Enti pubblici

Friday 26 September 2003

Appalto pubblico di forniture: non è necessaria la gara se l’ appalto è affidato a società controllata dall’ ente pubblico. Consiglio di Stato Sezione quinta decisione 18 settembre 2003, n. 5316

Appalto pubblico di forniture: non è necessaria la gara se lappalto è affidato a società controllata dallente pubblico.

Consiglio di Stato Sezione quinta decisione 18 settembre 2003, n. 5316

(Presidente Frascione estensore Farina)

Fatto

1. Il ricorso n. 4292 del 2001 è proposto dal comune di Udine. È stato notificato il 20 aprile 2001 e depositato il successivo 27. Sono stati poi notificati motivi aggiunti il 22 maggio 2001, con deposito eseguito il 26 maggio.

2. Il ricorso n. 4713 del 2001 è proposto dallAmga Azienda Multiservizi spa, con notificazione effettuata il 27 aprile 2001 e deposito in data 5 maggio. Sono stati anche notificati motivi aggiunti il 24 maggio 2001 ed il deposito è stato eseguito il 29 maggio.

3. È impugnata la sentenza n. 171 del Tar del Friuli-Venezia Giulia, il cui dispositivo è stato pubblicato il 30 marzo 2001 e la cui motivazione è stata pubblicata il 23 aprile successivo.

4. Con gli appelli sono state riproposte le eccezioni dinammissibilità del ricorso introduttivo, sollevate in primo grado e disattese dal Tar, e sono censurate le statuizioni di merito del primo giudice.

5. La srl Diddi Dino e Figli e lAgesi si sono costituite con atto del 25 maggio 2001 e, con memoria del 29 maggio successivo, hanno anche riproposto la prima censura del ricorso introduttivo, sulla violazione del decreto legislativo 358/92, recante norme di recepimento delle direttive europee in materia di appalti pubblici di forniture.

6. Con sentenza di questa sezione 3848/01, sono stati respinti i motivi riguardanti linammissibilità del ricorso di primo grado.

7. Con ordinanza 3847, pubblicata nella stessa data, è stata rimessa alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee la questione dinterpretazione degli articoli 1, lettera b), 2 e 6 della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/Cee, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi.

8. La Corte si è pronunziata con ordinanza 14 novembre 2002, nel procedimento C-310/01.

9. Sono state prodotte memorie da tutte le parti. Da ultimo in data 24 aprile 2003 dal Comune di Udine; in data 30 aprile dalla srl Diddi; in data 6 maggio 2003, previo deposito di documenti lundici aprile, dallAmga.

10. Alludienza del 13 maggio 2003, dopo gli interventi delle opposte difese, i due ricorsi in appello sono stati trattenuti in decisione.

Diritto

1. I due ricorsi in esame, proposti contro la medesima sentenza, sono stati già riuniti con la decisione 3848/01.

2. Forma oggetto del giudizio, attraverso limpugnazione della pronunzia del primo giudice, la deliberazione consiliare n. 56 del 14 aprile 2000 del comune di Udine di affidare la gestione del servizio calore della quale si vedrà in seguito il preciso contenuto allAmga-Azienda Multiservizi spa, costituita ai sensi dellarticolo 22, comma 3, della legge 142/90 (poi articolo 113 del Testo unico 267/00, successivamente modificato, ma con norma non applicabile ratione temporis al caso di specie).

3. Le originarie ricorrenti hanno impugnato: a) la deliberazione n. 56/14 aprile 2000 del consiglio comunale di Udine, nella quale è previsto il menzionato affidamento, e b) la determinazione dirigenziale n. 2000/40D/353, in data 29 settembre 2000, di approvazione della convenzione regolante i rapporti fra Comune ed Amga per la gestione del predetto servizio.

4. Atteso che, con la richiamata decisione 3848/01, sono stati respinti i motivi concernenti linammissibilità del ricorso introduttivo, non resta che riepilogare le questioni di merito ancora aperte.

Era stato dedotto, in primo grado:

4.1. (primo motivo) violazione del decreto legislativo 358/92, come modificato dal decreto legislativo 402/98, di recepimento delle direttive n. 93/36/Cee e n. 97/52/Ce. Lamministrazione ha proceduto allaffidamento diretto, senza gara, del cosiddetto servizio gestione calore, ritenendo sufficiente il riferimento allarticolo 22 della legge 142/90. Invece, la convenzione stipulata tra Comune ed Azienda deve qualificarsi, piuttosto, come contratto per la fornitura di energia termica, in misura prevalente, e per la prestazione di una serie di attività per il funzionamento degli impianti termici. Lapplicazione del criterio della prevalenza, enunciato dallarticolo 3, comma 4, del decreto legislativo 157/95, fa ricondurre lappalto in parola tra quelli di fornitura di beni, ai quali nessuna disposizione ricollega diritti speciali di privativa ad enti pubblici. È stata richiamata, in proposito, la sentenza della Corte di giustizia delle Comunità Europee del 18 novembre 1999, in causa C-107/98 Teckal, punti 43 e 44;

4.2. (secondo motivo) qualora si volesse qualificare quello in esame come contratto di servizio, non può, tuttavia, essere invocato il diritto di esclusiva, di cui al comma 2, lettera g), dellarticolo 5 del decreto legislativo 157/95, in favore delle aziende speciali e società di cui allarticolo 22 della citata legge 142/90, in quanto organismi di diritto pubblico-amministrazioni aggiudicatrici. Non si tratta, infatti, di un servizio pubblico locale;

4.3. (terzo motivo) sempre con riguardo allipotesi di un appalto di servizi, non è da condividere uninterpretazione dellarticolo 22 della legge 142/90 e dellallegato 7 del decreto legislativo 157/95 (riguardante gli organismi di diritto pubblico che sono anchessi amministrazioni aggiudicatrici), la quale consenta laffidamento diretto di un servizio pubblico alle società a capitale pubblico locale, come nel caso in esame, indipendentemente dal rispetto dei criteri di cui allarticolo 1, lettera b), ed allarticolo 6 della direttiva 92/50 e dellarticolo 2, lettera b), del decreto legislativo 157/95. LAmga non possiede i requisiti fissati nelle citate norme della Direttiva, perché non istituita per soddisfare bisogni dinteresse generale aventi carattere non industriale o commerciale;

4.4. (quarto motivo) ancora con riguardo allipotesi subordinata dellappalto di servizi, non è stata motivata la scelta per la gestione da parte dellAmga, in termini di risparmio nellacquisizione del servizio, in relazione alle possibili economie che sarebbero potute derivare da una gara pubblica.

5. La sentenza impugnata, con riferimento al merito della controversia:

5.1. non ha esaminato la questione, dedotta con il primo dei motivi sopra riferiti, dellapplicabilità al caso in esame delle disposizioni sugli appalti pubblici di forniture;

5.2. ed invece, nellesplicitato intento di far luogo allesame congiunto dei quattro motivi del ricorso, ha affrontato il problema con la premessa che la gestione calore, di cui si controverte, riguarda come risulta dal relativo capitolato speciale dappalto … la gestione impianti termici a servizio di edifici comunali,

5.3. ha, perciò, concluso nel senso che non si configura, nella specie, un servizio pubblico locale, di cui allarticolo 22 della legge 142/90, con conseguente illegittimità dellattribuzione alla spa Amga.

6. Questultima società, sia col primitivo ricorso in appello, sia con i motivi aggiunti, ha riprodotto le difese illustrate in primo grado ed ha censurato la tesi dellillegittimità dellaffidamento della specifica gestione calore. Essa sostiene che si tratta di attribuzione (che definisce come delegazione interorganica), da parte del Comune, della gestione calore ad un soggetto da esso controllato e con prevalente attività svolta per lamministrazione controllante, e quindi ad un soggetto strumentale del Comune stesso.

7. Anche lamministrazione comunale critica la sentenza del primo giudice per le conclusioni alle quali è giunta.

8. Ambedue le parti appellanti hanno richiamato, a sostegno delle loro tesi, il principio desumibile dalla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità Europee del 18 novembre 1999 nella causa (Teckal srl) C-107/98.

Va subito chiarito che il riferimento deve intendersi fatto ai nn. 50 e 51 della sentenza, ove si espone che la direttiva 14 giugno 1993 n. 93/36/Cee, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, non si applica nel caso in cui lente locale abbia stipulato un contratto con un soggetto giuridicamente distinto, sul quale eserciti un controllo analogo a quello svolto sui propri servizi, e questo soggetto realizzi la parte più importante della propria attività con lente o con gli enti locali che lo controllano.

9. La società resistente in appello, oltre a controbattere alle altre censure delle due controparti, ha riproposto il primo motivo del suo ricorso introduttivo, sul quale, si ripete, il primo giudice non si è pronunciato, concernente la questione della violazione del decreto legislativo 358/92, come modificato dal decreto legislativo 402/98, di recepimento della predetta direttiva n. 93/36/Cee e della successiva n. 97/52/Ce. Essa ha rilevato il carattere prevalente della fornitura di combustibile ex articolo 22 del capitolato speciale dappalto, e quindi del contratto, approvato con la determinazione dirigenziale del 29 settembre 2000, impugnata in primo grado.

10. Con ordinanza n. 3847/01 dellundici luglio 2001, questa sezione ha proposto alla Corte di Giustizia la questione dellapplicabilità, al caso in esame, dellarticolo 2 della direttiva n. 92/50/Cee, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, pur apparendo prevalente, nel contratto, la fornitura di beni rispetto alla prestazione di servizi, e la questione dellinterpretazione degli articoli 6 e 1, lettera b), della stessa direttiva.

La Corte si è pronunciata con ordinanza 14 novembre 2002, nel procedimento C-310/01.

11. Alla luce della suddetta pronuncia e delle considerazioni, in fatto ed in diritto, che seguono, i due appelli devono essere accolti.

11.1. Come già tutte le parti in causa hanno sostenuto, e come la Corte ha riconosciuto, il contratto di gestione calore, di cui si controverte, prevede un corrispettivo annuale di quattro miliardi e sessanta milioni. Di questi, tre miliardi e mezzo di lire coprono la fornitura di combustibile.

11.2. Si deve, di conseguenza applicare larticolo 3, comma 4, del decreto legislativo 157/95, di recepimento della direttiva n. 92/50/Cee, in materia di appalti di servizi, che stabilisce che gli appalti che includono forniture e servizi sono considerati appalti di servizi quando il valore totale di questi è superiore al valore delle forniture comprese nellappalto. Per converso, se, come nel caso in esame, il valore della fornitura supera quello dei servizi, la normativa alla quale far riferimento è quella del già citato (supra n. 9 ) d. lgs, 358 del 1992.

11.3. Lulteriore verifica che deve farsi è quella riguardante lobbligo, per il comune di Udine, di far luogo ad un procedimento di scelta del contraente, secondo le disposizioni del decreto legislativo 358/92, e quindi della direttiva 93/36/Cee.

La risposta deve essere negativa.

Invero, in sede dinterpretazione a norma dellarticolo 234 del Trattato Ce (sentenza Teckal citata ed ordinanza pronunciata il 14 novembre 2002 su questo specifico caso), è stato chiarito dalla Corte di Giustizia che la direttiva 93/36/Cee e, quindi, per lordinamento italiano, il decreto legislativo 358/92 deve applicarsi per laggiudicazione di un contratto di fornitura di beni, salvo che lamministrazione aggiudicatrice eserciti sul fornitore, che sia un soggetto distinto da essa, un controllo analogo a quello che essa esercita sui propri servizi, e sempre che il fornitore svolga la parte più importante della propria attività con lamministrazione o le amministrazioni che lo controllano.

Orbene, dai documenti esibiti dalle parti appellanti, si desume che siffatto controllo esisteva, al momento della stipulazione della convenzione, giacché il comune possedeva, per statuto, almeno il 51 per cento del capitale sociale della società per azioni affidataria e giacché la prevalenza del capitale pubblico doveva permanere per tutta la durata della società (articolo 5, rispettivamente, commi 3 ed 1). Altre disposizioni dello stesso statuto conferivano al Comune una posizione dominante, per lassenso riservatogli in caso di trasferimento di azioni da parte di altri soci, e perciò per il controllo sullassemblea, nonché per la maggioranza riservatagli in sede di nomina e reintegrazione degli amministratori, con intuibili riflessi anche in ordine alla nomina degli altri amministratori e del collegio sindacale.

Inoltre, dalla dichiarazione, in data 14 febbraio 2001, già depositata in prime cure, del presidente del collegio sindacale della società a prevalente capitale comunale, si può rilevare che, sempre con riguardo allanno 2000 di stipulazione del contratto, ben oltre il novanta per cento dellattività dellimpresa derivava da attività rese al Comune controllante. Era soddisfatto, perciò, anche il secondo requisito enunciato nelle pronunzie della Corte di Giustizia.

11.4 Con la memoria prodotta in vista delludienza di discussione dellappello, la parte resistente ha insistito nella tesi della necessaria applicazione delle procedure di scelta, di cui alla direttiva n. 93/36/Cee. Essa sostiene che la società affidataria non è unarticolazione del Comune, tanto che il rapporto tra essi è disciplinato da un contratto scritto, a titolo oneroso, con regolazione dei contrapposti interessi. La deroga allobbligo di indìre una pubblica gara è giustificata solo in relazione allaffidamento ad articolazioni interne delle amministrazioni aggiudicatrici.

La tesi non ha pregio.

In primo luogo, lassunto restringe lambito della pronunzia pregiudiziale resa dalla Corte, in palese contrapposizione con il tenore letterale di essa. In questa, infatti, esplicitamente si ammette che non è riconducibile sotto la previsione della direttiva suddetta il caso di affidamento della fornitura ad un soggetto giuridicamente distinto dallamministrazione aggiudicatrice, a determinate condizioni. Non si fa, dunque, riferimento ad una articolazione interna dellente, la quale sarebbe priva di soggettività separata.

In secondo luogo, la ratio della regola enunciata va individuata nel fatto che, nei confronti di un soggetto controllato e che svolga la sua prevalente attività per il soggetto controllore, non sarebbero ravvisabili situazioni di pregiudizio per la parità di trattamento degli altri operatori economici e per il rispetto delle regole di concorrenza. Invero, le norme della direttiva in esame, da un lato, non interferiscono sui poteri delle pubbliche amministrazioni di adottare soluzioni organizzative che siano le più rispondenti alle esigenze che esse stesse ritengano di dover soddisfare, conformemente alle leggi che le disciplinano. Dallaltro lato, le disposizioni della direttiva 93/36/Cee non ignorano la tutela, per i terzi, derivante dalle regole suddette, giacché fanno ricadere sugli organismi di diritto pubblico, quali definiti nellarticolo 1, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 358/92 (che recepisce le definizioni date dallarticolo 1 della direttiva stessa) lobbligo di osservarle, al pari delle altre amministrazioni aggiudicatici.

Se, dunque, la società controllata dal comune di Udine sia da annoverare fra i predetti organismi, sarà essa tenuta ad osservare le norme in discussione. Ma non si tratta di questione da definire nella controversia in esame.

12. Conclusivamente, gli appelli, come si è anticipato, vanno accolti e, in riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso introduttivo del giudizio.

13. Vi sono motivi, sia per la parziale novità della questione, sia per la qualità delle difese spiegate, per compensare le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quinta, definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti 4292 e 4713/01, li accoglie e, per leffetto, respinge il ricorso introduttivo.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dallAutorità amministrativa.

Così deciso in Roma il 13 maggio 2003.