguito alla classificazione dei rifiuti di cui alla determinazione della
Provincia di Bari n. 10 del 20 febbraio 2003, era stato fatto obbligo di non
accettare rifiuti urbani o speciali assimilabili agli urbani, rientranti nell’esclusiva
competenza obbligatoria dei comuni; di non smaltire rifiuti allo stato liquido nonché residui della produzione di imballaggi, il Tribunale
ha sottolineato che nella motivazione dell’ordinanza del Gip
erano stati individuati cinque casi di smaltimento di rifiuti non rientranti
nelle tipologie autorizzate, il primo perché si trattava di rifiuti speciali
assimilati agli urbani; il secondo, il terzo e il quarto perché rifiuti in
polvere pericolosi, così come quelli del quinto caso, provenienti in quantità
ingente dalla Ias di Siracusa al servizio del Polo
industriale Priolo Gargalla.

Alla valutazione di tali casi
l’ordinanza di riesame ha premesso l’interpretazione dell’articolo 53bis cit.
sotto il profilo del coordinamento di questa nuova norma con le preesistenti
figure contravvenzionali previste dall’articolo 51 D.Lgs 22/1997.

Una volta precisato che l’articolo
53bis ha un ambito di applicazione più vasto del
precedente articolo 53, in quanto le condotte illecite con esso perseguite afferiscono a qualsiasi tipo di rifiuto, senza la specifica
delimitazione dell’articolo 53, il Tribunale ha ritenuto che al termine
abusivamente, contenuto nell’articolo 53bis, si deve riconoscere un’accezione
residuale rispetto alle specifiche ipotesi contravvenzionali
e che perciò, in assenza di autorizzazione o d’inosservanza delle disposizioni
in essa contenute deve trovare applicazione il precedente articolo 51.

In realtà, la fattispecie
dell’articolo 53bis D.Lgs 22/1997 (organizzazione di
traffico illecito di rifiuti) è radicalmente diversa da quella del precedente
articolo 51 (attività di gestione di rifiuti non autorizzata) e fra le due
norme non è configurabile un rapporto di specialità, né le stesse sono
alternative, sicché l’applicazione dell’una esclusa
necessariamente l’applicazione in concreto dell’altra, ma nella fattispecie
concreta possono ricorrere sia gli elementi sostanziali indicati dell’una
(l’allestimento di mezzi e di attività continuative organizzate) che quelli
formali previsti dall’altra (mancanza di autorizzazione), dando luogo al
concorso di entrambi i reati ai sensi dell’articolo 81 comma 1 Cp.

In questo caso il termine
“abusivamente”, contenuto nell’articolo 53bis, lungi dall’avere valore
“residuale” e, quindi, alternativo rispetto alla disposizione dell’articolo 51,
ne costituisce un esplicito richiamo in quanto si riferisce alla mancanza di autorizzazione, che determina l’illiceità della gestione
organizzata e costituisce l’essenza del traffico illecito di rifiuti.

Pertanto il primo motivo di ricorso è
sicuramente fondato.

Per quanto riguarda il secondo motivo
le argomentazioni del Pm in ordine
al concetto di ingente quantità appaiono fondate.

Il Tribunale, dopo aver affermato che
all’ulteriore elemento connotativi del delitto di cui
all’articolo 53bis della ingente quantità va riconosciuto un valore assoluto in
funzione del bene giuridico tutelato della norma, individuato nella messa in
pericolo o nella lesione della pubblica incolumità, sostiene che nell’ipotesi
di discarica autorizzata la natura ingente del quantitativo abusivamente
[omissis].

Ora, nell’applicazione dell’articolo
53bis D.Lgs 22/1997, anche nell’ipotesi in cui il
traffico illecito di rifiuti venga eseguito in una
discarica regolarmente autorizzata, se è vero che l’ingente quantità quale
elemento costitutivo del reato non può desumersi automaticamente dalla stessa
organizzazione e continuità dell’attività di gestione di rifiuti, è altrettanto
vero che nel testo della norma non si rinviene alcun dato che autorizzi a
relativizzare il concetto, riportandone la determinazione al rapporto tra il
quantitativo di rifiuti illecitamente gestiti e l’intero quantitativo di
rifiuti trattati nella discarica, per cui l’ingente quantità dev’essere accertata e valutata con riferimento al dato oggettivo
della mole dei rifiuti non autorizzati abusivamente gestiti.

Fatta questa precisazione, dalla
quale deriva che il rapporto tra i rifiuti lecitamente smaltiti e quelli
trattati illecitamente nella discarica può essere valido tutt’al più per stabilire se
l’autorizzazione alla discarica sia un paravento predeterminato per un’attività
ontologicamente diversa da quella autorizzata,
occorre tuttavia aver riguardo alle valutazioni svolte in concreto dal
Tribunale e, in particolare, all’esito degli accertamenti sull’inquinamento del
fiume Locone.

In realtà, la constatazione che in
uno dei tre pozzi piezometrici della discarica i parametri eccedono i valori tabellari, per cui le relative
acque di falda risultano fortemente inquinate, costituisce un riscontro
importante che conferma l’ingente quantità dei rifiuti pericolosi abusivamente
smaltiti nella discarica stessa.

Tuttavia, fermo restando il
principio, ribadito dallo stesso Tribunale, che il delitto di cui all’articolo
53bis D.Lgs 22/1997 non richiede per la sua
sussistenza il nocumento al territorio, non si può non tenere conto a questo
riguardo dell’accertamento della presenza di altre
discariche operanti nella zona e ritenere valida l’esigenza, segnalata dal
Tribunale, di più approfondite indagini per verificare l’incidenza
dell’attività della discarica della Blu sr sull’inquinamento complessivo del
fiume e, quindi, dell’entità del fenomeno abusivo (l’ingente quantità dei
rifiuti).

Indubbiamente questo
elemento appare già sostenuto da un indizio preciso, costituito dai
rifiuti provenienti dal Polo industriale di Siracusa i quali sono definiti
espressamente come di ingente quantità. E tuttavia la
gravità della misura richiede la formazione di un quadro indiziario più
organico e completo e caratterizzato da un maggior grado di certezza.

D’altra parte, il Pm,
in ordine ai risultati degli accertamenti su cui in
definitiva il Tribunale fonda la sua pronuncia, prospetta censure in fatto al
provvedimento impugnato, offendo valutazioni alternative sottratte al sindacato
di legittimità.

Lo stesso è a dirsi per quanto
riguarda il reato concorrente di associazione per
delinquere, che nella decisione impugnata si fa dipendere dalla diagnosi
relativa al primo reato, aggiungendo altri elementi, relativi al concorso dell’Ostuni. La motivazione del Tribunale appare adeguata ed in
sé logicamente coerente, mentre l’obiezione si fonda su una semplice critica
alla valutazione delle prove in tale senso, insindacabile nel giudizio di
cassazione.

L’impugnazione pertanto non può ritenersi
fondata.

PQM

La
Corte
rigetta il ricorso.