Ambiente

Monday 11 July 2005

Corte di Giustizia Europea. Tirata d’ orecchi per l’ Italia per inadempimento alle direttive inerenti gas serra e buco dell’ ozono SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione) 7 luglio 2005

Corte di Giustizia Europea. Tirata d’orecchi per l’Italia per
inadempimento alle direttive inerenti gas serra e buco
dell’ozono

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)
7 luglio 2005 «Inadempimento di uno Stato – Sostanze dannose per lo strato di ozono – Art. 5, n. 3, del
regolamento (CE) n. 2037/2000 – Mantenimento di deroghe non previste dal
regolamento»

Nella causa C-214/04,

avente ad oggetto un ricorso per
inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 19 maggio 2004,

Commissione delle Comunità europee,
rappresentata dai sigg. U. Wölker e A. Aresu, in qualità di agenti, con
domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica italiana, rappresentata
dal sig. I. M. Braguglia, in
qualità di agente, assistito dal sig. G. Fiengo,
avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, presidente di sezione, dai sigg. P. Kūris e J. Klučka
(relatore), giudici,

avvocato generale: sig. F.
G. Jacobs

cancelliere: sig. R. Grass

vista la fase scritta del procedimento,

vista la decisione, adottata dopo aver
sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

  1. Con
    il ricorso in esame la Commissione delle Comunità
    europee chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica italiana,
    mantenendo una disciplina che consente l’utilizzo di idroclorofluorocarburi
  2. (in prosieguo: gli "HCFC") negli impianti
    antincendio senza rispettare i limiti e le condizioni previsti dall’art.
    5, n. 3, del regolamento (CE) del Parlamento europeo e delConsiglio
    29 giugno 2000, n. 2037 , sulle sostanze che riducono lostrato
    di ozono (GU L 244, pag. 1; in prosieguo: il "regolamento"), è
    venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del regolamento
    medesimo.

Contesto normativo

La normativa comunitaria

2. L’art. 5, n. 1, del regolamento
detta un divieto generale d’uso degli HCFC.

3. L’art. 5, n. 3, del detto regolamento così prevede:

"In deroga al paragrafo 1, l’uso
di idroclorofluorocarburi
come agenti antincendio nei sistemi di protezione antincendio esistenti può
essere consentito ai fini di sostituzione degli halon
negli usi previstinell’allegato VII (…)".

4. Ai sensi dell’art. 5, n. 7, del
detto regolamento, la
Commissione, a richiesta di un’autorità competente di uno
Stato membro e conformemente alla procedura di cui all’art. 18, n. 2, del
regolamento medesimo, può autorizzare una deroga temporanea al n. 1 dello
stesso art. 5, per consentire l’immissione sul mercato e l’uso degli HCFC,
qualora sia dimostrato che, per un particolare uso, non sono disponibili o applicabili
tecnologie alternative, praticabili sotto il profilo tecnico ed economico.

5. L’allegato VII del regolamento,
concernente gli usi critici di halon, così recita:

"Uso di halon
1301:

– (…)

– (…)

– per l’inertizzazione
di spazi occupati in cui potrebbe verificarsi la fuoruscita di liquidi e/o gas
infiammabili, (…) nelle navi mercantili esistenti,

– per l’inertizzazione
dei centri di comunicazione e di comando esistenti, con presenza di personale,
delle forze armate o altri, indispensabili per la sicurezza del paese,

– (…).

Uso di halon
1211:

– (…)".

La normativa nazionale

6. Ai sensi dell’art. 5, comma 1, del
decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del
territorio 3 ottobre 2001, recante "Recupero, riciclo, rigenerazione e
distribuzione degli halon" (GURI n. 249 del 25
ottobre 2001, pag. 20; in prosieguo: il "decreto del 2001"), in
applicazione di quanto stabilito dall’art. 5, comma 3, del regolamento e nei
termini ivi indicati, l’uso degli HCFC è consentito in sostituzione degli halon nelle applicazioni indicate in allegato I al decreto
medesimo. L’art. 5, comma 2, del detto decreto precisa
peraltro che l’uso degli HCFC nei sistemi che, al 1º ottobre 2001, funzionano
con tali sostanze, è vietato a partire dal 31 dicembre 2008.

7. L’allegato I
al decreto del 2001 così recita:

"Elenco delle applicazioni
consentite di idroclorofluorocarburi
(HCFC) nel settore dell’antincendio.

a) In sostituzione
dell’halon 1301:

(…)

3) Per l’inertizzazione
di spazi occupati in cui potrebbe verificarsi la fuoriuscita di liquidi e/o gas
infiammabili, nel settore militare, petrolifero, del gas, e petrolchimico
e nelle navi mercantili.

4) Per l’inertizzazione
dei centri di comunicazione e di comando, con presenza di personale, delle
forze armate o per altri indispensabili per la sicurezza del Paese, quali:

– centri elaborazione dati e sale
controllo delle infrastrutture ferroviarie, locomotori e materiale rotabile;

– impianti di produzione e
distribuzione di energia elettrica, inclusi i centri
elaborazione dati;

– porti e aeroporti;

– centri direzionali, archivi e centri elaborazioni dati delle Poste e Telecomunicazioni e
del sistema creditizio;

– archivi, biblioteche, collezioni di importanza storica e culturale appartenenti allo Stato,
agli organi pubblici e privati, essenziali per la sicurezza nazionale.

(…).

b) In sostituzione dell’halon:

(…)".

Fase precontenziosa

8. A seguito della notifica, da parte
delle autorità italiane, del decreto del 2001, la Commissione riteneva il
decreto medesimo incompatibile con il regolamento. Conseguentemente, dopo aver
invitato la Repubblica italiana con diffida a presentare le proprie
osservazioni, il 9 luglio 2003 la Commissione emanava un parere motivato,
invitando il detto Stato membro a prendere i provvedimenti necessari al fine di
conformarvisi entro un termine di due mesi a
decorrere dalla sua notifica.

9. Il governo italiano rispondeva al
detto parere motivato con nota 25 settembre 2003. Ritenendo insoddisfacente
tale risposta, la Commissione decideva di proporre il ricorso in esame.

Sul ricorso

10. La Commissione contesta alla
Repubblica italiana di mantenere in vigore deroghe al divieto d’uso degli HCFC,
che non sarebbero previste dall’art. 5, n. 3, e
dall’allegato VII del regolamento. Essa deduce che, nel diritto comunitario, le
deroghe e le eccezioni vanno interpretate restrittivamente.

Sulle censure relative
all’omissione, nell’allegato I al decreto del 2001, del termine
"esistenti" al punto 3 dell’elenco relativo agli usi critici di halon 1301 e della menzione "1211", che precisa
il tipo di halon riguardo al secondo elenco di usi
autorizzati degli HCFC

11. L’omissione del termine
"esistenti" produrrebbe l’effetto, secondo la Commissione, di
autorizzare l’uso degli HCFC in sostituzione dell’halon
1301 in
tutte le navi mercantili, mentre, alla luce del tenore letterale della deroga
prevista dal regolamento, l’obiettivo perseguito
consisteva nell’evitare l’uso dei sistemi esistenti su navi mercantili di nuova
costruzione. La mancata precisazione del tipo di halon
con riguardo al secondo elenco di usi autorizzati
degli HCFC produrrebbe la conseguenza di estendere tale deroga a tutti i tipi
di halon, mentre il secondo elenco di cui
all’allegato VII del regolamento riguarderebbe esclusivamente l’halon 1211.

12. Il governo italiano contesta la
fondatezza di tali censure, deducendo che l’omissione del termine
"esistenti" al punto 3 dell’elenco relativo agli
usi critici di halon 1301, di cui all’allegato I del
decreto del 2001, non configura una violazione del regolamento, dal momento che
l’art. 5, comma 1, del decreto medesimo rinvia all’art. 5, n. 3, del detto
regolamento. Peraltro, sarebbe in corso di adozione un
decreto ministeriale recante modifica al decreto del 2001, al fine di
aggiungere il termine "esistenti", nonché la specificazione "halon 1211".

13.
A
tal riguardo, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, il
conservare immutata, nella normativa di uno Stato membro, una disposizione
incompatibile con una norma di diritto comunitario, sia pure direttamente
efficace nell’ordinamento giuridico degli Stati membri, determina una
situazione di fatto ambigua lasciando gli amministrati in uno stato
d’incertezza circa le possibilità di cui dispongono di
valersi del diritto comunitario. Questo stato di cose costituisce quindi, da
parte dello Stato membro interessato, un inadempimento degli obblighi
impostigli dal Trattato CE (v., segnatamente, riguardo ad una disposizione del
Trattato, sentenza 26 aprile 1988, causa 74/86, Commissione/Germania, Racc. pag. 2139, punto 10, e,
riguardo ad una disposizione di un regolamento, sentenza 13 luglio 2000, causa
C-160/99, Commissione/Francia, Racc. pag. I-6137, punto 22).

14. Inoltre, l’esistenza di un
inadempimento deve essere valutata in relazione alla
situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine
stabilito nel parere motivato e la Corte non può tener conto dei mutamenti
successivi (v., in tal senso, sentenza 11 ottobre 2001, causa C-111/00,
Commissione/Austria, Racc. pag. I-7555, punti 13 e
14).

15. Orbene, è pacifico che le
omissioni rilevate dalla Commissione non sono contestate dal governo italiano.
Ciò premesso, e dal momento che non era stato posto rimedio a tale situazione
allo scadere del termine previsto nel parere motivato, tali censure vanno
ritenute fondate.

Sulla censura relativa
all’ampliamento della nozione di "centri di comunicazione e di
comando esistenti, con presenza di personale, delle forze armate o altri,
indispensabili per la sicurezza del paese"

16. Secondo la Commissione, il punto
4 del primo elenco di cui all’allegato I del decreto del
2001, in violazione delle pertinenti disposizioni del regolamento, estende il
significato dell’espressione "centri di comunicazione e di comando
esistenti, con presenza di personale, delle forze armate o altri,
indispensabili per la sicurezza del paese", includendovi, segnatamente,
archivi, biblioteche e collezioni artistiche.

17. Il governo italiano deduce che
l’allegato VII del regolamento lascia un ampio margine di discrezionalità agli
Stati membri facendo uso, al quarto trattino del primo elenco, relativo
all’utilizzazione dell’halon 1301, dei termini
"o (…) indispensabili", consentendo in tal modo di interpretare la
nozione di "sicurezza del paese" in senso conforme alla terminologia
giuridica amministrativa italiana, in modo tale da includervi altri centri
essenziali per l’ordine pubblico, la protezione civile, ovvero di importanza strategica per lo Stato. Inoltre, in assenza
di soluzioni alternative riguardo alla tutela degli archivi, delle biblioteche
e delle collezioni artistiche, l’uso degli HCFC risulterebbe
necessario per la buona conservazione e la sopravvivenza di beni di valore
socio-economico inestimabile.

18. La Commissione replica che al governo
italiano non è consentito estendere unilateralmente la portata della nozione di
"centri di comunicazione e di comando esistenti, con presenza di
personale, delle forze armate o altri, indispensabili per la sicurezza del
paese" al fine di tener conto di un’esigenza interna. In tal caso, sarebbe
tenuto a investire la Commissione di una domanda di
modifica dell’allegato VII, secondo la procedura di comitato prevista a tal
fine dall’art. 5, n. 7, del regolamento.

19.
A
tale riguardo, si deve ricordare che, ai sensi dell’art. 249,
secondo comma, CE, i regolamenti sono direttamente efficaci in tutti gli
Stati membri e che deve pertanto escludersi che, salvo disposizione contraria,
questi ultimi possano adottare, allo scopo di garantirne l’applicazione, provvedimenti
intesi a modificarne la portata o a completarne le disposizioni (sentenza 18
febbraio 1970, causa 40/69, Bollmann, Racc. pag. 69, punto 4).

20. Come emerge
dal quarto trattino dell’elenco relativo all’uso dell’halon
1301, di cui all’allegato VII del regolamento, la deroga prevista da tale
disposizione si applica esclusivamente ai centri di comunicazione e di comando
esistenti, con presenza di personale, che dipendono dalle forze armate o che
sono altrimenti necessari per la sicurezza del paese. Tale lettura si richiama
all’economia generale e alla finalità della normativa di cui tale disposizione
costituisce un elemento. Essa trova conferma, inoltre, nelle versioni tedesca
("für die Inertisierung
von bestehenden bemannten Kommunikations- und Befehlszentren, die zur Verteidigung gehören oder anderweitig
für die nationale Sicherheit wesentlich sind"), olandese ("voor
het inert maken van bestaande,
bemande communicatie- en commandoposten van de militaire sector of die om andere
redenen essentieel zijn voor landsregeringen
en voor de nationale veiligheid"), spagnola ("para hacer
inertes puestos tripulados de control y de comunicación de las fuerzas armadas o de otro modo esenciales para la seguridad nacional existentes") e danese ("til
eksplosionsbeskyttelse af eksisterende bemandede kommunikations- og kommandocentraler for forsvarsstyrkerne eller enheder, der på
anden måde er vigtige for
landenes sikkerhed")
della disposizione medesima. Ne consegue che, per poter beneficiare di tale
deroga, gli impianti di cui trattasi devono costituire centri esistenti di
comunicazione e di comando con presenza di personale.

21. Pertanto, qualificando come
"centri di comunicazione e di comando esistenti, con presenza di
personale", strutture come, segnatamente, archivi, biblioteche e
collezioni artistiche, la Repubblica italiana ha
manifestamente ecceduto la portata della deroga di cui al quarto trattino
dell’elenco relativo all’uso dell’halon 1301,
contenuto nell’allegato VII del regolamento.

22. Inoltre,
come correttamente rilevato dalla Commissione, le autorità italiane non hanno
fatto uso della possibilità loro offerta di adire la Commissione chiedendo la
modifica del detto allegato, secondo la procedura di comitato prevista a tal
fine dall’art. 5, n. 7, del regolamento.

23. Alla luce delle suesposte
considerazioni, la censura relativa all’ampliamento
della nozione di "centri di comunicazione e di comando esistenti, con
presenza di personale, delle forze armate o altri, indispensabili per la
sicurezza del paese" deve ritenersi fondata.

Sulla censura relativa
al fatto che il decreto del 2001 autorizza, sino al 31 dicembre 2008,
l’uso degli HCFC in impianti che già contenevano tali sostanze al 1º ottobre
2001

24. Secondo la Commissione, l’art. 5,
n. 2, del decreto del 2001, autorizzando, sino al 31 dicembre 2008, l’uso degli
HCFC in sistemi che già contenevano tali sostanze al 1º ottobre 2001, viola il
regolamento, che non prevede una deroga del genere. Essa deduce che, al di là dei casi previsti dall’art. 5, n. 3, del
regolamento, l’uso degli HCFC nei sistemi antincendio è vietato
inderogabilmente su tutto il territorio comunitario.

25. Il governo italiano ritiene che
il fatto di mantenere in vigore sino alla fine del 2008 la normativa anteriore
per i sistemi che già contenevano HCFC al 1º ottobre 2001 si giustifica in
virtù del principio di proporzionalità, in ragione dei costi elevati che le
imprese dovrebbero sostenere per il rinnovo dei sistemi esistenti, e degli
irrilevanti benefici per l’ambiente che conseguirebbero a tale sostituzione.

26. La Commissione replica che non
può invocarsi il principio di proporzionalità per giustificare la proroga
dell’applicazione della normativa anteriore, dal momento che il regolamento ha
provveduto ad un’armonizzazione completa del settore delle sostanze idonee a
ridurre lo strato di ozono.

27.
A
tale riguardo, deve ricordarsi che, in assenza di una clausola espressa che preveda la possibilità di deroga, le autorità nazionali
tenute ad applicare un regolamento non possono concedere esenzioni ai requisiti
prescritti dal regolamento stesso (sentenza 13 febbraio 1979, causa 101/78,
Granaria, Racc. pag. 623, punto 8). Né le dette autorità possono applicare in modo incompleto o
selettivo le disposizioni di un regolamento, vanificando taluni elementi della
normativa comunitaria che esse ritengono in contrasto con gli interessi
nazionali. Difficoltà di ordine pratico rivelatesi in
sede di attuazione di un atto comunitario non consentono allo Stato membro di
dispensarsi unilateralmente dall’osservanza dei propri obblighi (sentenza 7
febbraio 1979, causa 128/78, Commissione/Regno Unito, Racc.
pag. 419, punti 9 e 10).

28. Orbene, il regolamento ha
uniformato le norme relative all’utilizzazione degli
HCFC negli Stati membri. Infatti, l’art. 5 detta il
principio del divieto generale di utilizzazione degli HCFC, prevedendo periodi
transitori e deroghe tassativamente elencati, senza lasciare alle autorità
nazionali alcun margine di discrezionalità.

29. La Repubblica italiana,
pertanto, non può invocare le conseguenze socio-economiche
che discenderebbero dall’applicazione di tali regole, al fine di giustificare,
sotto il profilo del principio di proporzionalità, una proroga generale
dell’applicazione della propria normativa anteriore.

30. Ne consegue che la censura relativa al fatto che il decreto del 2001 autorizza sino al
31 dicembre 2008 l’uso degli HCFC negli impianti che già contenevano tali
sostanze al 1º ottobre 2001 è fondata.

31. Alla luce di tutte le suesposte
considerazioni, deve rilevarsi che la Repubblica italiana, mantenendo una disciplina
che consente l’utilizzo degli HCFC negli impianti antincendio senza rispettare
le restrizioni e le condizioni previste dall’art. 5, n. 3, del regolamento, è
venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza
del regolamento medesimo.

Sulle spese

32. Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del
regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la
Commissione ha chiesto la condanna della Repubblica italiana, che è risultata
soccombente, quest’ultima va condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Quinta
Sezione) dichiara e statuisce:

1) La Repubblica italiana, mantenendo
una disciplina che consente l’utilizzo di idroclorofluorocarburi negli impianti antincendio senza
rispettare le restrizioni e le condizioni previste dall’art. 5, n. 3, del
regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 29 giugno 2000, n.
2037, sulle sostanze che riducono lo strato di ozono, è venuta meno agli
obblighi ad essa incombenti in forza del regolamento medesimo.

2) La Repubblica italiana è
condannata alle spese.

Silva de Lapuerta

Kūris

Klučka

Così deciso e pronunciato a
Lussemburgo il 7 luglio 2005

Il cancelliere

R. Grass

Il presidente della Quinta Sezione

R. Silva de Lapuerta