Enti pubblici

Friday 16 January 2004

Contratti tra privato e P.A. Il Consiglio di Stato chiarisce la differenza tra proroga e rinnovo

Contratti tra privato e P.A. Il Consiglio di Stato chiarisce la differenza tra proroga e rinnovo

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO         N.865             REG.RIC.

Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale   Quinta  Sezione          ANNO 2003

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 865 del 2003 proposto da De Sarlo Antonio Giovanni, rappresentato e difeso dall’Avv. Ernesto Sticchi Damiani ed elettivamente domiciliato in Roma, via L. Mantegazza n. 24, presso lo studio del Cav. Luigi Gardin

c  o  n  t  r  o

il Comune di Carovigno, in persona del Sindaco p.t., n.c.

e nei confronti

della SO.L.E. SpA, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Francesco Flascassovitti ed elettivamente domiciliata in Roma, via L. Mantegazza n. 24, presso lo studio del Cav. Luigi Gardin

per l’annullamento e/o la riforma

della sentenza del T.A.R. Puglia-Lecce, Sez. II, n. 8416 del 18.12.2002.

Visto l’atto di appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio e l’appello incidentale della società SO.L.E.

Viste le memorie prodotte dalle parti;

Visti gli atti tutti della causa;

Udito, alla pubblica udienza del 21 ottobre 2003, il relatore, consigliere Nicolina Pullano, ed uditi, inoltre, gli Avv.ti E. Sticchi Damiani E F. Flascassovitti;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

F  A  T  T  O

In data 9.12.1993 il Comune di Carovigno stipulava un contratto d’appalto con la ditta De Sarlo, aggiudicataria di una licitazione privata avente ad oggetto la manutenzione degli impianti di illuminazione pubblica e regolazione del traffico e la costruzione di nuovi impianti. La durata del contratto veniva fissata in anni 5, a partire dall’1.1.1994, prorogabili automaticamente, di anno in anno, per altri quattro anni, salvo disdetta.

Nel corso del terzo anno di proroga la ditta De Sarlo presentava al comune di Carovigno uno “Studio di risparmio energetico per impianti di illuminazione”, contenente una proposta di rinnovo del servizio affidatole.

Il Comune di Carovigno valutava positivamente la proposta e, dopo avere acquisito una relazione dell’Ufficio Tecnico Comunale sulla fattibilità dell’intervento proposto ed avere accertato la sussistenza di specifiche ragioni di convenienza e di pubblico interesse, con determinazione dirigenziale n. 1086 del 20.12.2001, disponeva la rinnovazione del rapporto contrattuale per il periodo 1.1.2002-31.1.2011.

Il 24.12.2001 si procedeva alla sottoscrizione del contratto.

La società SO.L.E., precisando di essere proprietaria di una parte delle linee e dei punti luce di cui al contratto suddetto e di essere interessata a gestire gli impianti di pubblica illuminazione del Comune, essendo questo il suo oggetto sociale, con ricorso dinanzi al TAR Puglia ha chiesto l’annullamento di tutti gli atti dell’amministrazione comunale preordinati al rinnovo del contratto, nonché di quest’ultimo, peraltro, non ancora materialmente conosciuto.

All’uopo ha dedotto:

1) Incompetenza della G.M., in quanto l’art. 42 del d.Lvo n. 267 del 2000 attribuisce al Consiglio Comunale i provvedimenti in materia di affidamento di attività o servizi pubblici mediante convenzione;

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 6, secondo comma, della L. n. 537 del 1993, così come sostituito dall’art. 44, primo comma della L. n. 724 del 1994, che vieta il rinnovo tacito dei contratti delle amministrazioni pubbliche per la fornitura di beni e servizi e sanziona con la nullità quelli stipulati in violazione di detto divieto;

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 6, secondo comma della L. n. 537del 1993, così come sostituito dall’art. 44, primo comma della L. n. 724 del 1994; violazione e mancata applicazione dell’art. 7, secondo comma, lett. f, del d.Lvo n. 157 del 1995; violazione e mancata applicazione delle norme che regolano i contratti ad evidenza pubblica; eccesso di potere per difetto di motivazione e sviamento, in quanto il contratto quinquennale della ditta De Sarlo, scaduto il 31.12.1998 e tacitamente prorogato fino al 31.12.2001, avrebbe dovuto essere rinnovato tre mesi prima della scadenza, mentre l’accertamento dell’amministrazione della “sussistenza di ragioni di convenienza e di pubblico interesse per la rinnovazione del contratto” è intervenuto in data 14.12.2001; comunque, per effetto di quanto disposto dal rubricato art. 7, secondo comma, lett. f), del d.Lvo n. 157 del 1995, il ricorso alla trattativa privata è consentito solo nei tre anni successivi alla stipula del contratto iniziale; infine, la mancata quantificazione delle attività attinenti ai vari lavori di ampliamento e realizzazione di nuovi impianti, comportanti una significativa modifica del rapporto economico lavori/servizi, farebbe dubitare di un possibile risparmio per il Comune e ragionevolmente supporre che l’amministrazione abbia forzatamente optato per il rinnovo del contratto;

4) in subordine, eccesso di potere per errore e falsità nei presupposti e per perplessità e contraddittorietà; violazione delle disposizioni di cui al contratto di appalto del 9.12.1993, essendo falso ed errato il presupposto secondo il quale la ditta De Sarlo sarebbe stata affidataria del servizio sino al 31.12.2001, ovvero, come corretto a penna, sino al 31.12.2002, perché basato sul convincimento della validità e legittimità del rapporto in essere tra le parti; peraltro, in nessun caso il rinnovo avrebbe potuto essere decennale, in quanto vietato dall’art. 9 del capitolato speciale che aveva previsto la possibilità di proroga fino ad un massimo di quattro anni.

Con successivi motivi aggiunti notificati il 4.4.2002, la società SO.L.E., ha dedotto motivi di illegittimità derivata nei confronti del contratto, di cui aveva avuto, nel frattempo, piena conoscenza, ed ha altresì soggiunto che la necessità di proseguire il rapporto con la ditta De Sarlo e non con altre ditte specializzate nello stesso settore non sarebbe stata in alcun modo motivata, pur avendo il Comune oltre un anno di tempo prima della scadenza del contratto per espletare una accurata indagine comparativa.

Con ulteriori motivi aggiunti notificati in data 8/11.5.2002 ha dedotto il vizio di violazione del giusto procedimento, in quanto la delibera della G.M. era stata convalidata e non ratificata dal Consiglio Comunale. La ditta De Sarlo, dopo essersi costituita in giudizio, ha depositato memoria con la quale ha eccepito la inammissibilità del ricorso, sotto più profili e, in specie, per carenza di un interesse qualificato a ricorrere della società SO.L.E., non potendosi ritenere tale la sua generica qualità di operatore del settore.

Nel merito ha illustrato le ragioni di infondatezza del gravame.

Il TAR ha superato le eccezioni pregiudiziali e, avendo ritenuto fondato il secondo motivo di gravame, ha accolto il ricorso con assorbimento delle altre censure.

Con il presente appello la ditta De Sarlo chiede l’annullamento della sentenza perché ingiusta e lesiva dei suoi interessi.

Deduce, in limine, che a torto sarebbe stata disattesa l’eccezione di inammissibilità per carenza di interesse della società SO.L.E., essendole stato riconosciuto un interesse qualificato per il solo fatto di essere un soggetto economico operante nel settore, senza che la stessa avesse fornito alcuna prova della asserita parziale proprietà degli impianti e non essendo rilevante la circostanza che essa annoveri nel suo oggetto sociale, tra le attività esercitabili, anche la gestione di impianti di illuminazione.

Il TAR avrebbe, inoltre, errato nel ritenere che nel 1998 la proroga del contratto stipulato nel 1993 fosse stata colpita dalla nullità prevista dall’art. 6 della L. n. 537 del 1993, come modificato dall’art. 44 della L. n. 724 del 1994, in quanto nella specie non si trattava di rinnovo del contratto, ma di un contratto di durata novennale articolato in due fasi: la prima di cinque anni e la seconda di quattro anni raggiungibili mediante proroghe tacite annuali, salvo disdetta da una delle due parti.

In ordine alla infondatezza delle altre censure assorbite dal TAR l’appellante ha ripetuto le argomentazioni difensive dedotte in primo grado.

La società SO.L.E., nel costituirsi in giudizio, ha illustrato i motivi di infondatezza dell’appello ed ha proposto ricorso incidentale con il quale ha inteso reiterare i motivi di gravame dedotti nell’atto introduttivo e non esaminati in primo grado.

Il Comune di Carovigno non si è costituito in giudizio.

L’appellante e la società resistente hanno depositato memorie, con le quali hanno ribadito le proprie tesi difensive. L’appellante ha anche eccepito che la società resistente avrebbe inammissibilmente introdotto, con il suo ricorso incidentale, motivi nuovi rispetto a quelli dedotti in primo grado con il ricorso introduttivo e con i motivi aggiunti.

D I R I T T O

Il Collegio ritiene di poter prescindere dall’esame della questione pregiudiziale sollevata dall’appellante in primo grado e riproposta nel presente ricorso in appello, in quanto l’appello è fondato.

L’art. 6, secondo comma, della L. 24.12.1993 n. 537, come modificato dall’art. 44, secondo comma, della L. 23.12.1994 n. 724 così dispone: “E’ vietato il rinnovo tacito dei contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi, ivi compresi quelli affidati in concessione a soggetti iscritti in appositi albi. I contratti stipulati in violazione del predetto divieto sono nulli. Entro tre mesi dalla scadenza dei contratti, le amministrazioni accertano la sussistenza delle ragioni di pubblico interesse per la rinnovazione dei contratti medesimi e, ove verificata detta sussistenza, comunicano al contraente la volontà di procedere alla rinnovazione”.

La norma, quindi, vieta il rinnovo tacito dei contratti, ma ne consente il rinnovo esplicito per valutate  ragioni di pubblico interesse.

Nella specie, nel 2001, è stata adottata la deliberazione impugnata, con la quale è stata approvata la rinnovazione del contratto con la ditta De Sarlo – che si era aggiudicato, a seguito di gara mediante licitazione privata, l’affidamento, a decorrere dall’1.1.1994, e per la durata di cinque anni, del “servizio di manutenzione degli impianti di pubblica illuminazione e di regolazione del traffico, nonché costruzione di impianti ex novo” – perché si è ritenuto che il contratto fosse ancora in corso, in quanto tacitamente prorogato.

Infatti, all’art. 9 del capitolato speciale era stato previsto che il contratto, dopo la scadenza dei primi cinque anni, si sarebbe automaticamente prorogato di anno in anno, fino ad un massimo di quattro anni (ossia fino al 31.12.2002), salvo disdetta da una delle parti sei mesi prima della scadenza.

Il TAR ha accolto il ricorso proposto dalla società SO.L.E., attuale appellata, sostenendo che la proroga prevista dall’art. 9 del capitolato speciale si configura come rinnovo tacito e, in quanto tale, sarebbe stata colpita dalla nullità prevista dall’art. 6, che, essendo norma imperativa, era andata ad integrare il contratto, ai sensi dell’art.1339 c.c., mediante la caducazione automatica della clausola con la stessa in contrasto, rendendo nulli tutti i rinnovi taciti verificatisi negli anni 1999, 2000 e 2001, dopo la scadenza dei cinque anni, con conseguente illegittimità della delibera impugnata, in quanto basata su un rapporto giuridico nullo.

Il altri termini, con la scadenza definitiva del contratto, avvenuta ope legis alla data del 31.12.1998, sarebbe venuto meno il titolo giuridico posto a fondamento del rinnovo.

Le conclusioni cui è pervenuto il giudice di primo grado non possono essere condivise.

L’appellante fondatamente deduce che dalla previsione di cui all’art. 9 del capitolato d’appalto, facente parte integrante del contratto, a suo tempo stipulato con l’amministrazione comunale, si evince che la durata del contratto è stata complessivamente fissata in nove anni, così articolati: una durata fissa di cinque anni e una durata eventuale di altri quattro anni, salvo disdetta. Pertanto, la prevista possibilità di proroga automatica annuale, che aveva consentito la mera prosecuzione del contratto, non poteva essere assimilata ad una ipotesi di rinnovo tacito, vietato dalla sopravvenuta normativa.

Si tratta, infatti, di due situazioni diverse, in quanto solo il rapporto che si instaura anche tacitamente tra le parti dopo la scadenza del periodo di durata del contratto può considerarsi nuovo, proprio perchè dà vita ad un rapporto giuridicamente nuovo rispetto a quello originario, con tutte le conseguenze che ne derivano, mentre la proroga riguarda lo stesso contratto originariamente stipulato.

In sostanza, la proroga sposta in avanti il solo termine di scadenza del rapporto, che resta regolato dalla convenzione accessiva all’atto di affidamento del servizio, mentre il rinnovo del contratto, anche se in forma tacita, comporta una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, ossia un rinnovato esercizio dell’autonomia negoziale (cfr. C.d.S., Sez. VI, 29.3.2002 n. 1767).

Dunque, tra la proroga e la rinnovazione del contratto corre una sostanziale differenza e appunto per tale ragione deve ritenersi che l’art. 6, nella prima parte, vieta, in modo diretto ed assoluto, solo l’effetto del rinnovo, ma non impedisce l’inserimento di clausole che prevedano la prorogabilità del contratto (cfr. dec. Sez. V, 20.10.1998 n. 1508).

Pertanto, trattandosi di proroga e non di rinnovo tacito il sopravvenire della norma imperativa non può avere determinato, come ha ritenuto il giudice di primo grado, la nullità successiva della clausola e, quindi, dei rinnovi taciti, con conseguente illegittimità dei provvedimenti impugnati, in quanto basati su un rapporto giuridico nullo.

Deve, quindi concludersi per l’infondatezza del secondo motivo di gravame – accolto dal TAR – con il quale nell’originario ricorso era stata denunciata la violazione dell’art. 6, secondo comma, della L. n. 537 del 1993.

Per quanto concerne gli ulteriori motivi, che sono stati assorbiti in primo grado, occorre innanzi tutto chiarire che per il principio devolutivo proprio del rimedio dell’appello, al fine di investire il giudice di appello dei motivi dichiarati assorbiti, non è necessario l’appello incidentale, in quanto il giudice di appello è investito dell’intera controversia anche in relazione ai motivi assorbiti.

Ciò premesso e passando all’esame di detti motivi, che deve essere condotto esclusivamente con riferimento al contenuto di quelli dedotti in primo grado, con esclusione dei motivi nuovi e come tali inammissibili, come è stato fondatamente eccepito dall’appellante, che la società appellata ha introdotto in sede di appello (“violazione e mancata applicazione dell’art. 27, comma 6, della L. n. 488/99″ – v. pag. 17 del controricorso – e nullità del rinnovo per “tardività rispetto al perfezionamento della proroga tacita per difetto di disdetta” e per avere contestualmente “reiterato la proroga del contratto fino al 23.4.2002″ – v. pag. 23 dell’atto suddetto -), non appaiono in alcun modo condivisibili le censure dedotte con il terzo motivo.

La società appellata sostiene che l’accertamento della sussistenza da parte dell’amministrazione delle ragioni di convenienza e di pubblico interesse al rinnovo del contratto sarebbe intervenuto quanto era già infruttuosamente decorso il termine dei tre mesi precedenti alla scadenza del contratto.

Ora, considerato che l’art. 6, secondo comma, dispone che, “entro tre mesi dalla scadenza dei contratti, le amministrazioni accertano la sussistenza delle ragioni di pubblico interesse per la rinnovazione dei contratti medesimi e, ove verificata detta sussistenza, comunicano al contraente la volontà di procedere alla rinnovazione”, appare evidente come la tesi sostenuta dalla società appellata non trovi riscontro nel tenore letterale della norma, dalla quale è dato chiaramente evincere che il termine di tre mesi va inteso come successivo alla scadenza del contratto; del resto, anche per ragioni logiche, detto termine non può intendersi riferito al momento anteriore alla scadenza, considerato che si tratta di rinnovo e non di proroga de contratto.

Parimenti non condivisibile è la censura di violazione dell’art. 7, secondo comma, lett, f) del d.lvo n. 157 del 1995, che consente il ricorso alla trattativa privata solo nei tre anni successivi alla stipula del contratto iniziale, in quanto tale norma riguarda una diversa fattispecie; si riferisce, infatti, all’affidamento, mediante trattativa privata, allo stesso aggiudicatario di precedente appalto, di nuovi servizi, purchè essi siano conformi ad un progetto di base per il quale sia stato aggiudicato un primo appalto.

Per quanto concerne, poi, il rilievo che non sarebbe stata effettuata la quantificazione economica delle attività attinenti ai lavori di ampliamento e realizzazione di nuovi impianti è sufficiente osservare che dalla stessa delibera impugnata risulta che l’amministrazione comunale ha preso in considerazione soprattutto l’aspetto economico del progetto presentato dalla ditta De Sarlo. Si legge, infatti, nella cit. delibera, che l’amminisistrazione – “viste la proposta di risparmio energetico presentata dalla ditta De Sarlo” (contenente l’analisi dei costi e il listino prezzi) e “la relazione tecnica redatta dall’UTC” (che al punto 13 si occupa della determinazione economica dell’intervento)… – “ha valutato positivamente la proposta di risparmio energetico per gli impianti di pubblica illuminazione presentata dalla ditta De Sarlo, in quanto la stessa consente di conseguire l’ammodernamento e l’adeguamento di tutto l’impianto di pubblica illuminazione, con conseguente risparmio di energia elettrica, senza aggravio di costi per l’amministrazione comunale, ma anzi con un cospicuo risparmio per le proprie casse”.

Con il quarto motivo la società appellata deduce che la proroga di quattro anni prevista dal capitolato impedirebbe la rinnovazione del contratto per un periodo maggiore.

Il motivo è infondato, perché, come si è in precedenza chiarito, la proroga ha natura di patto accessorio rispetto al primo contratto, mentre la rinnovazione contrattuale risponde alla diversa volontà di dar vita ad un nuovo contratto.

In ordine ai motivi aggiunti notificati il 4.4.2002, si osserva che con gli stessi vengono sostanzialmente riprodotte le censure sollevate con il ricorso introduttivo, con esclusione di quella concernente il preteso difetto di motivazione (perchè il Comune di Carovigno non avrebbe esplicitato le ragioni per le quali, pur avendo ancora un anno di tempo prima della scadenza del contratto, non aveva ritenuto di dovere effettuare una indagine per accertare se fosse il caso di orientarsi per una scelta diversa) – dedotta anche con il secondo gruppo di motivi aggiunti – la quale è, però inammissibile, in quanto avrebbe dovuto essere prospettata con l’atto introduttivo.

I motivi aggiunti notificati l’8/9.3.2002 sono, invece, infondati.

Con il primo si sostiene che il Consiglio comunale di Carovigno avrebbe convalidato l’impugnata delibera della Giunta, anziché ratificarla. Si tratta, come è evidente di una imprecisione terminologica che non incide sulla sostanza della finalità perseguita, consistente nell’appropriazione dell’atto emesso dall’organo incompetente da parte dell’organo competente. In altri termini, considerato che il provvedimento contiene l’individuazione del vizio di incompetenza e la manifestazione della volontà di eliminare quel vizio, e dovendosi identificare e qualificare l’atto non sulla base del nomen juris adoperato, ma del potere concretamente esercitato, appare chiaro che, al di là delle espressioni letterali usate, la volontà del Consiglio comunale è stata quella di ratificare l’atto della Giunta.

In conseguenza, si appalesa infondata anche la successiva censura di illegittimità derivata, con la quale si eccepisce l’incompetenza della Giunta.

Per le considerazioni che precedono l’appello va, pertanto, accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso di primo grado.

Le spese di entrambi i gradi del giudizio possono essere compensate.

P. Q. M.

il Consiglio di Stato, Sezione quinta, accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 21 ottobre 2003,con l’intervento dei Signori:

Alfonso QUARANTA Presidente

Raffaele CARBONI Consigliere

Giuseppe FARINA Consigliere

Aldo FERA Consigliere

Nicolina PULLANO Consigliere est.

L’ESTENSORE    IL PRESIDENTE

F.to Nicolina Pullano   F.to Alfonso Quaranta

IL SEGRETARIO

F.to Francesco Cutrupi  

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 31 DICEMBRE 2003

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL  DIRIGENTE

F.to Antonio Natale