Civile

Tuesday 18 November 2003

Camminando per strada urta un ramo e si ferisce ad un occhio. Per la Cassazione doveva stare pià attenta. Cassazione – Sezione terza civile – sentenza 1 ottobre-4 novembre 2003, n. 16527

Camminando per strada urta un ramo e si ferisce ad un occhio. Per la Cassazione doveva stare più attenta

Cassazione Sezione terza civile sentenza 1 ottobre-4 novembre 2003, n. 16527

Presidente Giuliano relatore Amatucci

Pm Scardaccione conforme ricorrente Moretti

Svolgimento del processo

Alle 10.30 dell1 marzo 1996 Mara Moretti, dopo aver parcheggiato la propria autovettura sulla banchina erbosa di una strada urbana fiancheggiata da alberi di alto fusto, si incamminò lungo il ciglio asfaltato della strada quando, essendole cadute le chiavi, si chinò per raccoglierle. Nel rialzarsi urtò contro un ramo di uno degli alberi, procurandosi lesioni alla palpebra destra.

Nel novembre del 1996 convenne in giudizio il Comune di Modena chiedendone, ex articolo 2051 Cc, la condanna al risarcimento dei danni, indicati in lire 4.387.800.

Il Comune convenuto resistette e ladito giudice di pace rigettò la domanda sul rilievo che levento dannoso era esclusivamente imputabile alla stessa attrice.

Con sentenza 561/99 il Tribunale di Modena ha rigettato lappello della Moretti escludendo lintrinseca pericolosità del ramo in relazione ad un normale comportamento degli utenti della strada, affermando che esso era pienamente visibile e negando dunque che fosse configurabile la responsabilità dellente proprietario della strada ai sensi dellarticolo 2051 Cc, ovvero dellarticolo 2043 Cc.

Avverso detta sentenza ricorre per cassazione Mara Moretti affidandosi a quattro motivi.

Il Comune intimato non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1. Col primo motivo deducendo violazione e falsa applicazione dellarticolo 2051 Cc la ricorrente si duole che il Tribunale abbia ritenuto che larticolo 2051 Cc sia applicabile solo al danno cagionato dalle cose intrinsecamente pericolose, mentre la responsabilità sussiste anche se la cosa possa divenire tale a seguito dellincidenza di fattori causali esterni.

2. Col secondo motivo è dedotto «omessa pronuncia circa un punto decisivo della controversia per non avere il Tribunale riconosciuto il nesso eziologico esistente tra la peculiare condizione dei rami delle piante situate in Via dei Falegnami e linfortunio subito» dalla ricorrente, laddove aveva escluso che i rami sporgenti di un albero potessero costituire fonte di possibile pregiudizio per una persona di media diligenza. Afferma la ricorrente che era pacificamente emerso che i rami delle piante, potati solo un mese dopo il fatto, si protendevano fino a poca distanza da terra, sicché non poteva dubitarsi della estrema pericolosità acquisita dalle piante a seguito delleccessiva e disordinata crescita delle loro ramificazioni.

3. Col terzo motivo è denunciata «erronea e falsa applicazione dellarticolo 2051 Cc per avere omesso il Tribunale di considerare che la responsabilità del custode è presunta e che spetta al medesimo fornire la prova positiva del fortuito». Sostiene che il fortuito può essere bensì costituito anche dal fatto dello stesso danneggiato, ma ciò solo in quanto abbia costituito la causa esclusiva dellevento dannoso, sia dotato di autonomo impulso causale e sia per lo stesso custode imprevedibile ed inevitabile. Afferma inoltre che se è vero che lobbligo di custodia del proprietario non esonerare il terzo dal dover di rapportarsi alla cosa con la necessaria diligenza, è tuttavia inammissibile addossare al cittadino lobbligo di ispezionare minuziosamente gli alberi prima di avviarsi lungo il ciglio della strada priva di un marciapiede adibito al transito dei pedoni, in quanto egli deve poter fare affidamento sulla idoneità delle piante, come di ogni altra struttura di arredo urbano, a non arrecare danno.

Nega, poi, che nella specie quel ramo fosse perfettamente visibili alle 10.30 di una mattina del mese di marzo (come sostenuto dal comune), in quanto lassenza di fogliame, la nebbia e la crescita disordinata dei rami che si nascondevano lun laltro alla vista, rendeva possibile distinguerli ed evitarli anche usando la massima diligenza possibile.

4. Col quarto motivo, da ultimo, è subordinatamente prospettata violazione e falsa applicazione degli articoli 2051 e 1227 comma 1 Cc, per non avere il Tribunale ritenuto che la colpa dellinfortunata costituisse una semplice concausa dellevento dannoso, peraltro addebitabile anche al comune per non avere, se non un mese dopo il fatto, provveduto ad unadeguata opera di cura e manutenzione delle piante.

5. Il ricorso va respinto.

Il Tribunale ha ritenuto in fatto che dalla stessa documentazione prodotta dalla Moretti risultava che lo sporgere dei rami era adeguatamente visibile e tale da mettere in preavviso un soggetto che vi si avvicinasse con media accortezza.

Le opposte considerazioni svolte dalla ricorrente in questa sede (giornata nebbiosa, indistinguibilità dei rami privi di fogliame, crescita caotica degli stessi con abnormi sporgenze) attengono evidentemente alla valutazione del fatto, esclusivamente riservata al giudice del merito e non reiterabile in sede di legittimità.

Costituisce dunque dato di fatto accertato che i rami erano ben visibili e che, nel contesto dato, la Moretti avrebbe potuto evitare di urtarvi contro, se solo avesse adottato un comportamento connotato da media accortezza.

A tanto la ricorrente oppone che il cittadino ha diritto di confidare nella carenza di attitudine delle cose costituenti larredo urbano ad arrecare danno. Ma proprio tale attitudine della cosa ad arrecare danno il Tribunale ha escluso in base ad un giudizio necessariamente condotto ex ante. Ha infatti osservato che il giudizio sulla pericolosità delle cose inerti non può prescindere da «un modello relazionale per cui la cosa venga vista nel suo normale interagire col contesto dato» e che una cosa inerte può definirsi pericolosa «quando determini un alto rischio di pregiudizio nel contesto di normale interazione con la realtà circostante».

Tali affermazioni sono assolutamente corrette in diritto. Del resto, se si prescindesse da tali parametri valutativi dovrebbe paradossalmente ravvisarsi la responsabilità del custode anche in caso di urto di un pedone contro il tronco di un albero (che egli non abbia per avventura scorto perché voltatosi a salutare un amico; così come la Moretti non scorse il ramo perché chinatasi per raccogliere le chiavi) che non fosse stato adeguatamente protetto con una struttura avvolgente morbida. Ma così come non è pericoloso il tronco perfettamente visibile, non è pericoloso il ramo che sia altrettanto chiaramente visibile, per lovvia ragione che né luno né laltro determinano un rischio di pregiudizio in contesti del tipo di quello considerato dal Tribunale. Se, nonostante ciò, il contatto con la cosa provochi un danno per labnorme comportamento del danneggiato, difetta il presupposto per loperare della presunzione di responsabilità di cui allarticolo 2051 Cc, atteggiandosi in tal caso la cosa come mera occasione e non come causa del danno.

Nellapprezzamento operato dal Tribunale difettava un fattore causale esterno, diverso ed ulteriore rispetto alla disattenzione della vittima, che potesse aver fatto assumere alla cosa la pericolosità di cui era intrinsecamente priva, sicché il primo motivo è infondato per tale assorbente ragione.

Il secondo motivo si risolve come si è accennato in un inammissibile sindacato dellapprezzamento del fatto operato dal giudice del merito.

Il terzo ed il quarto motivo sono infondati perché presuppongono la sussistenza di nesso causale fra cosa e danno, invece esclusa in radice dal Tribunale.

6. In difetto di esercizio di attività difensiva da parte dellintimato non sussistono i presupposti per provvedere sulle spese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.