Famiglia

Monday 06 June 2005

Acquisizione della cittadinanza italiana e possibilità di mantenere i cognomi di nascita Tribunale di Cagliari – Decreto 17 – 18 maggio 2005 –

Acquisizione della cittadinanza italiana e possibilità di mantenere i
cognomi di nascita

Tribunale di
Cagliari – Decreto 17 – 18 maggio 2005 – Decreto.

Presidente Dott. Gian Giacomo Pisotti, relatore – Giudice Dott.ssa
M. Grazia Cabitza – Giudice Dott.ssa
Donatella Satta

In fatto e in diritto

Con ricorso
depositato il 20 aprile 2005, la signora Norma X. Y., cittadina cubana alla
quale è stata conferita la cittadinanza italiana, ha chiesto di poter "mantenere
entrambi i miei cognomi di nascita", allegando la comunicazione
dell’Ufficio dello Stato Civile del Comune di Assemini
relativa all’avvenuta correzione d’ufficio, in sede di trascrizione, dell’atto
di nascita della ricorrente, con attribuzione "del solo cognome paterno
X.".

Poiché la ricorrente si doleva, in
modo inequivoco (e nel termine di legge), di tale correzione, e il ricorso
doveva pertanto qualificarsi come proposto ai sensi dell’ultimo comma dell’art.
98 d.p.r. 3 novembre 2000, n. 396, il giudice relatore ha disposto la
comparizione davanti a sé della X. Y. e dell’Ufficiale dello Stato Civile di Assemini.

Quest’ultimo ha dichiarato di avere inteso
applicare, in sede di trascrizione dell’atto di nascita, la legge italiana, ed
in particolare il disposto del 1° comma dell’art. 262 cod. civ.. Ha soggiunto che tale è la linea interpretativa indicata
dal Ministero dell’Interno, e da questo applicata nei più recenti decreti di
concessione della cittadinanza.

La
X. Y.
ha precisato che la cittadinanza italiana le era stata conferita con d.p.r. 4
febbraio 1998, e di avere conservato la cittadinanza cubana; ed ha insistito
nella sua opposizione alla correzione effettuata dall’Ufficiale dello Stato
Civile di Assemini.

Il Pubblico Ministero ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Ciò posto, il Tribunale osserva
quanto segue.

La correzione in esame è stata effettuata dall’Ufficiale dello Stato Civile sulla base
delle seguenti considerazioni, esplicitate solo parzialmente, ma emergenti in
modo evidente dagli atti:

· per effetto del d.p.r. 4 febbraio
1998 la ricorrente è divenuta cittadina italiana;

· in conseguenza di questa nuova
situazione giuridica ella è soggetta, per quanto
riguarda l’attribuzione del nome, alla legge italiana (nella circolare del
Ministero dell’Interno n. 114 Kb del 24 novembre 1999
– di cui questo Tribunale ha preso visione d’ufficio – sono richiamati, al
riguardo, l’art. 24 della legge 31 maggio 1995, n. 218, e l’art. 1 della
Convenzione di Monaco 5 settembre 1998);

· dall’atto di nascita formato in
Cuba non emerge se i genitori della ricorrente fossero
uniti in matrimonio;

· la nascita risulta essere stata
oggetto di dichiarazione congiunta di costoro e pertanto, per il disposto
dell’art. 262, 1° comma, del codice civile italiano,
deve esserle imposto, quale figlia naturale riconosciuta contemporaneamente dai
due genitori, il solo cognome del padre;

· nell’atto di nascita sono stati
invece attribuiti i cognomi di entrambi i genitori;

· si è dunque reso necessario –
secondo l’Ufficiale dello Stato Civile di Assemini – applicare la norma dell’art 98, 2° comma, del
d.p.r. n. 396/2000, il quale stabilisce che l’Ufficiale dello Stato Civile deve
procedere a correzione "nel caso in cui riceva, per la registrazione, un
atto di nascita relativo a cittadino italiano nato all’estero
da genitori legittimamente uniti in matrimonio ovvero relativo a cittadino
italiano riconosciuto come figlio naturale ai sensi dell’articolo 262, primo
comma, del codice civile, al quale sia stato imposto un cognome diverso da
quello ad esso spettante per la legge italiana. Quest’ultimo
cognome deve essere indicato nell’annotazione."

E’ appena il caso di accennare che a
non diversa soluzione si sarebbe pervenuti, secondo
l’impostazione sopra esposta, se fosse risultato che i genitori della ricorrente
erano uniti in matrimonio: come ha rilevato recentemente la Corte di Cassazione (v.
ordinanza 17 luglio 2004, n. 13298), "pur non esistendo nel nostro
ordinamento una specifica disposizione diretta ad attribuire ai figli legittimi
il cognome paterno" deve ritenersi che "una norma nel senso indicato
sia chiaramente desumibile dal sistema, in quanto presupposta da una serie di
disposizioni regolatrici di fattispecie diverse" (quelle di cui agli artt.
143 bis, 236, 237, comma 2, 262, 299 comma 3 c.c., 33 e 34 del d.p.r. 3 novembre 2000, n. 396, della cui
legittimità – sia detto per incidens – la Cassazione ha investito
la Corte
Costituzionale in relazione al divieto, che se ne trae, di
attribuzione del cognome della madre).

Ritiene il Collegio che la scelta
interpretativa dell’Ufficiale dello Stato Civile di Assemini, sopra richiamata (aderente alle indicazioni del
Ministero dell’Interno, peraltro di valore non precettivo
nell’ordinamento generale, secondo le regole sulla gerarchia delle fonti), non
sia condivisibile.

Deve, invero, considerarsi che
l’attribuzione della cittadinanza non comporta la nascita di un nuovo soggetto,
al quale debbano applicarsi le norme italiane sull’imposizione del nome. Già
per questa via, la richiamata norma dell’art. 98, 2° comma,
del nuovo regolamento dello Stato Civile appare dunque, ictu
oculi, non applicabile al caso di specie.

In particolare, deve rilevarsi che
tale norma espressamente e palesemente si riferisce all’ipotesi del soggetto
nato all’estero il quale, essendo cittadino italiano già al momento della
nascita, avrebbe diritto all’attribuzione del nome secondo la legge italiana,
ed in concreto subisce invece un’attribuzione non conforme alla sua legge
nazionale. E’ evidente che, in relazione a questa
ipotesi, il nostro ordinamento vuole, con la norma dell’art. 98, 2° comma,
apprestare un rimedio a favore del cittadino, il quale all’estero si potrebbe
trovare nell’impossibilità di far valere il suo diritto al nome secondo la
legislazione italiana.

La situazione tutelata è dunque del
tutto peculiare per finalità ed interessi coinvolti, e pertanto non
equiparabile, sotto alcun profilo, a quella dello straniero al quale, ad un
certo punto della sua vita, venga concessa la
cittadinanza italiana. L’applicazione analogica (e, per così dire, diacronica)
della norma in questione a quest’ultima situazione, quale è stata effettuata dall’Ufficiale dello Stato Civile
di Assemini, appare dunque priva di fondamento
giuridico.

Resta da verificare se l’eliminazione
del cognome materno "Y." sia
imposta dalla norme di cui all’art. 1 della Convenzione di Monaco 5 settembre
1980 ("1 .I cognomi ed i nomi della persona vengono determinati dalla
legge dello Stato di cui è cittadina. A questo solo scopo, le situazioni da cui
dipendono i cognomi e i nomi vengono valutate secondo
la legge di detto Stato. 2. In caso di cambiamento di nazionalità viene applicata la legge dello stato della nuova
nazionalità); e/o se l’eliminazione sia determinata dall’art. 24 della legge di
riforma del diritto internazionale privato n. 218 del 1995 ("L’esistenza
ed il contenuto dei diritti della personalità sono regolati dalla legge
nazionale del soggetto […]".

Di tali norme deve valutarsi la
compatibilità con i principi posti dalla nostra Costituzione. A tal fine devono
formularsi le seguenti considerazioni.

La cittadinanza concessa allo
straniero viene attribuita, come è evidente, ad un
soggetto di diritto-persona fisica già da tempo esistente, i cui diritti
fondamentali sono inalienabili, alla stregua della nostra Costituzione;
l’applicabilità della quale – se mai potesse essere dubbia rispetto allo
straniero – è resa indiscutibile dalla qualità di cittadino, che il soggetto
viene ad acquistare. Tra tali diritti è quello all’identità personale, della
quale il diritto al nome è, secondo la migliore dottrina e un’univoca
giurisprudenza, una componente essenziale (v. in
particolare, l’ordinanza 13298/2005 della Cassazione, nella quale
perspicuamente si afferma che "[…] tra i
diritti che formano il patrimonio irretrattabile
della persona, riconducibili al catalogo cui l’art. 2 Cost. offre tutela
costituzionale, va inserito il diritto all’identità personale, del quale il
nome – indicato come bene oggetto di autonomi diritto dal successivo art. 22
Cost. – costituisce il primo e più immediato elemento caratterizzante, in
quanto espressione emblematica della identità della persona e suo segno
distintivo nella vita di relazione (v. Corte Cost. 2001 n. 120). In
particolare, nella richiamata sentenza n. 13 del 1994 il giudice della
legittimità delle leggi ha rilevato che il cognome gode di
una distinta tutela anche nella sua funzione di strumento identificativo della
persona, e che, in quanto tale, costituisce parte essenziale ed irrinunciabile
della personalità, e nella successiva decisione n. 297 del 1996 n. 297 ha
affermato che il diritto all’identità personale costituisce tipico diritto
fondamentale, rientrando esso tra i diritti che formano il patrimonio irretrattabile della persona umana, sicché la sua lesione
integra violazione dell’art. 2 […]".

Una valutazione costituzionalmente
corretta delle norme in materia di attribuzione del
nome non può prescindere, ad avviso del Collegio, dalla chiara prospettazione
dei principi fondamentali formulata sul punto dalla Suprema Corte con
riferimento alla giurisprudenza costituzionale. E non pare possa dubitarsi, a
tale stregua, che norme le quali comportassero l’effetto di privare, in tutto o
in parte, il neo-cittadino del nome attribuitogli secondo le leggi dello Stato di origine, solo perché difformi da quelle italiane, e ad
equipararlo al neonato, come tale ancora privo di una sua identità, dovrebbero
essere considerate costituzionalmente illegittime. E’ di piena evidenza,
infatti, che una siffatta amputazione dei segni distintivi della persona è
sempre inammissibile, e non solo quando acquisti caratteri di particolare
gravità, come nel caso di cittadini nati in paesi nei quali è consentito (come,
ad esempio, in alcuni Stati africani) attribuire un cognome diverso da quello del
padre e della madre, ovvero il solo cognome di quest’ultima. E altrettanto
evidente, per altro verso, che nella situazione di doppia cittadinanza (qual è
quella della signora X. Y.) il soggetto diverrebbe portatore, addirittura, di
identità tra loro differenti e contrastanti.

Il problema sembra, allora, doversi
porre come segue:

1) se le norme poc’anzi
richiamate, poste dalla legge (19 novembre 1984, n. 950) di ratifica della
Convenzione di Monaco e dalla legge n. 218 del 1995,
dovessero interpretarsi nel senso che esse impongano il cambiamento dei nomi
non conformi alle regole dell’ordinamento italiano, dovrebbe sollevarsi la
questione della loro legittimità costituzionale;

2) se, alternativamente, di quelle
norme è consentita una interpretazione corrispondente
ai principi costituzionali, tale lettura deve essere prescelta per la sua
corrispondenza alla nostra legge fondamentale.

Orbene, l’art. 1 della Convenzione di
Monaco consente un’interpretazione siffatta, potendo intendersi nel senso che,
intangibile il nome originariamente imposto nello Stato di origine,
sono gli eventi successivi (matrimonio; adozione; modificazione volontaria) ad
essere regolati dalla nuova legge nazionale. Tale conclusione è consentita
dalla dizione testuale, sopra riportata, del tutto compatibile con una lettura
rispettosa dei principi in materia di diritto all’identità personale che, per
il loro carattere sovranazionale e il loro rilievo, hanno, con tutta verosimiglianza, orientato la volontà degli
stati contraenti (v., in questo senso, Corte d’Appello di Torino, sentenza 3
giugno 1998, in
Il Diritto di famiglia e delle persone, 1998, 1463 ss.,
nella quale si sottolinea, in modo del tutto condivisibile, che
un’interpretazione dell’art. 1 come norma che possa comportare la perdita del
cognome originario sarebbe contraria allo spirito della Convenzione, il cui
scopo appare quello di rendere omogeneo il diritto relativo ai nomi attraverso
norme comuni di diritto internazionale, ma "pur sempre nel rispetto dei
diritti fondamentali di ogni cittadino, tra i quali non può non annoverarsi il
diritto a mantenere il cognome[…]" originario.

Per quanto riguarda il caso di
specie, va rilevato che, comunque, non si è verificato
un "cambiamento" della cittadinanza della X. secondo la previsione
della Convenzione di Monaco, poiché la cittadinanza italiana si è soltanto
aggiunta a quella cubana; e pertanto la previsione dell’art. 1 non sarebbe
operativa neppure se essa dovesse interpretarsi nel senso più severo
corrispondente all’opinione del Ministero dell’Interno e dell’Ufficiale dello
Stato Civile di Assemini.

Alla conclusione della possibilità di
una interpretazione conforme ai principi
costituzionali si giunge anche con riguardo al citato articolo 24 della legge
sul diritto internazionale privato: la disposizione secondo cui
"L’esistenza ed il contenuto dei diritti della personalità sono regolati
dalla legge nazionale del soggetto" significa, secondo una lettura
costituzionalmente orientata, che la legge nazionale, pur se sopravvenuta, del
soggetto tutela, ed eventualmente amplia, i diritti della personalità; e non
che essa può comprimerne il contenuto che già a lui faccia capo secondo una
legge nazionale precedentemente applicabile.

Dovendosi escludere, per tutte le
considerazioni che precedono, l’esistenza di una norma positiva
del nostro ordinamento che imponga la modificazione del cognome del cittadino
in seguito all’acquisto della cittadinanza italiana – e comunque non
ravvisandosi una norma siffatta con riguardo al caso della signora X. Y. -,
l’opposizione proposta dalla ricorrente deve essere accolta; dal che consegue
l’ordine di revoca della correzione effettuata dall’Ufficiale dello Stato
Civile del Comune di Assemini,
avendo la ricorrente il diritto di conservare il nome attribuitole in Cuba con
l’atto di nascita.

La natura del procedimento esclude
che si debba provvedere sulle spese.

P.Q.M.

il Tribunale dichiara l’illegittimità
della correzione del cognome della ricorrente da "X. Y." a "X.", effettuata, in sede di trascrizione
dell’atto di nascita, con provvedimento del 12 aprile 2005, dall’Ufficiale
dello Stato Civile del Comune di Assemini; e, per
l’effetto, dispone che il predetto Ufficiale dello Stato Civile proceda alla
revoca della correzione, affinché risulti che la ricorrente ha il nome
"Norma X. Y."

Cagliari, 17 maggio 2005

Il Presidente, estensore

Dott. Gian Giacomo Pisotti

(Depositato il 18 maggio 2005)